Il termine triennale di cui all'art. 80, co. 10-bis d.lgs. n. 50/2016 decorre dall'accertamento del fatto e non dalla sua materiale commissione
28 Ottobre 2022
Il caso. La controversia trae origine dall'impugnazione del provvedimento di annullamento in autotutela dell'aggiudicazione di una gara per l'affidamento del servizio di gestione di rifiuti, adottato dalla stazione appaltante in conseguenza della rilevata circostanza che in sede di presentazione della propria offerta l'affidataria aveva sottaciuto la pendenza, a carico del socio unico, di procedimenti penali per reati comuni e ambientali.
Il TAR ha respinto il ricorso, ritenendo irrilevante la circostanza che i fatti costituitivi della causa di esclusione fossero stati commessi oltre tre anni prima della indizione della procedura di gara atteso che che il dies a quo del limite triennale previsto dall'art. 80, co.10-bis, d.lgs. n. 50/2016 è identificabile non già nel momento di commissione del fatto rilevante quale “grave illecito professionale”, bensì nel momento della sua formale contestazione”.
Per ottenere la riforma della sentenza l'operatore economico ha proposto appello, ribadendo in particolare la tesi dell'insussistenza di un obbligo dichiarativo a carico della società in ragione del tempo trascorso dai fatti oggetto di procedimenti penali a carico del socio unico della stessa.
La soluzione. Il Consiglio di Stato ha respinto l'appello, affermando che, in assenza di un accertamento definitivo, contenuto in una sentenza o in un provvedimento amministrativo divenuto inoppugnabile, il termine triennale previsto dall'art. 80, co. 10-bis d. lgs. n. 50/2016 decorre solo dall'accertamento giuridicamente rilevante del fatto e non dal momento della sua materiale commissione, poiché solo l'accertamento è idoneo a conferire al fatto una qualificazione giuridica rilevante per le norme in materia di esclusione dalle gare d'appalto.
Il Collegio ha inoltre ricordato che prima dell'accertamento definitivo, la condotta oggetto di procedimento penale, ai fini della valutazione ex art. 80, co. 5, lett. c) d.lgs. cit., può continuare a rilevare nella sua dimensione fattuale ed extra-penale anche oltre il limite triennale, se e in quanto abbia formato oggetto di “contestazione in giudizio”, ossia allorquando l'azione penale abbia varcato la soglia processuale di instaurazione del “giudizio” dibattimentale o di una sua forma alternativa per l'emissione di una pronuncia di condanna o di una pronuncia ad essa equiparabile, suscettibile, come tale, di accertare fatti integranti “gravi illeciti professionali”.
Del resto, in sede di gara pubblica non è indispensabile che i gravi illeciti professionali a supporto della sanzione espulsiva del concorrente ai sensi dell'art. 80, co. 5, lett. c) siano accertati con sentenza, anche se non definitiva, ma è sufficiente che gli stessi siano ricavabili da altri gravi indizi, atteso che l'elencazione dei gravi illeciti professionali rilevanti contenuta nella disposizione normativa succitata è meramente esemplificativa e la stazione appaltante ha la possibilità di fornirne la dimostrazione con mezzi adeguati (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 4240/2020 e n. 393/2021).
Nel caso di specie, dunque, la società avrebbe comunicare in sede di offerta i procedimenti penali a carico del socio unico, in applicazione di quanto previsto dall'art. 80 d. lgs. 50/2016, al fine di mettere la stazione appaltante in condizione di assumere correttamente le proprie decisioni nella procedura di selezione. |