Giudizio di divisione dei beni ereditari

Rosaria Giordano

1. Bussole di inquadramento

Sequestro giudiziario: oggetto e controversie rispetto alle quali può essere concesso

Il giudice può autorizzare il sequestro giudiziario di beni mobili o immobili, aziende o altre universalità di beni, quando ne è controversa la proprietà o il possesso, ed è opportuno provvedere alla loro custodia o alla loro gestione temporanea. Il sequestro giudiziario di beni è una misura cautelare strumentale alla conservazione ed alla gestione di beni mobili o immobili, aziende o altre universalità di beni oggetto di una controversia, attuale o anche soltanto potenziale.

La giurisprudenza appare incline ad individuare estensivamente il novero delle controversie in ordine alla proprietà o al possesso che giustificano la richiesta di un sequestro giudiziario di beni: si è costantemente affermato, infatti, che la controversia cui fa riferimento l'art. 670 n. 1, c.p.c. non presuppone soltanto il jus in rem delle azioni di rivendicazione della proprietà e di reintegrazione o manutenzione del possesso, ma anche l'esercizio di uno jus ad rem riferito ad una mera detenzione, da cui derivi, nell'ipotesi di accoglimento della domanda, la condanna alla consegna o alla restituzione del bene controverso (Trib. Rimini, 23 marzo 2015, in DeJure; Trib. Foggia, 21 agosto 2013, in Giur. Merito, 2013, n. 11, 2369; Trib. Monza, 13 dicembre 2004, in Corr. Giur., 2005, 269).

In definitiva, il testo della norma è comunemente interpretato nel senso che il sequestro giudiziario è configurabile anche quando il ricorrente, promuovendo un giudizio di accertamento dei diritti reali ovvero d'impugnativa del contratto, voglia conseguire, tramite la condanna alla restituzione o al rilascio, la disponibilità giuridica del bene.

La comunione ereditaria e il suo scioglimento

La peculiarità della comunione ereditaria deriva dal fatto che la stessa ha ad oggetto i beni che componevano il patrimonio del de cuius e si costituisce ipso iure tra gli eredi quando, a seguito dell'apertura di una successione mortis causa, vi siano una pluralità di chiamati all'eredità ed una pluralità di accettazioni (espresse o tacite).

Il principio cardine in materia di comunione ereditaria è quello della cd. “universalità” della divisione ereditaria, in forza del quale la divisione dell'eredità deve comprendere, di norma, tutti i beni facenti parte dell'asse ereditario; a differenza dello scioglimento della comunione ordinaria, lo scioglimento della comunione ereditaria si presenta, quindi, per sua natura universale, nel senso che deve comprendere tutte le situazioni giuridiche facenti parte dell'asse ereditario.

Di qui, poiché il giudizio di scioglimento della comunione ereditaria è volto all'accertamento del diritto di ciascun condividente ad una quota ideale dell'asse ereditario ed alla sua trasformazione in un diritto di proprietà esclusiva su una corrispondente porzione di beni e tale accertamento, lo stesso non può prescindere dall'indagine sulla consistenza dell'asse ereditario e quindi e sulla qualità e di erede in capo a tutte le persone che partecipano al giudizio, considerato che la sentenza spiegherà la sua efficacia nei confronti di tutti i partecipanti alla comunione.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Può essere sciolta una comunione ereditaria avente ad oggetto un bene abusivo?

No, perché la regolarità urbanistica è condizione dell'azione di divisione

Quando sia proposta domanda di scioglimento di una comunione (nella specie ereditaria), il giudice non può disporre la divisione che abbia ad oggetto un fabbricato abusivo o parti di esso, in assenza della dichiarazione circa gli estremi della concessione edilizia e degli atti ad essa equipollenti, come richiesti dall'articolo 46 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e dall'articolo 40, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, costituendo la regolarità edilizia del fabbricato condizione dell'azione exarticolo 713 del c.c., sotto il profilo della “possibilità giuridica”, e non potendo la pronuncia del giudice realizzare un effetto maggiore e diverso rispetto a quello che è consentito alle parti nell'ambito della loro autonomia negoziale. La mancanza della documentazione attestante la regolarità edilizia dell'edificio ed il mancato esame di essa da parte del giudice sono rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio (Trib. Civitavecchia, n. 710/2022, in Guida al diritto, 2022, 30).

Domanda
Il giudizio di divisione ereditaria va sospeso se pende un altro giudizio volto ad escludere dalla stessa un bene in comunione?

Solo se entrambi pendono in primo grado è necessario, altrimenti rientra in una valutazione del giudice del giudizio “dipendente”

Nella più recente giurisprudenza di legittimità è ormai acquisito il principio in virtù del quale ove tra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità, la sospensione ex art. 295 c.p.c. della causa dipendente permane fintanto che la causa pregiudicante penda in primo grado, mentre, una volta che questa sia definita con sentenza non passata in giudicato, spetta al giudice della causa dipendente scegliere se conformarsi alla predetta decisione, sciogliendo il vincolo necessario della sospensione, ove una parte del giudizio pregiudicato si attivi per riassumerlo, ovvero attendere la sua stabilizzazione con il passaggio in giudicato, mantenendo lo stato di sospensione (ovvero di quiescenza) attraverso però il ricorso all'esercizio del potere facoltativo di sospensione previsto dall'art. 337, comma 2, c.p.c., ovvero decidere in senso difforme quando, sulla base di una ragionevole valutazione prognostica, ritenga che tale sentenza possa essere riformata o cassata. In applicazione di tale assunto, la S.C. ha confermato, di recente, la pronuncia di merito che aveva escluso la ricorrenza di una ipotesi di sospensione obbligatoria ex art. 295 c.p.c. tra un giudizio di divisione ereditaria ed un giudizio pendente in Cassazione diretto ad escludere dalla divisione un bene mantenuto in comunione (Cass. II, n. 9470/2022).

Orientamento di merito

È ammesso il sequestro giudiziario dei beni detenuti solo da alcuni eredi in vista del giudizio di divisione

A fondamento dell'orientamento dominante che ritiene ammissibile il sequestro giudiziario dei beni ereditari, al fine di consentire che non siano pregiudicate, nelle more del giudizio divisorio, le ragioni degli eredi che non sono nel possesso degli stessi rispetto a quelle degli altri, vi è l'interpretazione ampia della locuzione, contenuta nell'art. 670 c.p.c., “controversia sulla proprietà o il possesso”, interpretazione in virtù della quale, come evidenziato, il sequestro può essere autorizzato, non solo in relazione ad azioni di rivendicazione, reintegrazione o manutenzione, ma anche in relazione a qualsivoglia domanda, finanche di natura personale, che richieda una statuizione sulla proprietà che possa implicare una condanna al rilascio o alla restituzione.

Di qui, in sede applicativa si ritiene che ricorrono i requisiti, compreso quello di opportunità, richiesti per il sequestro giudiziario di beni ereditari, quando alcuni degli eredi abbiano di tali beni il godimento esclusivo e gli altri chiedano che se ne attui la divisione, previo l'accertamento dei loro diritti sulla massa ereditaria. In particolare, per la concessione del sequestro giudiziario, non si richiede, come per il sequestro conservativo, che ricorra il pericolo, concreto ed attuale, di sottrazione o alterazione del bene, essendo invece sufficiente, ai fini dell'estremo dell'opportunità richiesto dall'art. 670 n. 1 c.p.c., che lo stato di fatto esistente in pendenza del giudizio comporti la mera possibilità, sia pure astratta, che si determinino situazioni tali da pregiudicare l'attuazione del diritto controverso (Trib. Savona, 30 ottobre 2013).

Tale principio è stato ritenuto applicabile, sempre nella giurisprudenza di merito, per eadem ratio, anche nell'ipotesi di divisione di beni non ereditari. In particolare, si è affermato, a riguardo, che lo stesso può operare, in genere, nei giudizi divisionali aventi ad oggetto comunioni non ereditarie e che, in particolare, la misura cautelare de qua ben può essere domandato quando il comproprietario tenda a realizzare, di fronte agli altri comproprietari, attraverso un giudizio divisorio, la quota in concreto spettantegli, non conseguita attraverso una regolamentazione convenzionale delle rispettive ragioni di tutti gli interessati (Trib. Rossano, 2 luglio 2011).

3. Azioni processuali

Funzione e natura del giudizio

Il sequestro giudiziario è una misura cautelare che può essere concesso, a fronte del fumus boni juris del diritto affermato rispetto a una controversia sulla proprietà o il possesso di beni e sia opportuno provvedere alla loro custodia o gestione temporanea.

Il periculum in mora tipico del sequestro giudiziario di beni costituito dall'opportunità di provvedere alla custodia o alla gestione temporanea del bene controverso.

Sotto un profilo generale, la giurisprudenza ha evidenziato che il periculum in mora a fronte del quale può essere richiesta la concessione di un sequestro giudiziario costituisce un particolare forma di periculum in mora, più leggera del periculum “standard” e consistente nel pericolo anche astratto (cfr. Cass. III, n. 854/1982; Trib. Monza, 17 aprile 2001, in Gius, 2001, 2292) che i beni controversi subiscano deterioramenti, alterazioni o sottrazioni nel corso del giudizio di merito nonché nella conseguente necessità di sottrarre i beni stessi alla libera disponibilità del sequestrato, allo scopo di assicurare l'utilità pratica del futuro eventuale provvedimento sul merito della controversia (Trib. Bari, sez. III, 16 nov. 2014, in Giustiziacivile.com, 2015, con nota di Costabile). Per una recente applicazione in tema di sequestro giudiziario di beni ereditari v. Trib. Savona, 30 ottobre 2013, in DeJure.

La prima forma di periculum che può venire in rilievo a fronte della domanda di concessione di un sequestro giudiziario è quindi quella concernente l'opportunità di una custodia o gestione temporanea del bene che, qualora lasciato nella disponibilità del convenuto sino all'emanazione della decisione di merito, potrebbe essere danneggiato o disperso, così vanificando la fruttuosità dell'eventuale esecuzione in forma specifica per la consegna del bene al termine della lite. Questa situazione può verificarsi, ad esempio, laddove nelle more dell'emanazione della pronuncia di merito la natura “produttiva” del bene renda opportuna la custodia del medesimo (v., ex ceteris, Trib. Monza, 17 aprile 2001; Trib. Napoli, 21 settembre 1999, in Gius, 2000, n. 4, 455; Trib. Bologna, 13 gennaio 1997, in DF, II, 1032; Trib. Pescara, 7 agosto 1995, in Giur. Merito, 1996, 242).

Mediante la richiesta di un sequestro giudiziario di beni mobili la parte ricorrente può, in secondo luogo, tutelarsi dal pericolo derivante dall'art. 1153 c.c., ossia dalla possibilità che un terzo di buona fede acquisiti il bene a titolo originario dal sequestrato: a riguardo è opportuno ricordare che, sebbene l'art. 111 c.p.c. disponga in via generale che la decisione resa tra le parti originarie ha effetto anche nei confronti dell'avente causa, fa salvo il caso dell'acquisto in buona fede dei beni mobili ai sensi dell'art. 1153 c.c. In altri termini, l'emanazione del sequestro giudiziario è in questo caso funzionale a sottrarre la materiale disponibilità del bene a colui che potrebbe far acquistare ad un terzo l'acquisto a titolo originario a seguito della consegna.

Aspetti preliminari

Competenza

Se la domanda cautelare è proposta prima dell'inizio del giudizio di merito la competenza spetta in linea di principio, ex art. 669-ter c.p.c., al giudice competente per la controversia di merito.

Il giudice competente a decidere della domanda di scioglimento della comunione sui beni ereditari è quello del luogo dell'aperta successione (art. 22, comma 1, n. 1, c.p.c.). A propria volta, ex art. 456 c.c. il luogo dell'aperta successione coincide con l'ultimo domicilio del defunto, che deve essere individuato nel luogo ove il de cuius ha concentrato la generalità dei suoi interessi materiali, economici, sociali, morali e familiari (Cass. n. 7750/1999), luogo che dunque la persona ha scelto quale centro delle proprie relazioni ed interessi indipendentemente dalla dimora.

Il foro ex art. 22 c.p.c. è esclusivo ma derogabile.

Se invece la domanda è proposta in corso di causa va formulata al giudice assegnatario della stessa.

Contenuto del ricorso proposto ante litem

È costante in giurisprudenza il principio in forza del quale nel ricorso proposto ante causam devono essere adeguatamente evidenziati il petitum e la causa petendi della controversia di merito che nel caso considerato deve essere necessariamente incardinata in quanto il sequestro giudiziario è una misura cautelare conservativa, a strumentalità c.d. strutturale o rigida.

È stato più volte affermato il principio per il quale nel ricorso cautelare, l'indicazione della causa di merito, con riferimento a petitum e causa petendi, è necessaria a pena di nullità, tenendo conto delle disposizioni generali espresse dall'art. 125 c.p.c. che integrano quelle dell'art. 669-bis c.p.c. sul contenuto del ricorso in materia cautelare (tra le molte, Tribunale Ivrea, 16 ottobre 2007, in Giur. merito, 2008, 1, 131; Trib. Rovereto, 14 giugno 2004; Trib. L'Aquila, 23 ottobre 2003). Peraltro, se alcune decisioni ritengono che gli elementi dell'edictio actionis della domanda cautelare possano desumersi anche implicitamente dal ricorso (Trib. L'Aquila, 23 ottobre 2003; Trib. Monza, 24 gennaio 2000), altre pronunce, in una prospettiva più rigorosa, escludono tale possibilità (Trib. Ivrea, 16 ottobre 2007, cit.; Trib. Modena, 16 giugno 1999).

Litisconsorzio necessario

Nelle cause di divisione ereditaria, vi è litisconsorzio necessario, come espressamente previsto in generale per il giudizio di divisione ordinario dall'art. 784 c.p.c., tra tutti gli eredi.

Onere della prova

In conformità alle regole generali espresse dall'art. 2697 c.c. è il ricorrente a dover dimostrare la sussistenza dei presupposti per la concessione del provvedimento cautelare, ossia il fumus boni juris ed il periculum in mora.

In una fattispecie come quella in esame, in punto di fumus boni juris il ricorrente potrà limitarsi ad allegare, anche nel giudizio sommario, la propria qualità di erede (che dovrà semmai essere contestata dalla parte resistente, secondo le regole generali).

Con riferimento al periculum in mora la situazione evidentemente differente nella quale si trovano gli eredi nel possesso dei beni facenti parte del compendio comune e quella degli altri eredi, può giustificare l'opportunità, in pendenza del giudizio di divisione, del sequestro giudiziario dei predetti beni, in modo che il custode possa preservare le ragioni di tutte le parti in modo che al termine del predetto giudizio le quote siano effettivamente proporzionate ai diritti di ciascuno sull'intero.

Il provvedimento:

a) effetti

Il sequestro giudiziario è una misura cautelare di carattere conservativo sicché, affinché conservi efficacia, se concesso prima dell'introduzione del giudizio di merito, è necessario che la parte interessata proponga detto giudizio entro il successivo termine di sessanta giorni. La misura diviene poi inefficace se il giudizio tempestivamente incardinato si estingue.

b) regime

L'ordinanza, sia di diniego che di concessione della misura cautelare, è assoggettata, ex art. 669-terdecies c.p.c., a reclamo proponibile entro il termine perentorio di quindici giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore. Il reclamo, per le misure emesse come avviene di regola dal giudice monocratico del tribunale, si propone al collegio (del quale non può far parte il giudice che ha deciso sul ricorso). Il procedimento di reclamo si svolge nelle forme camerali ed è deciso con ordinanza.

Il provvedimento emanato a fronte del reclamo cautelare non è ulteriormente impugnabile. La Corte di cassazione ha infatti costantemente affermato che è inammissibile il ricorso straordinario ex art. 111, settimo comma, Cost. per difetto del requisito di decisorietà (ex plurimis, Cass. III, n. 25411/2019).

Instaurazione del giudizio di merito

È valida la notificazione dell'atto introduttivo del giudizio di merito, che segua un procedimento cautelare, eseguita non alla parte personalmente ma nel domicilio da questa eletto presso il proprio difensore in occasione del procedimento cautelare, purché dal tenore della procura alle liti possa desumersi che essa sia stata conferita anche per la fase di merito. (Cass. III, n. 6457/2023).

4. Conclusioni

Ai sensi dell'art. 670, n. 1, c.p.c. il giudice può autorizzare il sequestro giudiziario di beni mobili o immobili, aziende o altre universalità di beni, quando ne è controversa la proprietà o il possesso, ed è opportuno provvedere alla loro custodia o alla loro gestione temporanea. Il sequestro giudiziario di beni è una misura cautelare strumentale alla conservazione ed alla gestione di beni mobili o immobili, aziende o altre universalità di beni oggetto di una controversia, attuale o anche soltanto potenziale.

La giurisprudenza appare incline ad individuare estensivamente il novero delle controversie in ordine alla proprietà o al possesso che giustificano la richiesta di un sequestro giudiziario di beni, estendendolo anche all'esercizio di uno jus ad rem riferito ad una mera detenzione, da cui derivi, nell'ipotesi di accoglimento della domanda, la condanna alla consegna o alla restituzione del bene controverso (Trib. Rimini, 23 marzo 2015; Trib. Foggia, 21 agosto 2013, in Giur. Merito, 2013, n. 11, 2369; Trib. Monza, 13 dicembre 2004, in Corr. Giur., 2005, 269).

In forza di tale ampia interpretazione delle azioni cui può essere strumentale il sequestro giudiziario, si ritiene che lo stesso possa essere richiesto anche in relazione ai beni ereditari, quando alcuni degli eredi abbiano di tali beni il godimento esclusivo e gli altri chiedano che se ne attui la divisione, previo l'accertamento dei loro diritti sulla massa ereditaria e sussista il periculum — anche sul piano della mera opportunità — che lo stato di fatto esistente in pendenza del giudizio comporti la mera possibilità, sia pure astratta, che si determinino situazioni tali da pregiudicare l'attuazione del diritto controverso (Trib. Savona, 30 ottobre 2013).

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