Atto di diffida all'esercizio poteri di autotutela (avviso di danno) (art. 30)

Roberto Chieppa

Inquadramento

L'art. 30, comma 3, c.p.a., ha superato il principio della pregiudiziale amministrativa e ha consentito la proponibilità di domande autonome di risarcimento (autonome perché in assenza di impugnazione dell'atto fonte del danno).

È stato previsto che la domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi è proposta entro il termine di decadenza di centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo. Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti.

La soluzione alla fine prevalsa è stata, quindi, quella di lasciare il termine di decadenza di centoventi giorni e di prevedere che, nel determinare il risarcimento il giudice valuti tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, «anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti».

La presente formula contiene un atto (stragiudiziale) con cui si avvisa la pubblica amministrazione del danno che ha causato (e sta causando) con l'invito ad esercitare i poteri di autotutela.

L'avviso può essere inviato anche se poi si procede ad impugnare l'atto fonte del danno e anzi il suggerimento è di impugnare sempre l'atto fonte del danno e di lasciare l'azione autonoma di risarcimento a quelle fattispecie in cui non si è avuto modo di impugnare l'atto fonte del danno.

Non appare infatti ragionevole una scelta di chiedere solo il risarcimento senza impugnare l'atto, quando poi in ogni caso si dovrà dimostrare di aver attivato gli strumenti previsti dall'ordinamento per evitare il danno.

Resta in ogni caso l'utilità dell'avviso, che può assumere rilievo anche per dimostrare la consapevolezza dell'amministrazione di aver causato un danno.

Formula

Al .... (indicare amministrazione)

OGGETTO: AVVISO DI DANNO. INVITO AD ESERCITARE POTERI DI AUTOTUTELA.

In relazione agli atti posti in essere dalla vostra amministrazione nel corso del procedimento avviato per ...., si rappresenta che i vizi procedimentali e le illegittimità commesse stanno causando ingenti danni all'impresa rappresentata dal sottoscritto.

Con riferimento alle illegittimità si evidenzia che (indicare in estrema sintesi le contestazioni mosse all'operato della p.a.).

I danni subiti e subendi sono evidenti e consistono (indicare in sintesi gli elementi di fatto idonei a dimostrare il danno emergente e il lucro cessante, anche solamente potenziali).

Tali danni possono essere certamente attenuati e in parte evitati con il pronto utilizzo dei poteri di autotutela, la cui attivazione è richiesta con la presente istanza che deve intendersi anche come invito ad esercitare detti poteri ed espressa richiesta di riesame del provvedimento assunto (o della posizione assunta nel corso del procedimento se non ancora concluso).

Il presente atto deve ritenersi valido ai fini dell'interruzione della prescrizione.

Luogo e data ....

Firma ....

Commento

Dal superamento della pregiudiziale all'azione autonoma di risarcimento

Alla questione del rapporto tra azione di risarcimento e azione di annullamento possono essere date più soluzioni:

a) la pregiudizialità dell'azione di annullamento rispetto a quella di risarcimento del danno derivante dal provvedimento illegittimo (necessità, appunto, di impugnare (ed ottenere l'annullamento) dell'atto amministrativo prima di poter conseguire il risarcimento del danno derivante da quel medesimo atto;

b) l'assoluta indifferenza dell'aver impugnato, o meno, il provvedimento rispetto alla successiva domanda risarcitoria;

c) la rilevanza dell'avvenuta, o meno, impugnazione del provvedimento fonte del danno rispetto alla domanda di risarcimento del danno (l'esercizio dell'azione di annullamento non è pregiudiziale, ma assume rilievo ai fini dell'esame della domanda risarcitoria).

Con il Codice del processo amministrativo il legislatore delegato non ha condiviso né la tesi della pregiudizialità amministrativa, né quella della totale autonomia dei due rimedi, impugnatorio e risarcitorio, optando viceversa per la soluzione intermedia (tesi della rilevanza), che valuta l'omessa tempestiva proposizione del ricorso per l'annullamento del provvedimento lesivo non come fatto preclusivo dell'istanza risarcitoria, ma solo come condotta che, nell'ambito di una valutazione complessiva del comportamento delle parti in causa, può autorizzare il giudice ad escludere il risarcimento, o a ridurne l'importo, ove accerti che la tempestiva proposizione del ricorso per l'annullamento dell'atto lesivo o di altri strumenti avrebbe evitato o limitato i danni da quest'ultimo derivanti.

L'ordinaria diligenza del creditore

Sulla base dell'art. 30, l'omessa impugnazione del provvedimento amministrativo, fonte del danno, non rappresenta più una causa di per sé ostativa all'accoglimento dell'azione risarcitoria, ma costituisce comunque un elemento valutabile insieme ad altri dal giudice.

Sulla base dell'art. 1227 c.c. il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza (comma 2) ed è comunque diminuito se il fatto colposo del creditore ha contribuito a cagionare il danno (comma 1).

Fino ad oggi era stato escluso che il secondo comma di tale articolo potesse essere interpretato nel senso di richiedere che il danneggiato fosse tenuto a far valere tempestivamente in giudizio il suo diritto nei confronti del danneggiante, in quanto il ricorso a rimedi processuali comporta pur sempre un apprezzabile sacrificio in termine di costi e di rischi; tuttavia, l'applicazione di tale indirizzo alle fattispecie di danno da provvedimento amministrativo illegittimo non era pacifica, come dimostra anche quella giurisprudenza che in passato aveva già accolto la tesi dell'ammissibilità dell'azione risarcitoria autonoma, applicando l'art. 1227 c.c. (Cons. St. IV, n. 1684/2001) e che ha poi confermato che l'onere che incombe sul danneggiato ai sensi dell'art. 1227, comma 2, c.c., si estende fino all'esperimento di un'azione giurisdizionale, da ritenersi non eccessivamente onerosa, tenuto conto che l'ordinamento amministrativo consente di porre in discussione i provvedimenti amministrativi anche mediante lo strumento del ricorso straordinario, che non presuppone la necessaria assistenza di un avvocato (Cons. St. VI, n. 5183/2008; argomento però non più invocabile in materia di appalti).

L'art. 30, comma 3, prevede che «Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti», mentre nella seconda parte è stabilito che il giudice «esclude» il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anziché «può escludere» (proposto dalla Commissione speciale istituita presso il Consiglio di Stato) e, sotto tale profilo, si osserva come l'art. 1227, comma 2, c.c. utilizzi l'espressione «il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza», non lasciando quindi spazio alla possibilità di una valutazione da parte del giudice e, di conseguenza, la norma approvata è coerente con la disposizione civilistica.

La valutazione del giudice è, invece, necessaria per verificare quali sono i danni evitabili usando l'ordinaria diligenza e qui il Codice chiarisce che rientra nell'ordinaria diligenza anche l'esperimento degli strumenti di tutela previsti, dando così corpo alla tesi della «rilevanza».

La Commissione speciale istituita presso il Consiglio di Stato aveva proposto di fare riferimento non solo all'esercizio dei mezzi di tutela, ma anche all'invito all'autotutela.

Si intendeva affermare che in alcuni casi l'onere di diligenza si poteva anche arrestare alla segnalazione all'amministrazione dell'illegittimità del provvedimento adottato, dei danni derivanti da quel provvedimento e della possibilità di evitare o ridurre i danni, rimuovendo l'atto in autotutela.

Affinché il comportamento del creditore sia ritenuto conforme all'ordinaria diligenza ai fini del risarcimento del danno, non è richiesto il necessario esperimento degli ordinari rimedi giurisdizionali di impugnazione: ciò sarebbe contrario alla ratio della norma di cui all'art. 30 c.p.a., che ha escluso la necessità di previa impugnazione dell'atto ai fini dell'ammissibilità dell'azione di risarcimento del danno patrimoniale, nonché alla lettera del comma 3, che chiaramente si riferisce a «strumenti di tutela», non già di «tutela giurisdizionale» e comunque non li considera ineluttabili («anche attraverso»). A tal fine, è sufficiente che l'amministrazione sia stata messa in condizione, tramite un apposito «avviso di danno» consistente nell'invito all'autotutela, di ritornare sul proprio atto, assolvendo, in un regime di risarcibilità della lesione dell'interesse legittimo, l'obbligo (o, meglio, l'onere) di annullamento d'ufficio dell'atto illegittimo (art. 21-nonies l. n. 241/1990), al fine di evitare di incorrere nella condanna al risarcimento del danno anche per le spese ulteriori sostenute dal privato (Cons. St. V, n. 6296/2011; Cons. St. VI, n. 1605/2014). La prima decisione, che richiama Cass. III, 3 marzo 2011, n. 5120, si riferisce ad un caso in cui il ricorrente aveva tenuto un comportamento rispondente al canone di ordinaria diligenza preordinato ad evitare il danno, dapprima comunicando con raccomandata all'amministrazione, analiticamente, le ragioni per le quali riteneva l'illegittimità del provvedimento, con avviso degli «ingenti danni economici» subiti per effetto dell'atto, e trasmettendo, poi, atto stragiudiziale di diffida a provvedere entro dieci giorni alla revoca dell'atto; la mancata impugnazione dell'atto è stata ritenuta valutabile in sede di quantificazione del danno risarcibile, ma non come causa di esclusione del risarcimento; nel secondo caso il danneggiato da una ordinanza comunale di occupazione di una cava aveva diligentemente provveduto a partecipare durante tutto il periodo di perdurante occupazione a conferenze di servizi convocate dalle amministrazioni interessate, vanamente manifestando la volontà di ottenere ristoro al danno perpetrato e il g.a. non ha ravvisato elementi per escludere o diminuire il danno da risarcire.

Tale ultimo precedente dimostra come l'avviso di danno possa avere una utilità anche prima dell'adozione del provvedimento finale e nel corso del procedimento in modo da rendere – già in tale fase – l'amministrazione consapevole del rischio risarcitorio; in tal caso, dopo l'adozione del provvedimento favorevole può essere inviato un nuovo avviso.

Si segnala che, in tema di danni derivanti da un'illegittima esclusione da una procedura concorsuale, ove l'attore chieda il risarcimento senza aver impugnato gli atti della procedura (ma basandosi sull'annullamento del bando ottenuto da altro candidato), il g.a. ha ritenuto che la valenza strutturalmente erga omnes dell'annullamento di un atto generale, seppure conforma la successiva attività amministrativa, non legittima il privato ad avanzare istanze risarcitorie attinenti alla sua specifica posizione, ove egli non abbia assunto in prima persona concrete iniziative giudiziarie tese alla demolizione dell'atto generale medesimo ai sensi dell'art. 1227 c.c. In tal caso, si è ritenuto che la proposizione del ricorso non esonda dall'ordinaria diligenza esigibile da parte del cittadino, ma anzi rappresenterebbe un comportamento assolutamente esigibile, sia in quanto costituente lo strumento di reazione appositamente (recte, ordinariamente) apprestato dall'ordinamento per la tutela dei diritti e degli interessi legittimi, sia perché consente il recupero ex post delle spese di lite in caso di esito vittorioso della controversia, sia, infine, perché esperibile anche in assenza di adeguate sostanze economiche, grazie alla disciplina in tema di patrocinio a spese dello Stato (Cons. St. IV, n. 3282/2017 e Cons. St. IV, n. 1835/2017).

Anche tale giurisprudenza dimostra come sia in ogni caso opportuno inviare all'amministrazione un avviso in cui si rappresenta il verificarsi del danno e la si invita all'esercizio dei poteri di autotutela.

Tale avviso potrà essere utile anche a prescindere dalla proposizione di una domanda di risarcimento in via autonoma (senza aver impugnato l'atto), che comunque rappresenta un rischio per la parte danneggiata.

Risarcimento del danno e prescrizione

Nell'avviso, oggetto della presente formula, è opportuno inserire un accenno all'interruzione della prescrizione, anche se per la domanda di risarcimento opera il ben più stringente termine di decadenza di 120 giorni.

Si ricorda che sulla base della prevalente tesi della natura extracontrattuale della responsabilità della P.A. la durata del termine di prescrizione è quinquennale (a tale soluzione si perviene anche nelle ipotesi di responsabilità precontrattuale); per l'applicazione del termine di prescrizione decennale previsto dall'art. 2946 c.c., e non di quello quinquennale di cui all'art. 2947 c.c. v. Cass. I, n. 25644/2017 in una fattispecie di responsabilità di tipo contrattuale da «contatto sociale qualificato»).

A seguito del venir meno della pregiudiziale amministrativa, il termine di prescrizione dell'azione di risarcimento contro la P.A. decorre dalla data dell'illecito e non da quella del passaggio in giudicato della sentenza di annullamento dell'atto lesivo da parte del giudice amministrativo, in quanto l'esistenza dell'atto amministrativo illegittimo non costituisce più un impedimento all'esercizio dell'azione risarcitoria, anche se il ricorso giurisdizionale contro un provvedimento della P.A. causativo di un danno extracontrattuale può valere ad interrompere la prescrizione del diritto al risarcimento del danno a condizione che vi sia un atto interruttivo ritualmente inserito dall'interessato nel processo.

Dopo l'entrata in vigore del Codice, per i danni causati alle posizioni di interesse legittimo da un provvedimento amministrativo, il problema della prescrizione non si pone, dovendo essere rispettato il termine di decadenza di 120 giorni, decorrente – in caso di domanda di risarcimento autonoma – dal momento in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo o – in caso di domanda proposta dopo il tempestivo esercizio dell'azione di annullamento del provvedimento fonte del danno – dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce tale azione. Per i danni causati a posizioni di diritto soggettivo o che comunque non derivano da un provvedimento amministrativo illegittimo, il termine per proporre la domanda di risarcimento è quello quinquennale di prescrizione.

Per tutti i fatti antecedenti al 16 settembre 2010 (data di entrata in vigore del Codice del processo amministrativo) non si applica il termine di decadenza previsto dall'art. 30, comma 3 del Codice stesso, ma continua ad applicarsi l'originario termine quinquennale di prescrizione decorrente dal momento in cui il danno si è verificato.

Per i fatti (e atti) successivi all'entrata in vigore del Codice si applicherà il nuovo termine di decadenza di 120 giorni, fermo restando che il ricorrente può decidere di impugnare il provvedimento fonte del danno e attendere l'esito del giudizio di annullamento per proporre la domanda risarcitoria, avvalendosi del disposto del comma 5 dell'art. 30, che prevede che «nel caso in cui sia stata proposta l'azione di annullamento la domanda risarcitoria può essere formulata nel corso del giudizio «o, comunque, fino a 120 giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza». Norma da intendersi riferita ai soli danni causati a posizioni di interesse legittimo da un provvedimento illegittimo e che amplia le possibili strategie processuali del danneggiato, consentendogli di attendere l'esito del giudizio di annullamento prima di proporre la domanda di risarcimento (in linea con la ratio della citata pregressa giurisprudenza, secondo cui l'azione di annullamento avverso il provvedimento fonte del danno interrompeva la prescrizione; indirizzo confermato da Cass. I, n. 25644/2017). Secondo Cons. St. VI, n. 3408/2022, in sede di riassunzione davanti al giudice amministrativo di un giudizio di risarcimento inizialmente instaurato davanti al giudice civile non può essere eccepita per la prima volta la prescrizione, non eccepita nei termini nel giudizio civile, in quanto il processo iniziato davanti alla giurisdizione errata e riassunto nel termine di legge davanti al giudice munito di giurisdizione non costituisce un nuovo ed autonomo procedimento, ma la naturale prosecuzione dell'unico giudizio per quanto inizialmente introdotto davanti al giudice carente della giurisdizione).

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