Memoria dell'appellato che eccepisce l'inammissibilità dell'appello per abuso del processo (art. 9)InquadramentoL'art. 9 non identifica i soggetti legittimati a far valere il difetto di giurisdizione in appello, sicché si potrebbe ritenere che ad essere legittimato in tal senso sia anche il ricorrente che in primo grado ha instaurato il giudizio innanzi al giudice amministrativo e sia risultato soccombente in primo grado. La giurisprudenza ha riscritto la regola delineata dall'art. 9 c.p.a., perché ha precluso al ricorrente soccombente in primo grado di impugnare in appello la sentenza di primo grado per difetto di giurisdizione. FormulaECC.MO CONSIGLIO DI STATO IN S.G. — ROMA MEMORIA CONTENENTE ECCEZIONE DI INAMMISSIBILITÀ DELL'APPELLO PER ABUSO DEL PROCESSO Nell'interesse di [PERSONA FISICA], nato/a a .... il .... (C.F. ....), residente in ...., via/piazza .... n. ...., .... elettivamente domiciliato/a in ...., via/piazza ...., n. ...., presso lo studio dell'Avv. ...., C.F. ...., PEC: ...., fax ...., che lo/la rappresenta e difende in forza di procura speciale alle liti ..... - [PERSONA GIURIDICA], con sede legale in ...., via/piazza ...., n. ...., iscritta nel registro delle imprese di ...., n. ...., P.I. ...., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato/a in ...., via/piazza ...., n. ...., presso lo studio dell'Avv. ...., C.F. ...., PEC: ...., Fax ...., che la rappresenta e difende in forza di procura speciale alle liti ..... [Per tutte le future comunicazioni e notifiche di cancelleria si indicano l'indirizzo di posta elettronica certificata .... ed il numero di fax ....] - ricorrente - CONTRO - [AMMINISTRAZIONE/ENTE/AUTORITÀ], in persona del legale rappresentante pro tempore, [per legge rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale/distrettuale dello Stato], - resistente - E NEI CONFRONTI DI - Sig./la Sig.ra .... residente in ...., via/piazza .... n. .... - controinteressato - PER L'ANNULLAMENTO - del provvedimento ...., prot. n. ...., notificato in data ...., avente ad oggetto ....; - di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ivi espressamente incluso ..... FATTO E DIRITTO Con ricorso in appello notificato in data .... e depositato in data ...., la .... S.r.l. ha impugnato la sentenza del T.A.R. n. .... con cui è stato respinto il ricorso dalla stessa proposto con atto del .... Con il primo motivo di appello, l'appellante contesta il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo da lui stesso adito in primo grado. Il Sig. ...., come sopra rapp. e difeso, eccepisce l'inammissibilità di tale motivo di doglianza per almeno due distinti, ma concorrenti profili. Come è noto, il Consiglio di Stato, con orientamento ormai consolidato, ritiene inammissibile l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata in appello dalla stessa parte che aveva adìto la medesima giurisdizione con l'atto introduttivo di primo grado, poiché tal regola processuale si basa sul divieto dell'abuso del diritto, quale è da ritenere, a guisa di figura paradigmatica, il venire contra factum proprium, dettato da ragioni meramente opportunistiche, vigendo nel nostro sistema un generale divieto di abuso di ogni posizione soggettiva (divieto che, ai sensi dell'art. 2 Cost. e dell'art. 1175 c.c., permea le condotte sostanziali al pari dei comportamenti processuali di esercizio del diritto), in cui si inserisce anche l'abuso del processo (cfr. Cons. St., n. 1605/2015; Cons. St., n. 5403/2016). Sotto questo profilo, dunque, si eccepisce l'inammissibilità della dedotta eccezione di difetto di giurisdizione. Qualora l'ecc. Collegio non condividesse tale impostazione, si eccepisce l'inammissibilità del motivo di difetto di giurisdizione sollevato in appello per insussistenza del presupposto della necessaria soccombenza con riguardo al relativo capo della sentenza. Sul punto, le sezioni unite della Corte di Cassazione (Cass. S.U., n. 21260/2016) hanno, infatti, valorizzato la soccombenza dell'appellante quale presupposto processuale indefettibile per proporre appello avverso un capo della sentenza (che corrisponde alla soluzione di una questione e non è necessariamente corrispondente con una domanda), compreso quello sulla giurisdizione. In base alle logiche della soccombenza, allora, l'attore/ricorrente che abbia avuto una pronuncia sfavorevole nel merito da parte del giudice che aveva adito in primo grado, è soccombente rispetto al capo della sentenza che decide il merito, ma non rispetto a quello che decide sulla giurisdizione. Dunque questi potrà impugnare il capo attinente al merito, che gli è sfavorevole, ma non quello sulla giurisdizione, che gli è favorevole. Diversamente, invece, il convenuto/resistente che sia vittorioso nel merito, potrà impugnare il capo inerente alla giurisdizione, rispetto al quale risulta soccombente. Ne deriva, pertanto, che anche alla stregua di tale orientamento giurisprudenziale, l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata in appello va dichiarata inammissibile Per tali motivi, il Sig. ...., come sopra rapp. e difeso CHIEDE Dichiararsi inammissibile l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata in appello dal ricorrente (ora appellante) in primo grado. Luogo e data .... Firma Avv. [1] .... DEPOSITO INFORMATICO Ai sensi e per gli effetti dell'art. 136, comma 2, c.p.a., il presente atto è depositato con modalità telematiche [2] [1]Per i ricorsi depositati in giudizio dopo la data del 1° gennaio 2017 e, quindi, soggetti alla normativa sul processo amministrativo telematico (PAT), l'atto di parte sottoscritto dal difensore, deve essere redatto in forma di PDF nativo digitale sottoscritto con firma PAdES e depositata in giudizio con le modalità telematiche previste dal d.P.C.S. 28 luglio 2021. [2]Ai sensi dell'art. 13, comma 1-ter, dell'allegato 2 al c.p.a., introdotto dall'art. 7, del d.l. n. 168/2016, il processo amministrativo telematico si applica ai giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, a far data dal 1° gennaio 2017. Ai ricorsi depositati anteriormente a tale data, continuano ad applicarsi, fino all'esaurimento del grado di giudizio nel quale sono pendenti alla data stessa e comunque non oltre il 1° gennaio 2018, le norme previgenti. Ai fini del deposito telematico, il ricorrente dovrà utilizzare gli appositi moduli presenti sul sito: www.giustizia-amministrativa.it. Ai ricorsi depositati anteriormente a tale data, continuano ad applicarsi, fino all'esaurimento del grado di giudizio nel quale sono pendenti alla data stessa e comunque non oltre il 1° gennaio 2018, le norme previgenti. È stato definitivamente abrogato l'obbligo di depositare una copia cartacea conforme all'originale telematico del ricorso e degli scritti difensivi (cfr. art. 4 d.l. n. 28/2020). CommentoL'art. 9 non identifica i soggetti legittimati a far valere il difetto di giurisdizione in appello, sicché si potrebbe ritenere che ad essere legittimato in tal senso sia anche il ricorrente che in primo grado ha instaurato il giudizio innanzi al giudice amministrativo e sia risultato soccombente in primo grado. La giurisprudenza nel corso del tempo ha delineato due distinte strade. La Corte di Cassazione ha ritenuto ammissibile l'auto-eccezione di difetto di giurisdizione in appello, applicando, tuttavia, la sanzione delle spese per violazione del dovere di lealtà e probità di cui all'art. 88 c.p.c. in relazione all'art. 92 c.p.c. Cass. S.U., n. 13940/2014 ha subordinato l'autoeccezione di difetto di giurisdizione alla sussistenza di idonee giustificazioni della parte che eccepisce il difetto di giurisdizione. Questo orientamento è stata seguita dal Consiglio di Stato solo occasionalmente (Cons. St., n. 5403/2016). La giurisprudenza consolidata del Consiglio di Stato ha, invece, riscritto la regola delineata dall'art. 9 c.p.a., perché ha precluso al ricorrente soccombente in primo grado di impugnare in appello la sentenza di primo grado per difetto di giurisdizione. La giurisprudenza amministrativa ha, quindi, aderito alla teoria dell'inammissibilità dell'autoeccezione sollevata in appello. Il Consiglio di Stato, con orientamento ormai consolidato, ritiene, quindi, inammissibile l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata in appello dalla stessa parte che aveva adìto la medesima giurisdizione con l'atto introduttivo di primo grado, poiché tal regola processuale si basa sul divieto dell'abuso del diritto, quale è da ritenere, a guisa di figura paradigmatica, il venire contra factum proprium, dettato da ragioni meramente opportunistiche, vigendo nel nostro sistema un generale divieto di abuso di ogni posizione soggettiva (divieto che, ai sensi dell'art. 2 Cost. e dell'art. 1175 c.c., permea le condotte sostanziali al pari dei comportamenti processuali di esercizio del diritto), in cui si inserisce anche l'abuso del processo (Cons. St., n. 1605/2015; Cons. St., n. 5403/2016). Di recente, tuttavia, anche le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno sposato la teoria dell'inammissibilità dell'auto-eccezione di difetto di giurisdizione sia pure per motivi differenti. Le sezioni unite della Corte di Cassazione (Cass. S.U., n. 21260/2016) hanno, infatti, valorizzato la soccombenza dell'appellante quale presupposto processuale indefettibile per proporre appello avverso un capo della sentenza (che corrisponde alla soluzione di una questione e non è necessariamente corrispondente con una domanda), compreso quello sulla giurisdizione. In base alle logiche della soccombenza, allora, l'attore/ricorrente che abbia avuto una pronuncia sfavorevole nel merito da parte del giudice che aveva adito in primo grado, è soccombente rispetto al capo della sentenza che decide il merito, ma non rispetto a quello che decide sulla giurisdizione. Dunque questi potrà impugnare il capo attinente al merito, che gli è sfavorevole, ma non quello sulla giurisdizione, che gli è favorevole. Diversamente, invece, il convenuto/resistente che sia vittorioso nel merito, potrà impugnare il capo inerente alla giurisdizione, rispetto al quale risulta soccombente. Va segnalato che, tuttavia, parte della dottrina non condivide il principio secondo cui l'abuso del processo può condurre ad una declaratoria di inammissibilità del ricorso, perché le cause di inammissibilità sono tassative e non possono essere create in via interpretativa. In caso di violazione delle regole di correttezza e buona fede nel processo la sanzione prevista dalla legge non è, infatti, l'inammissibilità del ricorso, ma la condanna della parte alle spese processuale, anche utilizzando lo schema della responsabilità aggravata previsto dall'art. 96 c.p.c. e 26 c.p.a. Il Cons. St., Ad. plen., n. 4/2017, si è uniformata alle conclusioni delle sezioni unite. La questione era stata rimessa all'Adunanza plenaria dal Consiglio di Giustizia Amministrativa siciliana (ord. 22 ottobre 2015, n. 634) che aveva sollevato il dubbio circa la legittimazione della parte vittoriosa in primo grado, esplicitamente nel merito e implicitamente sul capo relativo alla giurisdizione (dalla parte non contestata e anzi espressamente affermata in primo grado), a proporre appello in punto di giurisdizione. L'Adunanza Plenaria ha, peraltro, ricordato che la citata sentenza delle Sezioni Unite è stata resa con il contributo di una relazione dell'Ufficio Studi, Massimario e Formazione della Giustizia Amministrativa (Parere reso sul quesito formulato dalle Sezioni unite civili della Corte di cassazione con ord. n. 3916/2016) inviata all'Ufficio del massimario della Cassazione su richiesta del Primo presidente della Suprema Corte al Presidente del Consiglio di Stato. Tale sentenza ha condiviso le conclusioni cui è pervenuto il Consiglio di Stato a partire dalla sentenza della Cons. St. V, n. 656/2012; non ha, tuttavia, condiviso i presupposti di quella tesi, basati sul concetto di abuso del processo, affermando che la questione di giurisdizione costituisce un capo della pronuncia in ordine al quale si individua una parte vittoriosa e una parte soccombente. Di conseguenza, vale il principio generale secondo il quale l'appello può essere proposto solo dalla parte soccombente in quanto la soccombenza “del potere di impugnativa rappresenta l'antecedente necessario” (Cass., n. 21260/2016 cit.). Nello stesso senso si è posta Cass. S.U., n. 29203/2017. |