Pubblicazione sul web di contenuti diffamatori1. Bussole di inquadramentoLa pubblicazione sul web di contenuti diffamatori La diffamazione, ossia l'offesa alla reputazione di un soggetto, si realizza sempre più frequentemente on line. Si tratta non solo di una forma di diffamazione idonea a integrare il reato di cui all'art. 595 c.p., nonché la responsabilità civile del soggetto che la pone in essere, talora anche a carico del gestore del sito web che abbia omesso di effettuare i dovuti controlli. Tuttavia, il problema più rilevante per il soggetto leso è quello, stante la particolare pervasività e diffusione dei contenuti sul web, di ottenere una celere tutela inibitoria che gli consenta di tutelare in modo efficace il proprio diritto fondamentale alla reputazione. Una tutela efficace, per evitare il concretizzarsi di pregiudizi talora irreparabili a carico del soggetto leso, postula tanto la rimozione da internet dei contenuti diffamatori quanto la (più complessa) deindicizzazione dal web di tali contenuti. Negli ultimi anni, è proprio la cautela d'urgenza ex art. 700 c.p.c. lo strumento di tutela più adeguato, onde evitare (o ridurre) il pregiudizio irreparabile derivante dalla circolazione di notizie diffamatorie sul web. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
La pubblicazione di contenuti offensivi su un profilo social integra ingiuria o diffamazione?
Integra diffamazione perché può raggiungere una platea indeterminata di soggetti anche in assenza della vittima Il reato di diffamazione si distingue dalla diversa fattispecie di ingiuria proprio per l'assenza della persona diffamata, la quale, non essendo in grado di percepire l'offesa, non può difendere la propria reputazione, alla cui tutela la norma è preordinata, interloquendo con l'offensore nel momento stesso in cui l'improperio è proferito. Al riguardo, nonostante il social network Facebook sia costituito da una moltitudine di utenti iscritti, che astrattamente possono accedervi ovunque e in ogni momento, ciò non vuol dire che nel momento in cui viene pubblicato qualsivoglia post e/o commento, la persona interessata lo percepisca immediatamente e personalmente. Anzi, è proprio la potenziale connessione in ogni luogo e tempo a imprimere particolare potenzialità lesiva alla condotta. Se, invero, la fattispecie è diretta a tutelare la posizione del soggetto che, assente, non è messo nelle condizioni di difendersi, le caratteristiche intrinseche del social network rendono verosimile che il commento offensivo, una volta pubblicato, raggiunga all'istante una platea particolarmente ampia di soggetti prima di giungere al destinatario (Trib. Ferrara, n. 691/2022).
Domanda
È possibile ottenere la tutela d'urgenza ex art. 700 c.p.c. rispetto ad articoli giornalistici diffamatori pubblicati su testate on line?
No, trovando applicazione per le stesse le medesime limitazioni previste per la stampa cartacea La tutela costituzionale assicurata dal comma 3 dell'art. 21 Cost. alla stampa è applicabile al giornale o al periodico pubblicato, in via esclusiva o meno, con mezzo telematico qualora possieda i medesimi tratti caratterizzanti del giornale tradizionale su supporto cartaceo: una testata, diffusione o aggiornamento regolare, organizzazione in una struttura con un direttore responsabile, una redazione ed un editore registrato presso il registro degli operatori della comunicazione e che sia finalizzata all'attività professionale di informazione diretta al pubblico, cioè di raccolta, commento e divulgazione di notizie di attualità e di informazioni da parte di soggetti professionalmente qualificati. Pertanto, nel caso in cui sia dedotto il contenuto diffamatorio di notizie ivi contenute, il giornale pubblicato, in via esclusiva o meno, con mezzo telematico non può essere oggetto, in tutto o in parte, di provvedimento cautelare preventivo o inibitorio, di contenuto equivalente al sequestro o che ne impedisca o limiti la diffusione, ferma restando la tutela eventualmente concorrente prevista in tema di protezione dei dati personali (Cass. S.U., n. 23469/2016). Orientamenti di merito L'hosting provider è responsabile se non rimuove i contenuti diffamatori manifestamente illeciti o a seguito di segnalazione In un significativo recente precedente edito il Tribunale di Roma ha ritenuto che, a fronte di un ricorso d'urgenza ex art. 700 c.p.c., in presenza di contenuti on-line potenzialmente lesivi della dignità altrui, il giudice è tenuto a vagliare l'obiettività e la continenza degli stessi in relazione al tema di discussione, ordinando al provider la rimozione delle informazioni diffamatorie e non veritiere. Secondo tale orientamento, dunque, è a tal fine sufficiente il fumus boni juris circa la natura diffamatoria dei contenuti veicolati mediante il web, dovendo ritenersi il pericolo di un pregiudizio irreparabile in re ipsa stante la pervasività degli strumenti di diffusione delle notizie on line. La pronuncia richiamata si segnala, inoltre, per aver precisato che l'esenzione di responsabilità dell'hosting provider, così come sancita dall'art. 16, d.lgs. 9 aprile 2003 n. 70, viene meno qualora il prestatore del servizio sia effettivamente a conoscenza dell'illiceità dell'informazione memorizzata, qualora questa si presenti come “manifestamente” illecita, ovvero quando, venuto a conoscenza di un fatto che rende illecito il contenuto, non si attivi immediatamente al fine di rimuoverlo o di disabilitarne l'accesso (Trib. Roma, n. 17278/2020, in Diritto di Famiglia e delle Persone (Il), 2021, 1, I, 135). 3. Azioni processualiFunzione e natura del giudizio Il ricorso d'urgenza è un rimedio di carattere residuale che consente, in assenza di altri strumenti di tutela cautelare che consentano di ottenere in concreto il medesimo grado di tutela per una determinata situazione giuridica soggettiva, di richiedere ed ottenere l'emanazione di provvedimenti atipici nel loro contenuto. È però a tal fine necessario, oltre alla prova del fumus boni juris, quella di un periculum in mora particolarmente rigoroso, ossia quello di un pregiudizio imminente ed irreparabile. La tutela in via d'urgenza dei diritti di credito è dunque possibile, potendo in altre ipotesi il relativo pregiudizio trovare adeguato rimedio ex post con il risarcimento ottenuto al termine del giudizio di merito, quando per il soggetto ricorrente la mancata concessione della misura cautelare potrebbe in ipotesi avere riflessi su beni e/o situazioni di carattere non patrimoniale di per sé suscettibili di subire un pregiudizio irreparabile. Aspetti preliminari Competenza Se la domanda cautelare è proposta prima dell'inizio del giudizio di merito la competenza spetta in linea di principio, ex art. 669-ter c.p.c., al giudice competente per la controversia di merito. Se invece la domanda è proposta in corso di causa va formulata al giudice assegnatario della stessa. Contenuto del ricorso ante litem Sebbene i provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c. rientrino tra quelli c.d. a strumentalità attenuata, nel senso che l'efficacia degli stessi non è subordinata alla instaurazione del giudizio di merito, è costante in giurisprudenza il principio in forza del quale nel ricorso proposto ante causam devono essere adeguatamente evidenziati il petitum e la causa petendi dell'eventuale controversia di merito che sarà eventualmente incardinata dopo la fase cautelare. Legittimazione passiva L'azione può essere senz'altro promossa nei confronti del soggetto che, ad esempio attraverso il proprio profilo social, ha veicolato i contenuti diffamatori. Peraltro, come detto, in presenza di contenuti manifestamente illeciti o di una previa richiesta di rimozione rimasta inevasa, l'azione può essere esperita anche (o esclusivamente) nei confronti dell'host provider. Oggetto e onere della prova In conformità alle regole generali espresse dall'art. 2697 c.c. è il ricorrente a dover dimostrare la sussistenza dei presupposti per la concessione del provvedimento cautelare, ossia il fumus boni juris ed il periculum in mora. Rispetto ad un articolo dal contenuto diffamatorio viene in rilievo, sotto il primo profilo, la valutazione, sia pure nei limiti propri di una cognizione di carattere sommario, circa la portata diffamatoria dell'articolo: in tal senso occorre considerare che il diritto di critica costituisca legittima estrinsecazione del diritto costituzionalmente garantito alla libera manifestazione del pensiero (cfr. Cass. n. 45014/2012 secondo la quale “Il diritto di critica, nelle sue più varie articolazioni, ossia di critica politica, giudiziaria, scientifica, sportiva, espressione della libertà di manifestazione del proprio pensiero, garantita dall'art. 21 Cost., così come dall'art. 10 CEDU, si traduce proprio nell'espressione di un giudizio o di un'opinione personale dell'autore, che non può che essere soggettiva”). Peraltro, tale diritto di critica non può essere esercitato illimitatamente poiché il bene contrapposto, ovvero la reputazione, risulta anch'esso dotato del medesimo rango costituzionale e, in quanto tale, appare meritevole di tutela da parte dell'ordinamento giuridico. Vi è dunque che nella valutazione del diritto di critica, come in quello di cronaca, è necessario operare un bilanciamento tra l'interesse alla reputazione del soggetto leso e l'interesse alla libertà di pensiero tutelata costituzionalmente (cfr. Cass. n. 4897/2016). Analogamente, nella recente giurisprudenza di merito, si è osservato che la diffusione su di una piattaforma social di frasi offensive dell'altrui reputazione è idonea ad integrare il reato di cui all'art. 595 c.p. visto il carattere pubblico del mezzo di diffusione e la possibilità di raggiungere una pluralità di soggetti, astrattamente indeterminata, fermo restando che, anche in siffatta ipotesi, deve essere valutata la lesività delle affermazioni pubblicate, connessa alla scriminante del diritto di critica, alla correttezza delle espressioni usate ed alla veridicità dei fatti (Trib. Udine, n. 1067/2022). Con riguardo, invece, al periculum in mora, lo stesso deve ritenersi sussistente, per il solo fatto che l'articolo continua ad essere facilmente accessibile in rete, attraverso l'impiego di un comune motore di ricerca e il collegamento delle parole, in quanto le caratteristiche di internet fanno in modo che una certa notizia, una volta immessa nel circuito telematico, si diffonda rapidamente e sia sempre reperibile anche a distanza di anni. Per tale ragione, il danno che la reputazione della vittima subisce non si esaurisce, come accade per la stampa, nel momento della pubblicazione, ma è di fatto permanente e, anzi, attraverso il richiamo che a quella notizia fanno altre fonti di informazione ed ai commenti che essa genera nei cd. blog e nei social, è destinata rapidamente a propagarsi. Inoltre, il pregiudizio in questione deve presumersi irreparabile in virtù delle caratteristiche della rete, per le quali risulta di fatto impossibile che una data notizia, una volta immessa, possa veniva definitivamente eliminata dal mondo del web. Efficacia Il provvedimento: a) effetti Le ordinanze emesse ai sensi dell'art. 700 c.p.c. restano efficaci, se pronunciate a seguito di un ricorso proposto ante litem, a prescindere dall'instaurazione del giudizio di merito. Il provvedimento, tuttavia, non è idoneo a fare stato, con efficacia di giudicato, sul rapporto controverso che, salvo l'operare dei cc.dd. stabilizzatori di diritto sostanziale (prescrizione, decadenza) potrà essere messo in discussione in un successivo giudizio a cognizione piena. b) contenuto pur nell'atipicità che connota i provvedimenti d'urgenza, nella materia in esame di solito il provvedimento sarà costituito da un ordine di rimozione, sino alla sentenza di merito, dell'articolo pubblicato sulla pagina web, corredato da quello di deindicizzazione, presso i più comuni motori di ricerca, del contributo. Per rendere più efficace l'ordine in questione si può richiedere al giudice della cautela di corredarlo di un termine e della previsione del versamento, ex art. 614-bis c.p.c., a favore del beneficiario del provvedimento di una somma di denaro a titolo di penale per ogni giorno di ritardo c) regime L'ordinanza, sia di diniego che di concessione della misura cautelare è assoggettata, ex art. 669-terdecies c.p.c., a reclamo proponibile entro il termine perentorio di quindici giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore. Il reclamo, per le misure emesse come avviene di regola dal giudice monocratico del tribunale, si propone al collegio (del quale non può far parte il giudice che ha deciso sul ricorso). Il procedimento di reclamo si svolge nelle forme camerali ed è deciso con ordinanza. Il provvedimento emanato a fronte del reclamo cautelare non è ulteriormente impugnabile. La Corte di cassazione ha infatti costantemente affermato che è inammissibile il ricorso straordinario ex art. 111, settimo comma, Cost. difettando il requisito della decisorietà. 4. ConclusioniLa diffamazione, ossia l'offesa alla reputazione di un soggetto, si realizza sempre più frequentemente on line e con forme che sono ontologicamente più aggressive rispetto a quelle veicolate con strumenti tradizionali. Di qui il problema più rilevante per il soggetto leso è quello, stante la particolare pervasività e diffusione dei contenuti sul web, di ottenere una celere tutela inibitoria in via d'urgenza ex art. 700 c.p.c. che gli consenta di tutelare in modo efficace il proprio diritto fondamentale alla reputazione, mediante la rimozione da internet dei contenuti diffamatori e la deindicizzazione degli stessi dai più comuni motori di ricerca. A fronte di contenuti diffamatori — esulanti il diritto costituzionale di ciascuno alla libertà di espressione, cronaca e critica che trova un invalicabile limite nella reputazione altrui — si ritiene, ai fini della concessione della misura urgente, che il pericolo di pregiudizio sia in re ipsa. |