Contributi integrativi per l'uso temporaneo di frequenze radio supplementari: le SS.UU. intervengono sul riparto di giurisdizione
24 Novembre 2022
Massima
Spetta alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia concernente i contributi integrativi dovuti per l'autorizzazione temporanea all'uso di frequenze radio accessorie e supplementari rispetto a quelle già rientranti nell'autorizzazione ministeriale generale, in quanto non si tratta di un'entrata tributaria ma di un onere economico che, per la maggior parte, funge da corrispettivo o canone (prezzo) posto in rapporto di sinallagmaticità con la fruizione temporanea delle ulteriori frequenze.
Deve, altresì, essere esclusa la giurisdizione del giudice amministrativo sul presupposto che, quand'anche si voglia individuare, tra la lettera b) e la lettera m) dell'art. 133 cod.proc.amm., un rapporto di specialità inversa (cioè nel senso che il criterio della materia delle comunicazioni elettroniche prevalga su quello dei canoni e corrispettivi concessori indistintamente considerati), resta che il caso di specie sfugge comunque a questo rapporto, vertendosi non già di controversia di contenuto provvedimentale o sulle procedure di assegnazione dei diritti d'uso, bensì di mancato pagamento, a titolo di conguaglio, dei contributi integrativi per l'utilizzo temporaneo di frequenze correlate ad autorizzazioni ministeriali generali già rilasciate. Il caso
La vicenda trae origine dalla contestazione di una pluralità di avvisi di pagamento emanati dal Ministero dello Sviluppo Economico in recupero di un asserito credito, vantato nei confronti della società ricorrente, a titolo di conguaglio per i contributi integrativi dovuti per la messa a disposizione temporanea di ulteriori frequenze radio supplementari correlate ad autorizzazioni ministeriali già rilasciate.
La società ha, quindi, proposto ricorso dinanzi al giudice tributario, che ha declinato la giurisdizione a favore del giudice ordinario, con decisione confermata in grado di appello, sul presupposto della natura sinallagmatica di “prezzo”, e dunque non tributaria, dei contributi in questione. Proposto ricorso per Cassazione, la causa è stata, infine, rimessa alle Sezioni Unite, tenuto conto della novità e della notevole rilevanza della questione di giurisdizione de qua. La questione
Ai fini dell'individuazione del giudice munito di giurisdizione occorre muovere dal discrimine di fondo “tributo/non tributo” dei contributi integrativi in esame.
Invero, secondo la prospettazione difensiva della società ricorrente – che censura il rilevato difetto di giurisdizione del giudice tributario – vengono in considerazione, nel caso di specie, autorizzazioni al diritto d'uso temporaneo di frequenze supplementari che accedono all'originaria concessione già rilasciata per l'installazione e l'esercizio di impianti di radiodiffusione sonora e televisiva privata (legge n. 223/1990, art. 16), pertanto la natura giuridica dei contributi in contestazione non potrebbe che ascriversi a quella stessa dei canoni concessori da cui dipendono strettamente, i quali rivestono natura tributaria.
Secondo l'opposta impostazione dell'adita Commissione Tributaria, invece, gli oneri economici in argomento costituiscono corrispettivi richiesti alle imprese al fine non tanto di ristorare i costi sostenuti dall'amministrazione per l'istruttoria delle pratiche e per la vigilanza sull'espletamento del servizio, giacché tali contributi integrativi si inseriscono in un quadro normativo che esclude, per i contributi stessi, l'elemento caratterizzante di concorso alle pubbliche spese in favore della collettività che è propria dei tributi, venendo in rilievo non già un servizio pubblico in concessione, bensì un'attività commerciale il cui svolgimento è subordinato alla autorizzazione ministeriale.
Ciò sarebbe desumibile dal sistema di pagamento previsto dall'art. 38 dell'Allegato n. 25 al D.lgs. n. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche), il quale stabilisce che il contributo temporaneo in oggetto viene commisurato alla frequenza (canale superiore o inferiore a 30 MHz) ed alla lunghezza in Km. del collegamento, con ciò denotando natura strettamente sinallagmatica di "prezzo" rispetto al tipo di servizio richiesto, con conseguente esclusione del carattere tipico di imposizione tributaria. Le soluzioni giuridiche
Premesso che non si registrano precedenti giurisprudenziali in merito alla questione di giurisdizione qui in esame, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con l'ordinanza in rassegna, hanno condiviso la decisione del giudice tributario sul presupposto del carattere prettamente corrispettivo – e quindi non tributario – del contributo integrativo de quo.
Il Supremo Consesso è pervenuto a tale esito ribadendo, anzitutto, che in tanto può parlarsi di tributo in quanto si tratti di un prelievo coattivo che sia finalizzato al concorso alle pubbliche spese e sia posto a carico di un soggetto passivo in base ad uno specifico indice di capacità contributiva.
Più in particolare, richiamando anche la più rilevante casistica giurisprudenziale affine al caso di specie - ivi compresa la tradizionale esclusione della natura tributaria del canone per la concessione di un bene demaniale -, si è precisato che nel caso del tributo (in particolare della tassa) la correlazione tra prelievo e fruizione del bene o del servizio pubblico non si pone sul piano della stretta corrispettività o sinallagmaticità giuridica ed economica, quanto su quello della mera messa a disposizione del bene o servizio stesso, inteso quale occasione di spesa pubblica differenziata e divisibile.
Di ciò si ha riflesso anche sul piano strettamente economico, poiché non risulta essenziale, nel caso della tassa, che la misura del prelievo sia tale da garantire la integrale copertura del costo del servizio. Nel caso delle entrate non tributarie, invece, questa correlazione risponde ai caratteri di piena commutatività e sinallagmaticità, ingenerandosi nel privato un diritto soggettivo ad una ben individuata prestazione - ovvero messa a disposizione di un bene - da parte dell'ente pubblico, a fronte del pagamento di un corrispettivo tendenzialmente rapportato al costo di esercizio o al beneficio economico ritraibile dalla fruizione in un dato contesto di mercato.
Tanto chiarito, con riferimento alla fattispecie concreta riguardante i contributi integrativi dovuti a fronte di autorizzazioni temporanee con concessione del diritto d'uso delle frequenze ulteriori – come disciplinata dal menzionato art. 38 dell'Allegato n. 25 al Codice delle comunicazioni elettroniche – si è precisato che, nella specie, si tratta di oneri economici dovuti sulla fruizione temporanea di frequenze accessorie e supplementari rispetto a quelle già rientranti nell'autorizzazione generale; come tale, anch'essa comportante, sebbene marginalmente e per un tempo limitato, il godimento esclusivo, da parte del privato, di una risorsa pubblica scarsa.
Di qui, al fine di escludere la natura tributaria di tali contributi integrativi – con conseguente devoluzione della controversia alla giurisdizione del giudice ordinario -, si è evidenziato che la messa a disposizione delle ulteriori frequenze assolve una funzione meramente strumentale ed agevolativa della diffusione da parte di un soggetto già autorizzato, di modo che l'onere economico richiesto al privato, in disparte le qualificazioni nominali offerte dal legislatore, è finalizzato non già a fronteggiare una spesa pubblica indistinta o di funzionamento generale dell'ente pubblico ma, in parte, a tenere indenne quest'ultimo dei costi strettamente afferenti alla pratica di erogazione (istruttoria e vigilanza) e, in maggior parte, a fungere da corrispettivo o canone (prezzo) sinallagmaticamente commisurato ai parametri tecnico-dimensionali dell'erogazione supplementare stessa.
Infine, le Sezioni Unite hanno avuto modo di precisare, altresì, che la controversia non può neanche essere sottoposta alla giurisdizione del giudice amministrativo atteso che, contrariamente a quanto eccepito dalle Amministrazioni controricorrenti, per un verso l'art.133, comma, 1 lett. b), cod. proc. amm. attribuisce al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva sulle controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ma "ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi", dunque proprio ad eccezione della materia in esame secondo quanto sinora esposto e, per altro verso, l'art. 133, comma 1, lett. m), cod. proc. amm. attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la materia delle comunicazioni elettroniche con specifico riguardo, tuttavia, ai "provvedimenti" ed ai "giudizi riguardanti l'assegnazione di diritto d'uso delle frequenze" (e le relative gare e procedure di evidenza), con conseguente esclusione delle controversie – quali quella di che trattasi - aventi ad oggetto esclusivamente il mancato pagamento dei contributi, difettando l'inerenza al potere autoritativo della pubblica amministrazione. Osservazioni
L'esito cui perviene l'ordinanza in commento appare pienamente condivisibile, anche laddove evidenzia come – contrariamente a quanto obiettato dalla società ricorrente – non possa certamente assumere rilievo dirimente, ai fini del radicamento della giurisdizione tributaria, la circostanza che in varie occasioni la Corte di Giustizia UE abbia formalmente qualificato come “tassa” o “imposta” il contributo richiesto dagli ordinamenti nazionali per il diritto d'uso delle frequenze radio, e per l'assegnazione di concessioni amministrative sulle stesse, in quanto beni del demanio pubblico.
Alla stregua, infatti, di un più corretto approccio sostanzialistico, emerge che la prestazione economica richiesta al privato risulta estranea a parametri riconducibili ad una specifica capacità contributiva essendo, per contro, ancorata al criterio della “commisurazione”, giacché l'importo del contributo viene determinato, ai sensi del ridetto art. 38 dell'Allegato n. 25 al Codice delle comunicazioni elettroniche, sulla base di parametri tecnico-dimensionali dell'erogazione supplementare stessa, il che vale a connotare l'onere economico richiesto in termini di “corrispettivo” e non già di “tributo”, rientrando pertanto la controversia nella giurisdizione del giudice ordinario alla luce di tutte le considerazioni sinora esposte. |