Aumento di volumetria di un fabbricato1. Bussole di inquadramentoLa denuncia di nuova opera Nell'ambito delle azioni di nunciazione, la denuncia di nuova opera, disciplinata dall'art. 1171 c.c., è volta a prevenire il danno che il proprietario o il titolare di altro diritto reale o il possessore di un fondo abbiano ragione di temere che possa derivare alla cosa che forma oggetto del proprio diritto o del proprio possesso in conseguenza di un'opera intrapresa da terzi sul proprio fondo o su un fondo altrui. Dunque, presupposti dell'azione sono costituiti dalla nuova opera (che è realizzata quando è posta in essere un'attività volta a modificare in modo permanente lo stato dei luoghi) e dal pericolo di danno (ossia quello che «sia per derivare alla cosa che forma l'oggetto» del diritto o del possesso del denunciante). Sul piano del periculum è costante in giurisprudenza l'indicazione per la quale la denuncia di nuova opera può essere proposta anche con riferimento ad opere, che pur se non immediatamente lesive dell'altrui diritto o dell'altrui possesso, siano suscettibili di essere ritenute fonte di un futuro danno in forza dei caratteri obiettivi che esse assumerebbero ove fossero condotte a termine. In sostanza, il danno non deve necessariamente identificarsi con un danno certo o già verificatosi, ma può anche riconoscersi nel ragionevole pericolo che il danno si verifichi in conseguenza della situazione determinatasi per effetto dell'opera portata a compimento (ex multis, Cass. II, n. 21491/2012). La nuova opera deve sostanziarsi in un facere illecito, lesivo del diritto del proprietario o del possessore a non essere turbati nel normale godimento della cosa. Il termine per la proposizione dell'azione L'azione può essere proposta solo se la nuova opera non è ancora terminata e ove non sia trascorso un anno dall'inizio della costruzione della stessa. Qualora l'opera sia stata ultimata, l'azione ex art. 1171 c.c., infatti, non è proponibile, e deve farsi ricorso alle azioni repressive volte alla rimozione e alla definitiva eliminazione della situazione dannosa: ad esempio, nel caso in cui si intenda difendere il possesso, si dovrà fare ricorso alle azioni possessorie di cui agli artt. 1168 e 1170 c.c. (Cass. II, n. 3573/2002). Qualora si tratti di opera realizzata in tempi successivi e con atti distinti, ai fini della determinazione del dies a quo del termine di decadenza, deve distinguersi a seconda che la lesione dell'altrui diritto o possesso si sostanzi in una pluralità di atti ciascuno dei quali autonomamente lesivo ovvero in uno soltanto. Nel primo caso, il termine di decadenza decorre dal primo degli atti lesivi quando si tratti di atti che si inseriscano inscindibilmente nel complesso unitario dell'opera intrapresa, mentre decorre da ciascuno e per ciascuno degli atti lesivi ove essi presentino carattere di autonomia; nel secondo caso, invece, il termine decorre dalla prima modificazione dello stato dei luoghi essendovi un unico atto lesivo, quello finale. Resta peraltro fermo che il difetto dei requisiti della mancata ultimazione dell'opera e del mancato decorso di un anno dall'inizio dei lavori, se osta all'adozione di provvedimenti provvisori e urgenti nella fase preliminare di natura cautelare, non interferisce sulla successiva ed autonoma fase di merito, nonché sulla proponibilità della relativa domanda, qualora si tratti di azione di natura petitoria e non meramente possessoria (Cass. II, n. 22589/2020). 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Quale è la differenza tra azione di denuncia di nuova opera e azione di denuncia di danno temuto?
La differenza risiede nella causa del danno Il criterio discretivo tra la denuncia di nuova opera (art. 1171 c.c.) e quella di danno temuto (art. 1172 c.c.) risiede essenzialmente nel diverso modo in cui l'attività umana ha determinato l'insorgere del pericolo e nella conseguente diversità del rimedio da adottare: la prima, infatti, postula un facere, cioè l'intrapresa di un quid, nel proprio o nell'altrui fondo, capace di arrecare pregiudizio al bene oggetto della proprietà o del possesso del denunciante, e prevede come rimedio l'inibizione di tale opera intrapresa o la subordinazione della sua prosecuzione all'adozione di determinate cautele. La seconda postula, invece, un non facere, ossia l'inosservanza dell'obbligo di rimuovere una situazione di un edificio, di un albero o di qualsiasi altra cosa, comportante pericolo di danno grave e prossimo per il bene in proprietà o nel possesso del denunciante e prevede, come rimedio l'ordine, a chi abbia la piena disponibilità della cosa costituente pericolo, di eseguire quanto necessario per la rimozione della causa di quest'ultimo (Cass. n. 2897/1987; Cass. n. 1237/1989; in senso analogo, Cass. n. 4531/1992).
Domanda
Quale rapporto intercorre tra la fase cautelare e quella di merito delle azioni nunciatorie?
Sono autonome e dunque la fase di merito va introdotta con una domanda specifica In tema di azioni di nunciazione, il procedimento cautelare termina con l'ordinanza di accoglimento o rigetto del giudice monocratico o del collegio in caso di reclamo, mentre il successivo processo di cognizione richiede un'autonoma domanda di merito (Cass. II, n. 7260/2015, la quale ha di conseguenza ritenuto che il processo di cognizione che si svolga in difetto dell'atto propulsivo di parte, a causa dell'erronea fissazione giudiziale di un'udienza posteriore all'ordinanza cautelare, è affetto da nullità assoluta per violazione del principio della domanda, rilevabile d'ufficio dal giudice e non sanata dall'instaurarsi del contraddittorio tra le parti). Orientamento di merito Non si può proporre azione di danno temuto se l'aumento di volumetria rispetta la distanza nelle costruzioni e la normativa edilizia Rispetto alla questione in esame, la giurisprudenza di merito edita ha assunto una posizione rigorosa evidenziando che l'aumento di volumetria o di altezza di un fabbricato che non concretizzi violazione di una servitù o della distanza minima tra i fondi, ma solo violazione di norme edilizie non integrative del c.c., resta estraneo all'ambito della realità e può comportare solo un illecito civile, per cui è esclusa la possibilità di ricorrere all'azione di denuncia di nuova opera. In particolare, nella parte motiva di tale precedente, si è evidenziato che ai sensi dell'art. 872, comma 2, c.c., nei casi di violazione di norme urbanistico-edilizie diverse da quelle che, concernendo le distanze tra fondi, integrano il codice civile, è configurabile, ove ne derivi un pregiudizio ad un bene immobile altrui, un illecito anche sul piano civilistico che può eventualmente comportare una tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c., ma non il diritto alla riduzione in pristino (Trib. Roma, VII, n. 56570/2018, in Rivista Giuridica dell'Edilizia, 2019, 3, I, 661, con nota di Bellomia). 3. Azioni processualiFunzione e natura del giudizio La finalità del ricorso ex art. 1171 c.c. è quella di garantire una tutela a chi abbia ragione di temere la verificazione di un danno al proprio immobile per effetto dell'intrapresa di una nuova opera — non ancora conclusa — su un fondo confinante, e cioè mediante la legittimazione a chiedere l'imposizione di un divieto alla prosecuzione di tali lavori oppure consentirne la continuazione ma con l'obbligo di attenersi a determinate cautele che assicurino l'eliminazione o la riduzione dei rischi temuti. A seguito della proposizione del ricorso, il giudice (che gode di ampi poteri discrezionali — v. Cass. VI, ord., n. 676/2011), compiuta sommaria cognizione del fatto denunciato, può accogliere il ricorso e, conseguentemente, vietare la continuazione dell'opera o, al contrario, può respingerlo e permetterne la prosecuzione. In entrambi i casi, il giudice deve ordinare le opportune cautele, nel primo caso, disponendo che sia data idonea garanzia per il risarcimento del danno sofferto dal convenuto in forza della sospensione dell'opera, qualora le opposizioni al suo proseguimento risultino infondate in sede di decisione del merito; nel secondo caso, disponendo che sia data idonea garanzia per la demolizione o riduzione dell'opera e per il risarcimento del danno che possa soffrirne il denunciante, se questi ottiene sentenza favorevole, nonostante la permessa continuazione. L'imposizione delle cauzioni è stata giudicata legittima in relazione agli artt. 3 e 24 Cost. (Corte cost., n. 113/1963, secondo cui nei procedimenti per denuncia di nuova opera o di danno temuto, la previsione di cautele non si può considerare in contrasto con la funzione del processo, ma piuttosto come un mezzo opportuno nella maggior parte dei casi ad assicurarla). Aspetti preliminari Competenza Ai sensi dell'art. 688 c.p.c., la denuncia di danno temuto, così come la denuncia di nuova opera, deve proporsi con ricorso al giudice competente a norma dell'art. 21 dello stesso codice, ossia quello del luogo dove si trova il bene dal quale promana il pericolo. Qualora vi sia causa pendente per il merito, la denuncia si propone a norma dell'articolo 669-quater c.p.c. al giudice investito della causa in corso. Contenuto del ricorso proposto ante litem Sebbene i provvedimenti resi su ricorso per denuncia di nuova opera e di danno temuto ex art. 688 c.p.c. rientrino tra quelli c.d. a strumentalità attenuata, nel senso che l'efficacia degli stessi non è subordinata alla instaurazione del giudizio di merito, è costante in giurisprudenza il principio in forza del quale nel ricorso proposto ante causam devono essere adeguatamente evidenziati il petitum e la causa petendi dell'eventuale controversia di merito che sarà eventualmente incardinata dopo la fase cautelare. Legittimazione attiva L'azione deve essere proposta dal proprietario o dal titolare di diritti reali di godimento o al possessore della cosa in ordine a cui si teme il danno, mentre è privo di legittimazione attiva il detentore. Legittimazione passiva Per costante orientamento giurisprudenziale la legittimazione passiva all'azione di denuncia di nuova opera, ex art. 1171 c.c., spetta, nella prima fase cautelare, all'esecutore materiale dell'opera ed al committente, mentre nella seconda fase spetta, ove si fondi su ragioni petitorie, al proprietario o al titolare di altro diritto reale (Cass. II, n. 15710/2013, ove viene precisato che l'azione non è estensibile a terzi legati da vincolo contrattuale con il proprietario o titolare di altro diritto reale sulla cosa ove l'opera viene intrapresa). Oggetto e onere della prova In conformità alle regole generali espresse dall'art. 2697 c.c. è il ricorrente a dover dimostrare la sussistenza dei presupposti per la concessione del provvedimento cautelare, ossia il fumus boni juris ed il periculum in mora. In particolare, per l'accoglimento dell'azione di denunzia di nuova opera è necessario verificare che l'azione sia svolta dal possessore o dal proprietario o da titolare di altro diritto di godimento, che la nuova opera sull'altrui fondo possa arrecare un danno alla cosa che forma l'oggetto del suo diritto o del suo possesso, che l'azione sia spiccata entro un anno dall'inizio dell'opera e che l'opera non sia terminata. La prova del pericolo di danno che potrebbe derivare dalla nuova opera può essere fornita con qualsiasi mezzo (Cass. II, n. 4802/1988) e ciò soprattutto nella fase interdittale del procedimento in cui l'istruttoria è regolata dall'art. 669-sexies, comma 2, c.p.c. nel senso che il giudice può, nel rispetto del principio del contraddittorio, assumere i mezzi di prova indispensabili rispetto alle finalità del provvedimento richiesto. Possono dunque avere ingresso anche prove tipiche assunte in forma atipica e prove atipiche in senso stretto. Il provvedimento: a) contenuto A norma dell'art. 1171, comma 2, c.c., il giudice adito con denuncia di nuova opera e azione di reintegrazione nel compossesso gode di ampi poteri discrezionali, finalizzati all'eliminazione del pregiudizio che il possessore abbia subito, dall'opera altrui, nell'esercizio delle facoltà di godimento del bene tutelato; tali poteri consentono al giudice anche di imporre la realizzazione delle opere necessarie al ripristino di tale godimento (Cass. VI, n. 676/2011). b) Le ordinanze emesse a fronte della proposizione di un'azione di nunciazione restano efficaci, se pronunciate a seguito di un ricorso proposto ante litem, a prescindere dall'instaurazione del giudizio di merito. Il provvedimento, tuttavia, non è idoneo a fare stato, con efficacia di giudicato, sul rapporto controverso che, salvo l'operare dei cc.dd. stabilizzatori di diritto sostanziale (prescrizione, decadenza) potrà essere messo in discussione in un successivo giudizio a cognizione piena. c) regime L'ordinanza, sia di diniego che di concessione della misura cautelare è assoggettata, ex art. 669-terdecies c.p.c., a reclamo proponibile entro il termine perentorio di quindici giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore. Il reclamo, per le misure emesse come avviene di regola dal giudice monocratico del tribunale, si propone al collegio (del quale non può far parte il giudice che ha deciso sul ricorso). Il procedimento di reclamo si svolge nelle forme camerali ed è deciso con ordinanza. Il provvedimento emanato a fronte del reclamo cautelare non è ulteriormente impugnabile. La Corte di cassazione ha infatti costantemente affermato che è inammissibile il ricorso straordinario ex art. 111, comma 7, Cost. perché le ordinanze cautelari, anche pronunciate in sede di reclamo, non sono provvedimenti decisori su diritti. 4. ConclusioniAi fini dell'accoglimento dell'azione di denunzia di nuova opera è necessario verificare che l'azione sia svolta dal possessore o dal proprietario o da titolare di altro diritto di godimento, che la nuova opera sull'altrui fondo possa arrecare un danno alla cosa che forma l'oggetto del suo diritto o del suo possesso, che l'azione sia spiccata entro un anno dall'inizio dell'opera e che l'opera non sia terminata. Con riferimento alla nuova opera costituita dall'aumento di volumetria di un fabbricato sul fondo confinante, in sede applicativa si è ritenuto che l'aumento di volumetria o di altezza di un fabbricato che non concretizzi violazione di una servitù o della distanza minima tra i fondi, ma solo violazione di norme edilizie non integrative del codice civile, resta estraneo all'ambito della realità e può comportare solo un illecito civile, per cui è esclusa la possibilità di ricorrere all'azione di denuncia di nuova opera e di ottenere in tale sede un ordine di riduzione in pristino (Trib. Roma, sez. VII, n. 56570/2018, in Rivista Giuridica dell'Edilizia, 2019, 3, I, 661, con nota di Bellomia). |