Decorrenza degli interessi legali

Rosaria Giordano

1. Bussole di inquadramento

Il sequestro conservativo in generale

Il sequestro conservativo rientra, accanto all'azione surrogatoria ed all'azione revocatoria, nella più ampia categoria dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale generica sui beni del debitore ed è collegato all'esecuzione forzata, in quanto volto ad assicurare la fruttuosità dell'eventuale esecuzione per espropriazione, sottraendo i beni oggetto del provvedimento alla libera disponibilità del debitore proprietario (cfr. Trib. Bari, 26 agosto 2013). Si tratta, quindi, di una misura cautelare tipicamente “conservativa”.

Ai fini della concessione del sequestro conservativo occorre effettuare, come per gli altri provvedimenti cautelari, un accertamento sommario da parte del giudice della cautela circa la sussistenza del diritto di credito del quale è domandata la tutela, sussistenza che dovrà valutarsi su un piano di mera verosimiglianza della pretesa creditoria, trattandosi di misura cautelare (Cass. I, n. 2523/1987; Cass. I, n. 2672/1983, in Giust. Civ., 1983, I, 2345).

Il periculum in mora è tipizzato dall'art. 671 c.p.c. nel “fondato timore di perdere la garanzia del credito”: la relativa valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice, il quale può utilizzare sia elementi di carattere oggettivo che soggettivo. È infatti consolidato in giurisprudenza l'orientamento secondo il quale il periculum in mora che giustifica la concessione di un sequestro conservativo può essere desunto sia da elementi obiettivi concernenti la capacità patrimoniale del debitore in rapporto all'entità del credito, sia da elementi soggettivi evincibili dal comportamento del debitore, tali da lasciare presumere che egli, al fine di sottrarsi all'adempimento, ponga in essere atti dispositivi idonei a provocare l'eventuale deprezzamento del proprio patrimonio, sottraendolo all'esecuzione forzata (Trib. Bari, III, 18 ottobre 2012; Trib. Nocera Inferiore, 9 novembre 2005; Trib. Trani, 3 agosto 1995, in Giust. Civ., 1996, I, 2, 758).

Correlazione funzionale tra sequestro conservativo e pignoramento

La concessione del sequestro conservativo comporta, sul piano giuridico, un vincolo di indisponibilità sul bene sequestrato, gli atti di disposizione relativi al quale, infatti, pur validi tra le parti e gli altri terzi, saranno inefficaci nei confronti del creditore sequestrante. In altre parole, gli effetti del sequestro conservativo sono del tutto analoghi a quelli del pignoramento: tuttavia quest'ultimo determina un “vincolo a porta aperta” sui beni del debitore in quanto l'inefficacia degli atti di disposizione relativi ai beni oggetto di pignoramento riguardano non soltanto il creditore pignorante ma anche gli altri creditori eventualmente intervenuti nel processo esecutivo.

Con la pronuncia della sentenza di condanna, ex art. 686 c.p.c., del resto, il sequestro conservativo, evidentemente finalizzato all'espropriazione forzata, si converte in pignoramento.

Applicabilità delle disposizioni relative agli effetti del pignoramento

Occorre interrogarsi in ordine all'applicabilità al sequestro conservativo, proprio in ragione dell'analogia degli effetti prodotti, almeno a favore del creditore sequestrante, rispetto al pignoramento delle disposizioni dettate in relazione allo stesso, come nella fattispecie che ne occupa l'art. 2912 c.c. per il quale i frutti del bene spettano al creditore.

In particolare, nell'ipotesi di sequestro di somme di denaro dovute dal debitore a soggetti terzi (c.d. sequestro conservativo presso terzi), la questione è se la somma dovuta al creditore debba accrescersi degli interessi prodotti dalla stessa.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
L'ordinanza con la quale nel sequestro presso terzi il giudice dell'esecuzione conferma la propria competenza come si impugna?

Con opposizione agli atti esecutivi

In tema di esecuzione di sequestro conservativo di crediti, regolata dalle norme sul pignoramento presso terzi, l'ordinanza del giudice che dichiara la propria competenza e raccoglie la dichiarazione positiva del terzo non assume valore di sentenza sulla competenza, sicché non è impugnabile con il regolamento di competenza ma solo con l'opposizione agli atti esecutivi (Cass. VI, n. 21255/2014).

Orientamento della Corte di Cassazione

Nell'ipotesi di sequestro presso terzi gli interessi sono dovuti dal terzo sequestratario

Sulla problematica in esame, la Corte di cassazione ha chiarito che nell'ipotesi di sequestro conservativo di crediti (alla medesima stregua di quanto avviene nel pignoramento presso terzi), il terzo sequestratario, costituito ex lege custode delle somme pignorate, è tenuto alla corresponsione degli interessi nella misura e con le decorrenze previste dal rapporto da cui origina il credito pignorato, accrescendosi gli interessi così maturati al compendio sequestrato o pignorato ai sensi dell'art. 2912 c.c. quali frutti civili (Cass. III, n. 15308/2019).

La Corte di cassazione, nel prendere posizione, ha tratto le mosse dalla più generale considerazione per la quale la garanzia patrimoniale generica, con la quale il debitore risponde delle obbligazioni assunte, è costituita da tutti i beni presenti e futuri, materiali ed immateriali, evidenziando che rientra nella prima categoria il denaro contante e nella seconda il credito pecuniario.

Di qui, poiché nell'ipotesi di sequestro diretto di denaro contante che si esegue nelle forme del pignoramento mobiliare detto denaro produce interessi sino alla conclusione della procedura sui libretti di deposito giudiziario intestati alla stessa, del tutto analoga deve essere la situazione, in favore del creditore, nell'ipotesi di sequestro di crediti.

In proposito, ha ricordato la S.C. nella citata pronuncia che, qualora il denaro di spettanza del debitore esecutato non sia nella sua immediata disponibilità, ma costituisca oggetto di una prestazione che in suo favore deve essere seguita da un terzo, al pignoramento si procede nelle forme di cui all'art. 543 c.p.c. In questo caso, l'oggetto del pignoramento non è il denaro contante, bensì il credito, come testualmente chiarito dallo stesso art. 543, comma 1, c.p.c., nonché dagli artt. 552,553 e 554 c.p.c. È pur vero che l'art. 547 c.p.c., nello stabilire il contenuto della dichiarazione c.d. “di quantità” che deve essere resa dal terzo pignorato, prevede che questi debba specificare «di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna». Ma l'uso della espressione «somme» non consente di dire che l'oggetto del pignoramento presso terzi sia costituito da denaro specificatamente individuato. Vi osta il principio della fungibilità del denaro, in ragione del quale le obbligazioni pecuniarie si estinguono con moneta di pari importo avente corso legale al tempo del pagamento, per il suo valore nominale (art. 1277 c.c.). Il concetto di «somma» cui fa riferimento l'art. 547 c.p.c. indica, dunque, l'ammontare nominale del debito, non l'individuazione specifica del denaro destinato al suo soddisfacimento. Una volta chiarito che il pignoramento presso terzi ha ad oggetto un diritto di credito, consegue che lo stesso va assegnato in pagamento (ovvero venduto, nell'ipotesi prevista dall'art. 553, comma 2, c.p.c.) con tutte le caratteristiche degli accessori che derivano dalla sua fonte. È infatti espressione ricorrente, forse non del tutto appropriata sul piano tecnico, ma certamente dotata di forte capacità descrittiva, quella secondo cui la pronuncia dell'ordinanza di assegnazione prevista dall'art. 552 c.p.c. determina una cessione giudiziale del credito pignorato. Pertanto, qualora il credito pignorato tragga origine da una fonte che prevede il decorso degli interessi, anche questi devono intendersi inclusi nell'oggetto del pignoramento. Del resto, anche per il pignoramento di crediti deve trovare applicazione quanto previsto dall'art. 2912 c.c., a mente del quale il pignoramento comprende gli accessori, le pertinenze e i frutti della cosa pignorata. Qui i frutti sono quelli civili indicati dall'art. 820, comma 3, c.c., ossia gli interessi del capitale. Consegue, in conclusione, che qualora il terzo pignorato sia tenuto a corrispondere gli interessi al debitore esecutato, gli stessi vanno riconosciuti anche a vantaggio del creditore pignorante. La debenza degli interessi, pertanto, dipende dei criteri fissati dall'art. 1282 c.c. e la loro misura è stabilita nel titolo del credito pignorato. Quindi se, come nel caso di specie, costituisce oggetto di pignoramento (o di sequestro) il denaro giacente su un conto bancario, l'istituto di credito, costituito custode in quanto terzo pignorato (art. 546 c.p.c.), è tenuto a corrispondere al creditore assegnatario l non soltanto l'importo disponibile alla data di notifica dell'atto, ma anche gli interessi nel frattempo maturati, nella misura stabilita nel contratto bancario. Va dunque affermato — ai sensi dell'art. 363, comma 3, c.p.c. — il seguente principio di diritto: “In caso di sequestro conservativo o di pignoramento di crediti, il terzo sequestratario o pignorato, costituito ex lege custode delle somme pignorate, è tenuto alla corresponsione degli interessi nella misura prevista dal rapporto da cui origina il credito pignorato e con le decorrenze ivi previste. Tali frutti civili di accrescono al compendio sequestrato o pignorato ai sensi dell'art. 2912 c.c.”.

3. Azioni processuali

Funzione e natura del giudizio

L'art. 669-duodecies c.p.c. regola l'attuazione delle misure cautelari aventi ad oggetto somme di denaro e quelle relative ai provvedimenti che possono essere eseguiti in forma specifica in armonia con la richiamata elaborazione giurisprudenziale, prevedendo una differente disciplina a seconda che l'attuazione riguardi misure cautelari di condanna al pagamento di una somma di denaro ovvero attinenti ad un obbligo di consegna o di rilascio, di fare o di non fare.Tuttavia, la norma fa salve le previgenti disposizioni normative, ossia gli artt. 677 e ss. c.p.c. sull'esecuzione dei sequestri.Il sequestro avente ad oggetto crediti deve essere eseguito nelle forme dell'esecuzione presso terzi secondo quanto previsto dall'art. 678 c.p.c.Quindi l'attuazione del sequestro di crediti si realizza, ad esempio, pignorando le somme del debitore giacenti sul conto corrente bancario dello stesso.Peraltro, secondo la prassi applicativa il sequestro conservativo costituisce una misura cautelare destinata alla conservazione della garanzia patrimoniale del creditore nel tempo necessario all'accertamento giudiziale delle sue pretese; pertanto, la sua natura è ontologicamente diversa rispetto a quella delle misure adottate in sede di procedura esecutiva, che a sua volta appare subordinata all'eventuale sopravvenienza di una sentenza di merito che consenta la conversione del sequestro in pignoramento, giusta il disposto di cui all'art. 686 c.p.c.; laddove il legislatore ex art. 678 c.p.c. rinvia, per il sequestro conservativo, alle forme del pignoramento presso il debitore e presso i terzi, intende il richiamo alle sole sue modalità esecutive (Trib. Napoli, 11 dicembre 2017).

Aspetti preliminari

Competenza

La competenza per l'espropriazione forzata di crediti è disciplinata dall'art. 26-bis c.p.c., dopo la riforma di cui alla l. n. 132 del 2014, nel senso che il foro è quello generale del debitore esecutato.

Peraltro si pone un problema di coordinamento rispetto al sequestro di crediti, rispetto al quale l'art. 678 c.p.c. continua invece a contemplare, quale regola generale di competenza per territorio, il foro del terzo debitore.

La competenza per materia è demandata al Tribunale.

Si tratta di competenza in materia di esecuzione forzata e quindi funzionale e inderogabile (art. 28 c.p.c.).

Atto di sequestro presso terzi

Rispetto al contenuto del sequestro presso terzi, l'art. 678 c.p.c. prevede attualmente, sempre dopo la novella del 2014, una significativa differenza rispetto all'atto di pignoramento presso terzi.

Invero, per quest'ultimo, l'art. 543 c.p.c. poiché il terzo può rendere la dichiarazione con comunicazione in forma scritta inviata al debitore senza necessità di partecipare all'udienza, non è più prevista la citazione in udienza anche del debitor debitoris, ancora contemplata, invece, per il sequestro di crediti dal medesimo art. 678 c.p.c.

4. Conclusioni

La concessione del sequestro conservativo comporta, sul piano giuridico, un vincolo di indisponibilità sul bene sequestrato, gli atti di disposizione relativi al quale, infatti, pur validi tra le parti e gli altri terzi, saranno inefficaci nei confronti del creditore sequestrante, analogo a quello del pignoramento nel quale, peraltro, ex art. 686 c.p.c., il sequestro si converte dopo la pronuncia della sentenza di condanna.

Di qui sorge l'interrogativo sull'applicabilità al sequestro conservativo di disposizioni dettate in relazione al pignoramento, come, nella fattispecie in esame, l'art. 2912 c.c. per il quale i frutti del bene spettano al creditore.

Sulla questione la S.C. ha chiarito che nell'ipotesi di sequestro conservativo di crediti (alla medesima stregua di quanto avviene nel pignoramento presso terzi), il terzo sequestratario, costituito ex lege custode delle somme pignorate, è tenuto alla corresponsione degli interessi nella misura e con le decorrenze previste dal rapporto da cui origina il credito pignorato, accrescendosi gli interessi così maturati al compendio sequestrato o pignorato ai sensi dell'art. 2912 c.c. quali frutti civili (Cass. III, n. 15308/2019).

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