Accertamento dell'esistenza del diritto cautelando1. Bussole di inquadramentoProfili generali del sequestro giudiziario di beni Ai sensi dell'art. 670, n. 1, c.p.c. il giudice può autorizzare il sequestro giudiziario di beni mobili o immobili, aziende o altre universalità di beni, quando ne è controversa la proprietà o il possesso, ed è opportuno provvedere alla loro custodia o gestione temporanea. Il sequestro giudiziario di beni è una misura cautelare strumentale alla conservazione ed alla gestione di beni mobili o immobili, aziende o altre universalità di beni oggetto di una controversia, attuale o anche soltanto potenziale. La giurisprudenza appare incline ad individuare in modo ampio il novero delle controversie in ordine alla proprietà o al possesso che giustificano la richiesta di un sequestro giudiziario di beni: si è costantemente affermato, infatti, che la controversia cui fa riferimento l'art. 670 n. 1, c.p.c. non presuppone soltanto il jus in rem delle azioni di rivendicazione della proprietà e di reintegrazione o manutenzione del possesso, ma anche l'esercizio di uno jus ad rem riferito ad una mera detenzione, da cui derivi, nell'ipotesi di accoglimento della domanda, la condanna alla consegna o alla restituzione del bene controverso (Trib. Rimini, 23 marzo 2015; Trib. Foggia, 21 agosto 2013, in Giur. Merito, 2013, n. 11, 2369; Trib. Monza, 13 dicembre 2004, in Corr. Giur., 2005, 269). Ne deriva che è inammissibile il ricorso ex art. 670 c.p.c. nel caso in cui il sequestro sia rappresentato quale misura strumentale ad azioni di mero accertamento (Trib. Tortona, 30 agosto 2002) o costitutive alle quali non sia ricollegata la domanda diretta a ottenere la restituzione del bene (Trib. Modena, 13 settembre 2007). Di contro, il testo della norma deve essere interpretato nel senso che il sequestro giudiziario è configurabile anche quando il ricorrente, promuovendo un giudizio di accertamento dei diritti reali ovvero d'impugnativa del contratto, voglia conseguire, tramite la condanna alla restituzione o al rilascio, la disponibilità giuridica del bene. È discussa la portata del requisito del fumus boni juris per ottenere la concessione di una misura cautelare di sequestro giudiziario di beni. Invero, in accordo con una prima tesi, dominante nella prassi più recente, per l'emanazione del sequestro giudiziario non soltanto deve ricorrere, sul piano dell'ammissibilità, una controversia tra le parti sulla proprietà o sul possesso del bene ma, inoltre, sotto il profilo del fumus boni iuris, è necessaria la sommaria dimostrazione da parte del ricorrente della sussistenza del proprio diritto, all'esito del giudizio di merito, ad ottenere la restituzione del bene (v., tra le altre, Trib. Nola, 25 giugno 2010, in Giur. Merito, 2010, n. 10, 2248; Trib. Napoli, 4 marzo 2003, in GIUS, 2003, 1907; Trib. Brindisi, 30 novembre 1990, in Riv. dir. sportivo, 1992, 115, con nota di Vidiri; Trib. Viterbo, 15 luglio 1983, in NDA, 1983, 656). In senso diverso, peraltro, si segnala un orientamento minoritario per il quale ai fini della concessione del sequestro giudiziario sarebbe necessaria, oltre al periculum in mora, soltanto l'esistenza di una controversia sulla proprietà o sul possesso (Trib. Torino, 14 gennaio 1989, in Foro it., 1990, I, 2655). In tale prospettiva si è ritenuto, ad esempio, che il giudice può autorizzare, ai sensi dell'art. 670 c.p.c., il sequestro giudiziario di una farmacia privata nei casi in cui la proprietà della stessa sia controversa ed appaia opportuno, in vista dell'attuazione in via definitiva del diritto in favore di una o dell'altra parte, provvedere alla sua conservazione poiché sussistono fatti che tendono a modificarne lo stato (App. Caltanissetta, 3 giugno 1999, RDF, 2002, 702). Il periculum in mora tipico del sequestro giudiziario di beni costituito dall'opportunità di provvedere alla custodia o alla gestione temporanea del bene controverso. Sotto un profilo generale, la giurisprudenza ha evidenziato che il periculum in mora a fronte del quale può essere richiesta la concessione di un sequestro giudiziario costituisce un particolare forma di periculum in mora, più leggera del periculum “standard” e consistente nel pericolo anche astratto (cfr. Cass. III, n. 854/1982; Trib. Monza, 17 aprile 2001, in Gius, 2001, 2292) che i beni controversi subiscano deterioramenti, alterazioni o sottrazioni nel corso del giudizio di merito nonché nella conseguente necessità di sottrarre i beni stessi alla libera disponibilità del sequestrato, allo scopo di assicurare l'utilità pratica del futuro eventuale provvedimento sul merito della controversia (Trib. Bari, sez. III, 16 novembre 2014, in Giustiziacivile.com, 2015, con nota di Costabile). La prima forma di periculum che può venire in rilievo a fronte della domanda di concessione di un sequestro giudiziario è quindi quella concernente l'opportunità di una custodia o gestione temporanea del bene che, qualora lasciato nella disponibilità del convenuto sino all'emanazione della decisione di merito, potrebbe essere danneggiato o disperso, così vanificando la fruttuosità dell'eventuale esecuzione in forma specifica per la consegna del bene al termine della lite (Caponi 157 ss.). Questa situazione può verificarsi, ad esempio, laddove nelle more dell'emanazione della pronuncia di merito la natura “produttiva” del bene renda opportuna la custodia del medesimo (v., ex ceteris, Trib. Monza, 17 aprile 2001; Trib. Napoli, 21 settembre 1999, in Gius, 2000, n. 4, 455; Trib. Bologna, 13 gennaio 1997, in DF, II, 1032; Trib. Pescara, 7 agosto 1995, in Giur. Merito, 1996, 242). Mediante la richiesta di un sequestro giudiziario di beni la parte ricorrente può, in secondo luogo, tutelarsi dal pericolo derivante dall'art. 1153 c.c., ossia dalla possibilità che un terzo di buona fede acquisiti il bene a titolo originario dal sequestrato: a riguardo è opportuno ricordare che, sebbene l'art. 111 c.p.c. disponga in via generale che la decisione resa tra le parti originarie ha effetto anche nei confronti dell'avente causa, fa salvo il caso dell'acquisto in buona fede dei beni mobili ai sensi dell'art. 1153 c.c. In altri termini, l'emanazione del sequestro giudiziario è in questo caso funzionale a sottrarre la materiale disponibilità del bene a colui che potrebbe far acquistare ad un terzo l'acquisto a titolo originario a seguito della consegna. Le conseguenze dell'accertamento nel giudizio di merito del diritto cautelando L'accertamento integralmente positivo del diritto non è considerato dall'art. 669-nonies c.p.c., sebbene sia una causa d'inefficacia della misura cautelare, almeno in apparenza, speculare a quella dell'accertamento negativo. In effetti, l'accertamento positivo pone oggettivi problemi di coordinamento tra il giudizio di merito e la misura cautelare, per l'evidente ragione che la pronuncia nel giudizio di merito ha natura dichiarativa e — sovente — non basta da sola a garantire la tutela della situazione dedotta in giudizio. Nel caso specifico del sequestro conservativo, il meccanismo di raccordo è espressamente affidato alla conversione automatica del sequestro in pignoramento (art. 686 c.p.c.). Se si assume che l'art. 686 c.p.c. è espressione di una ratio più generale, applicabile anche al sequestro giudiziario, in linea di massima potrebbe ritenersi che la misura cautelare non perda automaticamente efficacia con l'emanazione della sentenza di primo grado e ciò soprattutto ove la stessa non sia una sentenza di condanna e quindi provvisoriamente esecutiva ex art. 282 c.p.c. Resta fermo che lo stesso principio può operare anche se la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva sino al momento nel quale il bene già oggetto del sequestro non è in concreto oggetto di esecuzione in forza del nuovo titolo. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Quale è la sorte del sequestro se il giudizio di merito si estingue?
Diviene inefficace e vanno adottati i provvedimenti ripristinatori La misura cautelare del sequestro perde la sua efficacia in conseguenza della dichiarazione di estinzione del correlato giudizio di merito, senza che a tal fine sia necessario che la pronunzia sia divenuta inoppugnabile, dovendosi, pertanto, assumere la stessa a presupposto dei provvedimenti ripristinatori previsti dall'art. 669-novies, comma 2, c.p.c. (Cass., S.U., n. 12103/2012). Orientamento della Corte di Cassazione L'efficacia del sequestro giudiziario viene meno anche con l'emanazione della sentenza di primo grado che accoglie la domanda La S.C. ha affermato, nonostante il silenzio di tale norma sul punto, che ai sensi dell'art. 669-novies, comma 3, c.p.c., il sequestro giudiziario perde efficacia sia nel caso di dichiarazione di inesistenza, anche se con sentenza non passata in giudicato, del diritto a tutela del quale il provvedimento è stato concesso, sia nell'ipotesi inversa, in cui, accogliendosi la domanda di merito, sia affermato a chi spetti la titolarità del diritto sul bene, la cui integrità il sequestro aveva la funzione di conservare per assicurare al provvedimento attributivo la sua pratica efficacia. Di conseguenza se il titolare di tale diritto, ancorché sia la medesima persona fisica che è stata nominata custode del bene sequestrato, chiede il rilascio del bene per effetto di detta sentenza, questo titolo è diverso da quello — peraltro caducato dal medesimo provvedimento, per esserne venuti meno la funzione e lo scopo — con cui gli è stato conferito l'incarico di custode e, quindi, non è configurabile un inammissibile esercizio della medesima azione esecutiva (Cass. III, n. 14765/2008). Orientamento di merito L'efficacia del sequestro giudiziario non viene meno con l'emanazione della sentenza di primo grado che accoglie la domanda Nella recente giurisprudenza di merito si è affermato, in senso diverso, che, in mancanza di un'esplicita disposizione di legge, si deve affermare, da un lato, la perdurante efficacia del sequestro giudiziario anche dopo la pronuncia della sentenza di primo grado di accoglimento della domanda cautelata e, dall'altro lato, la possibilità per la parte vittoriosa di mettere in esecuzione la sentenza, ancorché non passata in giudicato, in modo che sia l'esecuzione forzata — e non la sentenza — a sostituirsi al provvedimento cautelare e ad assorbirlo (Trib. Udine, II, 24 gennaio 2018). Più in particolare, la predetta pronuncia, prendendo atto che la questione della sorte del sequestro giudiziario una volta che la domanda di merito della parte che ha chiesto ed ottenuto il sequestro sia stata accolta con sentenza non passata in giudicato (e, in particolare, con sentenza di primo grado già appellata dalla controparte) non è risolta in modo esplicito dal legislatore, a differenza di quanto avviene per il sequestro conservativo, — di cui è prevista la conversione in pignoramento (art. 686 c.p.c.), si è innanzi tutto confrontata con la diversa conclusione alla quale è pervenuta la S.C. con la richiamata sentenza n. 14765 del 2018. La decisione del Tribunale di Udine ha a riguardo evidenziato di non condividere tale soluzione perché anche sul piano logico non potrebbe ipotizzarsi un'identità di ratio tra rigetto e accoglimento della domanda, che sono anzi ipotesi esattamente opposte. Così, se l'art. 669-novies c.p.c. disciplina il venir meno dei presupposti della tutela cautelare — tant'è che devono essere date le disposizioni necessarie per “ripristinare la situazione precedente” — mentre l'accoglimento della domanda di merito conferma a cognizione piena l'esistenza di quel diritto il cui fumus aveva giustificato l'emissione della cautela, sicché non deve ripristinarsi la situazione precedente ma semmai consolidare la situazione di fatto creatasi con l'attuazione del sequestro, il che dovrebbe bastare ad escludere che la lacuna legis possa essere sanata ricorrendo all'applicazione analogica dell'art. 669-novies c.p.c. L'accurata decisione del Tribunale di Udine non ha inoltre considerato possibile ritenere che l'assorbimento della tutela irrogata dal sequestro giudiziario nella sentenza di merito che pure sembrerebbe analogo a quanto previsto per il sequestro conservativo dall'art. 686 c.p.c. Questo perché, mentre l'art. 686 c.p.c. e il connesso art. 156 disp. att. c.p.c. prevedono il passaggio dalla misura cautelare al processo per espropriazione forzata davanti al giudice competente per l'esecuzione, invece secondo la tesi dell'assorbimento il sequestro giudiziario permetterebbe addirittura di evitare il processo esecutivo, attribuendo al custode giudiziario il compito di immettere nel possesso dei beni la parte che ha ottenuto il sequestro. Se questo è vero, così come la tesi dell'inefficacia non può trovare fondamento nell'analogia con la fattispecie prevista dall'art. 669-novies c.p.c., allo stesso modo la tesi dell'assorbimento non trova un supporto normativo nella disciplina della conversione del sequestro conservativo in pignoramento (la quale agevola, ma non evita il passaggio al processo esecutivo). Di qui potrebbe ritenersi che l'efficacia della misura cautelare permanga anche dopo la pronuncia della sentenza senza che ciò comprometta la possibilità di mettere in esecuzione la sentenza di condanna secondo le forme proprie previste dal libro III del c.p.c. In sostanza, l'eventuale controversia sull'esecutività della sentenza potrebbe essere risolta soltanto dal giudice dell'opposizione all'esecuzione. 3. Azioni processualiFunzione e natura del giudizio Qualora nella pronuncia che ha definito il giudizio di primo grado nulla sia stato precisato in ordine all'intervenuta inefficacia del sequestro giudiziario, in quanto “assorbito” dalla decisione sul merito, la parte interessata potrebbe — ove si acceda alla posizione espresso dalla Corte di cassazione — proporre ricorso ex art. 669-nonies c.p.c. volto ad accertare l'intervenuta inefficacia del provvedimento. Deve ritenersi che, sebbene si tratti di una fattispecie differente, trovino in detta ipotesi applicazione, sul piano processuale, le previsioni dettate dal secondo comma della predetta norma secondo cui “il giudice che ha emesso il provvedimento, su ricorso della parte interessata, convocate le parti con decreto in calce al ricorso, dichiara, se non c'è contestazione, con ordinanza avente efficacia esecutiva, che il provvedimento è divenuto inefficace e dà le disposizioni necessarie per ripristinare la situazione precedente. In caso di contestazione l'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il provvedimento cautelare decide con sentenza provvisoriamente esecutiva, salva la possibilità di emanare in corso di causa i provvedimenti di cui all'articolo 669-decies”. Di qui, tenendo conto del disposto dell'art. 669-novies c.p.c., almeno nella formulazione attualmente vigente, se all'istanza di dissequestro formulata con ricorso non seguano contestazioni, il giudice, previa convocazione delle parti, deciderà con provvedimento immediatamente esecutivo, avente la forma di ordinanza, con il quale disporrà la sopravvenuta inefficacia della misura conservativa. Ove, invece, insorgano contestazioni all'esito dell'instaurazione del contraddittorio, si aprirà una ordinaria istruttoria, che sfocerà con la decisione di merito provvisoriamente esecutiva, avente la forma di sentenza, la quale deciderà quanto all'inefficacia della misura in ragione della intervenuta pronuncia in rito ovvero per la sua persistente efficacia, con la congiunta possibilità di emanare, nel corso di tale trattazione, misure di modifica o revoca del sequestro (cfr. Trib. Monza, 15 luglio 1999, in Giur. milanese, 2000, 153, secondo cui se proposto ricorso ex art. 669-novies c.p.c. per ottenere la declaratoria di inefficacia di un provvedimento cautelare ed in presenza di contestazioni da parte del resistente, qualora il giudice investito del ricorso pronunci erroneamente un'ordinanza e non — come avrebbe dovuto — sentenza, tale provvedimento, ad onta della sua forma di ordinanza, ha nondimeno natura di sentenza in senso sostanziale ed esso deve, di conseguenza, ritenersi soggetto ad appello, come la sentenza di cui tiene luogo, mentre il reclamo proposto dalla parte soccombente deve ritenersi inammissibile). Non si può trascurare, tuttavia, che, nella prospettiva di una maggiore celerità processuale, il d.lgs. n. 149 del 2022 ha modificato, rispetto ai procedimenti che saranno promossi dalla data del 30 giugno 2023, l'art. 669-novies c.p.c. stabilendo che il procedimento semplificato, cioè quello sinora adottato solo nell'ipotesi di non contestazione rispetto all'intervenuta inefficacia della misura cautelare, dovrà essere adottato in ogni caso, ossia anche a fronte di tale contestazione. Invero, si prevede, per un verso che, all'interno dell'art. 669-novies, comma 2, c.p.c. siano soppresse le parole “se non c'è contestazione” e, per un altro, “In caso di contestazione l'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il provvedimento cautelare decide con sentenza provvisoriamente esecutiva, salva la possibilità di emanare in corso di causa i provvedimenti di cui all'articolo 669-decies c.p.c. Aspetti preliminari Competenza Il ricorso deve essere proposto al giudice che ha emesso il provvedimento cautelare. Oggetto e onere della prova Le questioni oggetto del giudizio, in una fattispecie come quella in esame, sono di carattere squisitamente giuridico. 4. ConclusioniL'accertamento integralmente positivo del diritto di merito sotteso al provvedimento con il quale è stata concessa una misura cautelare non è considerato dall'art. 669-nonies c.p.c., sebbene sia astrattamente una causa d'inefficacia della stessa speculare a quella dell'accertamento negativo. In realtà, l'accertamento positivo pone oggettivi problemi di coordinamento tra il giudizio di merito e la misura cautelare, per l'evidente ragione che la pronuncia nel giudizio di merito ha natura dichiarativa e — sovente — non basta da sola a garantire la tutela della situazione dedotta in giudizio. Con peculiare riguardo al sequestro giudiziario, la S.C. ha peraltro affermato che ai sensi dell'art. 669-novies, comma 3, c.p.c., il sequestro giudiziario perde efficacia sia nel caso di dichiarazione di inesistenza, anche se con sentenza non passata in giudicato, del diritto a tutela del quale il provvedimento è stato concesso, sia nell'ipotesi inversa, in cui, accogliendosi la domanda di merito, sia accertata a chi spetti la titolarità del diritto sul bene, la cui integrità il sequestro aveva la funzione di conservare per assicurare al provvedimento attributivo la sua efficacia pratica (Cass. III, n. 14765/2008). Da tale orientamento, si è consapevolmente discostata, più di recente, una decisione di merito che, sulla scorta di ampie argomentazioni, ha invece ritenuto che in mancanza di un'esplicita disposizione di legge si deve affermare, da un lato, la perdurante efficacia del sequestro giudiziario anche dopo la pronuncia della sentenza di primo grado di accoglimento della domanda cautelata e, dall'altro lato, la possibilità per la parte vittoriosa di mettere in esecuzione la sentenza, ancorché non passata in giudicato, in modo che sia l'esecuzione forzata — e non la sentenza — a sostituirsi al provvedimento cautelare e ad assorbirlo (Trib. Udine, II, 24 gennaio 2018). |