Da quando decorre il termine per la riassunzione del processo interrotto per intervenuto fallimento?

La Redazione
06 Dicembre 2022

Qual è il dies a quo del termine trimestrale per la riassunzione del giudizio ai sensi dell'art. 305 c.p.c.? Per il suo decorso è necessaria la dichiarazione giudiziale di interruzione o è sufficiente anche la comunicazione del fallimento fatta dal procuratore della società e depositata in cancelleria?

In sede di opposizione a decreto ingiuntivo per fatture non pagate, veniva dichiarato il fallimento della Società creditrice; il procuratore della stessa depositava in Tribunale una nota informativa con allegata suddetta sentenza di fallimento e il Tribunale provvedeva ad anticipare l'udienza fissata al fine di dichiarare l'interruzione del giudizio dandone comunicazione alle parti. All'udienza veniva dichiarata l'interruzione e la Società ingiunta opponente il decreto ingiuntivo riassumeva il giudizio di opposizione, ma tuttavia il Tribunale ne dichiarava la tardività.

La Corte d'appello respingeva altresì il gravame proposto affermando che il termine dei tre mesi doveva farsi decorrere dalla data in cui la Società ingiunta aveva avuto conoscenza legale dell'evento interruttivo, ovverosia dalla data in cui ricevette comunicazione dell'anticipazione di udienza volta a far dichiarare l'interruzione, non invece dal giorno dell'udienza in cui l'interruzione fu effettivamente dichiarata. Ricorreva per la cassazione della sentenza la Società ingiunta opponente il decreto ingiuntivo denunciando l'inesatta individuazione del dies a quo ai fini dell'art. 305 c.p.c.

La Suprema Corte ritiene meritevoli di accoglimento le doglianze della ricorrente e cita le Sezioni Unite intervenute con la sentenza Cass. civ., sez. unite, 7 maggio 2021, n. 12154, che ha di recente affrontato il tema della decorrenza del termine per la riassunzione del giudizio interrotto dal fallimento di una delle parti. In quella sede la Cassazione individuava quale elemento costitutivo del dies a quo quello della dichiarazione giudiziale.

Sempre in quel caso era stato affermato il principio che qui si richiama per il quale «in caso di apertura del fallimento, ferma l'automatica interruzione del processo (con oggetto i rapporti di diritto patrimoniale) che ne deriva ai sensi dell'art. 43, comma 3, l.f., il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione, per evitare gli effetti di estinzione di cui all'art. 305 c.p.c. e al di fuori delle ipotesi di improcedibilità ai sensi degli artt. 52 e 93 l.f. per le domande di credito, decorre da quando la dichiarazione giudiziale dell'interruzione stessa sia portata a conoscenza di ciascuna parte; tale dichiarazione, ove già non conosciuta nei casi di pronuncia in udienza ai sensi dell'art. 176, comma 2, c.p.c., va direttamente notificata alle parti o al curatore da ogni altro interessato ovvero comunicata – ai predetti fini – anche dall'ufficio giudiziario, potendo inoltre il giudice pronunciarla altresì d'ufficio, allorché gli risulti, in qualunque modo, l'avvenuta dichiarazione di fallimento medesima». In ragione di ciò, l'atto di riassunzione della Società avrebbe dovuto considerarsi tempestivo in quanto il termine era da calcolarsi dalla data di dichiarazione giudiziale dell'interruzione. Pertanto, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rinvia alla Corte d'appello.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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