Rileva ai fini escludenti la condotta presunta del socio di un o.e. posta in essere come legale rappresentante di un'altra società?

Adriana Presti
09 Settembre 2022

Non può rilevare ai fini espulsivi la (soltanto presunta) condotta del socio che sia anche il legale rappresentante di un'altra società “anche se censurata specificamente nell'ambito di un'azione posta in essere per altra società, quando si registra – come nella fattispecie – una comunanza di proprietà”.

Il caso. Un concorrente, secondo classificato, impugnava l'aggiudicazione disposta nei confronti di un costituendo RTI lamentandone la mancata esclusione in considerazione del fatto che la mandante risultava essere stata attinta, nel corso della gara, da una causa di esclusione di cui all'art. 80 comma 5 lett. c) del d.lgs n. 50/2016 riferita al proprio socio di maggioranza.

Sulla scorta di tali premesse la società ricorrente, in specie, si duoleva:

a) del fatto che il socio di maggioranza della mandante, al momento della partecipazione alla gara, era stato interessato da un procedimento penale per i reati di concorso in corruzione e rivelazione e utilizzazione del segreto d'ufficio, per i quali era stato attinto dalla misura di custodia cautelare in carcere, che secondo notizie di stampa era stata disposta in considerazione del rischio che l'indagato potesse perseverare nell'illecito per accaparrarsi l'aggiudicazione di gare già bandite;

b) della mancata dichiarazione alla stazione appaltante di tali vicende penali, emerse nel corso della gara e della ravvisabilità della fattispecie escludente di cui all'art. 80, comma 5 lett. c-bis) del d.lgs. n. 50/2016.

A giudizio già incardinato la stazione appaltante avviava un procedimento di riesame in autotutela all'esito del quale veniva confermato l'impugnato provvedimento di aggiudicazione.

La soluzione. Il TAR ha ritenuto infondato il suddetto motivo di ricorso.

Alla luce dei recenti orientamenti giurisprudenziali conseguenti alla pronuncia del Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria del 28 agosto 2020 n.16, in ordine ad una interpretazione in chiave “sostanzialistica” delle cause di esclusione di cui all'art. 80, co. V, d.lgs. 50 del 2016, il TAR ha rilevato che nella fattispecie oggetto del giudizio la valutazione discrezionale che obbligatoriamente deve essere compiuta dalla stazione appaltante è stata effettivamente compiuta sia prima dell'aggiudicazione, sia in seguito, in sede di riesame in autotutela disposto in corso di giudizio.

Secondo il TAR la Stazione appaltante ha compiuto una approfondita attività istruttoria volta alla verifica del mantenimento in capo all'operatore stesso dei requisiti di moralità e affidabilità professionale, che è confluita nel provvedimento di conferma dell'aggiudicazione. Ed all'esito dell'istruttoria l'amministrazione ha svolto considerazioni, ritenute condivisibili dal TAR, circa:

- la non sussistenza di una pronuncia di condanna a carico dell'ex socio di maggioranza con sentenza definitiva o con provvedimento divenuto irrevocabile.

- l'assenza di coinvolgimento diretto della società mandante del RTI aggiudicatario nella vicenda penale;

- l'irrilevanza della vicenda oggetto di indagine, trattandosi di vicende non riconducibili alla società, ma direttamente al medesimo ex socio, riguardanti altre attività imprenditoriali e/o professionali esercitate dal medesimo in via autonoma;

- il fatto che l'ex socio di maggioranza della società non aveva mai formalmente assunto incarichi di direzione e di rappresentanza in seno alla società stessa mentre l'amministratore unico, nonché legale rappresentante della società, non risultava essere stato attinto da alcun provvedimento giudiziario.

Di coseguenza, ad avviso del Collegio, non può rilevare ai fini espulsivi la (soltanto presunta) condotta del socio che sia anche il legale rappresentante di un'altra società “anche se censurata specificamente nell'ambito di un'azione posta in essere per altra società, quando si registra – come nella fattispecie – una comunanza di proprietà”.

A riguardo, secondo il Collegio, appare ragionevole la valutazione operata dalla stazione appaltante che ha rilevato come l'indagato non ha mai ricoperto il ruolo di rappresentante legale della mandante, bensì quello di socio di maggioranza, circostanza che implica una diversa incidenza degli effetti del suo operato sulla società.

La Stazione appaltante ha quindi congruamente motivato il giudizio con il quale ha definitivamente ritenuto affidabile l'operatore economico dovendosi in proposito rammentare che “nelle gare pubbliche il giudizio su gravi illeciti professionali è espressione di ampia discrezionalità da parte dell'Amministrazione, cui il legislatore ha voluto riconoscere un rilevante margine di apprezzamento circa la sussistenza del requisito dell'affidabilità dell'appaltatore. Ne consegue che il sindacato che il giudice amministrativo è chiamato a compiere sulle motivazioni di tale apprezzamento deve essere mantenuto sul piano della “non pretestuosità” della valutazione degli elementi di fatto compiuta (nella specie, la non manifesta abnormità, contraddittorietà o contrarietà a norme imperative di legge nella valutazione degli elementi di fatto) e non può pervenire ad evidenziare una mera “non condivisibilità” della valutazione stessa” (ex multis, Cons. Stato Sez. V, 27 ottobre 2021, n.7223; Idem, 3 giugno 2021, n. 4248).

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