Ricorso per il risarcimento del danno da inosservanza del termine di conclusione del procedimento (art. 30, comma 4)

Roberto Chieppa

Inquadramento

Alla fattispecie di responsabilità del c.d. danno da ritardo possono essere ricondotte ipotesi diverse fra loro: a) in alcuni casi il ritardo, produttivo del danno, deriva dal fatto che l'amministrazione ha dapprima adottato un provvedimento illegittimo, sfavorevole al privato, ed ha poi emanato altro provvedimento, legittimo e favorevole, a seguito dell'annullamento in sede giurisdizionale del primo atto; b) in altre ipotesi, pur in assenza di un provvedimento illegittimo, il privato invoca la tutela risarcitoria per i danni conseguenti al ritardo con cui l'amministrazione ha adottato un provvedimento a lui favorevole, ma emanato appunto con ritardo rispetto al termine previsto per quel determinato procedimento; c) il ritardo procedimentale, di cui alla precedente fattispecie, viene ritenuto da alcuni potenzialmente produttivo di danno risarcibile, anche nell'ipotesi in cui il provvedimento amministrativo, legittimo ma adottato con ritardo, sia sfavorevole per il privato, potendo quest'ultimo aver subito dei danni per non aver ottenuto il tempestivo esame della propria istanza e per non aver quindi appreso, entro i termini previsti, della non accoglibilità della stessa.

Le tre fattispecie sono nettamente diverse fra loro: nel primo caso si rientra nella c.d. responsabilità da provvedimento, in quanto il danno è provocato dal primo diniego (illegittimo) e dal conseguente ritardo nel rilascio del provvedimento richiesto.

In relazione ai termini per proporre la domanda di risarcimento, per la ipotesi di danno da ritardo, consistente nell'adozione di un primo provvedimento negativo, poi annullato dal giudice e nel successivo rilascio del provvedimento favorevole, il danno da ritardo non è altro che una ipotesi di danno da provvedimento illegittimo (il primo diniego) e si rientra quindi nella disciplina del comma 3 dell'art. 30 e la domanda va proposta nel termine di 120 giorni dalla conoscenza del provvedimento di diniego o, in caso di impugnazione di tale provvedimento, nel corso del giudizio di annullamento o entro 120 giorni dal passaggio in giudicato della sentenza, con cui viene annullato l'atto fonte del danno [v. le formule: “Ricorso di annullamento con contestuale domanda risarcitoria” e “Ricorso autonomo per il risarcimento del danno (dopo giudicato su annullamento)”].

Le altre due ipotesi attengono invece a danni (da ritardo procedimentale) non direttamente causati da provvedimenti illegittimi (anzi in entrambi i casi i provvedimenti sono legittimi, ma adottati in violazione del termine di conclusione del procedimento).

L'art. 30, comma 2 fa riferimento alla azione di condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria.

Il temine «obbligatoria» va riferito alla possibilità di chiedere il risarcimento del danno da ritardo, ove sussista un obbligo di provvedere della p.a. e, sotto tale profilo, la questione si sposta sul piano sostanziale della verifica, in ordine alle singole fattispecie, della sussistenza dell'obbligo di provvedere.

Per il risarcimento del danno derivante dall'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento la Commissione speciale istituita presso il Consiglio di Stato aveva previsto che, fintanto che perdura l'inadempimento, non potesse decorrere alcun termine per l'esercizio dell'azione risarcitoria, in quanto l'inosservanza del termine di conclusione del procedimento costituisce un illecito di carattere permanente, in relazione al quale non vi è alcuna ragione di certezza delle posizioni giuridiche che giustifichi il consolidamento di una (illecita) situazione di inerzia.

Nel testo finale è stato confermato che, fintanto che perdura l'inadempimento, non può decorrere alcun termine per l'esercizio dell'azione risarcitoria; tuttavia, si è stabilito che il termine decadenziale inizi comunque a decorrere con lo spirare di un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento in esito al quale si sarebbe dovuto provvedere.

La regola è, quindi, che il termine per proporre l'azione di risarcimento del danno derivante dall'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento è di un anno e 120 giorni decorrenti dalla scadenza del termine per provvedere o di 120 giorni dalla cessazione dell'inadempimento (data del provvedimento adottato con ritardo ma prima della decorrenza dell'anno).

La presente formula riguarda l'ipotesi sopra descritta sub b), in cui l'atto amministrativo chiesto dal privato è stato adottato in senso favorevole alla pretesa del ricorrente (in assenza di un primo diniego), ma con ritardo rispetto al termine previsto per quel determinato procedimento.

Nel caso in esame il provvedimento tardivo è stato adottato prima della scadenza dell'anno dal termine di conclusione del procedimento e, di conseguenza, i 120 giorni di cui all'art. 30, comma 4 decorrono dalla data di adozione del provvedimento tardivo e non si può fare affidamento sul termine di un anno e 120 giorni decorrente dalla scadenza del termine per provvedere.

Ovviamente, il risarcimento del danno può essere chiesto anche prima dell'adozione dell'atto, una volta scaduti i termini per la conclusione del procedimento (v. la formula “Azione avverso il silenzio con richiesta al giudice di risarcimento del danno da ritardo”).

In alcuni casi può convenire proporre subito la domanda di risarcimento, unitamente al ricorso avverso il silenzio, in modo da rendere consapevole l'amministrazione del danno che sta creando, da indurla ad adottare il provvedimento favorevole e soprattutto per evitare che la decorrenza di un anno e 120 giorni dalla scadenza del termine per provvedere possa poi privare il ricorrente dalla possibilità di chiedere una parte del risarcimento del danno (v. oltre nel commento).

In altre situazioni, la domanda di risarcimento sarebbe quasi “al buio” ed è preferibile attendere maggiori certezze sulla spettanza del bene della vita per meglio articolare e quantificare la pretesa risarcitoria.

Formula

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL [ ....] [1]

RICORSO [2]

Nell'interesse di

- [PERSONA FISICA] [3], nato/a a .... il .... (C.F. ....), residente in ...., via/piazza .... n. ...., elettivamente domiciliato/a in ...., via/piazza ...., n. ...., presso lo studio dell'Avv. [4] ...., C.F. .... [5], PEC: .... [6], fax .... [7], che lo/la rappresenta e difende in forza di procura speciale alle liti .... [8] .

- [PERSONA GIURIDICA] [9], con sede legale in ...., via/piazza ...., n. ...., iscritta nel registro delle imprese di ...., n. ...., P.I. ...., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato/a in ...., via/piazza ...., n. ...., presso lo studio dell'Avvocato [10] ...., C.F. .... [11], PEC: .... [12], fax .... [13], che la rappresenta e difende in forza di procura speciale alle liti .... [14].

[Per tutte le future comunicazioni e notifiche di cancelleria si indicano l'indirizzo di posta elettronica certificata .... ed il numero di fax .....] [15]

- ricorrente -

CONTRO

- [Amministrazione/Ente/Autorità] [16], in persona del legale rappresentante pro tempore, [per legge rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale/distrettuale dello Stato] [17],

- resistente -

E NEI CONFRONTI DI

- Sig./ Sig.ra .... residente in ...., via/piazza .... n. .... [18]

- controinteressato -

PER IL RISARCIMENTO DEL DANNO

FATTO

Descrivere i fatti e, in particolare, gli eventi che hanno condotto all'adozione del provvedimento favorevole con ritardo

DIRITTO

L'amministrazione ha adottato il provvedimento di rilascio del permesso di costruire in data .... e quindi in ritardo rispetto al termine di giorni .... previsto dall'art. .....

Alcun dubbio sussiste, dunque, sulla inosservanza del termine di conclusione del procedimento.

La violazione dell'obbligo di concludere il procedimento nel termine fissato dalla legge ha comportato un evidente danno al ricorrente, che aveva preordinato l'inizio dei lavori immediatamente dopo la scadenza del termine di conclusione del procedimento per il rilascio del permesso di costruire.

Il ricorrente nel frattempo ha sostenuto i costi di locazione di altro immobile, pari ad Euro .... (v. i doc. nn. ....).

Il ritardo ha determinato anche un aggravio dei costi di costruzione, avendo il ricorrente stipulato con l'impresa edile un contratto che prevedeva, come già detto, l'inizio dei lavori in una determinata data, che è stata posticipata a causa del ritardo dell'amministrazione.

Tale ritardo ha determinato un aggravio dei costi di costruzione, come dimostrato con i doc. nn. .....

Per quanto concerne l'elemento soggettivo, si evidenzia come in presenza della obiettiva violazione del termine di conclusione del procedimento, l'amministrazione non ha fornito (e ben difficilmente avrebbe potuto farlo) alcuna giustificazione del ritardo, tenuto anche conto che è suo compito predisporre misure organizzative idonee a consentire il rispetto di termini normativamente previsti.

La proposizione del presente ricorso non preceduto da un ricorso avverso il silenzio è dipesa dal fatto che il provvedimento tardivo è stato comunque adottato entro l'anno dalla scadenza dell'obbligo di provvedere; ciò non giustifica l'amministrazione e non può in alcun modo limitare la pretesa risarcitoria.

La quantificazione del danno pari ad Euro .... già emerge in questa fase dai seguenti elementi (indicare) che ci si riserva di meglio specificare nel corso del giudizio e in relazione ai quali, solo ove si ritenga necessario un approfondimento al fine di verificare la quantificazione della somma richiesta, si chiede in via subordinata di disporre una Consulenza tecnica di ufficio.

La somma spettante a titolo di risarcimento del danno va maggiorata a titolo di interessi e rivalutazione monetaria.

Si chiede, infine, la trasmissione della sentenza alla competente Procura della Corte dei Conti, derivando dall'eventuale sentenza di condanna al risarcimento del danno una danno erariale (eventuale).

[Indicare eventuali istanze istruttorie]

P.Q.M.

Si chiede al Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza, di condannare la parte resistente al risarcimento dei danni nella misura di Euro .... o nella misura maggiore che sarà dimostrata in corso di causa, oltre interessi e rivalutazione monetaria con trasmissione della sentenza alla competente Procura della Corte dei Conti (eventuale).

Con riserva di dedurre ulteriormente nel corso di causa e di proporre eventualmente motivi aggiunti di impugnazione.

Con vittoria di spese e onorari.

Si producono i seguenti documenti:

1) [ ....] [19]

Ai sensi dell'art. 13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115/2002 («Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia»), si dichiara che il valore del presente procedimento è pari a Euro ..... Il contributo unificato, già versato, dovrà, pertanto, applicarsi nella misura determinata in relazione allo scaglione di appartenenza, per un importo pari a Euro .... [rinvio a Formula “Dichiarazione ai fini del contributo unificato”]

Luogo e data ....

Firma Avv. [20] ....

PROCURA

[Rinvo a formula “Procura speciale alle liti rilasciata a singolo avvocato” e formule correlate]

ISTANZA ABBREVIAZIONE DEI TERMINI (EVENTUALE)

[Rinvo a formula “Istanza abbreviazione dei termini”]

RELATA DI NOTIFICA

[Rinvo a formula “Relata di notifica a persona fisica” e formule correlate]

DEPOSITO INFORMATICO

Ai sensi e per gli effetti dell'art. 136, comma 2, c.p.a., il presente atto è depositato con modalità telematiche [21] .

[1]Il ricorso si deve proporre dinnanzi al T.A.R. nella cui circoscrizione territoriale ha sede l'amministrazione che ha emesso l'atto, ovvero nel cui ambito regionale sono limitati gli effetti diretti dell'atto (cfr. art. 13, comma 1, c.p.a.). Nel caso di controversie relative al pubblico impiego, sussiste il foro speciale indicato dall'art. 13, comma 2 (ossia il T.A.R. nella cui circoscrizione è situata la sede di servizio).

[2]Il contenuto del ricorso è disciplinato dall'art. 40 c.p.a. Va rammentato che, ai sensi dell'art. 44 c.p.a., lo stesso deve recare, a pena di nullità, la sottoscrizione del ricorrente (se sta in giudizio personalmente) o del difensore (con indicazione, in questo caso, della procura speciale). Il ricorso è un atto di parte e, pertanto, debbono essere rispettati i limiti dimensionali e le specifiche tecniche stabiliti con il decreto del Presidente del Cons. St., n. 167/2016.

[3]In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con mod., in l. n. 111/2011).

[4]In caso di procura rilasciata a più difensori, si dovrà indicare per ciascuno di essi i dati indicati (C.F., fax, etc.).

[5]L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011 conv. con modif. nella l. n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. nella l. n. 24/2010. Con riferimento specifico al processo amministrativo, sebbene l'art. 40 c.p.a., lett. a), faccia riferimento generico agli “elementi identificativi” del ricorrente, del suo difensore e delle parti, tale indicazione è imposta dall'art. 13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115/2002. Per i ricorsi incardinati dopo l'avvio del PAT, l'indicazione del codice fiscale del difensore e della parte, oltre che dell'indirizzo PEC e Fax, è comunque richiesta anche nella compilazione dei campi del modulo per il deposito telematico.

[6]Ai sensi dell'art. 136 c.p.a. “I difensori indicano nel ricorso o nel primo atto difensivo un recapito di fax, che può essere anche diverso da quello del domiciliatario. La comunicazione a mezzo fax è eseguita esclusivamente qualora sia impossibile effettuare la comunicazione all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi, per mancato funzionamento del sistema informatico della giustizia amministrativa. È onere dei difensori comunicare alla segreteria e alle parti costituite ogni variazione del recapito di fax o di indirizzo di posta elettronica certificata. Ai fini dell'efficacia delle comunicazioni di segreteria è sufficiente che vada a buon fine una sola delle comunicazioni effettuate a ciascun avvocato componente il collegio difensivo”.

[7]L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 136, comma 1, c.p.a., e dall'art. 13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115/2002. Ai sensi di quest'ultima norma, gli importi dovuti a titolo di contributo unificato “sono aumentati della metà ove il difensore non indichi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio recapito fax, ai sensi dell'art. 136 [c.p.a.]».

[8]La procura, ove necessaria, può essere apposta in calce o a margine dell'atto di appello o, comunque, nelle forme stabilite dall'art. 83 c.p.c.. Per i ricorsi depositati successivamente al 1° gennaio 2017, ai quali si applica il Processo Amministrativo Telematico (‘PAT'), il difensore procede al deposito della copia per immagine della procura conferita su supporto cartaceo e ne attesta la conformità all'originale, ai sensi dell'art. 22 del d.lgs. n. 82/2005 (“Codice dell'Amministrazione Digitale”; CAD), mediante sottoscrizione con firma digitale (cfr. art. 8, comma 2, delle Regole tecnico-operative del PAT, all.to 1 al d.P.C.S. 28 luglio 2021). V. Formula “Attestazione di conformità ai fini del deposito della copia per immagine della procura rilasciata su supporto analogico”.

[9]In caso di proposizione del ricorso nell'interesse di una persona giuridica, si dovrà indicare la denominazione della società, la sede legale, l'eventuale iscrizione al registro delle imprese, la partita IVA, il codice fiscale, con l'indicazione del rappresentante legale per mezzo del quale la società sta in giudizio.

[10]V. nt. 4.

[11]V. nt. 5.

[12]V. nt. 6.

[13]V. nt. 7.

[14]V. nt. 8.

[15]In caso di pluralità di difensori, può essere utile indicare l'indirizzo (di fax e/o PEC) al quale si desidera ricevere le comunicazioni inerenti il procedimento.

[16]A titolo esemplificativo, nel caso di Ministero, il ricorso sarà proposto contro il Ministero “in persona del Ministro in carica”; in caso di Comune, “in persona del Sindaco in carica”, in caso di un'autorità indipendente o altro ente pubblico o concessionario di pubblici servizi, “in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore”.

[17]In caso di amministrazioni statali, si applicano le norme vigenti per la difesa in giudizio delle stesse, che prevedono il patrocinio da parte dell'Avvocatura dello Stato territorialmente competente (quella nel cui distretto ha sede il T.A.R. adito; v. artt. 1, l. n. 260/1958 e 10, comma 3, l. n. 103/1979). Le funzioni dell'Avvocatura dello Stato nei riguardi dell'amministrazione statale sono estese alle regioni a statuto ordinario che decidano di avvalersene con deliberazione del consiglio regionale da pubblicarsi per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e nel Bollettino ufficiale della regione (art. 10, comma 1, l. n. 103/1979).

[18]Ai sensi dell'art. 41, comma 2, c.p.a., il ricorso va notificato ad almeno uno dei controinteressati individuati nell'atto stesso.

[19]Copia di eventuale altra documentazione utile alla comprensione del contesto fattuale e/o alle ragioni del ricorso. V. anche Formula [“Attestazione di conformità ai fini del deposito di copia informatica di atto, provvedimento o documento originale analogico”].

[20]Per i ricorsi depositati in giudizio dopo la data del 1° gennaio 2017 e, quindi, soggetti alla normativa sul processo amministrativo telematico (PAT), l'atto di parte sottoscritto dal difensore, deve essere redatto in forma di pdf nativo digitale sottoscritto con firma PAdES e depositata in giudizio con le modalità telematiche previste dall'art. 6 delle Specifiche tecniche del PAT di cui all'all.to 2 del d.P.C.S. 28 luglio 2021 (attraverso il modulo denominato “Modulo Deposito Ricorso”).

[21]Ai sensi dell'art. 13, comma 1-ter, dell'allegato 2 al c.p.a., introdotto dall'art. 7, del d.l. n. 168/2016, il Processo amministrativo telematico si applica ai giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, a far data dal 1° gennaio 2017. Ai ricorsi depositati anteriormente a tale data, continuano ad applicarsi, fino all'esaurimento del grado di giudizio nel quale sono pendenti alla data stessa e comunque non oltre il 1° gennaio 2018, le norme previgenti. Ai fini del deposito telematico, il ricorrente dovrà utilizzare gli appositi moduli presenti sul sito della Giustizia Amministrativa. È stato definitivamente abrogato (cfr. art. 4 d.l. n. 28/2020) l'obbligo di depositare una copia cartacea conforme all'originale telematico del ricorso e degli scritti difensivi.

Commento

Il danno da ritardo

Nelle prime due fattispecie descritte nell'inquadramento non vi è alcun dubbio sulla astratta risarcibilità dei danni derivanti dal ritardo.

Nel caso sub c), l'Adunanza Plenaria ha affermato che non è possibile accordare il risarcimento del danno da ritardo della p.a. nel caso in cui i provvedimenti adottati in ritardo risultino di carattere negativo per il richiedente, a cui non spetta il relativo bene della vita a causa della legittimità del diniego o della sua intangibilità per la omessa proposizione di impugnativa (Cons. St., Ad. plen., n. 7/2005).

Secondo la Plenaria, il ritardo da parte della P.A. nella definizione delle istanze del privato non comporta, per ciò solo, l'affermazione della responsabilità per danni. Il sistema di tutela degli interessi pretensivi consente il passaggio a riparazioni per equivalente solo quando l'interesse pretensivo assuma a suo oggetto la tutela di interessi sostanziali e, perciò, la mancata emanazione o il ritardo nella emanazione di un provvedimento vantaggioso per l'interessato (suscettibile di appagare un «bene della vita»); deve pertanto ritenersi che non sia possibile accordare il risarcimento del danno da ritardo della P.A. nel caso in cui i provvedimenti adottati in ritardo risultino di carattere negativo per colui che ha presentato la relativa istanza di rilascio e le statuizioni in essi contenute siano divenute intangibili per la omessa proposizione di una qualunque impugnativa.

In senso critico, è stato osservato che anche il tempo è un bene della vita e per il privato il non aver saputo nei tempi fissati dalla legge se una sua istanza poteva essere accolta, o meno, può comportare conseguenze negative anche sotto il profilo patrimoniale, come ad es., non aver optato per altre soluzioni, in attesa della risposta tardiva della P.A.

In astratto, non può essere escluso che il ritardo anche nel ricevere un provvedimento sfavorevole possa comportare conseguenze negative anche sotto il profilo patrimoniale (ad es., non aver optato per altre soluzioni, in attesa della risposta tardiva della P.A.).

Un argomento a favore del superamento della tesi della Plenaria può essere tratto dal nuovo art. 2-bis della l. n. 241/1990, introdotto dalla legge n. 69/2009, che disciplina le conseguenze per il ritardo dell'amministrazione nella conclusione del procedimento, stabilendo che le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all'art. 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento.

Pur lasciando la norma aperta la questione sui presupposti per accedere alla tutela risarcitoria in caso di danni da ritardo, sembra potersi ricavare un favor del legislatore per una risarcibilità anche del danno da mero ritardo (ove provato), non collegato alla ritardata attribuzione di un bene della vita.

In questo senso, è stato riconosciuto che il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento, qualora incidente su interessi pretensivi agganciati a programmi di investimento di cittadini o imprese, è sempre un costo, dal momento che il fattore tempo costituisce una essenziale variabile nella predisposizione e nell'attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica (Cons. giust. amm. Sicilia, 4 novembre 2010, n. 1368, che, traendo argomenti dal citato art. 2-bis, ha aggiunto che il danno sussisterebbe anche se il procedimento autorizzatorio non si fosse ancora concluso e finanche se l'esito fosse stato in ipotesi negativo, atteso che l'inosservanza del termine massimo di durata del procedimento ha comportato, quale immediata e pregiudizievole conseguenza, l'assoluta imprevedibilità dell'azione amministrativa e quindi l'impossibilità per il soggetto privato di rispettare la programmata tempistica dei propri investimenti). Una ulteriore apertura della giurisprudenza in favore di un ampliamento della tutela risarcitoria in presenza di una mera inerzia della p.a. si è avuta con alcune decisioni con cui è stato affermato che anche il tempo è un bene della vita per il cittadino e che il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento è sempre un costo, dal momento che il fattore tempo costituisce una essenziale variabile nella predisposizione e nell'attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica; nel caso di specie, è stato risarcito anche il danno biologico, quale danno non patrimoniale (Cons. St. V, n. 1271/2011; Cons. St. V, n. 675/2015).

Resta fermo che la violazione del termine di conclusione sul procedimento di per sé non determina, l'invalidità del provvedimento adottato in ritardo (tranne i casi eccezionali e tipici di termini “perentori”), né comporta una automatica risarcibilità di un danno che invece deve essere dimostrato; si tratta in questi casi del c.d. danno da mero ritardo, che si configura a prescindere dalla spettanza del bene della vita sotteso alla posizione di interesse legittimo su cui incide il provvedimento adottato in violazione del termine di conclusione del procedimento, come ad esempio, il diniego di autorizzazione o di altro provvedimento ampliativo adottato legittimamente, ma violando i termini di conclusione del procedimento (Cons. St., Ad. plen., n. 5/2018; rispetto alla quale Cons. St. IV, n. 358/2019 ha affermato che la risarcibilità del danno da mero ritardo a prescindere dalla spettanza del bene della vita presuppone di regola la natura imprenditoriale del soggetto che assume essere stato leso dal ritardo dell'amministrazione nell'emanazione del provvedimento – ancorché legittimamente di segno negativo – dovendosi invece ritenere che, negli altri casi, sia indispensabile la prova della spettanza del bene della vita cui si ricollega la posizione di interesse legittimo). Si osserva che tale ultima limitazione, operata da Cons. St. IV, n. 358/2019 non appare giustificabile da alcune previsioni normative, dovendo invece il diritto al risarcimento derivare non dalla natura imprenditoriale o meno del soggetto danneggiato, ma dalla capacità dello stesso di fornire la prova del danno e del nesso di causalità con il mero ritardo configurabile a prescindere dalla spettanza del bene della vita.

A differenza del caso esaminato nella presente formula, se si ritiene di dover chiedere il risarcimento del danno derivante dall'adozione con ritardo di un provvedimento (legittimo) sfavorevole, sarà necessario argomentare in modo adeguato l'an della pretesa risarcitoria e fornire idonei elementi per provare danno e nesso di causalità (ad esempio, dimostrare che in attesa del diniego si sono escluse altre soluzioni per aprire una determinata attività in altre aree).

Infatti, la pretesa risarcitoria, relativa al danno da ritardo, deve essere ricondotta allo schema generale dell'art. 2043 c.c., con conseguente applicazione rigorosa del principio dell'onere della prova in capo al danneggiato circa la sussistenza di tutti i presupposti oggettivi e soggettivi dell'illecito, con l'avvertenza che, nell'azione di responsabilità per danni, il principio dispositivo, sancito in generale dall'art. 2697 comma 1, c.c., opera con pienezza, e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell'azione di annullamento (Cons. St. VI, n. 12/2018).

Per quanto concerne l'elemento soggettivo nella responsabilità della P.A. per danno da ritardo, si evidenzia come in presenza della violazione del termine di conclusione del procedimento, ben difficilmente l'amministrazione potrà dimostrare la sussistenza di un errore scusabile (tranne casi eccezionali), essendo suo compito predisporre misure organizzative idonee a consentire il rispetto di termini normativamente previsti (l'errore scusabile potrebbe essere ipotizzato solo in presenza di un contrasto di giurisprudenza sulla individuazione del termine di conclusione del procedimento).

La domanda di risarcimento del danno da ritardo e il termine di 120 giorni

L'art. 30, comma 4 prevede che il termine per proporre l'azione di risarcimento del danno derivante dall'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento è di un anno e 120 giorni decorrenti dalla scadenza del termine per provvedere o di 120 giorni dalla cessazione dell'inadempimento (data del provvedimento adottato con ritardo ma prima della decorrenza dell'anno).

Tale soluzione si pone in contrasto con la natura permanente dell'illecito e con il fatto che «fintanto che perdura l'inadempimento, non possa decorrere alcun termine per l'esercizio dell'azione risarcitoria, in quanto l'inosservanza del termine di conclusione del procedimento costituisce un illecito di carattere permanente, in relazione al quale non vi è alcuna ragione di certezza delle posizioni giuridiche che giustifichi il consolidamento di una (illecita) situazione di inerzia» (testualmente dalla relazione del Governo al Codice del processo amministrativo).

Si ricorda che il decorso dell'anno dal termine di conclusione del procedimento non consolida la situazione di inerzia dell'amministrazione e non preclude la tutela del privato, che, come previsto dall'art. 31, comma 2, può sempre riproporre l'istanza.

Del resto, è nota in sede civilistica la distinzione tra l'atto illecito istantaneo e l'atto illecito permanente – con le relative conseguenze in ordine alla decorrenza del termine prescrizionale per l'esercizio dell'azione risarcitoria.

Il danno derivante dalla mancata conclusione del procedimento non deriva da un fatto illecito istantaneo ad effetti permanenti, ma costituisce un illecito permanente, che non cessa con la scadenza dell'anno dal termine per provvedere.

Il limite temporale inserito nell'art. 30, comma 4 sembra, invece, presupporre che dopo il decorso dell'anno, se non tempestivamente attivata l'azione di risarcimento (nei 120 giorni successivi), la riproponibilità dell'istanza comporta che ogni eventuale danno può essere solo riferito al periodo temporale successivo alla scadenza del termine per provvedere sulla nuova istanza.

Inoltre, anche tenuto conto della già menzionata previsione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, l'abrogazione del riferimento al termine di prescrizione, contenuta nel comma secondo dell'art. 2-bis della l. n. 241/1990, appare meno giustificabile a seguito dell'introduzione di tale più stretto termine per l'azione risarcitoria.

Il passaggio da un termine di prescrizione (di 5 anni) ad un termine di decadenza (di 120 giorni) ha determinato alcuni problemi di diritto transitorio in quelle fattispecie in cui l'inadempimento nel concludere il procedimento era iniziato prima dell'entrata in vigore del Codice e proseguito successivamente; in un caso in cui il ritardo era appunto iniziato prima del c.p.a. ed era stato poi interrotto successivamente dall'adozione del provvedimento favorevole, in sede di appello è stata riformata la sentenza del T.A.R. che aveva dichiarato tardiva la domanda di risarcimento ed è stato evidenziato che essendo in corso il termine di prescrizione al momento dell'entrata in vigore del c.p.a si applica l'art. 2 dell'Allegato 3 al codice, secondo cui “per i termini che sono in corso alla data di entrata in vigore del codice continuano a trovare applicazione le norme previgenti” con conseguente tempestività della domanda proposta entro il termine di prescrizione, benché successivamente a quello (sopravvenuto) di decadenza (Cons. giust. amm. Sicilia, n. 33/2018, che ha anche affermato che l'erronea declaratoria di tardività della domanda risarcitoria, traducendosi in una omessa pronuncia nel merito della causa, il cui oggetto coincide per intero con detta domanda, è sussumibile nella categoria della lesione del diritto di difesa e impone la rimessione della causa al giudice di primo grado, ai sensi e nei termini di cui all'art. 105 c.p.a.). Inoltre, la modifica crea un ulteriore problema: in caso di proposizione dell'azione di annullamento il comma 5 dello stesso art. 30 ha previsto che la domanda risarcitoria può essere formulata nel corso del giudizio o, comunque, sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza, consentendo, come si è già ricordato, al privato di scegliere la strategia processuale di attendere l'esito del giudizio di annullamento per poi proporre e articolare la sua domanda di risarcimento. Una volta inserito un analogo termine per il risarcimento del danno da ritardo, tale esigenza sussiste anche in questo caso e il meccanismo previsto dal comma 5 sarebbe dovuto essere esteso anche al ricorso avverso il silenzio.

Ciò non è avvenuto e, di conseguenza, il privato che propone ricorso avverso il silenzio è comunque «costretto» a proporre la domanda di risarcimento entro un anno e 120 giorni dalla scadenza del termine per provvedere, anche se il ricorso avverso il silenzio non è stato ancora deciso e non avendo, in questo caso, neanche la cognizione esatta dei presupposti su cui fondare la domanda di risarcimento.

Come già detto nell'inquadramento, in questi casi è preferibile proporre fin da subito la domanda di risarcimento in modo da evitare tale rischio o quanto meno proporla con motivi aggiunti prima della scadenza del termine di un anno e 120 giorni dalla scadenza del termine per provvedere.

Infine, va sottolineato che la mancata impugnazione del silenzio-rifiuto non esclude la responsabilità risarcitoria, ma rileva sotto il diverso profilo della sua eventuale efficacia causale alla produzione del danno e della concreta determinazione del danno risarcibile (ex art. 1227 c.c. e 30 comma 3 c.p.a.) (Cons. St. V, n. 4968/2013).

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