Il controllo giudiziario non comporta effetti sananti retroattivi anche quando l'informativa antimafia colpisca solo la consorziata esecutrice

23 Novembre 2022

Il Consiglio di Stato torna a pronunciarsi sui rapporti tra l'istituto del controllo giudiziario delle imprese e la partecipazione alle gare pubbliche. In particolare, il Collegio precisa che l'istituto previsto dall'art. 34 bis del Codice antimafia non consente all'operatore economico di ripristinare la regolarità della propria partecipazione alla gara, intervenendo come effetto sanante retroattivo tale da porre nel nulla la causa di esclusione derivata dall'essere stato destinatario di una interdittiva antimafia emessa in fase di gara. E ciò anche quando il provvedimento prefettizio colpisca una consorziata esecutrice e non il consorzio stabile partecipante alla medesima gara.

La fattispecie.Il Comune di Ravenna pubblicava un avviso di gara per l'aggiudicazione di un appalto integrato, ai sensi dell'articolo 59, comma 1 bis, del Codice dei contratti, relativo alla progettazione esecutiva e realizzazione dei lavori di costruzione della “Città delle arti e dello sport – struttura polivalente”.

La gara veniva aggiudicata al costituendo RTI tra Rese Arch Consorzio Stabile s.c.a.r.l. (capogruppo del raggruppamento temporaneo) e altri due professionisti. Il Consorzio designava, fin dall'inizio dell'esperimento della gara, quale consorziata esecutrice di lavori, una società che successivamente veniva interessata da una informativa antimafia interdittiva da parte del Prefetto di Napoli.

Per tale motivo, il Consorzio Stabile Rese Arch s.c.a.r.l., escludeva la citata consorziata esecutrice dalla compagine consortile, revocando tutti i contratti di affidamento, compreso quello con il Comune di Ravenna; al contempo, la medesima società colpita dal provvedimento interdittivo proponeva istanza ex articolo 34 bis del Codice antimafia.

Nelle more dell'esecuzione del contratto, la consorziata esecutrice otteneva dalla Corte di Appello di Napoli la misura del controllo giudiziario delle aziende, sicché il Consorzio Stabile Rese Arch s.c.a.r.l. la riammetteva nella compagine consortile e la designava, nuovamente, quale consorziata esecutrice nell'ambito della gara indetta dal Comune ravennate.

L'amministrazione comunale, preso atto delle circostanze rappresentate dal Consorzio Stabile, esprimeva motivato dissenso, chiarendo che la informazione antimafia interdittiva aveva provocato “il venir meno dei requisiti (generali e speciali) che anche le imprese designate dall'Appaltatore di un'opera pubblica devono conservare, senza soluzione di continuità, per tutta la durata dell'appalto”.

Avverso tale provvedimento, ricorreva la consorziata esecutrice e il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia-Romagna lo rigettava sul presupposto che l'accesso alla misura del controllo giudiziario non comporta effetti retroattivi.

Con conseguente atto di appello, la consorziata esecutrice impugnava la sentenza del Giudice di prime cure, rimettendo la valutazione del caso al Consiglio di Stato.

Le doglianze. Con due motivi di appello, l'appellante censura la decisione del TAR sotto diversi ma connessi profili.

Per l'appellante, infatti, il primo Giudice avrebbe errato nell'affermare che la misura del controllo giudiziario ex art. 34 bis del decreto legislativo n. 159 del 2011 sospende temporaneamente gli effetti dell'interdittiva, senza eliminare retroattivamente gli effetti intanto prodotti dall'interdittiva stessa.

Il TAR, inoltre, avrebbe erroneamente respinto il motivo di ricorso relativo alla mancanza di preavviso di diniego, sul presupposto che la società sarebbe estranea al rapporto procedimentale instaurato tra il Consorzio Research e il Comune di Ravenna.

La pronuncia del Consiglio di Stato. La questione all'esame del Collegio – invero già tratta, in linea generale, da altre recenti pronunce del Consiglio di Stato – concerne le conseguenze connesse all'ammissione al controllo giudiziario ex art. 34 bis, comma 7, del Codice antimafia; e cioè se tale misura, intervenuta nel corso della procedura di gara dell'appalto, vada intesa esclusivamente come rimedio volto a consentire, all'impresa che ne beneficia, la partecipazione alle procedure d'appalto successivamente indette, oppure se la stessa consenta all'operatore economico di ripristinare la regolarità della propria partecipazione alla gara, intervenendo come effetto sanante retroattivo.

Il Consiglio di Stato, dopo aver richiamato la natura cautelare dell'istituto del controllo giudiziario delle aziende, e aver rammentato che la interdittiva antimafia determina una particolare forma di incapacità giuridica parziale e, quindi, la insuscettività del soggetto ad intrattenere rapporti giuridici con la pubblica amministrazione, precisa che il decreto ex art. 34 bis del Codice antimafia non modifica il giudizio in ordine alla sussistenza dei pericoli di infiltrazione mafiosama, in realtà, lo conferma implicitamente.

Ciò premesso, il Consiglio di Stato chiarisce che, da un lato i requisiti di ordine generale per la partecipazione alle gare per l'affidamento di appalti pubblici debbono essere posseduti con continuità, non solo al momento della presentazione della domanda, ma per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e la fase di esecuzione del contratto, senza soluzione di continuità.

Dall'altro, evidenzia che in caso di Consorzi stabili, tali requisiti devono essere posseduti non solo da questi ultimi, partecipanti alle predette gare, ma anche dalle singole imprese consorziate.

Una diversa interpretazione, del resto, condurrebbe ad ammettere la possibilità che il Consorzio potrebbe diventare uno schermo di copertura, consentendo, così, la partecipazione di consorziati privi dei necessari requisiti di partecipazione (cfr. Cons. Stato, n. 4065 del 2022).

In definitiva, il Consiglio di Stato conferma il principio di diritto per il quale la misura del controllo giudiziario determina la possibilità, per l'operatore che lo ha ottenuto, di partecipare alle gare successive alla concessione di tale misura (cfr. Cons. Stato, V, 14 aprile 2022, n. 2847).

Sulla scorta di tali considerazioni, i Giudici della V Sezione respingono anche le censure relative alla dedotta violazione dell'art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, tenuto conto che, nel caso di specie, può farsi applicazione dell'art. 21 octiesdella medesima legge, in quanto la partecipazione procedimentale dell'appellante non avrebbe potuto portare ad un esito diverso del provvedimento.

L'argomentazione prospettata dal Collegio appare interessate ed è gravida di conseguenze sul piano della discrezionalità riconosciuta alla Stazione Appaltante nella valutazione del possesso dei requisiti generali da parte dell'operatore economico.

Richiamando l'articolo 21 octies della legge n. 241/1990, infatti, il Consiglio di Stato riconduce la valutazione dell'efficacia della misura del controllo giudiziario delle aziende nell'alveo della discrezionalità tecnica, risultando, dunque, vincolata la natura del provvedimento che l'amministrazione adotta in casi di tal fatta.

Una simile precisazione ha riverberi certamente notevoli sul piano della semplificazione del subprocedimento di verifica degli operatori economici, anche in considerazione del pluralismo della giurisprudenza che, sul tema, si è espresso in diverse occasioni, soffermandosi sul diverso atteggiamento che l'Amministrazione aggiudicatrice deve assumere a seconda del momento della procedura ad evidenza pubblica in cui interviene la misura del controllo giudiziario.

Esprimendosi, peraltro, in un caso del tutto analogo a quello affrontato dalla sentenza in esame, con indirizzo contrario, per cui la Stazione appaltante, allorché già ci si trovi nella fase esecutiva del contratto, può valutare di non recedere necessariamente dal contratto e continuare ad avvalersi dell'offerta a suo tempo ritenuta migliore (cfr. Cons. Stato, 14 giugno 2021, n. 4619).

In conclusione, sarebbe auspicabile che – proprio in ragione della riconosciuta vincolatività dell'attività di valutazione della Stazione appaltante in tale materia e, alla luce degli evidenziati dissidi interpretativi – il legislatore, soprattutto nell'attuale fase di riforma del Codice dei contratti pubblici, intervenga attraverso la positivizzazione di una casistica generale.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.