Sequestro conservativo dell'azienda1. Bussole di inquadramentoIl sequestro conservativo in generale Il sequestro conservativo rientra, accanto all'azione surrogatoria ed all'azione revocatoria, nella più ampia categoria dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale generica sui beni del debitore ed è collegato all'esecuzione forzata, in quanto volto ad assicurare la fruttuosità dell'eventuale esecuzione per espropriazione, sottraendo i beni oggetto del provvedimento alla libera disponibilità del debitore proprietario (cfr. Trib. Bari, 26 agosto 2013). Si tratta, quindi, di una misura cautelare tipicamente “conservativa”. La concessione del sequestro conservativo comporta, sul piano giuridico, un vincolo di indisponibilità sul bene sequestrato, gli atti di disposizione relativi al quale, infatti, pur validi tra le parti e gli altri terzi, saranno inefficaci nei confronti del creditore sequestrante. In altre parole, gli effetti del sequestro conservativo sono del tutto analoghi a quelli del pignoramento: tuttavia quest'ultimo determina un “vincolo a porta aperta” sui beni del debitore in quanto l'inefficacia degli atti di disposizione relativi ai beni oggetto di pignoramento riguardano non soltanto il creditore pignorante ma anche gli altri creditori eventualmente intervenuti nel processo esecutivo. Beni che possono essere oggetto di sequestro conservativo Ai sensi dell'art. 671 c.p.c. il giudice della cautela può autorizzare il sequestro conservativo di beni mobili o immobili del debitore o delle somme e cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne permette il pignoramento. Tale formulazione della norma è apparentemente molto ampia nel definire l'oggetto del sequestro in esame facendovi rientrare sia i beni mobili che quelli immobili del debitore che i crediti vantati dallo stesso nei confronti di terzi. Peraltro, in coerenza con la finalizzazione della misura all'espropriazione forzata, si precisa che i predetti beni possono essere oggetto di sequestro conservativo nei limiti in cui la legge ne consente il pignoramento. L'azienda L'art. 2555 c.c. definisce l'azienda quale complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa. In sostanza, i beni che fanno parte dell'azienda sono accomunati dalla medesima destinazione economica impressa dall'imprenditore, ciò che fa sì che questi beni siano spesso considerati dalla legge unitariamente, come oggetto unico di rapporti giuridici. Per la sua caratteristica di unitarietà, l'azienda è qualificata come forma di universalità patrimoniale e, più precisamente, come universitas iuris, secondo la nozione delineata dall'art. 816 c.c. La concezione unitaria dell'azienda implica che nell'ipotesi di atti di disposizione della stessa l'acquirente, l'usufruttuario o l'affittuario di un'azienda subentra in via di principio nei contratti privi di carattere personale stipulati per l'esercizio dell'impresa dall'imprenditore cedente. Nella fattispecie casistica in esame si pone l'interrogativo se sia consentito al creditore richiedere il sequestro conservativo dell'azienda del debitore complessivamente intesa e non già dei singoli beni che la compongono proprio in ragione del vincolo finalistico dei relativi beni. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
I singoli beni che compongono l'azienda possono essere oggetto di sequestro conservativo?
Si, fermi i limiti di impignorabilità previsti dalla legge La domanda per l'autorizzazione al sequestro conservativo di azienda deve ritenersi inammissibile poiché il nostro ordinamento non prevede l'esecuzione forzata per espropriazione dell'universitas aziendale; il creditore potrà eventualmente domandare il sequestro dei singoli beni aziendali, comunque nell'osservanza delle condizioni di impignorabilità e quindi di insequestrabilità dei beni stessi in relazione alla loro natura e destinazione (Trib. Civitavecchia, 18 luglio 2008).
Domanda
Può essere chiesta la restituzione dell'azienda con provvedimento d'urgenza?
Si, qualora possa in difetto realizzarsi un pregiudizio per l'avviamento aziendale Anche se l'art. 670 c.p.c. consente di ottenere, ove ne sia controversa la proprietà o il possesso, il sequestro giudiziario dell'azienda, non esiste nell'ordinamento un rimedio tipico che permetta, già di per sé stesso, di assolvere alle medesime esigenze che possono essere soddisfatte con un provvedimento d'urgenza di restituzione dell'azienda, giacché soltanto con quest'ultimo è consentito al titolare, nella ricorrenza degli ulteriori presupposti della cautela ex art. 700 c.p.c., di conseguire la ripresa immediata della piena funzionalità ed operatività del complesso aziendale, potendo gestirlo e sfruttarlo in maniera piena e senza i vincoli che deriverebbero, invece, dal ricorso al rimedio tipico del sequestro (ex aliis, Trib. Roma, V, 28 ottobre 2020). Orientamento dominante È inammissibile il sequestro conservativo dell'azienda Dall'esame della giurisprudenza di merito edita, anche recente, si desume che nella prassi applicativa — in assenza di un intervento della S.C. — non è ritenuto ammissibile il sequestro conservativo dell'azienda del debitore. È ricorrente l'affermazione secondo cui l'azienda, in quanto bene immateriale costituito da un'organizzazione di una pluralità di beni e di rapporti non può formare oggetto di sequestro conservativo (Trib. Roma, 10 luglio 2019, in Foro it., 2020, 2, I, 752). Due sono essenzialmente le argomentazioni addotte dalla giurisprudenza a fondamento di tale tesi prevalente: a) l'azienda, quale complesso unitario di beni non è indicata dall'art. 671 c.p.c. quale possibile oggetto del sequestro conservativo, a differenza di quanto avviene ai sensi dell'art. 670 c.p.c. per il sequestro giudiziario; b) il sequestro conservativo è ammesso, comunque sia, dall'art. 671 c.p.c. nei limiti entro i quali i beni sono pignorabili, ciò che non è possibile per un complesso organizzato di beni, pur unitario, dalle norme in tema di espropriazione forzata che hanno riguardo a singoli beni, mobili o immobili, ovvero crediti (cfr., tra le altre, App. Messina, sez. lav., 2 settembre 2020, che richiama anche Trib. Milano, 12 marzo 2016 e Trib. Pisa, 20 aprile 1994, inedite). 3. Azioni processualiFunzione e natura del giudizio Il sequestro conservativo rientra, accanto all'azione surrogatoria ed all'azione revocatoria, nella più ampia categoria dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale generica sui beni del debitore. La concessione del sequestro conservativo comporta, sul piano giuridico, un vincolo di indisponibilità sul bene sequestrato, gli atti di disposizione relativi al quale, infatti, pur validi tra le parti e gli altri terzi, saranno inefficaci nei confronti del creditore sequestrante. In altre parole, gli effetti del sequestro conservativo sono del tutto analoghi a quelli del pignoramento: tuttavia quest'ultimo determina un “vincolo a porta aperta” sui beni del debitore in quanto l'inefficacia degli atti di disposizione relativi ai beni oggetto di pignoramento riguardano non soltanto il creditore pignorante ma anche gli altri creditori eventualmente intervenuti nel processo esecutivo. Peraltro, il legame tra sequestro conservative ed espropriazione è reso evidente dall'art. 686 c.p.c. secondo cui il sequestro, una volta pronunciata la sentenza di condanna, si converte in pignoramento. Di qui l'art. 671 c.p.c. consente l'autorizzazione, al ricorrere dei relative presupposti del fumus boni juris e del periculum in mora, del sequestro conservative sui beni, mobili e immobili, nonché sui crediti del debitore nei limiti in cui ne sia consentito il pignoramento. Aspetti preliminari Competenza Ai sensi dell'art. 669-ter c.p.c. la domanda cautelare ante causam si propone al giudice competente a conoscere della causa nel merito. In virtù dell'art. 669-quater, primo comma, c.p.c. quando già pende la causa di merito la domanda cautelare deve essere proposta al giudice della stessa. Ricorso cautelare ante litem L'art. 669-bis c.p.c. tace sul contenuto del ricorso cautelare. Secondo la comune opinione trova quindi applicazione la regola generale sancita dall'art. 125 c.p.c. (v. già Pret. Alessandria, 16 marzo 1993, in Giur. it., 1993, I, 2, 775, con nota di Dalmotto), in virtù della quale tale ricorso deve indicare l'ufficio giudiziario, le parti, l'oggetto, le ragioni della domanda e le conclusioni o la istanza, e, tanto l'originale quanto le copie da notificare, devono essere sottoscritti dalla parte, se essa sta in giudizio personalmente, oppure dal difensore. Con riferimento alla domanda cautelare proposta ante causam, specie per i provvedimenti cautelari come i sequestri a strumentalità c.d. forte, opera il principio in virtù del quale nel ricorso devono essere a pena di inammissibilità individuati sul piano del petitum e della causa petendi gli elementi della proponenda azione di merito (ex plurimis, Trib. Lodi, 23 agosto 2019). Conseguenze della tardiva instaurazione del giudizio di merito La S.C. ha da ultimo chiarito che l'inefficacia del provvedimento cautelare ante causam non anticipatorio, verificatasi in conseguenza del mancato inizio del giudizio di merito entro il termine perentorio di cui all'art. 669-octies, secondo comma, c.p.c., non determina alcuna conseguenza processuale sul giudizio di merito comunque intrapreso, che dunque prosegue naturalmente senza maturazione di decadenze di sorta (Cass. I, n. 8513/2024). Onere della prova Posto che la domanda di sequestro conservativo dell'intero compendio aziendale potrebbe essere dichiarata probabilmente inammissibile, il creditore può richiedere il sequestro conservativo dei singoli beni che la compongono (ad esempio, di un macchinario). Anche in questo caso, l'onere della prova in ordine alla sussistenza sia di un credito, almeno eventuale, in capo al ricorrente che del pericolo di dispersione della garanzia patrimoniale (c.d. periculum in mora) competono al soggetto che propone il ricorso per sequestro conservativo. Nella fattispecie casistica in esame, trovano applicazione i principi in ordine alla deduzione e prova del controcredito fatto valere in compensazione. Così, in applicazione delle regole generali tratte dall'art. 2697 c.c., grava sulla parte che invochi la compensazione l'onere della prova circa l'esistenza del proprio controcredito, quale fatto estintivo del debito (Cass. sez. lav., n. 292/2016). In linea di principio, per ottenere la concessione del sequestro conservativo occorre effettuare, come per gli altri provvedimenti cautelari, un accertamento sommario da parte del giudice della cautela circa la sussistenza del diritto di credito del quale è domandata la tutela, sussistenza che dovrà valutarsi su un piano di mera verosimiglianza della pretesa creditoria, trattandosi di misura cautelare (Cass. I, n. 2523/1987; Cass. I, n. 2672/1983, in Giust. Civ., 1983, I, 2345). Il periculum in mora è tipizzato dall'art. 671 c.p.c. nel “fondato timore di perdere la garanzia del credito”: la relativa valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice, il quale può utilizzare sia elementi di carattere oggettivo che soggettivo. È infatti consolidato in giurisprudenza l'orientamento secondo il quale il periculum in mora che giustifica la concessione di un sequestro conservativo può essere desunto sia da elementi obiettivi concernenti la capacità patrimoniale del debitore in rapporto all'entità del credito, sia da elementi soggettivi evincibili dal comportamento del debitore, tali da lasciare presumere che egli, al fine di sottrarsi all'adempimento, ponga in essere atti dispositivi idonei a provocare l'eventuale deprezzamento del proprio patrimonio, sottraendolo all'esecuzione forzata (Trib. Bari, III, 18 ottobre 2012; Trib. Nocera Inferiore, 9 novembre 2005; Trib. Trani, 3 agosto 1995, in Giust. Civ., 1996, I, 2, 758). La predetta prova può essere secondo le regole generali addotta anche mediante presunzioni purché gravi, precise e concordanti, nonché con prove atipiche. Nel procedimento cautelare l'istruttoria si svolge nel contradditorio tra le parti: il giudice acquisirà, peraltro, i soli mezzi di prova a tal fine indispensabili (art. 669-sexies, comma 1, c.p.c.). Onere di instaurare il giudizio di merito Come detto, i sequestri sono misure a strumentalità c.d. forte, nel senso che per gli stessi è rimasto fermo, anche dopo la riforma operata dalla legge n. 80 del 2005 al sistema del procedimento cautelare uniforme, l'onere per il creditore che abbia ottenuto la concessione della misura di incardinare, a pena di inefficacia della stessa, il giudizio di merito entro il termine perentorio di 60 giorni. 4. ConclusioniIl sequestro conservativo, giusta l'art. 671 c.p.c., può avere ad oggetto beni, mobili o immobili, del debitore o crediti dello stesso nei limiti entro i quali ne è consentito il pignoramento. L'azienda è una tipica universitas iuris, ossia un complesso di beni avvinti dalla finalizzazione unitaria all'esercizio dell'impresa. Poiché sono pignorabili solo i singoli beni che la compongono, nella prassi applicativa la tendenza è nel senso di ritenere inammissibile il ricorso per sequestro conservativo dell'azienda in sé, ferma la possibilità, al ricorrere degli altri presupposti indicati dall'art. 671 c.p.c., di ottenere quello dei singoli beni che la compongono. La tutela del c.d. avviamento aziendale non è quindi concessa al creditore di una somma di denaro, bensì soltanto, in presenza di una controversia sulla proprietà e il possesso, attraverso il sequestro conservativo e, in casi eccezionali, anche con la misura della restituzione dell'azienda al richiedente in via d'urgenza ex art. 700 c.p.c. |