Reverse charge e operazioni soggettivamente inesistenti: riflessi della giurisprudenza UE su quella nazionale

Aurelio Cappabianca
10 Ottobre 2022

Ai sensi dell'art. 168 della direttiva 2006/112 e del principio di neutralità, il diritto alla detrazione dell'IVA relativa ad acquisto di beni in regime d'inversione contabile (cd. reverse charge) va negato al soggetto passivo, che abbia consapevolmente indicato un fornitore fittizio sulla fattura da lui stesso emessa, se mancano i dati necessari per verificare che il vero fornitore aveva, a sua volta, la qualità di soggetto passivo o, comunque, se risulta sufficientemente dimostrato che il soggetto interessato alla detrazione ha commesso un'evasione IVA o sapeva o avrebbe dovuto sapere che l'operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione s'inquadrava in una tale evasione.
La questione

Nell'ambito del giudizio che opponeva Ferimet s.l. (già soccombente nei gradi di merito) all'Ispettorato delle imposte, la Corte suprema spagnola propose questione pregiudiziale, tesa, sostanzialmente, ad acclarare, se l'art. 168 della Direttiva IVA (1), in combinato disposto con il principio di neutralità fiscale, precluda la detrazione dell'IVA relativa all'acquisto di beni al soggetto passivo che abbia consapevolmente indicato un fornitore fittizio sulla fattura, in proposito, da lui stesso emessa in applicazione della disciplina sull'inversione contabile.

Era accaduto che, nel corso del 2008, la spagnola Ferimet s.l. aveva acquistato materiali di recupero, realizzando l'operazione in regime d'inversione contabile dell'IVA (cd. reverse charge) ed emettendo a tal fine, in ossequio alla normativa nazionale, la relativa (auto)fattura.

Riscontrato che la società indicata in fattura quale fornitrice dei materiali non disponeva, in realtà, dei mezzi strumentali e delle risorse umane necessarie all'esecuzione della fornitura (pur incontestabilmente avvenuta) l'autorità tributaria spagnola, reputato che la transazione celasse una simulazione tesa ad occultare l'identità del vero fornitore, aveva, poi, ritenuto la detrazione illegittima e provveduto al recupero della corrispondente imposta e all'irrogazione delle conseguenti sanzioni.

Il principio affermato

Con decisione 11 novembre 2021 in causa C‑281/20, la Corte di Giustizia U.e. ha risolto la proposta questione pregiudiziale, affermando che l'art. 168 della direttiva 2006/112 - letto in combinato disposto con il principio di neutralità fiscale sancito dalla direttiva medesima - deve essere interpretato nel senso che il diritto alla detrazione dell'IVA relativa ad acquisto di beni in regime di reverse charge va negato al soggetto passivo, che abbia consapevolmente indicato un fornitore fittizio sulla fattura da lui stesso emessa, se mancano i dati necessari per verificare che il vero fornitore aveva, a sua volta, la qualità di soggetto passivo o, comunque, se risulta sufficientemente dimostrato che il soggetto interessato alla detrazione ha commesso un'evasione IVA o sapeva o avrebbe dovuto sapere che l'operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione s'inquadrava in una tale evasione.

La motivazione

Analizzati i presupposti sostanziali del diritto alla detrazione dell'IVA, enucleabili dalla previsione dell'articolo 168 della direttiva 2006/112 (2), nonché le condizioni formali di relativo esercizio, definite dal successivo art. 178 della direttiva (3), la Corte parte dalla constatazione che, alla luce del quadro della normativa unionale di riferimento, l'effettiva ricorrenza della qualità di soggetto passivo nel fornitore dei beni o dei servizi, per i quali il diritto alla detrazione IVA è esercitato, si pone come condizione sostanziale del diritto medesimo; mentre l'indicazione delle generalità del fornitore sulla fattura relativa ai beni o ai servizi scambiati (con riferimento al caso di specie: sull'autofattura prescritta dall'ordinamento spagnolo, in base alla previsione dell'art. 178 lett. f della direttiva, per le operazioni in regime d'inversione contabile) configura, di per sé, semplice condizione formale per l'esercizio del diritto (4).

Tanto premesso la Corte rileva che, in tema, la propria giurisprudenza ha costantemente affermato - anche con specifico riferimento ad ipotesi di operazioni in regime d'inversione contabile - che il diritto alla detrazione non può, in linea di principio, essere negato se non per carenze di carattere non esclusivamente formale e, nella medesima prospettiva, che le misure, ulteriori rispetto a quelle previste dalla direttiva, che gli Stati membri adottino ai sensi dell'articolo 273, primo comma, della direttiva 2006/112, poiché necessarie ad assicurare l'esatta riscossione dell'imposta e ad evitare evasioni, non possono mai eccedere quanto strettamente necessario al conseguimento degli obiettivi perseguiti o risolversi in una sostanziale vanificazione del diritto alla detrazione dell'IVA e del principio della neutralità dell'imposta (5).

Ne inferisce che, nell'indicato contesto, il diritto alla detrazione può essere disconosciuto per una violazione di carattere formale, soltanto se questa non sia semplicemente tale, ma interferisca, nel contempo, sui requisiti sostanziali del diritto, ostando all'acquisizione della prova della relativa ricorrenza, con la conseguenza che il diritto può, dunque, disconoscersi nel caso in cui, non risultando l'identità del reale fornitore menzionata sulla fattura relativa ai beni o ai servizi scambiati, non sussistano altri elementi che consentano di procedere alla corretta identificazione del fornitore medesimo e ad accertarne la qualità di soggetto passivo. Puntualizza peraltro, sul piano probatorio, che -mentre l'amministrazione fiscale non può pretendere di limitarsi a prendere in considerazione le risultanze della fattura (dovendo, altresì, tener conto di tutte le informazioni a sua disposizione) - grava, in ultima analisi, sul soggetto che esercita il diritto alla detrazione l'onere della prova in merito al fatto che i beni ed i servizi, per i quali chiede la detrazione, gli siano stati effettivamente forniti a monte da soggetto passivo nell'ambito della realizzazione di operazioni soggette ad IVA (6).

La Corte rileva ulteriormente che, quand'anche ne ricorrano compiutamente le condizioni sostanziali, il diritto alla detrazione può essere, non di meno, disconosciuto nella prospettiva della lotta all'evasione, giacché questa costituisce obiettivo riconosciuto e incoraggiato dalla direttiva 2006/112 e limite generale al principio fondamentale di neutralità dell'IVA; e specifica che, in tale prospettiva, rilevano non solo l'evasione del soggetto passivo interessato alla detrazione, ma anche le evasioni a livello degli operatori a monte.

Ne desume che - benché il principio di neutralità e quello di proporzionalità impediscano d'imporre al soggetto passivo interessato alla detrazione IVA un onere generalizzato di verifica dell'effettività e della correttezza fiscale delle corrispondenti operazioni a monte - il diritto alla detrazione deve essere negato qualora, pur essendo compiutamente soddisfatti tutti i requisiti sostanziali del diritto, risulti dimostrato che il soggetto passivo, al quale sono stati ceduti i beni o prestati i servizi posti a fondamento del diritto a detrazione, sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con l'acquisto di tali beni e servizi, partecipava ad un'operazione che s'iscriveva in un più complesso meccanismo d'evasione IVA, giacché, in tal caso, il soggetto suddetto non è estraneo all'evasione, ma vi partecipa, collaborando con gli autori di essa e divenendone complice.

Esclude, peraltro (7), che al soggetto che vanti la detrazione possano, in qualche modo, giovare l'eventuale regolare assolvimento dell'imposta sulle operazioni di vendita precedenti o successive (8) ovvero l'assenza, per lui, di specifico vantaggio fiscale (9) o di rischio di perdita di entrate, per l'Erario.

Sul piano probatorio, la Corte precisa, infine, che, poiché il diniego del diritto a detrazione costituisce eccezione rispetto alla regola del riconoscimento del diritto stesso, è onere delle autorità tributaria dimostrare la ricorrenza di elementi oggettivi che consentono di concludere che il soggetto passivo ha commesso un'evasione IVA o sapeva o avrebbe dovuto sapere che l'operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione s'inquadrava in una simile evasione; competendo poi ai giudici nazionali, in base alle norme in materia di prova previste dal diritto nazionale (10), verificare se l'amministrazione finanziaria interessata abbia assolto l'onere della prova su di lei incombente. Mentre il consapevole occultamento, nella fattura da lui stesso redatta, della reale identità del fornitore configura, per altro verso, elemento dotato di positiva rilevanza ai fini della valutazione (11) del fatto che il soggetto passivo che chiede la detrazione fosse consapevole di esser parte di una cessione inquadrata in un più ampio contesto evasivo (12).

Considerazioni

L'analisi della motivazione della decisione rivela, in primo luogo, che, con riguardo alle conseguenze che ne derivano sul diritto alla detrazione IVA, alle operazioni non comprovatamente riferibili al dichiarato prestatore, poste in essere in regime d'inversione contabile, vanno estesi i principi già ampiamente consolidati in merito alle analoghe operazioni realizzate nell'ordinario regime contabile dell'imposta (13).

Del resto, deve considerarsi che identici, nelle due ipotesi, sono i requisiti sostanziali del diritto alla detrazione. E, sul piano soggettivo, che il regime d'inversione contabile, se, per la relativa implicita neutralizzazione fiscale, è tale da contrastare l'evasione in relazione alla singola operazione considerata (in aderenza alla specifica finalità di ridurre il rischio di spostamento della frode sul commercio al dettaglio (14), non fornisce, in proposito, alcuna garanzia in relazione alle operazioni a monte della catena produttivo-distributiva, in merito alle quali, consolidatamente, pure va valutato lo stato psicologico del richiedente al fine del riconoscimento del diritto alla detrazione: il che giustifica l'assimilazione della disciplina, nei due diversi regimi, anche nella prospettiva della lotta all'evasione.

2.1. - La pronunzia in rassegna incide significativamente sul nostro ordinamento nazionale, che pure fa ricorso al regime d'inversione contabile e che, in forza dell'art. 74, commi 7 e 8, d.p.r. 633/1972, lo fa, in attuazione dell'art. 199, par. 1, dir. 2006/112/Ce, con specifico riferimento alle cessioni di materiali ferrosi e simili (15).

In tale prospettiva, la decisione della Corte di giustizia fornisce, in particolare, decisivo conforto agli arresti della nostra corte di legittimità, che - senza ricorso al rinvio pregiudiziale - hanno già affermato che, anche con riferimento alle operazioni compiute in regime d'inversione contabile, il diritto alla detrazione dell' IVA assolta o dovuta va negato, se manchino i requisiti sostanziali del diritto medesimo (e, quindi, la prova della ricorrenza, nel fornitore, della qualità di soggetto passivo) ovvero in assenza di “buona fede”, del soggetto che detto diritto rivendichi, in merito al coinvolgimento in disegni fraudolenti (16).

A tale conclusione, le pronunzie citate in nota sono giunte, superando, in particolare, l'obiezione, di diritto interno, fondata su di una certa ambiguità letterale della previsione contenuta nell'art. 6, comma 9-bis.3, d.lgs. 471/1997, introdotto dal d.lgs. (di riforma del sistema sanzionatorio tributario) n. 158/2015 (17).

Con riferimento al suo puro dato letterale, tale norma, infatti, prescrivendo, prima, che - con riguardo alle “operazioni esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta” erroneamente assoggettate ad IVA attraverso l'applicazione del regime d'inversione contabile - vanno, in sede di accertamento, espunti sia il debito d'imposta liquidato sia la correlativa detrazione, fermo restando il diritto … a recuperare l'imposta eventualmente non detratta …” (18) e aggiungendo, poi, che “La disposizione si applica anche nei casi di operazioni inesistenti, ma trova in tal caso applicazione la sanzione …” - potrebbe anche indurre a ritenere comunque detraibile l'IVA versata, salva l'applicazione della specifica sanzione, in relazione alle operazioni inesistenti trattate in regime di inversione contabile.

Le richiamate decisioni della Corte di cassazione sono, tuttavia, pervenute ad un'esegesi della disposizione più consona alla ratio legis ed alla logica complessiva del sistema, leggendo la disposizione nel senso che l'ivi prescritta neutralizzazione dell'iva a credito e di quella a debito in ipotesi di inversione contabile ed il conseguente riconoscimento del diritto di detrazione riguardano esclusivamente operazioni inesistenti, altresì teoricamente qualificabili “esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta”, e non anche, tout court, le operazioni inesistenti (e, tra queste, quelle soggettivamente tali) suscettibili d'imposizione.

Alla stregua della decisione della Corte di Giustizia qui in rassegna (19), la riportata lettura dell'art. 6, comma 9 bis.3, d.lgs. 471/1997 si rivela, ora, l'unica idonea a assicurare la compatibilità della norma con il diritto unionale per come interpretato dalla decisione medesima (20), e, quindi, l'unica idonea a garantirne la legittimità (21).

2.2. - Prendendo atto di ciò e facendo perno sui complessivi contenuti della decisione europea, le Sezioni unite della Corte di cassazione (22), con sentenza 20 luglio 2022 n. 22727, hanno suffragato la lettura restrittiva dell'art. 6, comma 9-bis 3 del d.lgs. n. 471/1997.

Hanno, così, sancito che la neutralizzazione dell'IVA a credito e di quella a debito per l'ipotesi d'inversione contabile (23), prescritta dal primo periodo della norma in riferimento alle “operazioni esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta”, si estende, in forza della previsione della prima parte del secondo periodo della disposizione (“La disposizione si applica anche nei casi di operazioni inesistenti, …”) esclusivamente alle operazioni inesistenti che siano astrattamente “esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta” (24), e non anche alle operazioni (oggettivamente (25) e/o soggettivamente) (26) inesistenti imponibili, per le quali non sia ammesso il diritto a detrazione.

In specifica risposta alla questione rimessa, dall'esposta premessa, le Sezioni unite ricavano il convincimento - che della premessa medesima sembra, del resto, costituire corollario indefettibile (posto che l'ambito di applicazione dell'art. 6, comma 9-bis 3, d.lgs. 471/1997 non rivela la possibilità di divaricazioni in funzione dei relativi contenuti precettivi) - secondo cui anche lo specifico profilo sanzionatorio della disposizione, che, in chiusura, assoggetta le operazioni inesistenti in ambito di inversione contabile alla “sanzione amministrativa compresa tra il cinque e il dieci per cento dell'imponibile, con un minimo di 1.000 euro” è applicabile alle sole operazioni inesistenti, ad un tempo teoricamente qualificabili “esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta” (sanzionabili, pur in assenza di danno per l'Erario, per la connaturale insidiosità delle operazioni inesistenti in rapporto all'azione di controllo del Fisco), con esclusione delle operazioni inesistenti imponibili, realizzate in regime d'inversione contabile, assoggettabili all'ordinaria sanzione (dal 90% al 180%) prevista dall'art. 6, comma 1, d.lgs. 471/1997.

A completamento di quanto … esposto”, le Sezioni unite ritengono di dover aggiungere che “l'art. 6, c. 9-bis. 3 resterà applicabile anche al caso di operazioni soggettivamente inesistenti imponibili, per le quali ricorrono comunque i requisiti per il riconoscimento del diritto alla detrazione, per carenza di prova dell'elemento psicologico, rientrando tali ipotesi nel cono d'ombra della previsione normativa”. Cosicché, nel sistema delineato dalle Sezioni unite, alla sanzione di cui all'art. 6, comma 9-bis 3, d.lgs. 471/1997, andrebbero assoggettate le operazioni inesistenti trattate in regime d'inversione contabile, pur essendo teoricamente “esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta” nonché le operazioni soggettivamente inesistenti imponibili, trattate in regime d'inversione contabile, per le quali, in difetto dell'elemento psicologico, persiste il diritto alla detrazione d'imposta.

La chiosa - che sembra non indispensabile ai fini della decisione del caso concreto né imposta dal diritto europeo - merita forse, tanto più in ragione della sua assolutezza (27), riflessione supplementare, circa la possibilità di escludere che l'assenza di partecipazione psicologica alle finalità dello sviamento soggettivo dell'operazione (tale, in tesi, da non precludere il diritto alla detrazione), non possa, pur in regime di reverse charge, esplicarsi in modo da rendere ingiustificata ogni sanzione.

Passandone in rassegna analiticamente le tipologie, Le Sezioni unite (28) riconoscono, infine, la proporzionalità delle sanzioni previste dal diritto nazionale per le violazioni dell'IVA trattata in regime d'inversione contabile, considerandole espressione di coerente sistema che, progressivamente, commisura la gravità del trattamento sanzionatorio all'effettivo pregiudizio subito dall'erario e alla pericolosità della condotta tenuta rispetto all'esercizio di un'efficace azione di controllo.

Note

(1) Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto.

(2) Dal quale, ai fini considerati, emerge: a) che l'interessato (cessionario o committente) deve essere “soggetto passivo” dell'imposta ai sensi della direttiva, che, al precedente art. 9, paragrafo 1, definisce tale chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, “attività economica” (per come qualificata dal capoverso della disposizione medesima), indipendentemente dallo scopo o dai risultati di essa; b) che (a monte) i beni o i servizi oggetto della transazione devono essere ceduti o forniti al soggetto passivo interessato alla detrazione da altro soggetto passivo (secondo l'accezione prima delineata); c) che (a valle) i beni o i servizi scambiati devono essere utilizzati dal soggetto interessato ai fini di sue operazioni soggette ad imposta.

(3) In forza del quale, condizione formale per l'esercizio del diritto in rassegna è, di regola, il possesso di fattura redatta in conformità agli articoli da 220 a 236 e da 238 a 240 della direttiva IVA e - con specifico riguardo alle operazioni in regime di inversione contabile di cui al successivo articolo 199, paragrafo 1 - l'osservanza delle formalità prescritte dallo Stato nazionale di competenza nell'esercizio della facoltà conferitagli dall'articolo 178, lettera f), della citata direttiva.

(4) Cfr. i punti da 26 a 28 della decisione e la giurisprudenza ivi richiamata.

(5) Il diritto alla detrazione dall'IVA a carico di quella dovuta o assolta a monte per i beni acquistati e per i servizi ricevuti, riconosciuto ai soggetti passivi dagli articoli 167 e seguenti della direttiva 2006/112, costituisce, infatti, il fulcro dell'intero sistema comune dell'IVA, giacché è attraverso di esso che, realizzandosi il completo sgravio dell'imprenditore dall'onere dell'IVA dovuta o pagata nell'ambito del complesso delle sue attività economiche, si attua il coessenziale principio della neutralità dell'imposizione per tutte le attività economiche, indipendentemente dalla loro funzione e dai loro risultati, purché, di per sé stesse, soggette ad IVA.

(6) Cfr. i punti da 30 a 39 della decisione e la giurisprudenza ivi richiamata.

(7) Cfr. i punti da 55 a 60 della decisione e la giurisprudenza ivi richiamata.

(8) Poiché (anche se in regime d'inversione contabile nessun materiale versamento deve, in linea di principio, essere effettuato all'Erario, risolvendosi il pagamento in via di compensazione) il regolamento dell'IVA opera su ciascuna singola operazione di produzione o di distribuzione della catena.

(9) Irrilevante sia ai fini della ricorrenza delle condizioni sostanziali del diritto alla detrazione (e, segnatamente, della qualità di soggetto passivo del fornitore) sia ai fini della configurabilità di una partecipazione ad evasione IVA.

(10) In assenza di disciplina unionale in merito alle modalità dell'assunzione delle prove in materia di evasione IVA.

(11) Che il giudice nazionale dovrà, tuttavia, compiere con riferimento all'intero complesso delle risultanze del caso concreto.

(12) Cfr. i punti da 40 a 53 della decisione e la giurisprudenza ivi richiamata.

(13) Cfr., tra le altre: C.G.U.E.19 ottobre 2017, in causa C- 101/16, Paper Consult, punti 41, 42, 43; 12 luglio 2012, EMS- Bulgaria Transport, in causa C‑284/11, punto 71; 28 luglio 2016 in causa C‑332/15, Astone, punto 46; 21 giugno 2012,in cause C‑80/11 e C – 142/11, Mahagében e Dávid, punti 42 e 43. V. anche C.G.U.E. 9.12.2021, in C-154/20Kemwater ProChemie, successiva alla decisione qui in rassegna.

(14) V. decisione di esecuzione n. 2010/710/U.E., del Consiglio.

(15) A tale incidenza non osta - trattandosi di differenze meramente esecutive, che nemmeno lambiscono i presupposti motivazionali della decisione della corte unionale - la circostanza che, nell'ordinamento interno, il regime d'inversione contabile risulti concretamente realizzato secondo modalità diverse da quelle caratterizzanti la fattispecie oggetto della delibazione dalla Corte di giustizia: non (come in Spagna) attraverso l'autofatturazione del cessionario, bensì a mezzo integrazione della fattura, emessa dal cedente senza addebito di iva in rivalsa, ad opera del cessionario. Questi, in particolare, appone sulla fattura l'indicazione dell'aliquota e del complessivo importo dell'imposta, così divenendo soggetto passivo del tributo, e procede alla duplice annotazione della fattura, per come integrata, nel registro vendite ed in quello acquisti, così assolvendo l'obbligo del correlativo pagamento in via compensativa e con effetto di neutralizzazione fiscale.

(16) Cfr. Cass. 21677/20, 15143/20, 2862/19, 958/18, 16679/16 (e, ma successiva alla decisione della Corte di giustizia qui in rassegna, Cass. 4250/22). In senso contrario, v., tuttavia, Cass. 16367/20 nonché 32552/19 (ed altre gemelle).

(17) La norma, prima, stabilisce: “Se il cessionario o committente applica l'inversione contabile per operazioni esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta, in sede di accertamento devono essere espunti sia il debito computato da tale soggetto nelle liquidazioni dell'imposta che la detrazione operata nelle liquidazioni anzidette, fermo restando il diritto del medesimo soggetto a recuperare l'imposta eventualmente non detratta …”. Poi, aggiunge: “La disposizione si applica anche nei casi di operazioni inesistenti, ma trova in tal caso applicazione la sanzione amministrativa compresa tra il cinque e il dieci per cento dell'imponibile, con un minimo di 1.000 euro”.

(18) Così sancendo, in relazione a dette operazioni, la neutralizzazione dell'iva a credito e di quella a debito e, di conseguenza, il riconoscimento del diritto alla detrazione dell'IVA corrispondentemente assolta.

(19) Per la quale il diritto eurounionale nega il diritto alla detrazione dell'IVA assolta o dovuta in relazione ad operazioni compiute in regime di reverse charge soggettivamente inesistenti (giacché non riferibili al dichiarato fornitore), se mancano i dati necessari per verificare che il reale fornitore aveva, a sua volta, la qualità di soggetto passivo o, comunque, se risulta sufficientemente dimostrato che il soggetto interessato alla detrazione ha commesso un'evasione IVA o sapeva o avrebbe dovuto sapere che l'operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione s'inquadrava in una tale evasione.

(20) Implicando l'opzione interpretativa alternativa l'incondizionata detraibilità dell'IVA assolta o dovuta in relazione ad operazioni soggettivamente inesistenti compiute in regime d'inversione contabile.

(21) Atteso il primato del diritto eurounitario, nel campo dei tributi "armonizzati", che, inerendo alle competenze proprie dell'Unione, sono investiti dalla diretta applicazione della relativa normativa.

(22) Investite a seguito di ordinanza della Sezione quinta n. 1703/22.

(23) Con il conseguente riconoscimento del diritto alla detrazione d'imposta.

(24) Da, in ipotesi, l'assenza di danno erariale.

(25) Operazioni commerciali (in tutto o in parte) mai poste in essere, la cui asserita fattura è mera espressione cartolare di eventi non avvenuti.

(26) Operazioni (effettivamente) rese al destinatario, ma da un soggetto diverso da quello che ha effettuato la cessione o la prestazione rappresentata nella fattura.

(27) Per evitare negative ricadute sul piano dei criteri di proporzionalità, ragionevolezza ed effettività (cfr. Corte giust., 8 maggio 2019 in causa C- 712/17, EN.SA. Srl,, parr.38 ss.; Corte giust., 18 marzo 2021in causa C-895/19, A. Dyrektor Krajowej Informacji Skarbowej; Corte giust., 15 aprile 2021 in causa C-935/19, Grupa Warzywna, punto 25.

(28) Così aderendo all'impostazione già emersa in seno alla sezione semplice tributaria: v. Cass., sez. quinta, 1690/22, 1703/22.