Spettano al giudice ordinario le controversie su diritti soggettivi inerenti alla fase esecutiva del rapporto di finanziamento
07 Novembre 2022
Massima
Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario nelle controversie inerenti al contestato inadempimento da parte del beneficiario delle condizioni statuite in sede di erogazione o di sviamento dei fondi acquisiti rispetto al programma finanziato, trattandosi di una vicenda che attiene alla fase esecutiva del rapporto di finanziamento ed involge situazioni giuridiche di diritto soggettivo perfetto, ancorché siano stati adottati atti di revoca, decadenza o risoluzione.
È configurabile invece la giurisdizione del giudice amministrativo nei casi in cui l'originario provvedimento di attribuzione del beneficio economico sia oggetto dell'esercizio del potere di autotutela dell'amministrazione mediante l'adozione di un provvedimento di annullamento per i vizi originari di legittimità o di revoca per contrasto originario con l'interesse pubblico, afferendo la controversia ad una situazione soggettiva di interesse legittimo. Il caso
La fattispecie esaminata dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana trae origine dall'impugnazione da parte di una società, che aveva partecipato ad una selezione pubblica per ottenere un programma di investimenti riguardante un'attività ricettiva, degli atti con cui l'amministrazione, a seguito del controllo sulle spese effettuate e rendicontate, aveva disposto il recupero di una parte del contributo precedentemente erogato sul presupposto che fossero state effettuate spese non ammissibili, perché non compatibili con il quadro economico approvato.
Il Cons. giust. amm. Sicilia ha confermato la decisione di primo grado del TAR per la Sicilia, Sez. In. 1028/2022, ritenendo sussistente nella fattispecie la giurisdizione del giudice ordinario. La questione
La questione giuridica sottesa alla decisione in commento riguarda l'individuazione del giudice a cui spetta la cognizione delle controversie relative all'inadempimento da parte del beneficiario delle prescrizioni statuite in sede di erogazione o allo sviamento dei fondi acquisiti rispetto al programma finanziato.
In particolare, si discute se debba affermarsi la giurisdizione del giudice ordinario, come ritenuto dal giudice di primo grado che ha ravvisato nella fattispecie una posizione giuridica di diritto soggettivo perfetto, o la giurisdizione del giudice amministrativo, come assunto dalla parte soccombente in primo grado secondo cui il giudizio postulerebbe un sindacato sull'apprezzamento discrezionale avente ad oggetto l'an, il quid o il quomodo dell'erogazione del contributo de quo a fronte del quale vi sarebbe una situazione di interesse legittimo. Le soluzioni giuridiche
Il Collegio, richiamando il consolidato e pressoché costante orientamento giurisprudenziale formatosi sui principi espressi dall'adunanza plenaria nella sentenza n. 6 del 2014 e sugli indirizzi forniti dalla Corte Regolatrice (ex multis, Cass. SS.UU. Ord., n. 16457/2020), ha ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice ordinario.
Al riguardo è stato rimarcato che il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in materia di controversie inerenti alla concessione o revoca di contributi e sovvenzioni pubbliche deve essere attuato sulla base del generale criterio di riparto fondato sulla natura della situazione soggettiva azionata.
Il privato è quindi titolare di un diritto soggettivo perfetto idoneo a radicare la giurisdizione del giudice ordinario nelle seguenti fattispecie:
a) nella fase di erogazione del contributo quando il finanziamento è riconosciuto direttamente dalla legge, mentre alla pubblica amministrazione è demandato soltanto il compito di verificare l'effettiva esistenza dei relativi presupposti senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale circa l'an, il quid, il quomodo dell'erogazione. In tal caso il diritto al contributo si fonda su disposizioni che individuano i requisiti di spettanza attraverso l'accertamento di elementi obiettivi, ai cui esiti la pubblica amministrazione procedente deve subordinare le sue conseguenti vincolate determinazioni, senza che residui in capo alla stessa alcun margine di discrezionalità. b) nella fase esecutiva del rapporto di sovvenzione quando l'amministrazione dispone la ripetizione del contributo, anche mediante atti formali di revoca, decadenza o risoluzione, a causa dell'inadempimento del beneficiario rispetto alle condizioni statuite in sede di erogazione o dello sviamento dei fondi acquisiti rispetto al programma finanziato.
Sussiste invece una situazione giuridica soggettiva d'interesse legittimo a cui corrisponde la giurisdizione del giudice amministrativo allorché:
a) l'erogazione del contributo sia rimessa ad una valutazione discrezionale dell'amministrazione e la controversia attenga alla fase procedimentale antecedente all'adozione del provvedimento attributivo del beneficio; b) una volta concesso il beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse, ma non per inadempienze del beneficiario (Cons. St., sez. III, n. 2733/2022).
Nelle fattispecie testé richiamate la controversia attiene infatti al sindacato sul corretto esercizio della ponderazione comparativa degli interessi in sede di attribuzione del beneficio o in relazione a mutamenti intervenuti nel prosieguo (Cass. SS.UU. ord n. 20683/2018). Osservazioni
La sentenza in commento si pone nel solco tracciato in sede nomofilattica dal Consiglio di Stato (Ad.Plen. n. 6/2014) che ha statuito come la posizione del beneficiario del finanziamento, nella fase successiva all'attribuzione del beneficio, assuma il carattere del diritto soggettivo ogni qualvolta venga contestato un suo inadempimento alle condizioni statuite in sede di erogazione o uno sviamento dei fondi acquisiti rispetto al programma finanziato.
In questi casi l'amministrazione non esercita un'attività discrezionale di ponderazione tra l'interesse pubblico e quello privato bensì accerta, con azione vincolata, l'osservanza degli obblighi assunti o imposti contestualmente all'erogazione configurandosi una fattispecie di revoca a fini decadenziali o sanzionatori, per inadempimento del beneficiario.
La revoca di cui si discute risulta pertanto essere estranea all'espressione del tipico potere di autotutela pubblicistica (fondato sul riesame della legittimità o dell'opportunità dell'iniziale provvedimento di attribuzione del contributo e sulla valutazione dell'interesse pubblico), ma costituisce manifestazione dello speciale potere di autotutela privatistica dell'amministrazione (di cui peraltro l'ordinamento conosce altre tassative ipotesi, le più importanti delle quali si riscontrano nell'esecuzione dei contratti pubblici: cfr. recesso e risoluzione di cui agli art. 134-136 del Codice appalti), con il quale, nell'ambito di un rapporto ormai paritetico, l'amministrazione fa valere le conseguenze derivanti dall'inadempimento del privato alle obbligazioni assunte per ottenere la sovvenzione (TAR Abruzzo, sent. n. 224/2020).
In buona sostanza, l'atto di revoca in questione, che ha natura vincolata, si configura come declaratoria della sopravvenienza di un fatto a cui la legge ricollega l'effetto di determinare la decadenza dal diritto di godere del beneficio e trova ragione non già in una rinnovata ponderazione degli interessi, ma nell'asserito inadempimento degli obblighi imposti al beneficiario e nella verifica dei presupposti di esigibilità del credito.
Poiché la revoca incide sull'interesse alla conservazione del contributo che ha assunto la consistenza di diritto soggettivo (Cass. SS.UU., ord. n. 20076/2010), le contestazioni che investono l'esercizio di tale forma di autotutela, sono sottratte alla giurisdizione del g.a. e sono devolute a quella del g.o. (Cass. SS. UU. n. 1710/2013; Tar Molise sent.n. 693/2018).
Si ritiene di poter condividere le conclusioni a cui è pervenuto il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana che, in tal modo, prende definitivamente le distanze da un risalente approccio ermeneutico che aveva riconosciuto in tutte le controversie in materia di revoca di contributi pubblici la giurisdizione amministrativa, senza operare alcun distinguo in relazione alla tipologia di autotutela esercitata che, se si traduce in una “revoca sanzionatoria” non comporta alcuna spendita di potere amministrativo correlato a situazioni di interesse legittimo tutelabili davanti al G.A.. |