Azione civile nei confronti dell'impresa che ha beneficiato dell'atto posto in essere in esecuzione di una pronuncia giurisdizionale poi riformata (art. 30)

Roberto Chieppa

Inquadramento

Una fattispecie particolare in cui è certa l'esistenza di un danno e non è facile individuare la strada per pervenire al risarcimento è costituita dalla ipotesi in cui il danno deriva da atti amministrativi posti in essere in esecuzione di pronunce giurisdizionali, poi non confermate (pronuncia di merito di segno diverso rispetto alla concessa misura cautelare o sentenza del T.A.R. eseguita e poi riformata in appello).

Si tratta di casi non frequenti, che tuttavia sono arrivati all'esame della giurisprudenza amministrativa, specie in materia di appalti, dove può accadere che un appalto venga aggiudicato in base ad una pronuncia del giudice (cautelare o di primo grado), poi riformata in sede di giudizio di merito o in appello quando nel frattempo il rapporto è già stato interamente eseguito con l'impresa ricorrente in primo grado.

In questo caso vi è un soggetto (quello sbagliato) che ha svolto il rapporto con la P.A. e altro soggetto, a cui spettava l'aggiudicazione, che non ha potuto farlo a causa dell'avvenuta esecuzione di una decisione giurisdizionale, poi riformata, senza quindi che si sia verificato alcun errore da parte dell'amministrazione.

Vi è sicuramente un danno, ma è difficile pervenire al risarcimento.

La più recente giurisprudenza sembra indicare due strade:

a) quella dell'azione di risarcimento nei confronti della P.A. da proporre in sede di ricorso in ottemperanza;

b) l'azione civile nei confronti dell'impresa che ha beneficiato dell'atto posto in essere in esecuzione di una pronuncia giurisdizionale ottenuta a seguito di un suo ricorso.

Si tratta di due azioni che non possono essere proposte insieme in via alternativa in quanto appartenenti a due giurisdizioni diverse.

La formula in commento riguarda la seconda ipotesi (per la prima ipotesi, v. formula “Ricorso nei confronti della p.a. per il risarcimento del danno derivante da atti amministrativi posti in essere in esecuzione di pronunce del giudice, poi riformate”).

Formula

TRIBUNALE ORDINARIO DI ... [1]

ATTO DI CITAZIONE

- per [PERSONA FISICA] [2], nato/a a ... il ... (C.F. ...), residente in ..., via/piazza ... n. ..., elettivamente domiciliato/a in ..., via/piazza ..., n. ..., presso lo studio dell'Avvocato [3] ..., C.F. ... [4], PEC: ..., Fax ... [5], che lo/la rappresenta e difende in forza di procura alle liti ... [6].

- [PERSONA GIURIDICA] [7], con sede legale in ..., via/piazza ..., n. ..., iscritta nel registro delle imprese di ..., n. ..., P. I. ..., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato/a in ..., via/piazza ..., n. ..., presso lo studio dell'Avv. [8] ..., C.F. ... [9], PEC: ..., Fax ... [10], che la rappresenta e difende in forza di procura alle liti ... [11].

[Per tutte le future comunicazioni e notifiche di cancelleria si indicano l'indirizzo di posta elettronica certificata ... ed il numero di fax ... .] [12]

- attore -

CONTRO

- [persona giuridica], in persona del legale rappresentante pro tempore,

- convenuto -

PREMESSO IN FATTO CHE [13]

Con bando del ..., la ... ha indetto una procedura di gara per l'affidamento dei lavori di ... con importo a base d'asta par ad Euro ...

Con provvedimento del ..., la stazione appaltante ha aggiudicato la gara all'impresa ..., dopo aver escluso l'aggiudicataria provvisoria impresa ... .

L'impresa ... ha impugnato tali provvedimenti innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la ..., che, con sentenza ..., n. ..., ha accolto il ricorso e, per l'effetto, ha annullato l'aggiudicazione in favore dell'impresa ...

L'impresa ... ha impugnato tale sentenza innanzi al Consiglio di Stato, chiedendone in via cautelare la sospensione.

All'esito della camera di consiglio del ..., è stata respinta la domanda di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza appellata (ordinanza n. ...).

Con la sentenza ..., n. ... ., il Consiglio di Stato ha accolto l'appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, ha respinto il ricorso proposto in primo grado dall'impresa Y.

Con formale diffida inviata con nota del ..., la stazione appaltante veniva invitata a dare attuazione al giudicato formatosi sulla sentenza del Consiglio di Stato n. ...

La stazione appaltante ha risposto, rilevando che il giudicato è intervenuto successivamente alla ultimazione dei lavori oggetto dell'appalto (avvenuta in data ..., come risultante dal certificato di ultimazione dei lavori), con conseguente impossibilità di far subentrare l'impresa ... nel rapporto contrattuale.

CONSIDERATO IN DIRITTO CHE [14]

La ricorrente era stata individuata come aggiudicataria dalla stazione appaltante e non ha potuto stipulare il contratto e svolgere il rapporto solo perché, a seguito dell'iniziativa giurisdizionale di parte convenuta ..., la stazione appaltante ha aggiudicato la gara a quest'ultimo, che ha poi stipulato ed eseguito il contratto.

Risulta evidente come la parte convenuta ha svolto sine titulo il rapporto con l'amministrazione relativo ad un appalto pubblico e abbia così indebitamente percepito il corrispettivo per lo svolgimento del rapporto e, in particolare, l'utile di impresa.

Altrettanto evidente è il fatto che la parte attrice avrebbe dovuto svolgere il rapporto con l'amministrazione, percepire il relativo corrispettivo e, in particolare, l'utile di impresa.

Sia l'aver percepito parte convenuta l'utile di impresa, sia non averlo percepito parte attrice costituiscono condotte antigiuridiche cui l'ordinamento deve dare soluzione.

La soluzione è la condanna di parte convenuta al pagamento in favore di parte attrice dell'utile di imprese percepito per il rapporto in questione, oltre interessi e rivalutazione monetaria.

Tale soluzione può essere sorretta da diverse ragioni giuridiche, che qui si sottopongono, anche in via alternativa, a fondamento della domanda:

a) a seguito della mancata conferma del provvedimento giurisdizionale favorevole a parte convenuta, quanto meno la percezione dell'utile di impresa resta del tutto priva di causa e determina un arricchimento senza causa appunto a danno della parte attrice che avrebbe dovuto svolgere il rapporto con la P.A. Sorge di conseguenza, ai sensi dell'art. 2041 c.c. un obbligo di indennizzare parte attrice nei limiti dell'arricchimento che è costituito dall'utile di impresa;

b) la percezione del corrispettivo dell'appalto costituisce un indebito ai sensi degli artt. 2033 e ss. c.c. e si impone la restituzione quanto meno dell'utile di impresa in favore della parte che avrebbe dovuto svolgere il rapporto e percepire il suddetto utile;

c) la complessiva condotta di parte convenuta si configura come ilecita ai sensi dell'art. 2043 c.c. e determina l'insorgere del diritto di parte attrice al risarcimento del danno; tale diritto è configurabile sulla base dei principi generali sull'illecito e anche sulla base dell'art. 96, comma 2, c.p.c., il giudice che accerta l'inesistenza di un diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare condanna la parte che ha agito senza la normale prudenza al risarcimento del danno sulla base del principio, secondo cui l'errore del giudice va considerato come errore della parte (bene intendasi: di quella che vi ha dato causa, non certo di quella che ne subisce le conseguenze). È evidente in questo caso l'assenza di prudenza di parte convenuta che ha posto in esecuzione un provvedimento giurisdizionale non definitivo, assumendo il rischio delle conseguenze di un diverso esito del giudizio;

Passando alla quantificazione delle somme di cui si chiede la condanna al pagamento, si rileva come nel caso di mancata aggiudicazione di un appalto tali somme debbano corrispondere al lucro cessante, che si identifica con l'interesse c.d. positivo, che ricomprende sia il mancato profitto (che l'impresa avrebbe ricavato dall'esecuzione dell'appalto), sia con il danno c.d. curricolare (ovvero il pregiudizio subìto dall'impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum e dell'immagine professionale per non poter indicare in esso l'avvenuta esecuzione dell'appalto). Non è dubitabile, invero, che il fatto stesso di eseguire un appalto pubblico (anche a prescindere dal lucro che l'impresa ne ricava grazie al corrispettivo pagato dalla stazione appaltante), possa essere, comunque, fonte per l'impresa di un vantaggio economicamente valutabile, perché accresce la capacità di competere sul mercato e, quindi, la chance di aggiudicarsi ulteriori e futuri appalti.

L'utile che la ricorrente avrebbe ricavato dall'esecuzione dell'appalto ammonta a Euro ..., come risultante dall'offerta economica e dalla prodotta scheda riepilogativa (o citare altri documenti) [15].

Con riferimento al c.d. danno curricolare, si indicano i seguenti elementi di prova: ... [16].

La somma spettante a titolo di risarcimento del danno va maggiorata a titolo di interessi e rivalutazione monetaria.

Tutto ciò premesso e considerato, [inserire il nominativo/ la denominazione dell'attore indicato in epigrafe], come sopra rappresentato e difeso,

CITA [17]

[inserire il nominativo/ la denominazione del convenuto e la relativa residenza/sede legale, come indicati in epigrafe], a comparire davanti al Tribunale di ..., all'udienza che sarà tenuta il giorno ..., con invito a costituirsi, ai sensi dell'art. 166 c.p.c., nel termine di venti giorni prima dell'udienza indicata, ivi comparendo, con l'espresso avvertimento che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze previste dagli artt. 38 e 167 c.p.c. e che la mancata comparizione comporterà la prosecuzione del processo in contumacia, per sentire accogliere le seguenti

CONCLUSIONI [18]

Voglia l'Ecc.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, per i motivi esposti:

- accertare e dichiarare che la parte convenuta è tenuta al pagamento in favore di parte attrice dell'importo di ... per le ragioni giuridiche, anche alternativamente esposte in parte motiva;

- conseguentemente, condannare il convenuto a ... ;

[- in via subordinata, ...].

Con vittoria di spese, diritti e onorari di giudizio (oltre IVA e CPA).

In via istruttoria, si chiede ... [19].

Si depositano, in copia, i seguenti documenti:

...;

Ai sensi del d.P.R. n. 115/2002 e successive modificazioni, si dichiara che il valore della presente lite è pari a ... e che si versa, all'atto di iscrizione a ruolo, un contributo pari a ... [20].

Luogo e data ...

Firma Avv. ...

PROCURA

[ove non apposta a margine]

RELATA DI NOTIFICA [21]

[V. formula “Relata di notifica a persona fisica” e formule correlate]

1. Cfr., per i criteri di competenza, gli artt. 7 e ss. c.p.c.

2. In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con mod., in l. n. 111/2011).

3. In caso di procura rilasciata a più difensori, si dovrà indicare per ciascuno di essi i dati indicati (C.F., fax, etc...).

4. L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011 conv. con modif. nella l. n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, 8° comma, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. nella l. n. 24/2010.

5. L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. e dall'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv. con modif., nella l. n. 114/2014. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. cit., «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ...ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale .... il contributo unificato è aumentato della metà».

6. Art. 163, comma 3, n. 6), c.p.c.. La procura può essere generale o speciale. In quest'ultimo caso può essere apposta in calce o a margine dell'atto di appello o, comunque, nelle forme stabilite dall'art. art. 83 c.p.c.

7. In caso di proposizione del ricorso nell'interesse di una persona giuridica, si dovrà indicare la denominazione della società, la sede legale, l'eventuale iscrizione al registro delle imprese, la partita IVA, il codice fiscale, con l'indicazione del rappresentante legale per mezzo del quale la società sta in giudizio.

8. V. nt. 3.

9. V. nt. 4.

10. V. nt. 5.

11. V. nt. 6.

12. In caso di pluralità di difensori, può essere utile indicare l'indirizzo (di fax e/o PEC) al quale si desidera ricevere le comunicazioni inerenti il procedimento.

13. Art. 163, comma 3, n. 4, c.p.c. Si richiede l'indicazione analitica dei fatti posti a fondamento delle proprie pretese, che unitamente alle ragioni in diritto, individuano la c.d. causa petendi.

14. V. nt. precedente. Si devono esporre le ragioni giuridiche a fondamento della domanda.

15. Appare preferibile quantificare questa voce di risarcimento con elementi oggettivi riferibili all'offerta, piuttosto che invocare elementi presuntivi rispetto ai quali la giurisprudenza si è attestata su tesi restrittive.

16. Anche in questo caso vanno indicati elementi oggettivi altrimenti si corre il rischio che la domanda venga respinta per assenza di elementi probatori.

17. La vocatio in ius deve contenere talune indicazioni e inviti, specificamente previsti dall'art. 163, comma 3, n. 7, c.p.c.

18. Ai sensi dell'art. 163, comma 3, n. 3, c.p.c., nell'atto di citazione deve essere indicata la “cosa oggetto della domanda”, da intendersi come il petitum, sia in senso formale (il provvedimento richiesto al giudice), sia sostanziale (il bene della vita che l'attore persegue con la domanda).

19. L'attore può formulare sin dall'atto di citazione eventuali richieste istruttorie (prove testimoniali; perizie; etc...), senza però che la mancata indicazione implichi decadenza alcuna.

20. Cfr. art. 13, comma 1, d.P.R. n. 115/2002. In assenza di indicazione di valore, si presume che la causa abbia valore indeterminabile, applicandosi lo scaglione più elevato ai fini del contributo (art. 13, comma 6, d.P.R. n. 115/2002).

21. Successivamente alla notifica della citazione, l'attore è tenuto, ai sensi dell'art. 165 c.p.c., a costituirsi in giudizio a mezzo di procuratore (o personalmente nei casi consentiti), mediante deposito in cancelleria dell'atto, accompagnato da una nota di deposito con la relata di notifica, la procura e i documenti allegati.

Commento

A chi deve rivolgersi l'impresa aggiudicataria che non ha eseguito il rapporto per effetto di atti amministrativi posti in essere in esecuzione di pronunce del giudice poi riformate

La questione oggetto delle formule qui in commento è stata oggetto di esame da parte della giurisprudenza in materia di appalti.

Nel caso in cui un appalto sia stato aggiudicato in base ad una pronuncia del giudice (cautelare o di primo grado), poi riformata in sede di giudizio di merito o in appello, è evidente che l'impresa originaria aggiudicataria ha subito un danno ed è altresì evidente l'assenza di colpa della stazione appaltante che aveva correttamente individuato il contraente della P.A., ma è stata poi “costretta” ad eseguire una sentenza rivelatasi poi errata (assenza di colpa evidenziata da: Cons. St. V, n. 5789/2002).

Tralasciando in questa sede la percorribilità dell'azione nei confronti dello Stato per danni causati nell'esercizio delle funzioni giurisdizionali (l. n. 117/1988), le strade percorribili appaiono essere due:

a) l'azione nei confronti della stazione appaltante a titolo di responsabilità oggettiva;

b) l'azione nei confronti del privato che ha beneficiato degli effetti dei provvedimenti giurisdizionali, da lui richiesti e poi non confermati.

Le due azioni non possono essere proposte insieme perché appartengono a due diverse giurisdizioni: la prima alla giurisdizione amministrativa e la seconda alla giurisdizione ordinaria, tenuto conto che è stato escluso che il giudice amministrativo possa conoscere di controversie di cui non sia parte una pubblica amministrazione, o soggetti ad essa equiparati, in presenza di azioni tra privati, che non possono essere attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo per mere ragioni di connessione (Cons. St. VI, n. 2957/2008, confermata dalla citata Plenaria).

In passato la giurisprudenza sembrava escludere la prima ipotesi, ma la decisione della Adunanza plenaria del Cons. St. n. 2/2017 ha invece riconosciuto la sussistenza di una obbligazione ex lege scaturente dal fatto oggettivo dell'impossibilità di eseguire il giudicato, ricordando che sulla base della giurisprudenza della Corte di Giustizia non è necessario provare la colpa dell'amministrazione aggiudicatrice, poiché il rimedio risarcitorio risponde al principio di effettività della tutela previsto dalla normativa comunitaria. In questi casi la responsabilità potrebbe essere esclusa solo dalla mancanza o dal venir meno della antigiuridicità della condotta o del nesso di causalità, che è invece presente caso concreto essendoci profili di imprudenza in capo all'amministrazione (Cons. St., Ad. plen., n. 2/2017, in cui l'azione di risarcimento è stata proposta in sede di giudizio di ottemperanza).

Ciò non esclude che il soggetto danneggiato possa agire davanti al giudice civile per chiedere la condanna del beneficiario dell'atto adottato in esecuzione della pronuncia non confermata del giudice al risarcimento del danno.

Le due azioni sono alternative, non potendo certo essere duplicato il risarcimento, ma l'appartenenza a due diverse giurisdizioni complica il rapporto tra le due azioni.

L'azione di regresso della p.a. nei confronti del beneficiario dell'atto

La stessa Plenaria non ha escluso che l'amministrazione, chiamata a risarcire il danno ai sensi dell'art. 112, comma 3, c.p.a., possa vantare un'azione di regresso nei confronti del beneficiario che ha tratto vantaggio dal provvedimento illegittimo travolto dal giudicato, collegata a un'obbligazione risarcitoria di natura solidale o di azione di ingiustificato arricchimento per il disequilibrio causale derivante dal collegamento tra le posizioni sostanziali in gioco, non proposta nel caso di specie e quindi non esaminata neanche sotto il profilo della sussistenza della giurisdizione).

È dubbio se la p.a. possa chiedere la chiamata in causa del terzo beneficiario dell'atto adottato in esecuzione della pronuncia a garanzia e non vi è giurisprudenza sul punto; in realtà ai sensi dell'art. 41, comma 2, il beneficiario dell'atto è parte necessaria del giudizio e quindi in assenza del suo coinvolgimento il g.a. dovrebbe ordinare l'integrazione del contraddittorio.

Altra e diversa questione è se la p.a. possa proporre nell'ambito dello stesso giudizio una azione diretta ad ottenere la condanna del beneficiario dell'atto al pagamento delle somme per le quali la p.a. è chiamata a risarcire a titolo di responsabilità oggettiva.

Seguendo il ragionamento della Plenaria, tale azione è ammissibile e si potrebbe ritenere sussistente la giurisdizione amministrativa (questione su cui la Plenaria non si è voluta pronunciare).

L'azione davanti al g.o. nei confronti della parte privata

La parte danneggiata può decidere di proporre una azione (davanti al g.o.) nei confronti del beneficiario dell'atto posto in esecuzione di una decisione del giudice adottata su suo ricorso (atto poi travolto automaticamente dal diverso esito finale del contenzioso).

Tale possibilità era stata ipotizzata in alcuni obiter, in cui la giurisprudenza ha ipotizzato l'applicazione dell'art. 96, comma 2, c.p.c., che prevede che il giudice che accerta l'inesistenza di un diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare sulla base del principio, secondo cui l'errore del giudice va considerato come errore della parte (bene intendasi: di quella che vi ha dato causa, non certo di quella che ne subisce le conseguenze); o in alternativa, si è suggerito di spostare l'attenzione su fattispecie normative diverse dalla responsabilità civile, al fine di esplorare il ruolo da riconoscersi alle norme in tema di restituzione dell'indebito, o di arricchimento senza causa (l'indebito sarebbe costituito dall'utile di impresa, che potrebbe così essere in tutto o in parte restituito alla controparte privata dell'aggiudicazione di un appalto a seguito di una decisione giurisdizionale, portata ad esecuzione e solo successivamente riformata, dopo che il rapporto era stato svolto in fatto, nelle more della definizione del giudizio, da altro soggetto sine titulo (Cons. giust. amm. Sicilia, n. 600/2008). Anche il Consiglio di Stato, per giustificare l'interesse di un'impresa alla decisione, non ha escluso che il soggetto che ha svolto sine titulo un appalto pubblico possa essere chiamato a restituire l'utile di impresa, o all'amministrazione ovvero direttamente alla controparte che, in esito al giudizio definitivo, sia risultata legittima aggiudicataria, avente come tale titolo a svolgere il lavoro o il servizio (Cons. St. VI, n. 1750/2008).

L'applicazione dell'art. 41, comma 2, c.p.a.

Va rilevato che la possibilità di prevedere obblighi restitutori in capo a chi ha svolto l'appalto in luogo del soggetto che lo avrebbe dovuto svolgere sembra essere presupposta dalla previsione dell'art. 41, comma 2, del codice del processo amministrativo, in base al quale qualora sia proposta azione di condanna, anche in via autonoma, il ricorso è notificato altresì agli eventuali beneficiari dell'atto illegittimo, ai sensi dell'art. 102 c.p.c.; altrimenti il giudice provvede ai sensi dell'articolo 49.

In precedenza, la giurisprudenza aveva sempre ritenuto che quando la domanda era limitata al risarcimento del danno il beneficiario del provvedimento fonte del danno non era parte necessaria del giudizio, solo risarcitorio.

Nella relazione al Codice viene indicato che “per quanto attiene all'azione di condanna — che nel codice ha trovato sistematizzazione — si è mantenuto il litisconsorzio necessario con i beneficiari, ove esistenti, dell'atto di cui il ricorrente assume l'illegittimità e in dipendenza della quale propone la domanda risarcitoria. Con tale previsione, si vuol provocare la formazione del giudicato sull'illegittimità dell'atto anche nei confronti dei suoi eventuali beneficiari (sicché, almeno per tale profilo, non potrà più essere contestato in altra sede l'eventuale ricorso all'autotutela.

Nella relazione al Codice del processo amministrativo viene richiamato il considerando 21 della c.d. direttiva ricorsi, recepita con il d.lgs. n. 53/2010, che afferma che “Nel prevedere che gli Stati membri fissino le norme atte a garantire che un appalto sia considerato privo di effetti si mira a far sì che i diritti e gli obblighi dei contraenti derivanti dal contratto cessino di essere esercitati ed eseguiti ... Il diritto nazionale può, ad esempio, prevedere la soppressione con effetto retroattivo di tutti gli obblighi contrattuali (ex tunc) o viceversa limitare la portata della soppressione agli obblighi che rimangono da adempiere (ex nunc). Ciò non dovrebbe condurre a una mancanza di forti sanzioni se gli obblighi derivanti da un contratto sono già stati adempiuti interamente o quasi interamente ... Il diritto nazionale dovrà determinare inoltre le conseguenze riguardanti il possibile recupero delle somme eventualmente versate nonché ogni altra forma di possibile restituzione, compresa la restituzione in valore qualora la restituzione in natura non sia possibile”.

Con l'ultimo periodo si ipotizza che la declaratoria di inefficacia del contratto con effetti ex tunc possa comportare il recupero delle somme versate all'aggiudicatario sbagliato e ciò ovviamente avverrà nei limiti dell'arricchimento.

Sia in caso di danni causati da provvedimenti giurisdizionali non confermati, che nell'ipotesi di declaratoria di inefficacia del contratto con effetti ex tunc, si è in presenza di un rapporto, in tutto o in parte eseguito, restato sine titulo, rispetto al quale si possono ipotizzare obblighi di restituzione.

Cosa conviene fare per ottenere il risarcimento de gli atti amministrativi posti in essere in esecuzione di pronunce del giudice poi riformate

Le considerazioni sopra svolte evidenziano la difficoltà di ottenere il risarcimento del danno in una ipotesi in cui l'esistenza di un danno è evidente.

Dopo la Plenaria n. 2/2017 la strada più semplice può apparire quella dell'azione, in sede di ottemperanza, nei confronti della stazione appaltante e la configurabilità di una responsabilità oggettiva facilita l'onere probatorio del ricorrente, che altrimenti dovrebbe sperimentare una azione davanti al G.O., rispetto alla quale non risultano precedenti.

Tuttavia, va segnalato come alcuni aspetti di tale pronuncia presentano dei profili di criticità; ad esempio, si può dubitare che in siffatte ipotesi la condotta della p.a., che si è limitata a dare esecuzione ad una pronuncia del giudice possa essere qualificata come antigiuridica e non convincono le considerazioni svolte dalla Plenaria su una presunta imprudenza della p.a., per aver dato esecuzione alla pronuncia del giudice (non sospesa) troppo celermente.

Inoltre, in un caso come quello affrontato dalla Plenaria, si era in presenza di un giudicato con cui il ricorso originario era stato respinto e ciò rievoca la tematica della possibilità di utilizzare il giudizio di ottemperanza in relazione a sentenze di rigetto dei ricorsi.

La giurisprudenza tende ad escludere che il giudizio di ottemperanza possa essere proposto in relazione a sentenze di rigetto (Cons. St., n. 1060/1998), non producendo alcun effetto di accertamento e tanto meno costitutivo, lasciando invariato l'assetto giuridico dei rapporti determinato dal provvedimento impugnato, rispetto al quale nulla viene tolto e nulla viene aggiunto (Cons. St. VI, n. 1675/2013; Cons. St. V, n. 4523/2008, che afferma la validità di principio anche quando il rigetto è pronunciato dal Consiglio di Stato in riforma di una sentenza del Tar di accoglimento dell'originario ricorso).

In senso conforme anche la dottrina che ritiene le sentenze di rigetto insuscettibili di ottemperanza (Caringella-Protto, Manuale di dir. proc. amm., 1123), anche se qualora nelle sentenze di rigetto siano contenute prescrizioni sostanziali, è stata ipotizzata l'ammissibilità dell'ottemperanza (Scoca, 203; Tarullo, 12).

Nei casi in precedenza descritti la sentenza di rigetto determina il definitivo accertamento dell'originario provvedimento adottato dalla p.a., che non deve adottare atti in esecuzione del giudicato, ma semmai rimuovere atti posti in essere di decisioni del giudice non confermate e l'eventuale impossibilità non riguarda, quindi, l'esatta esecuzione del giudicato, ma è connessa agli effetti irreversibili di atti, successivamente travolti dal giudicato.

Si tratta di principi che devono consolidarsi e, di conseguenza, non va a priori esclusa la via dell'azione diretta davanti al g.o. per ottenere il risarcimento del danno dall'impresa privata oggetto della presente formula.

Con riferimento alla stazione appaltante il consiglio è quello di proporre con ricorso incidentale una domanda diretta ad ottenere, sulla base dei principi sopra richiamati, la condanna dell'impresa privata al pagamento delle somme chieste alla P.A. (azione di regresso).

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