Opposizione orale alla definizione del giudizio nel merito (da verbalizzare) (art. 60)

Roberto Chieppa

Inquadramento

Il carattere strumentale della tutela cautelare è stato accentuato da tutte quelle previsioni dirette a rendere più forte il legame tra tutela cautelare e definizione del merito del giudizio.

Tra queste, in primo luogo va menzionata la possibilità di definire il giudizio nel merito in sede di decisione della domanda cautelare con sentenza succintamente motivata e previo avviso dato alle parti (non è necessario il consenso delle parti che devono solo essere avvisate, a condizione che il giudizio sia istruito e il contraddittorio integro; tale soluzione era praticabile in caso di manifesta fondatezza ovvero di manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso — art. 26 l. n. 1034/1971 — l. T.A.R.).

L'art. 60 ha confermato e rafforzato tale possibilità, prevedendo che la definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata sia possibile senza una verifica della «manifesta» fondatezza, infondatezza, inammissibilità, improcedibilità del ricorso; è comunque necessario che siano trascorsi almeno venti giorni dall'ultima notificazione del ricorso.

I presupposti per la definizione del giudizio in esito all'udienza cautelare sono quindi i seguenti:

a) il decorso di un termine minimo di 20 giorni dalla notificazione del ricorso;

b) integrità del contraddittorio;

c) completezza della istruttoria;

d) avviso alle parti costituite da parte del giudice della possibilità di definire in tale modo la controversia;

e) assenza della volontà dichiarata di una delle parti di voler proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale, regolamento di competenza o regolamento di giurisdizione.

L'accelerazione del giudizio durante la fase cautelare porta ad una sentenza, che originariamente il legislatore aveva definito «succintamente motivata» e che ora l'art. 60 definisce «sentenza in forma semplificata».

Formula

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL [ ... ]

(o Sezione ... del Consiglio di Stato)

OPPOSIZIONE ALLA DEFINIZIONE DEL GIUDIZIO

NEL MERITO AI SENSI DELL'ART. 60 C.P.A.

Camera di consiglio del ...

Ricorso R.G. n. ...

Verbale di udienza

Alla camera di consiglio del ..., in relazione al ricorso R.G. n. ..., chiamato alle ore ..., sono presenti per le parti ...

L'Avv. ... . che rappresenta e difende il Sig. ... dichiara di opporsi alla definizione del giudizio nel merito in sede di esame della domanda cautelare ai sensi dell'art. 60 c.p.a., in quanto (indicare una o più delle seguenti ragioni):

il contraddittorio non è completo, mancando la prova della notificazione del ricorso a ... (o non essendo stato notificato il ricorso a ..., parte necessaria del giudizio);

l'istruttoria non è completa, mancando agli atti la seguente documentazione che parte resistente sta acquisendo presso ... e che è indispensabile per la definizione del giudizio;

la parte intende proporre ricorso incidentale (o regolamento di competenza, o regolamento di giurisdizione, o motivi aggiunti), essendo ancora nei termini e per il quale si chiede l'assegnazione di un termine, in relazione alla seguente questione (descrivere sommariamente il tipo di atto che deve essere proposto e che impedisce la definizione del giudizio);

non è decorso il termine minimo di 20 giorni dalla notificazione del ricorso previsto dall'art. 60 c.p.a. (tenuto conto anche della sospensione dei termini durante il periodo feriale);

la presente camera di consiglio si tiene nel corso del periodo feriale, nel quale non è possibile pronunciare sentenze che definiscono il giudizio ma è possibile solo decidere l'istanza cautelare;

Chiede pertanto che il Collegio adito non definisca il giudizio ai sensi dell'art. 60 c.p.a. e si limiti a decidere l'istanza cautelare, o rinvii la camera di consiglio ad altra data, assegnando un termine per la proposizione del (indicare l'atto da proporre tra quelli sopra elencati).

Commento

La definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata all'esito dell'udienza cautelare è una decisione rimessa al potere del giudice, che può essere adottata d'ufficio, previo avviso alle parti, senza necessità di una apposita istanza in tal senso.

Ciononostante, può essere utile stimolare tale potere del giudice e proporre una apposita istanza in tal senso, che può essere presentata in forma scritta o anche verbalmente alla camera di consiglio (v. Formula “Istanza di definizione del giudizio nel merito”).

Altrettanto utile per la controparte può essere opporsi in modo esplicito a tale definizione, indicando una delle ragioni che ai sensi dell'art. 60 precludono la pronuncia in sede cautelare di una sentenza in forma semplificata (tale opposizione è oggetto della formula in commento).

A differenza della istanza di definizione del giudizio ai sensi dell'art. 60, per la quale non è necessaria una particolare verbalizzazione, trattandosi comunque di questione non contestabile nel successivo grado di giudizio, per la opposizione è necessario esplicitare e verbalizzare le ragioni ostative, alcune delle quali sono nella esclusiva disponibilità della controparte, come ad esempio l'intenzione di notificare uno degli atti indicati nell'art. 60 e nella formula in commento.

Una attenta verbalizzazione consente di contestare in sede di appello tale definizione del giudizio in primo grado, con richiesta di rinvio al Tar.

Per definire in tal modo il giudizio, è necessario che siano trascorsi almeno venti giorni dall'ultima notificazione del ricorso, potendo — a seguito di eventuale abbreviazione dei termini — essere la camera di consiglio fissata anche prima.

In questo modo si consente alla parte di non essere colta di sorpresa da tale accelerazione del giudizio e si dà il tempo minimo necessario per elaborare la propria strategia difensiva.

Ciò significa che l'appello può essere definito in forma semplificata ai sensi dell'art. 60 anche se non sono decorsi i termini per la costituzione delle parti, in quanto l'osservanza della garanzia del contraddittorio risulta assicurata dalla rituale notifica del ricorso e dal rispetto del termine dei venti giorni, per la discussione sull'istanza cautelare dall'ultima notifica, concesso ai fini della costituzione delle parti intimate.

È evidente che l'immediata definizione del giudizio con sentenza è possibile solo se non vi sono adempimenti processuali o istruttori da compiere e che quindi la mancata notificazione del ricorso ad una parte necessaria del processo preclude tale possibilità, dovendo il giudice ordinare l'integrazione del contraddittorio, a meno che il vizio non determini l'inammissibilità del ricorso, che in questo caso può essere dichiarata anche con sentenza semplificata ai sensi dell'art. 60.

Sarà, quindi, cura della parte che presenta l'istanza accertarsi della completezza del contraddittorio e dell'istruttoria.

Si ricorda che non si tratta di una definizione «sommaria» del giudizio e, di conseguenza, la necessità di svolgere adempimenti istruttori non preclude l'esame dell'istanza cautelare ma è di ostacolo alla definizione del giudizio in esito all'udienza cautelare.

Il rischio che tale accelerazione del giudizio potesse comprimere il diritto di difesa era già stato escluso dalla Corte costituzionale in relazione all'antecedente storico dell'art. 23-bis l. T.A.R. (art. 19 d.l. n. 67/1997).

Con la sentenza n. 427/1999 la Corte aveva evidenziato che le parti costituite che vogliono avvalersi di strumenti difensivi rientranti nel loro potere dispositivo e comportanti termini, sia pure abbreviati, hanno l'onere di esternare nella stessa camera di consiglio il loro intento, proponendo apposita e motivata istanza di rinvio (anche semplicemente verbalizzata), ed esternando la volontà di proporre ricorso incidentale, regolamento di competenza, di depositare ulteriori documenti o memorie, di proporre motivi aggiunti e, più in generale, di esercitare attività di difesa rilevante per la trattazione del merito della controversia. Tale istanza, peraltro, non produce un effetto di automatica e vincolante paralisi della facoltà di definizione immediata del giudizio demandata al giudice, il quale è tenuto, nell'esercizio dei suoi poteri valutativi, all'osservanza dei principi generali del processo amministrativo, potendo disattendere l'istanza solo quando risulti irrilevante, ai fini della decisione da adottare, ovvero sia processualmente inammissibile la specifica attività difensiva annunciata dalla parte.

Pertanto, in conformità con la citata pronuncia della Corte cost. (n. 427/1999), l'art. 60 ha previsto che il potere di pronunciare sentenza in sede di udienza cautelare, pur restando officioso e subordinato al solo avviso dato alle parti costituite, è precluso dal dichiarato intento di una delle parti di proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza, ovvero regolamento di giurisdizione.

In questi casi, il giudice assegna un termine non superiore a trenta giorni per proporre regolamento di competenza o di giurisdizione, ovvero dispone il rinvio per consentire la proposizione di motivi aggiunti, ricorso incidentale, regolamento di competenza o di giurisdizione e fissa contestualmente la data per il prosieguo della trattazione

Ai fini della decisione in forma semplificata in esito all'udienza cautelare, non è necessario che siano consumati i termini per la costituzione degli appellati. Il contraddittorio deve infatti ritenersi rispettato allorché sono presi a parametro di raffronto i termini del giudizio cautelare, che come tale, può sempre essere convertito in giudizio di merito, e non già quelli di quest'ultimo

È stato, tuttavia, rilevato che il mancato decorso del termine dei venti giorni dall'ultima notifica del ricorso per motivi aggiunti, alla luce del disposto dell'art. 60 c.p.a., non sembra preclusiva della definizione del giudizio con sentenza una volta che le parti, tutte presenti in giudizio, nulla hanno rilevato in riferimento al decorso del detto termine processuale e, di più, si sono espressamente difese, con evidente salvaguardia dell'integrità del contraddittorio anche su detto gravame aggiuntivo

Definizione del giudizio con sentenza semplificata e sospensione dei termini nel periodo feriale.

Un primo problema è quello di verificare se il termine di 20 giorni dalla notificazione, previsto dall'art. 60, si sospenda o meno durante il periodo feriale.

Apparentemente il termine di venti giorni coincide con quello stabilito per l'udienza camerale dall'art. 55, comma 5 ed è stato affermato che la sentenza in forma semplificata, assunta nella camera di consiglio per la trattazione della domanda di misure cautelari, costituisce uno dei possibili esiti di tale procedimento, cosicché anche quando la fase cautelare si conclude con la pronuncia di sentenza in forma semplificata il termine dei 20 giorni dall'ultima notifica del ricorso, previsto dall'art. 60, prima del quale il collegio non può definire il giudizio nel merito, va calcolato con il medesimo criterio previsto per la suddetta fase cautelare e, quindi, senza applicare la sospensione feriale, dovendo il ventesimo giorno dal perfezionamento della notifica essere determinato conformemente a quanto previsto dall'art. 55 comma 5 (Cons. St. V, n. 5196/2012).

Tuttavia, il delicato problema interpretativo posto dalla brevità del termine per la costituzione stabilito per la fase cautelare, rispetto a quello stabilito per il processo (con la rilevante precisazione che il termine relativo alla fase cautelare non si sospende nel periodo feriale, mentre quello relativo al processo si sospende), deve essere risolto tenendo presente le garanzie essenziali del diritto di difesa, e che tutte le disposizioni che ne consentono la modulazione sono di stretta interpretazione.

Il legislatore ha stabilito il termine di cui all'art. 60 autonomamente rispetto a quello di cui all'art. 55 e ciò ha rilievo ai fini interpretativi, pur trattandosi apparentemente di termini di uguale durata. Si deve infatti ritenere che il termine di venti giorni di cui all'art. 60 sia soggetto alla sospensione feriale dei termini, mentre quello di cui all'art. 55 non lo è. Ed invero, solo quello dell'art. 55 è un termine inerente alla tutela cautelare e la cui applicazione è ispirata al principio di celerità proprio della fase cautelare (Cons. St. III, n. 3050/2013).

Le regole speciali relative alla fase cautelare (termine per comparire sensibilmente più breve di quello ordinario; ulteriore possibilità di abbreviazione a discrezione del giudice; non sospensione nel periodo feriale) costituiscono una severa limitazione al diritto di difesa, comportando che si riduca a pochi (a volte pochissimi) giorni il tempo nel quale le controparti possono predisporre le proprie difese.

Tale sacrificio imposto alle parti resistenti si giustifica in considerazione dell'intrinseca urgenza della tutela cautelare, e anche (o soprattutto) del fatto che, di per sé, il provvedimento cautelare non pregiudica le controparti in modo irreversibile e definitivo: il resistente, che a causa della ristrettezza del termine (e se del caso per la concomitanza del periodo feriale) non abbia potuto o voluto costituirsi in tempo per la discussione cautelare, è ancora nella pienezza delle sue facoltà di difesa in vista del giudizio di merito.

La disciplina di un processo nel quale il termine ordinario e generale per comparire fosse breve quanto quello attualmente stabilito per la sola fase cautelare sarebbe verosimilmente incostituzionale per lesione del diritto di difesa e per mancata parità fra le parti. Ai fini della riconduzione del sistema ai parametri costituzionali e a canoni di logicità, e fermo restando il principio per cui nell'accordo delle parti (se presenti) la sentenza può sempre essere resa immediatamente, deve quindi intendersi che la definizione immediata del processo consentita dall'art. 60 — «purché siano trascorsi almeno venti giorni dall'ultima notificazione del ricorso» — sconti la considerazione della sospensione feriale, cioè che detto termine non decorra in tale lasso di tempo, perché quando il Giudice, avvalendosi della facoltà concessagli dall'art. 60, sceglie di procedere alla definizione immediata della controversia, il provvedimento (sentenza) che sarà pronunciato non appartiene più alla fase cautelare (Cons. St. VI, n. 5601/2013).

Le precedenti considerazioni conducono ad affrontare un altro problema: quello relativo alla possibilità di definire il giudizio ai sensi dell'art. 60 nel corso di una udienza cautelare fissata durante il periodo feriale.

La giurisprudenza appena citata può rendere meno probabile che ciò accada ma il problema resta.

Si ricorda che quella stessa giurisprudenza ha affermato che quando il giudice, avvalendosi della facoltà concessagli dall'art. 60, sceglie di procedere alla definizione immediata della controversia, il provvedimento (sentenza) che sarà pronunciato non appartiene più alla fase cautelare, e pertanto il termine per comparire, pur essendo quello dettato ad hoc dallo stesso art. 60, è soggetto alla sospensione feriale dei termini (Cons. St. III, n. 3050/2013).

Seguendo tale ragionamento dovrebbe concludersi che la sentenza in forma semplificata non può essere pronunciata durante il c.d. periodo feriale, anche se l'orientamento della giurisprudenza non è univoco in tal senso.

L'avviso alle parti costituite

Presupposto indefettibile per definire la controversia in sede di udienza cautelare è che il giudice avvisi le parti di tale possibilità.

Si tratta solo dell'avviso della possibilità, ben potendo emergere a seguito della discussione della causa da parte degli avvocati circostanze preclusive valutate poi dal collegio giudicante in camera di consiglio.

La definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata richiede che le parti siano sentite ma non anche che le stesse prestino il loro consenso, rientrando la scelta di accelerare il processo nei poteri del giudice, non subordinati all'accettazione delle parti.

Le parti sono edotte ex lege di tale possibilità e, quindi, non costituendosi in giudizio affrontano il rischio che lo stesso sia definito ai sensi dell'art. 60 ed è questa la ragione perché l'avviso, che viene dato alla udienza cautelare, non può che essere diretto alle sole parti costituite.

Le mancata presenza all'udienza cautelare della parte, cui è stato regolarmente notificato il ricorso e si è costituita, non preclude la possibilità di definire il giudizio ai sensi dell'art. 60.

La violazione dell'obbligo di avviso costituisce motivo di rinvio del giudizio in primo grado.

La violazione dell'art. 60 in sede di appello e la definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata in assenza dei presupposti non può essere fatta valere con ricorso per Cassazione.

In caso di contestazione circa l'avvenuto rispetto da parte del giudice dell'obbligo di avviso alle parti ciò che rileva è il verbale di udienza e l'avviso deve essere riferito specificamente alla singola controversia e non idoneo a dimostrare il rispetto dell'art. 60 la frase riportata nel verbale di udienza “la sospensiva passa in decisione”.

Infatti, è stato rilevato che la possibilità di definire il merito della causa con sentenza in forma semplificata all'esito dell'udienza cautelare postula la completezza non solo dell'istruttoria ma anche del contraddittorio fra le parti in causa: la garanzia costituzionale del diritto di difesa, e il comma 3 dell'art. 73, prescrive altresì che «se ritiene di porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata d'ufficio, il giudice la indica in udienza dandone atto a verbale». Due dunque i vincoli ai quali egli è tenuto: a) la indicazione della specifica questione rilevata, b) la verbalizzazione di tale avvenuta indicazione (Cons. giust. amm. Sicilia, 15 settembre 2011, n. 584).

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