L'accesso civico generalizzato non comporta il controllo generalizzato sull'operato della P.A.: tra disclosure e tutela di interessi pubblici e privati
17 Novembre 2022
Il Tribunale ha respinto il ricorso proposto da un'Associazione per l'annullamento del diniego del Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza dell'Inps - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, della richiesta di accesso generalizzato agli elenchi dei soggetti sottoposti a visita medica, per il rilascio di copia di tutti gli elenchi in suo possesso.
L'Associazione ricorrente aveva già presentato un'istanza di accesso documentale di contenuto analogo, respinta e successivamente impugnata, il cui giudizio si era concluso con la declaratoria di irricevibilità del ricorso introduttivo per violazione dei termini dell'art. 87, comma 3, c.p.a.
L'istituto dell'accesso civico generalizzato non è un surrogato dell'accesso documentale ai sensi della legge n. 241 del 1990, in ragione delle differenti esigenze e finalità.
Come affermato dall'Adunanza plenaria, qualora l'istanza di accesso generalizzato, sia riferita agli stessi dati, documenti e informazioni oggetto di una precedente istanza di accesso documentale, già denegato per la tutela di un interesse pubblico o privato prevalente, per ragioni di coerenza sistematica e a garanzia di posizioni individuali riconosciute dall'ordinamento, le stesse esigenze di tutela sussistono anche per una richiesta di accesso generalizzato, sia pur presentata da diversi soggetti istanti.
In particolare, l'accesso generalizzato, quale declinazione del più ampio diritto alla c.d. disclosure, ossiaa ricevere informazioni sull'operato della pubblica amministrazione, consente ai cittadini di accedere a dati e documenti, detenuti dalle Amministrazioni, “ulteriori” rispetto a quelli oggetto di pubblicazione, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati individuati all'art. 5-bis; concorre a garantire il buon andamento dell'amministrazione e, perciò, non può essere esercitato in modo disfunzionale, tale da essere causa di intralcio al buon funzionamento della pubblica amministrazione, ma secondo buona fede, evitando ogni forma di abuso del diritto.
Pertanto, nell'ambito del nuovo modo di concepire il rapporto tra cittadini e potere pubblico, improntato alla trasparenza e all'accessibilità dei dati e delle informazioni, la valorizzazione del principio della massima ostensione non si estende fino al controllo generalizzato, generico e indistinto del singolo sull'operato dell'amministrazione.
Inoltre, l'esclusione della possibilità di accesso generalizzato è giustificata da diverse tecniche di bilancio degli interessi in gioco rispetto all'accesso ai documenti amministrativi. Il legislatore nel caso di accesso documentale ha individuato previamente, in modo preciso, gli atti esclusi; invece per l'accesso civico generalizzato non sussistono specifiche disposizioni per circoscrivere i limiti e le esclusioni, ma, per individuare le categorie di interessi, pubblici e privati, che ostano alla diffusione delle informazioni. Nello specifico l'accesso generalizzato deve essere negato per evitare un “pregiudizio concreto” alla tutela di determinati interessi privati, quali la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia.
Di conseguenza il diritto di accesso civico generalizzato è subordinato alla verifica della sua compatibilità con le eccezioni a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati ugualmente meritevoli di tutela, previsti dal legislatore, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza e della tutela dei dati personali.
Il collegio afferma che il vigente quadro normativo, valutata la rilevanza degli interessi collettivi perseguiti dalle associazioni costituite ex lege per la rappresentanza delle categorie di appartenenza, sancisce a priori quale siano gli enti morali particolarmente qualificati e deputati ex lege non solo a ricevere i già menzionati elenchi, ma anche a partecipare alle sedute della commissione con un proprio medico. Si tratta di una scelta legislativa che trova giustificazione nella circostanza che sono associazioni di categoria costituite per volontà del legislatore, avendo ciascuna di esse la propria fonte istitutiva in una legge, una specifica vigilanza ministeriale e finanziamenti pubblici.
Si deve concludere che l'Istituto previdenziale non è obbligato né dalla legge sul procedimento amministrativo né dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 ad esibire alla parte ricorrente i documenti e gli atti richiesti, ciò al fine di tutelare i diritti fondamentali e gli interessi sottesi. |