Sequestro dei beni del coniuge obbligato a versare il mantenimento1. Bussole di inquadramentoIl sequestro conservativo in generale Il sequestro conservativo rientra, accanto all'azione surrogatoria ed all'azione revocatoria, nella più ampia categoria dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale generica sui beni del debitore ed è collegato all'esecuzione forzata, in quanto è volto ad assicurare la fruttuosità dell'eventuale esecuzione per espropriazione, sottraendo i beni oggetto del provvedimento alla libera disponibilità del debitore proprietario (cfr. Trib. Bari, 26 agosto 2013). Si tratta, quindi, di una misura cautelare tipicamente “conservativa”. Ai fini della concessione del sequestro conservativo occorre effettuare, come per gli altri provvedimenti cautelari, un accertamento sommario da parte del giudice della cautela circa la sussistenza del diritto di credito del quale è domandata la tutela, sussistenza che dovrà valutarsi su un piano di mera verosimiglianza della pretesa creditoria, trattandosi di misura cautelare (Cass. I, n. 2523/1987; Cass. I, n. 2672/1983, in Giust. Civ., 1983, I, 2345). Sebbene l'art. 671 c.p.c. faccia riferimento alla tutelabilità di diritti di credito in genere, in sede applicativa sono state fornite rispetto a tale generica nozione maggiori puntualizzazioni che hanno consentito di utilizzare il rimedio del sequestro conservativo anche a fronte di crediti privi delle canoniche caratteristiche della liquidità, esigibilità, e certezza. Ricorrente è invero in giurisprudenza l'assunto secondo cui ai fini della concessione del sequestro non è necessario né che il credito sia liquido (cioè determinato nel suo ammontare) né che sia esigibile (i.e. non sottoposto a termine o a condizione), essendo sufficiente che sia attuale, e non meramente ipotetico ed eventuale (Trib. Nola, sez. II, 23 marzo 2011). La concessione del sequestro conservativo determina, sul piano giuridico, un vincolo di indisponibilità sul bene sequestrato, gli atti di disposizione relativi al quale, infatti, pur validi tra le parti e gli altri terzi, saranno inefficaci nei confronti del creditore sequestrante. In altre parole, gli effetti del sequestro conservativo sono del tutto analoghi a quelli del pignoramento: tuttavia quest'ultimo determina un “vincolo a porta aperta” sui beni del debitore in quanto l'inefficacia degli atti di disposizione relativi ai beni oggetto di pignoramento riguardano non soltanto il creditore pignorante ma anche gli altri creditori eventualmente intervenuti nel processo esecutivo. Il sequestro dei beni del coniuge inadempiente all'obbligo di contribuire al mantenimento Ai sensi dell'art. 156 c.c., in caso di inadempienza, su richiesta dell'avente diritto, il giudice può disporre il sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato al mantenimento nel giudizio di separazione. In particolare, l'art. 156, comma sesto, c.c. stabilisce che, nell'ipotesi di inadempimento del coniuge separato ad uno qualsiasi degli obblighi su di lui gravanti (in forza di sentenza di separazione, verbale di separazione consensuale omologato, ordinanza presidenziale, decreto di modifica), il giudice può «disporre il sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato». La disciplina dettata dall'art. 473-bis.36 c.p.c. (introdotto dal d.lgs. n. 149 del 2022) È stato previsto dalla recente riforma del processo civile, destinata ad entrare in vigore il 30 giugno 2023, che il creditore cui spetta la corresponsione periodica del contributo, per assicurare che siano soddisfatte o conservate le sue ragioni in ordine all'adempimento, può inoltre chiedere al giudice di autorizzare il sequestro di beni del debitore. Come già per il sequestro sinora disciplinato nella materia della separazione dall'art. 156 c.c., in quella del divorzio dall'art. 8, comma 7, l. n. 898 del 1970, e per i provvedimenti economici a tutela della prole ex art. 3, comma 2, l. n. 219 del 2012, si tratta — pur nelle variegate ricostruzioni che sono state compiute in dottrina come in giurisprudenza sulla questione — di un provvedimento di natura cautelare, sebbene caratterizzato senz'altro dalla peculiarità, rispetto al sequestro conservativo regolato dall'art. 670 c.p.c., di essere emanato quando il diritto al contributo economico è stato già oggetto di accertamento (anche, in ipotesi, sommario come nel caso dei provvedimenti temporanei ed urgenti) da parte dell'autorità giudiziaria. La domanda di autorizzazione del sequestro può essere formulata sia unitamente a quella di concessione del contributo economico, che dopo l'emissione del provvedimento quando emergano condotte del debitore tali da far ritenere che potrebbe presto sottrarsi all'adempimento (ad esempio, ove l'obbligato ponga in essere atti dispositivi del proprio patrimonio di natura “sospetta” e “improvvisa”). 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
È possibile richiedere un sequestro conservativo ordinario nel giudizio di separazione personale?
Si, in quanto si configura quale tutela aggiuntiva rispetto a quella ex art. 156, comma 6, c.c. Il sequestro cd. atipico di cui agli art. 156 c.c. e 8 l. 898/70 è strumento avente natura non cautelare che presuppone un credito già dichiarato, sia pure in via provvisoria, nonché l'inadempimento dell'obbligato. Invece, il sequestro conservativo ex art. 671 c.p.c. presuppone, la contemporanea sussistenza dei presupposti del periculum in mora e del fumus boni iuris. Tale ultima strumento è perfettamente compatibile con il giudizio di separazione personale, nell'ambito del quale il ricorso al sequestro atipico si configura come forma di tutela aggiuntiva offerta nella materia dal legislatore e non come norma sostitutiva della tutela ordinariamente concessa dalle norme del codice di rito (Trib. Perugia, I, 1° agosto 2016).
Domanda
Le diverse garanzie contemplate dall'art. 156 c.c. in favore del coniuge beneficiario del mantenimento possono essere cumulate?
Si, a seconda delle concrete esigenze di tutela L'art. 156 c.c. prevede varie garanzie in caso d'inadempimento all'obbligo di mantenimento verso il coniuge o i figli: l'ordine a terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro all'obbligato, che una parte venga direttamente versata all'avente diritto, ovvero il sequestro dei beni del coniuge obbligato, garanzie che possono essere concesse anche contemporaneamente a carico del medesimo obbligato (Cass. I, n. 9671/2013).
Domanda
Il sequestro può avere ad oggetto il reddito di cittadinanza?
Il sequestro conservativo ex art. 156 c.c. può colpire il r.d.c Il sequestro conservativo sui beni del coniuge obbligato a corrispondere all'altro un assegno di mantenimento, previsto dall'art. 156, comma 6, c.c., non ha natura cautelare perché prescinde dal periculum in mora, ma ha funzione di garanzia dell'adempimento degli obblighi stabiliti in sede di separazione o cessazione degli effetti civili del matrimonio, o ancora degli accordi raggiunti in seguito di negoziazione assistita. Tale misura, insieme all'ordine di pagamento diretto (sempre previsto dal sesto comma dell'art. 156 c.c.) è suscettibile di colpire ogni bene o emolumento o reddito di cui il coniuge abbia la disponibilità, ivi compreso il reddito di cittadinanza, posto che esso può essere utilizzato per i bisogni primari delle persone delle quali il titolare ha l'obbligo di prendersi cura, anche se non fa più parte dello stesso nucleo familiare (Trib. Paola, I, 22 gennaio 2022). Orientamenti contrapposti di legittimità Il sequestro ex art. 156, comma 6, c.c. non ha natura cautelare Secondo una parte della giurisprudenza di legittimità la misura in esame non ha natura cautelare poiché ha il proprio presupposto esclusivamente nel mero inadempimento dell'obbligato, senza che assuma rilevanza il periculum in mora per il richiedente (cfr. Cass. I, n. 23668/2006). In proposito si è anche osservato, invero, che nei procedimenti ex art. 156, comma 6, c.c., la decisione giudiziale non risolve una controversia sulla esistenza del diritto del coniuge all'assegno, diritto che ne costituisce un presupposto, ma piuttosto attiene alle modalità di attuazione del diritto stesso (Cass. n. 9671/2013). Il sequestro dei beni del coniuge obbligato è una misura cautelare I riferiti orientamenti non hanno trovato condivisione nell'articolata pronuncia n. 1518 del 2012 della stessa Corte di cassazione. In tale decisione si è osservato, innanzi tutto, che il nomen juris di sequestro palesa, di per sé, un'immediata forza evocativa dei caratteri di provvisorietà e strumentalità, poiché “la categoria tassonomica dei sequestri designa, infatti, una situazione interinale destinata a risolversi in un accertamento finale; anche nel diritto penale, in quanto strumentale all'espropriazione o alla confisca (art. 189 c.p., comma 3; artt. 321 e c.p.p.)”. Di qui la S.C. ha ritenuto giustificabile, prima facie, la sussunzione del sequestro ex art. 156 c.c., nel novero delle cautele, proprio in virtù del richiamo letterale ad una tipologia di provvedimenti dai contorni concettuali consolidati; che, seppur priva, nel corpo codicistico, di una formale definizione stipulativa (come tale, appartenente al linguaggio in funzione precettiva: e perciò ben più vincolativa per l'interprete di una definizione empirica, secondo i canoni propri dell'analisi del linguaggio giuridico), risulta consacrata, in sede sistematica, come la misura cautelare e conservativa per antonomasia, neppure in astratto suscettibile di acquisire efficacia anticipatoria del provvedimento finale (a differenza di altri provvedimenti cautelari), né tanto meno di riuscire immediatamente satisfattoria del diritto vantato dalla parte richiedente. In particolare, in tale precedente, la Corte di cassazione ha ricordato, poi, che la tesi che nega l'inclusione del sequestro dei beni del coniuge obbligato nell'ambito delle misure cautelari si fonda su due argomentazioni concorrenti: a) a differenza del sequestro conservativo, la misura in questione presupponga un credito già accertato, portato da un titolo esecutivo, ancorché in via provvisoria, in favore di uno dei coniugi (in questo senso, anche Cass. I, n. 2479/2003) e quindi, non il mero fumus boni iuris richiesto, nella disciplina generale, per la concessione della cautela; b) la norma non esige neanche il presupposto del pericolo nel ritardo, bensì solo l'oggettivo inadempimento del coniuge obbligato (Cass. I, n. 10273/2004; Cass. I, n. 961/1992). Peraltro tali argomentazioni non sono state ritenute dirimenti, osservando, sotto il primo profilo, che il fumus è il limite minimo di sussistenza di una situazione soggettiva meritevole di tutela verificabile ex ante; al di sotto del quale, cioè, non vi può essere adito alla protezione cautelare e non un limite massimo, sicché il quid pluris rappresentato da un accertamento a cognizione piena, sia pure non irrevocabile, lungi dal costituire impedimento ostativo in limine, vale ad esimere il giudice da una disamina ad hoc di natura sommaria (art. 669-sexies c.p.c., comma 1). Un problema di compatibilità si pone, semmai, in ordine all'eventuale concorso con un titolo esecutivo giudiziale già idoneo, di per sé, alla soddisfazione del diritto mediante esecuzione coattiva. Ma, a prescindere dalle voci dottrinarie favorevoli, in linea di principio, all'ammissibilità della tutela cautelare anche in presenza di un titolo esecutivo, si osserva che l'accertamento giudiziario di un'obbligazione di mantenimento, quale presupposto del sequestro — ma non indefettibile, dopo la sentenza additiva che ne ha esteso l'adottabilità anche in corso di causa di separazione (Corte cost. n. 258/1996) — riguarda solo la genesi del credito: dovendo poi tradursi, volta per volta, in un titolo esecutivo per i singoli contributi storicamente inadempiuti (che potrebbero involgere anche spese straordinarie imprevedibili ab origine nell'an e nel quantum), all'esito di un nuovo giudizio di cognizione, successivo al sequestro. Quanto al secondo profilo critico, ossia l'insussistenza del concorrente requisito del periculum in mora, sostituito dal fatto storico dell'inadempimento, si è evidenziato che il credito di mantenimento storicamente insoddisfatto, all'esito della piena cognitio con pronuncia di condanna darà luogo ad un pignoramento. Laddove, lo spazio di applicazione del sequestro ex art. 156 c.c. — di strutturale incapacità satisfattoria — ricomprenderà crediti futuri non ancora assistiti, allo stato, da titolo esecutivo: non diversamente dall'ordinario sequestro conservativo. L'obbligazione di mantenimento è destinata, infatti, ad avere durata indefinita. Esclusa l'ammissibilità della decadenza dal termine ex art. 1186 c.c., l'inadempimento non inimputabile (art. 1218 c.c.), né eccettuato da eventuali cause esimenti — come ad es., la compensazione, laddove non inammissibile (art. 447 c.c.) — assurge quindi, esso stesso, a sintomo, tipizzato ex lege, del pericolo di ulteriori inadempienze di prestazioni periodiche di primaria rilevanza in materia familiare; pur senza il concorso necessario di indizi di dispersione della garanzia patrimoniale. Nel che non sembra ravvisabile alcuna peculiarità eccentrica alle categorie ordinanti della materia cautelare, in cui l'inadempimento è addotto, d'ordinario, dalla parte istante come spia sintomatica del pericolo nel ritardo. Oltre a ciò, l'inadempimento che giustifica il sequestro può consistere anche nella mancata prestazione della garanzia imposta dal giudice ex art. 156 c.c., comma 4 — di incontestabile carattere cautelare ed espressamente contraddistinta dal requisito del periculum in mora (art. 156 c.p.c., comma 4: “il giudice che pronunzia la separazione può imporre al coniuge idonea garanzia reale o personale se esiste il pericolo...”) — per la quale non appare invece richiesto il previo inadempimento dell'obbligazione contributiva, bastando a giustificarla il disordine economico del coniuge o il ritardo nei pagamenti. Nel contesto della medesima norma è quindi ravvisabile una progressione cautelare, legata alla valutazione del comportamento del debitore, che può anche tradursi nella consecuzione di misure diverse, senz'alcuno iato logico-giuridico idoneo a giustificarne, poi, un regime eterogeneo di impugnazioni. In questo senso, nell'assenza dell'ulteriore pericolo di perdere la garanzia patrimoniale, richiesto, invece, dall'art. 671 c.p.c., può essere riconosciuta la specialità del sequestro in questione (che, altrimenti, non avrebbe avuto ragione di autonoma previsione), connotata da parte della dottrina in termini di atipicità: anche se definire atipico un provvedimento compiutamente regolato in una fattispecie legale sembra una contradictio in adiecto. Resta comunque che il rapporto di specie a genere, giustificato da taluni profili differenziali di disciplina, non altera l'intrinseca natura cautelare del sequestro in esame, che lo rende insuscettibile, perciò stesso, di concorso col sequestro conservativo ordinario, ex art. 671 c.p.c., nell'ambito del medesimo giudizio. In realtà, venuto meno, nel tempo, il più fondato argomento per il diniego della natura cautelare, consistente nell'incompatibilità della revoca (o modifica) per giustificati motivi prevista dall'art. 156 c.c., u.c., con l'allora vigente giudizio di convalida, non sembrano residuare nella disciplina positiva impedimenti all'applicazione della disciplina propria del sequestro conservativo, anche in tema di mezzi di impugnazione. Così, proprio alla luce della ritenuta finalità strumentale, appare ammissibile la conversione in pignoramento, all'esito dell'eventuale sentenza di condanna per singoli assegni di mantenimento insoluti (art. 156 disp. att. c.p.c.): a pena di obbligare, in caso contrario, il creditore alla reiterazione di un atto esecutivo iniziale sostanzialmente superfluo. Neppure vi è ragione di escludere la revoca del sequestro ex art. 684 c.p.c. (che in realtà è una forma di conversione, analoga a quella del pignoramento, prevista dall'art. 495 c.p.c.), laddove il debitore presti idonea cauzione per il credito futuro: fattispecie, che verrebbe ad integrare, appunto, i giustificati motivi per la revoca previsti dall'ultimo comma dell'art. 156 c.p.c., pur non esaurendone la gamma di ipotesi. 3. Azioni processualiFunzione e natura del giudizio Il sequestro dei beni del coniuge inadempiente rispetto al versamento dell'assegno di mantenimento può essere disposto ai sensi dell'art. 156, comma 6, c.p.c. Secondo l'orientamento dominante il procedimento da seguire, tuttavia, non è quello cautelare uniforme trovando applicazione il rito dei procedimenti in camera di consiglio exartt. 737 e ss. c.p.c. In giurisprudenza, anche di recente, è stato affermato che in tale procedimento il diritto di difesa delle parti è adeguatamente garantito attraverso l'instaurazione del contraddittorio tra le parti, assicurata dalla notifica del ricorso al convenuto e dalla possibilità per il convenuto di contraddire con una propria memoria difensiva (Trib. Milano, IX, n. 11239/2022). Il procedimento è quindi definito con decreto, reclamabile ai sensi dell'art. 739 c.p.c. Aspetti preliminari Legittimazione La domanda deve essere proposta dal coniuge titolare dell'assegno di mantenimento. Onere della prova La S.C. ha chiarito che a fronte della richiesta da parte del coniuge beneficiario dell'assegno del sequestro dei beni del coniuge obbligato inadempiente il Tribunale è chiamato unicamente a verificare, data l'obbligazione posta da un provvedimento giudiziale a carico di uno dei coniugi/genitori, la sussistenza dell'inadempimento quale presupposto previsto dall'art. 156 comma 6, essendo onere del convenuto obbligato fornire la prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento, secondo i principi generali in tema di onere della prova in punto di adempimento/inadempimento delle obbligazioni (Cass. n. 15659/2011). 4. ConclusioniL'art. 671 c.p.c. fa riferimento alla tutelabilità di diritti di credito senza ulteriori precisazioni. Di qui, rispetto alle caratteristiche dei crediti in relazione ai quali può essere ottenuta, sul piano del fumus boni juris, il sequestro conservativo la giurisprudenza di merito si è mostrata incline a ai fini della concessione del sequestro non è necessario né che il credito sia liquido (cioè determinato nel suo ammontare, dovendo tuttavia lo stesso essere determinabile) né che sia esigibile (i.e. non sottoposto a termine o a condizione), essendo sufficiente che sia attuale, e non meramente ipotetico ed eventuale (Trib. Nola,II, 23 marzo 2011). La concedibilità in concreto del provvedimento cautelare si gioca, particolarmente in un caso come quello in esame, dalla capacità delle parti contrapposte di addurre argomentazioni, quanto alla ricorrente, volte a dimostrare la probabile insorgenza del credito pur non ancora esigibile, e quanto alla resistente a provare che, di contro, si tratta di pretesa meramente ipotetica. |