Ricorso con domanda di risarcimento ex art. 2059 c.c. (danni non patrimoniali) (art. 30)

Roberto Chieppa

Inquadramento

La domanda per il risarcimento dei danni derivanti da un provvedimento amministrativo illegittimo può riguardare sia danni patrimoniali che danni non patrimoniali ex art. 2059 c.c.

Quest'ultimo consiste nella lesione di qualsiasi interesse della persona non suscettibile di valutazione economica, in cui rientrano sia il danno alla salute in senso stretto, cd. biologico, sia quello di tipo cd. esistenziale, intesi come tipologie descrittive e non strutturali.

Deve trattarsi di lesione di beni o valori inerenti alla persona o di altri beni non patrimoniali di rango costituzionale.

Anche il danno non patrimoniale deve essere puntualmente allegato e dimostrato nella sua consistenza, se del caso attraverso il ricorso a presunzioni.

Formula

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL [_] [1]

RICORSO [2]

Nell'interesse di:

- [PERSONA FISICA] [3], nato/a a ... il ... (C.F. ...), residente in ..., via/piazza ... n. ..., elettivamente domiciliato/a in ..., via/piazza ..., n. ..., presso lo studio dell'Avv. [4] ..., C.F. ... [5], PEC ... [6], fax ... [7], che lo/la rappresenta e difende in forza di procura speciale alle liti ... [8].

- [PERSONA GIURIDICA] [9], con sede legale in ..., via/piazza ..., n. ..., iscritta nel registro delle imprese di ..., n. ..., P. I. ..., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato/a in ..., via/p.za ..., n. ..., presso lo studio dell'Avvocato [10] ..., C.F. ... [11], PEC ... [12], fax ... [13], che la rappresenta e difende in forza di procura speciale alle liti ... [14].

[Per tutte le future comunicazioni e notifiche di cancelleria si indicano l'indirizzo di posta elettronica certificata ... ed il numero di fax ... .] [15]

- ricorrente -

CONTRO

- [AMMINISTRAZIONE/ENTE/AUTORITÀ] [16], in persona del legale rappresentante pro tempore, [per legge rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale/distrettuale dello Stato] [17],

- resistente -

E NEI CONFRONTI DI

- Sig./ Sig.ra ... residente in ..., via/piazza ... n. ... [18]

- controinteressato -

PER L'ANNULLAMENTO

- del provvedimento ..., prot. n. ..., notificato in data ... [19], avente ad oggetto ... [20] ;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ivi espressamente incluso ... [21].

E PER IL RISARCIMENTO DEL DANNO

FATTO

[ ... ]

Indicare già nel fatto le conseguenze dannose derivanti dal provvedimento impugnato

DIRITTO

1. [ ... ]

[indicare i motivi per quali si ritiene illegittimo l'impugnato provvedimento, indicando nella loro descrizione una o più delle seguenti tipologie di vizi: incompetenza dell'autorità o organo che ha emanato l'atto, violazione di legge (con indicazione degli articoli della Costituzione, di legge o di altra normativa che si assume violata), eccesso di potere (indicando ove ricorra una delle figure sintomatiche, quali ad esempio: irragionevolezza, illogicità o contraddittorietà dell'atto, travisamento o erronea valutazione dei fatti, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, difetto di istruttoria, difetto di motivazione)]

2. Risarcimento del danno

Il provvedimento qui impugnato ha causato e sta causando ingenti danni al ricorrente.

Tali danni consistono:

- nella ritardata attribuzione del provvedimento richiesto (in caso di interessi legittimi pretensivi) con conseguente impossibilità del ricorrente nel (iniziare l'attività ecc.);

- nella privazione del bene della vita già attribuito ed ora sottratto per effetto del provvedimento impugnato (in caso di interessi legittimi oppositivi);

- eventuali altri elementi (altre ipotesi, quali ad esempio l'interesse negativo in caso di responsabilità precontrattuale).

- nei danni non patrimoniali ex art. 2059 c.c. di seguito indicati.

Sotto il profilo oggettivo è evidente l'ingiustizia del danno conseguito a seguito dell'adozione del provvedimento illegittimo e altrettanto evidente è il nesso di causalità tra danno e provvedimento, in quanto (spiegare)

Con riferimento all'elemento soggettivo, l'illegittimità del provvedimento costituisce indice presuntivo della colpa della parte resistente, che in alcun modo può nel caso di specie invocare alcun errore scusabile (non necessario nel contenzioso appalti), in quanto (descrivere circostanze di fatto e di diritto a sostegno della presunzione).

La quantificazione del danno pari ad Euro ... già emerge in questa fase dai seguenti elementi (indicare) che ci si riserva di meglio specificare nel corso del giudizio e in relazione ai quali, solo ove si ritenga necessario un approfondimento al fine di verificare la quantificazione della somma richiesta, si chiede in via subordinata di disporre una Consulenza tecnica di ufficio.

Per quanto concerna il danno non patrimoniale, la cui risarcibilità è pacificamente ammessa anche dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. fra tutte, Cons. St. VI, n. 1096/2005; Cons. St. V, n. 125/2006; Cons. St. IV, n. 4375/2015), si evidenzia come l'illegittimità compiuta dall'amministrazione abbia colpito in modo particolare il ricorrente, determinando un evidente peggioramento della qualità della sua esistenza e una compressione della dignità personale in ragione del ... (indicare ragioni specifiche, quali ad esempio, il mancato espletamento di attività lavorativa, derivante dal provvedimento illegittimo, costituente strumento essenziale per l'integrazione sociale e l'affermazione della persona nel contesto dato). Il rapporto di derivazione immediata e diretta del danno dal fatto lesivo accertato non richiede particolari sforzi argomentativi e conduce a dimostrare l'esistenza del danno che si quantifica in euro ... e rispetto al quale possono essere utilizzati, come spesso fatto dalla giurisprudenza citata, anche criteri equitativi.

La presente domanda non è alternativa alla domanda di annullamento e il risarcimento viene chiesto solo a complemento della tutela ottenibile con l'annullamento del provvedimento illegittimo e, solo in via subordinata, in sua sostituzione qualora non risulti più possibile ottenere gli effetti conformativi della sentenza di annullamento.

La somma spettante a titolo di risarcimento del danno va maggiorata a titolo di interessi e rivalutazione monetaria.

Si chiede, infine, la trasmissione della sentenza alla competente Procura della Corte dei Conti, derivando dall'eventuale sentenza di condanna al risarcimento del danno erariale (eventuale).

[indicare eventuali altre istanze istruttorie]

P.Q.M.

Si chiede al Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza, di disporre l'annullamento del provvedimento impugnato, come indicato in epigrafe, nonché di ogni altro atto antecedente, conseguente e comunque connesso.

Condannare la parte resistente al risarcimento dei danni, anche non patrimoniali, nella misura di Euro ... . o nella misura maggiore che sarà dimostrata in corso di causa, oltre interessi e rivalutazione monetaria con trasmissione della sentenza alla competente Procura della Corte dei Conti (eventuale).

Con riserva di dedurre ulteriormente nel corso di causa e di proporre eventualmente motivi aggiunti di impugnazione.

Con vittoria di spese e onorari.

Si producono i seguenti documenti:

1) [copia del provvedimento impugnato ove disponibile]

2) [copia di eventuali atti antecedenti, conseguenti e connessi]

3) [ ... ] [22].

Ai sensi dell'art. 13, comma 6 bis, d.P.R. n. 115/2002 («Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia»), si dichiara che il valore del presente procedimento è pari a Euro ... . Il contributo unificato, già versato, dovrà, pertanto, applicarsi nella misura determinata in relazione allo scaglione di appartenenza, per un importo pari a Euro ... [rinvio a Formula “Dichiarazione ai fini del contributo unificato”]

Luogo e data ...

Firma Avv. ... [23]

PROCURA

[V. formula “Procura speciale alle liti rilasciata a singolo avvocato” e formule correlate]

ISTANZA ABBREVIAZIONE DEI TERMINI (eventuale)

[V. formula “Istanza abbreviazione dei termini”]

RELATA DI NOTIFICA

[V. formula “Relata di notifica a persona fisica” e formule correlate] [24]

DEPOSITO INFORMATICO

Ai sensi e per gli effetti dell'art. 136, comma 2, c.p.a., il presente atto è depositato con modalità telematiche [25].

1. Il ricorso si deve proporre dinnanzi al T.A.R. nella cui circoscrizione territoriale ha sede l'amministrazione che ha emesso l'atto, ovvero nel cui ambito regionale sono limitati gli effetti diretti dell'atto (cfr. art. 13, comma 1 c.p.a.). Nel caso di controversie relative al pubblico impiego, il Tar competente sussiste il foro speciale indicato dall'art. 13, comma 2 (ossia il T.A.R. nella cui circoscrizione).

2. Il contenuto del ricorso è disciplinato dall'art. 40 c.p.a. Va rammentato che, ai sensi dell'art. 44 c.p.a., lo stesso deve recare, a pena di nullità, la sottoscrizione del ricorrente (se sta in giudizio personalmente) o del difensore (con indicazione, in questo caso, della procura speciale).

3. In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con mod., in l. n. 111/2011).

4. In caso di procura rilasciata a più difensori, si dovrà indicare per ciascuno di essi i dati indicati (C.F., fax, etc...).

5. L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011 conv. con modif. nella l. n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. nella legge 24/2010. Con riferimento specifico al processo amministrativo, sebbene l'art. 40 c.p.a., lett. a), faccia riferimento generico agli “elementi identificativi” del ricorrente, del suo difensore e delle parti, tale indicazione è imposta dall'art. 13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115/2002. Per i ricorsi incardinati dopo l'avvio del PAT, l'indicazione del codice fiscale del difensore e della parte, oltre che dell'indirizzo PEC e Fax, è comunque richiesta anche nella compilazione dei campi del modulo per il deposito telematico.

6. Ai sensi dell'art. 136 c.p.a. “I difensori indicano nel ricorso o nel primo atto difensivo un recapito di fax, che può essere anche diverso da quello del domiciliatario. La comunicazione a mezzo fax è eseguita esclusivamente qualora sia impossibile effettuare la comunicazione all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi, per mancato funzionamento del sistema informatico della giustizia amministrativa. È onere dei difensori comunicare alla segreteria e alle parti costituite ogni variazione del recapito di fax o di indirizzo di posta elettronica certificata. Ai fini dell'efficacia delle comunicazioni di segreteria è sufficiente che vada a buon fine una sola delle comunicazioni effettuate a ciascun avvocato componente il collegio difensivo”.

7. L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 136, comma 1, c.p.a., e dall'art. 13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115/2002. Ai sensi di quest'ultima norma, gli importi dovuti a titolo di contributo unificato “sono aumentati della metà ove il difensore non indichi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio recapito fax, ai sensi dell'articolo 136 [c.p.a.]».

8. La procura, ove necessaria, può essere apposta in calce o a margine dell'atto di appello o, comunque, nelle forme stabilite dall'art. 83 c.p.c. Per i ricorsi depositati successivamente al 1° gennaio 2017, ai quali si applica il Processo Amministrativo Telematico, il difensore procede al deposito della copia per immagine della procura conferita su supporto cartaceo e ne attesta la conformità all'originale, ai sensi dell'art. 22 del d.lgs. n. 82/2005 (“Codice dell'Amministrazione Digitale”; CAD), mediante sottoscrizione con firma digitale (cfr. art. 8, co. 2, delle Regole tecnico-operative del PAT, all.to 1 al d.P.C.S. 28 luglio 2021)..

9. In caso di proposizione del ricorso nell'interesse di una persona giuridica, si dovrà indicare la denominazione della società, la sede legale, l'eventuale iscrizione al registro delle imprese, la partita IVA, il codice fiscale, con l'indicazione del rappresentante legale per mezzo del quale la società sta in giudizio.

10. Vedi nt. 3.

11. Vedi nt. 4.

12. Vedi nt. 5.

13. Vedi nt. 6.

14. Vedi nt. 7.

15. In caso di pluralità di difensori, può essere utile indicare l'indirizzo (di fax e/o PEC) al quale si desidera ricevere le comunicazioni inerenti il procedimento.

16. A titolo esemplificativo, nel caso di Ministero, il ricorso sarà proposto contro il “in persona del Ministro in carica”; in caso di Comune, “in persona del Sindaco in carica”, in caso di un'autorità indipendente o altro ente pubblico o concessionario di pubblici servizi, “in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore”.

17. In caso di amministrazioni statali, si applicano le norme vigenti per la difesa in giudizio delle stesse, che prevedono il patrocinio da parte dell'Avvocatura dello Stato territorialmente competente (quella nel cui distretto ha sede il T.A.R. adito; v. artt. 1, l. n. 260/1958 e 10, comma 3, l. n. 103/1979). Le funzioni dell'Avvocatura dello Stato nei riguardi dell'amministrazione statale sono estese alle regioni a statuto ordinario che decidano di avvalersene con deliberazione del consiglio regionale da pubblicarsi per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e nel Bollettino ufficiale della regione (art. 10, comma 1, l. n. 103/1979).

18. Ai sensi dell'art. 41, comma 2, c.p.a., il ricorso va notificato ad almeno uno dei controinteressati individuati nell'atto stesso.

19. Occorre, ovviamente, provvedere ad indicare numeri e date. In caso di mancata notifica o comunicazione, indicare il momento in cui lo stesso è stato conosciuto.

20. Appare utile indicare altresì una breve descrizione dell'oggetto e del contenuto del provvedimento.

21. Indicare eventuali atti prodromici, preparatori o consequenziali di cui si chiede l'annullamento.

22. Copia di eventuale altra documentazione utile alla comprensione del contesto fattuale e/o alle ragioni del ricorso. V. anche Formula [“Attestazione di conformità ai fini del deposito di copia informatica di atto, provvedimento o documento originale analogico”].

23. Per i ricorsi depositati in giudizio dopo la data del 1° gennaio 2017 e, quindi, soggetti alla normativa sul processo amministrativo telematico (PAT), l'atto di parte sottoscritto dal difensore, deve essere redatto in forma di PDF nativo digitale sottoscritto con firma PAdES e depositata in giudizio con le modalità telematiche previste dal d.P.C.S. 28 luglio 2021 (attraverso il Modulo Deposito Atto; v. art. 6, all.to 2).

24. Per i ricorsi depositati in giudizio dopo la data del 1° gennaio 2017 e, quindi, soggetti alla normativa sul processo amministrativo telematico (PAT), l'atto di parte sottoscritto dal difensore, deve essere redatto in forma di PDF nativo digitale sottoscritto con firma PAdES e depositata in giudizio con le modalità telematiche previste dal d.P.C.S. 28 luglio 2021 (attraverso il Modulo Deposito Atto; v. art. 6, all.to 2).

25. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-ter, dell'allegato 2 al c.p.a., introdotto dall'art. 7, del d.l. n. 168/2016, il Processo amministrativo telematico si applica ai giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, a far data dal 1° gennaio 2017. Ai ricorsi depositati anteriormente a tale data, continuano ad applicarsi, fino all'esaurimento del grado di giudizio nel quale sono pendenti alla data stessa e comunque non oltre il 1° gennaio 2018, le norme previgenti. Ai fini del deposito telematico, il ricorrente dovrà utilizzare gli appositi moduli presenti sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa. È stato definitivamente abrogato l'obbligo di depositare una copia cartacea conforme all'originale telematico del ricorso e degli scritti difensivi (cfr. art. 4 d.l. n. 28/2020).

Commento

Il danno non patrimoniale nella giurisprudenza

La giurisprudenza amministrativa si è posta in linea di continuità con quella civile in ordine alla ricostruzione dei presupposti per risarcire il danno non patrimoniale.

Fin da Cons. St. VI, n. 1096/2005, è stato richiamato il percorso della giurisprudenza civile, che ha rivisitato la tematica della responsabilità risarcitoria per fatto illecito proprio sul versante del danno non patrimoniale, ridisegnando il perimetro dei danni non patrimoniali suscettibili di risarcimento.

Con le sentenze 8823/2003 e 8828/2003 della III sezione civile della Corte di Cassazione, alle quali si è uniformata la sentenza n. 233/2003 della Corte Costituzionale, il diritto vivente ha infatti sancito il principio secondo cui il danno non patrimoniale, pur in assenza di reato ai sensi dell'articolo 185 del codice penale, va sempre risarcito ove connesso alla lesione di diritti essenziali della persona sanciti dalla Carta Costituzionale.

Con specifico riferimento a fattispecie nella quale era stato riconosciuto a favore della moglie, della figlia e della madre della vittima deceduta il risarcimento del danno biologico, sotto il profilo esistenziale, pur in difetto di prova di una patologia che potesse comprovare la lesione del diritto alla salute intesa come integrità fisica e psichica, la Cassazione ha ritenuto che l'ammissione al risarcimento del danno non patrimoniale da uccisione di congiunto, consistente nella perdita del rapporto parentale (inserito da un'ormai cospicua giurisprudenza di merito nell'ambito del cosiddetto danno esistenziale), fosse sostanzialmente da condividersi, pur se con le seguenti, testuali precisazioni:

Il risarcimento del danno non patrimoniale è previsto dall'art. 2059 c.c. («Danni non patrimoniali»), secondo cui: «Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge». All'epoca dell'emanazione del codice civile (1942) l'unica previsione espressa del risarcimento del danno non patrimoniale era racchiusa nell'art. 185 del codice penale del 1930.

La tradizionale restrittiva lettura dell'art. 2059, in relazione all'art. 185 c.p., come diretto ad assicurare tutela soltanto al danno morale soggettivo, alla sofferenza contingente, al turbamento dell'animo transeunte determinati da fatto illecito integrante reato (interpretazione fondata sui lavori preparatori del codice del 1942 e largamente seguita dalla giurisprudenza), non può essere ulteriormente condivisa.

Nel vigente assetto dell'ordinamento, nel quale assume posizione preminente la Costituzione - che, all'art. 2, riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo -, il danno non patrimoniale deve essere inteso come categoria ampia, comprensiva di ogni ipotesi in cui sia leso un valore inerente alla persona.

Tale conclusione trova sostegno nella progressiva evoluzione verificatasi nella disciplina di tale settore, contrassegnata dal nuovo atteggiamento assunto, sia dal legislatore che dalla giurisprudenza, in relazione alla tutela riconosciuta al danno non patrimoniale, nella sua accezione più ampia di danno determinato dalla lesione di interessi inerenti alla persona non connotati da rilevanza economica.

Nella legislazione successiva al codice si rinviene un cospicuo ampliamento dei casi di espresso riconoscimento del risarcimento del danno non patrimoniale anche al di fuori dell'ipotesi di reato, in relazione alla compromissione di valori personali (risarcimento anche dei danni non patrimoniali derivanti dalla privazione della libertà personale cagionati dall'esercizio di funzioni giudiziarie; impiego di modalità illecite nella raccolta di dati personali; adozione di atti discriminatori per motivi razziali, etnici o religiosi; mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo).

Appare inoltre significativa l'evoluzione della giurisprudenza di questa Suprema Corte, sollecitata dalla sempre più avvertita esigenza di garantire l'integrale riparazione del danno ingiustamente subito, non solo nel patrimonio inteso in senso strettamente economico, ma anche nei valori propri della persona. In proposito va anzitutto richiamata la rilevante innovazione costituita dall'ammissione a risarcimento di quella peculiare figura di danno non patrimoniale (diverso dal danno morale soggettivo) che è il danno biologico, formula con la quale si designa l'ipotesi della lesione dell'interesse costituzionalmente garantito (art. 32 Cost.) alla integrità psichica e fisica della persona. Non ignora il Collegio che la tutela risarcitoria del c.d. danno biologico viene somministrata in virtù del collegamento tra l'art. 2043 c.c. e l'art. 32 Cost., e non già in ragione della collocazione del danno biologico nell'ambito dell'art. 2059, quale danno non patrimoniale, e che tale costruzione trova le sue radici nella esigenza di sottrarre il risarcimento del danno biologico (danno non patrimoniale) dal limite posto dall'art. 2059 (norma nel cui ambito ben avrebbe potuto trovare collocazione, e nella quale, peraltro, una successiva sentenza della Corte costituzionale, la n. 372/1994, ha ricondotto il danno biologico fisico o psichico sofferto dal congiunto della vittima primaria). Ma anche tale orientamento, non appena ne sarà fornita l'occasione, merita di essere rimeditato.

Nel senso del riconoscimento della non coincidenza tra il danno non patrimoniale previsto e il danno morale soggettivo va altresì ricordato che questa Suprema Corte ha ritenuto risarcibile il danno non patrimoniale, evidentemente inteso in senso diverso dal danno morale soggettivo, anche in favore delle persone giuridiche; soggetti per i quali non è ontologicamente configurabile un coinvolgimento psicologico in termini di patemi d'animo.

Si deve quindi ritenere ormai acquisito all'ordinamento positivo il riconoscimento della lata estensione della nozione di danno non patrimoniale, inteso come danno da lesione di valori inerenti alla persona, e non più solo come «danno morale soggettivo».

Non sembra tuttavia proficuo ritagliare all'interno di tale generale categoria specifiche figure di danno, etichettandole in vario modo: ciò che rileva, ai fini dell'ammissione a risarcimento, in riferimento all'art. 2059, è l'ingiusta lesione di un interesse inerente alla persona, dal quale conseguano pregiudizi non suscettivi di valutazione economica.

Venendo ora alla questione cruciale del limite al quale l'art. 2059 del codice del 1942 assoggetta il risarcimento del danno non patrimoniale, mediante la riserva di legge, originariamente esplicata dal solo art. 185 c.p. (ma v. anche l'art. 89 c.p.c.), ritiene il Collegio che, venendo in considerazione valori personali di rilievo costituzionale, deve escludersi che il risarcimento del danno non patrimoniale che ne consegua sia soggetto al limite derivante dalla riserva di legge correlata all'art. 185 c.p.

Una lettura della norma costituzionalmente orientata impone di ritenere inoperante il detto limite se la lesione ha riguardato valori della persona costituzionalmente garantiti. Occorre considerare, infatti, che nel caso in cui la lesione abbia inciso su un interesse costituzionalmente protetto la riparazione mediante indennizzo (ove non sia praticabile quella in forma specifica) costituisce la forma minima di tutela, ed una tutela minima non è assoggettabile a specifici limiti, poiché ciò si risolve in rifiuto di tutela nei casi esclusi (v. Corte cost., sent. n. 184/1986, che si avvale tuttavia dell'argomento per ampliare l'ambito della tutela ex art. 2043 al danno non patrimoniale da lesione della integrità biopsichica; ma l'argomento si presta ad essere utilizzato anche per dare una interpretazione conforme a Costituzione dell'art. 2959).

D'altra parte, il rinvio ai casi in cui la legge consente la riparazione del danno non patrimoniale ben può essere riferito, dopo l'entrata in vigore della Costituzione, anche alle previsioni della legge fondamentale, atteso che il riconoscimento nella Costituzione dei diritti inviolabili inerenti alla persona non aventi natura economica implicitamente, ma necessariamente, ne esige la tutela, ed in tal modo configura un caso determinato dalla legge, al massimo livello, di riparazione del danno non patrimoniale».

Si tratta di interesse protetto, di rilievo costituzionale, non avente natura economica, la cui lesione non apre la via ad un risarcimento ai sensi dell'art. 2043, nel cui ambito rientrano i danni patrimoniali, ma ad un risarcimento (o meglio: ad una riparazione), ai sensi dell'art. 2059, senza il limite ivi previsto in correlazione all'art. 185 c.p. in ragione della natura del valore inciso, vertendosi in tema di danno che non si presta ad una valutazione monetaria di mercato.

Il danno non patrimoniale da uccisione di congiunto, consistente nella perdita del rapporto parentale, si colloca quindi nell'area dell'art. 2059 in raccordo con le suindicate norme della Costituzione.

Il suo risarcimento postula tuttavia la verifica della sussistenza degli elementi nel quali si articola l'illecito civile extracontrattuale definito dall'art. 2043. L'art. 2059 non delinea una distinta figura di illecito produttiva di danno non patrimoniale, ma, nel presupposto della sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della struttura dell'illecito civile, consente, nei casi determinati dalla legge, anche la riparazione di danni non patrimoniali (eventualmente in aggiunta a quelli patrimoniali nel caso di congiunta lesione di interessi di natura economica e non economica. Vedi da ultimo Cass., n. 16946/2003 e Corte cost. ord., n. 356/2003).

In definitiva l'area della tutela aquiliana è reimpostata secondo una struttura bipolare.

Al risarcimento del danno patrimoniale, da sempre saldamente collocato nel paradigma dell'art. 2043 c.c., si affianca il risarcimento del danno non patrimoniale, che può ora trovare protezione più ampia ed articolata nell'art. 2059 c.c., il quale, in una lettura costituzionalmente orientata, divenuta imprescindibile per evidenti ragioni di allineamento dell'interpretazione normativa a principi di civiltà giuridica, non va più restrittivamente applicato in via esclusiva ai richiamati casi del tradizionale danno morale soggettivo in virtù della tralaticia identificazione dell'unica ipotesi di danno non patrimoniale espressamente previsto dalla legge con il danno da reato ex art. 185 c.p., ma deve assicurare la riparazione, oltre che in ogni altra ipotesi legale espressa di danno non patrimoniale risarcibile (si fanno, esemplificativamente, i casi dell'art. 89 c.p.c., dell'art. 2l. n. 117/1988, dell'art. 29 l. n. 675/1996, dell'art. 44d.lgs. n. 286/1998, dell'art. 2l. n. 89/2001), anche a quelle lesioni che, incidendo su valori e prerogative della persona, dotate di posizione preminente nell'assetto costituzionale - in cui i diritti inviolabili dell'uomo ed il divieto di discriminazioni irragionevoli assurgono a rango di principi fondanti, irrinunciabili ed immodificabili (artt. 2 e 3 Cost.) - non possono non costituire figure di danno risarcibile, a prescindere da connotazioni penalistiche, finalmente non più condizionanti.

Ne deriva che:

- il danno non patrimoniale (risarcibile) deve essere inteso come categoria ampia, nella quale trovano collocazione giuridica tutte le ipotesi in cui si verifichi la lesione di beni o valori inerenti alla persona, ovvero sia il danno morale soggettivo (o danno da reato, concretantesi nel turbamento dell'animo della vittima), sia il danno biologico in senso stretto (o danno all'integrità fisica e psichica, coperto dalla garanzia dell'art. 32 Cost.), sia il c.d. danno esistenziale (o danno conseguente alla lesione di altri beni non patrimoniali di rango costituzionale);

- proprio perché con il danno non patrimoniale vengono in evidenza beni e valori personali di rilievo costituzionale, deve escludersi che, in caso di loro lesione, la risarcibilità ex art. 2059 c.c. sia soggetta al limite dell'espressa previsione di legge, tradizionalmente fatta coincidere con il disposto dell'art. 185 c.p., essendosi peraltro già da tempo fatta strada in contesti affini a quello di odierno interesse la tutelabilità diretta ed immediata delle posizioni giuridico-soggettive che, concorrendo a definire il valore della persona, possono ricondursi alle "figure matrici" dei diritti inviolabili dell'uomo, delle libertà fondamentali e degli altri diritti dell'individuo riconosciuti dalla Costituzione repubblicana, tanto da potersi definire ius receptum nella giurisprudenza sia di merito sia di legittimità, che l'ha ampiamente affermata soprattutto nel campo del diritto alla salute ed anche in quegli altri campi in cui vengono in evidenza prerogative intrinsecamente espressive della persona umana (per esempio, nel campo della libertà di pensiero: Cass., n. 4244/1997);

- in ogni caso, le norme della legge fondamentale che garantiscono quei beni e valori ben possono rappresentare esse stesse previsioni di legge che soddisfano il rinvio di cui all'art. 2059 c.c.

Nel caso esaminato da Cons. St. VI, n. 1096/2005, è stata riconosciuta la sussistenza dei presupposti per il risarcimento dei danni non patrimoniali cagionati dall'omessa attribuzione della supplenza annuale ad una docente, che si risolve non solo nella lesione, in assenza di una causa giustificativa, di una situazione giuridico-soggettiva attiva meritevole di protezione per l'ordinamento, a prescindere dalla sua qualificazione formale come diritto soggettivo, interesse legittimo o persino interesse adespota (Cass., n. 500/1999); ma anche, per quanto predicato dagli arresti citati della Cassazione in ordine all'articolo 2059 c.c., nell'incisione di diritti della persona garantiti dalla Costituzione, sulla base della categoria dei diritti inviolabili ex art. 2 Cost. e, più in generale, dei principi fondamentali e nella parte I della Carta costituzionale (uguaglianza, libertà variamente tipizzate, famiglia, salute, studio, ecc.).

La docente privata di un incarico lavorativo spettantele quale titolare di una riserva per le sue condizioni di minorazione fisica, ha patito un vulnus dato dalla lesione di situazioni di rilievo costituzionale.

Viene in definitiva in rilievo la lesione del diritto, che trova fondamento negli articoli 2,4 e 36 della Costituzione, ad esplicare la sua personalità attraverso il lavoro. Detto diritto assume una particolare pregnanza, alla luce degli art. 3,32,36 e 38 della Costituzione, come attuati dalla legislazione in tema di riconoscimento delle riserve in favore dei soggetti appartenenti a categorie protette, con riferimento a soggetti che vedano menomata la sua capacità competitiva nel mercato del lavoro in ragione delle condizioni di minorazione fisica. Soggetti per i quali l'accesso al lavoro costituisce essenziale strumento di affermazione della piena dignità della persona e, al tempo, dimostrazione, del loro pieno inserimento sociale. Sotto questa angolazione, si può apprezzare la lesione del principio dell'«eguaglianza sostanziale» ex art. 3, comma 2, Cost., vieppiù radicato in capo a chi versi in stato di grave minorazione fisica, al fine di ottenere dalle autorità pubbliche competenti la rimozione degli ostacoli che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza del soggetto "svantaggiato", ne impediscono o ne limitano l'integrazione sociale e frustrano il pieno affermarsi della sua personalità (vedi Corte cost. sent., n. 215/1987 e più di recente sent. n. 350/2003, che, in nome del più volte richiamato canone dell'uguaglianza, dà evidenza al diritto del soggetto fisicamente minorato ad ottenere dallo Stato la rimozione degli ostacoli di ordine sociale che impediscono il pieno sviluppo della sua personalità e la predisposizione di adeguati strumenti di inserimento e di socializzazione, quali fondamentali fattori di tutela della sua salute psico-fisica).

Danno in quel caso quantificato in via equitativa dopo essere stato affermato che sul piano della prova, è jus receptum l'affermazione secondo la quale l'immaterialità dei pregiudizi in questione (lesione di beni e valori inerenti alla persona) rende percorribile in via principale lo strumento della prova per presunzioni, sulla scorta di valutazioni prognostiche anche basate su fatti notori o massime di comune esperienza (sulla piena ammissibilità del ricorso a prove logiche in tema di danno non patrimoniale v'è ampia concordia in giurisprudenza: fra le molte, Cass., n. 12767/1998; Cass., n. 12124/2003).

In altro caso, il danno non patrimoniale è stato riconosciuto e risarcito per una illegittimità dell'amministrazione che aveva determinato il protrarsi dell'attività lavorativa e così ostacolato le attività realizzatrici della persona umana libera dall'impegno e dal logorio dell'attività lavorativa con peggioramento della qualità dell'esistenza (Cons. St. V, n. 125/2006); o ancora è stato riconosciuto che l'impossibilità, per causa imputabile alla p.a., di godere del supporto necessario a garantire la piena soddisfazione dei bisogni di sviluppo, istruzione e partecipazione del minore disabile comporta la lesione della correlativa situazione soggettiva di vantaggio, di rango costituzionale, che dà luogo al diritto al risarcimento del danno esistenziale ex art. 2059 c.c. (Nel caso di specie un minore, con una grave forma di autismo, non aveva potuto usufruire, per un determinato lasso di tempo, della totalità delle ore di sostegno previste del piano di studi personalizzato; Cons. St. VI, n. 5317/2014).

In tema di mancata fruizione di ore di sostegno, il G.A. ha specificato le tipologie di danni non patrimoniali richiedibili, ovvero: il danno morale e quello biologico sono risarcibili quando risulti la commissione di un reato nei confronti dell'alunno disabile, ovvero il nesso causale tra l'atto illegittimo dell'Amministrazione e l'insorgenza di una menomazione ulteriore, permanente o temporanea dell'integrità psicofisica dell'alunno disabile, suscettibile di valutazione medico-legale;- il danno alla vita di relazione (‘esistenziale') è risarcibile quando risulti che la mancata fruizione delle spettanti ore di sostegno abbia comportato regressioni o abbia reso irrealizzabile il «progetto di vita» delineato dal P.E.I. (piano educativo individualizzato, come definito dalle citate «Linee guida per l'integrazione scolastica degli alunni con disabilità», redatte dal Ministero dell'istruzione in data 4 agosto 2009), che in materia rileva quale parametro di riferimento, specifico dei principi enunciati da Cass. III, n. 7766/2016. Con riguardo al responsabile dei danni che fossero provati, questo è identificato nell'Amministrazione quanto nel suo funzionario o dipendente, a sua volta responsabile degli atti compiuti in violazione di diritti, ai sensi dell'art. 28 Cost. (Cons. St. VI, n. 3927/2017).

In sostanza, tra i danni derivanti da provvedimento amministrativo illegittimo è stato riconosciuto il danno non patrimoniale (risarcibile) inteso come categoria ampia, nella quale trovano collocazione giuridica tutte le ipotesi in cui si verifichi la lesione di beni o valori inerenti alla persona, ovvero sia il danno morale soggettivo (o danno da reato, consistente nel turbamento dell'animo della vittima), sia il danno biologico in senso stretto (o danno all'integrità fisica e psichica, coperto dalla garanzia dell'art. 32 Cost.), sia il c.d. danno esistenziale o danno conseguente alla lesione di altri beni non patrimoniali di rango costituzionale

Per il danno esistenziale si ammette, quindi, il ricorso a presunzioni, trattandosi di pregiudizio ad un bene immateriale, diverso dal biologico e consistente nel danno, di natura non meramente emotiva ed interiore ma oggettivamente accertabile, arrecato alle attività non remunerative del soggetto passivo, costretto ad alterare le proprie abitudini ed i propri assetti relazionali ed a sottostare a scelte di vita diverse dalle precedenti in ordine alla espressione ed alla realizzazione della sua personalità anche nel mondo esterno. Quanto alle presunzioni, esse vanno intese nel senso tecnico di presunzioni semplici e non assolute, ossia di conseguenze che il giudice trae da un fatto noto per risalire a un fatto ignorato (art. 2227 c.c.), che sono lasciate alla prudenza del giudice stesso, il quale non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti (art. 2729, c.c.), e che non costituiscono, nella gerarchia dei mezzi di prova, uno strumento di rango secondario rispetto alla prova diretta o rappresentativa, valendo sostanzialmente, come la presunzione legale, a facilitare l'assolvimento dell'onere della prova da parte di chi ne è onerato mediante trasferimento sulla controparte dell'onere della prova contraria. Ne consegue che il convincimento del giudice può ben fondarsi anche su di una sola presunzione, purché grave e precisa, e non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta e di esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo regole di esperienza (Cons. St. IV, n. 4375/2015).

Pertanto, il danno non patrimoniale, quindi, anche quando discende dalla violazione di diritti fondamentali della persona, non è mai in re ipsa, ma deve essere sempre allegato e provato da chi ne chiede il risarcimento

Anche laddove si alleghi la lesione di diritti inviolabili della persona, la sussistenza di un danno non patrimoniale (asseritamente) risarcibile ai sensi dell'art. 2059 c.c. deve essere puntualmente dimostrata, se del caso attraverso il ricorso a presunzioni.

Il convincimento del giudice può ben fondarsi anche su una sola presunzione, purché grave e precisa, e non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo regole di esperienza (Cons. St. III, n. 906/2014)

In quali casi agire per il risarcimento del danno non patrimoniale

Ogni domanda ha i suoi costi anche se proposta nell'ambito di un ricorso con altre domande e quindi una domanda respinta può comportare conseguenze anche sulla statuizione relativa alle spese di giudizio.

Di conseguenza, la domanda per il risarcimento dei danni non patrimoniale va proposta unicamente nei casi, non frequenti, in cui effettivamente si determina una violazione di particolare gravità a beni, inerenti la persona o altri diritti costituzionalmente protetti come nei casi esaminati dalla giurisprudenza e descritti in precedenza.

In presenza di tali fattispecie, sarà opportuno richiamare la giurisprudenza e, in particolare, la vicenda maggiormente simile al caso da portare all'esame del giudice ed evidenziare/allegare ogni elemento, anche presuntivo, utile a dimostrare il danno e la sua entità, pur potendo poi essere utilizzati criteri equitativi.

Per quanto riguarda i profili probatori, anche in relazione al profilo oggettivo e soggettivo dell'illecito, e la quantificazione del danno si rinvia al commento alle formule: “Ricorso di annullamento con contestuale domanda risarcitoria” e “Memoria per la quantificazione del risarcimento per equivalente”.

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