Disattivazione dell'account da parte del gestore di social network

Rosaria Giordano

1. Bussole di inquadramento

La residualità della tutela d'urgenza ex art. 700 c.p.c.

Il provvedimento d'urgenza è una misura cautelare avente contenuto atipico che, ai sensi dell'art. 700 c.p.c., può essere richiesta, in assenza di un rimedio cautelare tipico, per tutelare un diritto, nelle more del tempo necessario per far valere lo stesso in via ordinaria, a fronte del pericolo di un pregiudizio imminente ed irreparabile.

Il provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c. è uno strumento di tutela cautelare residuale, come si evince chiaramente dall'incipit della stessa norma secondo cui lo stesso può essere richiesto “fuori dei casi regolati dalle precedenti sezioni di questo capo”, ovvero in relazione a situazioni per le quali non è prevista la possibilità di domandare la concessione di una delle misure cautelari tipiche. Ciò implica che a fronte di un'istanza proposta ai sensi dell'art. 700 c.p.c., il primo problema che si pone è stabilire se non vi sia un rimedio ad hoc non utilizzato dalla parte, onde evitare che la previsione dell'art. 700 c.p.c. attribuisca al ricorrente la possibilità di ottenere quello che non è più dato conseguire con il rimedio cautelare specificamente previsto per il caso concreto (ex plurimis, Trib. Salerno, 19 ottobre 2005).

Le conseguenze dell'ingiustificata disattivazione del profilo di un utente di social network

Secondo quanto evidenziato anche di recente in sede applicativa, l'ingiustificata disattivazione dell'account di un utente e la contestuale cancellazione di tutti i dati da parte del gestore di un social network obbliga quest'ultimo al risarcimento, a titolo di responsabilità contrattuale, del danno non patrimoniale patito dall'utente per la lesione dei suoi diritti fondamentali della persona (Trib. Bologna, II, 10 marzo 2021, in GiustiziaCivile.com, 13 ottobre 2021, con nota di Scandola).

Infatti, mediante la “iscrizione” al servizio online l'utente accede ad un servizio di rete che gli consente di entrare in contatto con gli altri utenti in tutto il mondo, condividendo informazioni, documenti (fotografie, files, collegamenti ad altri siti, ecc..) e svolgendo altresì discussioni a mezzo di messaggi — più o meno, a seconda delle opzioni selezionate — pubblici, oppure privati.

Le condizioni generali di contratto (cd. Condizioni d'uso) che regolano il rapporto tra ciascun utente e Facebook Ireland Ltd dispongono che “Facebook crea tecnologie e servizi che consentono agli utenti di connettersi fra di loro, creare community e far crescere aziende. Le presenti Condizioni regolano l'uso di Facebook, Messenger e di altri prodotti, funzioni, app, servizi, tecnologie e software offerti da Facebook (i Prodotti Facebook o i Prodotti)”.

Il gestore Facebook provvede a fornire tale servizio a titolo gratuito, ma trae comunque vantaggio economico dalle inserzioni pubblicitarie, anche mediante l'utilizzo di dati personali degli utenti che consentono di offrire ai terzi spazi pubblicitari calibrati sugli specifici interessi dei loro destinatari.

La gratuità della prestazione non consente di assumere che l'utente, consentendo l'utilizzo e la diffusione dei propri messaggi e contenuti, non fornisca una prestazione che è, anch'essa, suscettibile di valutazione economica.

A tale riguardo le menzionate condizioni d'uso dispongono che “anziché richiedere all'utente un pagamento per l'utilizzo di Facebook o degli altri prodotti e servizi coperti dalle presenti Condizioni, Facebook riceve una remunerazione da parte di aziende e organizzazioni per mostrare agli utenti inserzioni relative ai loro prodotti e servizi. Utilizzando i Prodotti di Facebook, l'utente accetta che Facebook possa mostrargli inserzioni che Facebook ritiene pertinenti per l'utente e per i suoi interessi. Facebook usa i dati personali dell'utente per aiutare a determinare quali inserzioni mostrare all'utente”.

Le condizioni precisano, ancora, che “Facebook inoltre fornisce agli inserzionisti report sulle prestazioni delle loro inserzioni per consentire loro di comprendere in che modo gli utenti interagiscono con i loro contenuti all'interno e all'esterno di Facebook. Ad esempio, vengono forniti agli inserzionisti dati demografici generali e informazioni sugli interessi (ad es., un'inserzione è stata vista da una donna di età compresa fra 25 e 34 anni che vive a Madrid e a cui piace l'ingegneria software) per aiutarli a capire meglio il proprio pubblico. Facebook non condivide informazioni che identificano direttamente l'utente (informazioni come il nome o l'indirizzo e-mail dell'utente che possono essere usati per contattare o identificare l'utente) senza l'autorizzazione specifica dell'utente” e che “Facebook raccoglie e usa i dati personali dell'utente per fornire all'utente i servizi descritti in precedenza”.

Non può dubitarsi, dunque, che l'utente offra al gestore, con atto negoziale dispositivo, l'autorizzazione a utilizzare i propri dati personali a fini commerciali, sicché, nonostante l'affermata gratuità del servizio, sussiste per entrambi i contraenti il requisito della patrimonialità della prestazione oggetto dell'obbligazione (art. 1174 c.c.).

A prescindere dall'utilizzo che la resistente ne faccia (se li ceda e trasmetta a terzi oppure se ne serva soltanto per offrire ai terzi i presupposti di una informazione pubblicitaria mirata), non può revocarsi in dubbio che i dati personali dell'utente abbiano un manifesto valore economico e siano inquadrabili come controprestazione nel rapporto utente-gestore.

Di qui il carattere evidentemente oneroso del rapporto negoziale, posto che il contratto è fondato su un evidente sinallagma, per cui alla prestazione del servizio da parte del gestore corrisponde il suo interesse ad utilizzare i contenuti, le reti di relazioni e i dati personali dell'utente, a fini di raccolta pubblicitaria.

Pertanto, peraltro in conformità alle condizioni generali di contratto, non vi può essere un recesso ad nutum da parte del gestore della piattaforma, ma lo stesso può far seguito solo alla violazione delle regole contrattuali da parte dell'utente. Pertanto, la rimozione di contenuti e la sospensione o cancellazione di account è prevista soltanto per le giuste cause indicate nel regolamento contrattuale, con obbligazione per il gestore di informare l'utente delle ragioni della rimozione, sicché la rimozione di un profilo personale o di una pagina a esso collegata in carenza di qualsiasi violazione delle regole contrattuali da parte dell'utente, e in carenza di qualsiasi informazione all'utente delle ragioni della rimozione, configura un inadempimento del gestore, inquadrabile ai sensi dell'art. 1218 c.c.

Nell'indicata prospettiva è stato affermato che l'utente ingiustamente bannato da un social network ha il diritto di ottenere il risarcimento del danno subìto a causa della sospensione delle proprie relazioni sociali (App. L'Aquila, n. 1659/2021, in Ridare, 28 febbraio 2022, con nota di Alanna).

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
La diffamazione a mezzo Facebook è equiparabile a quella a mezzo stampa? 

No, perché i social non sono destinati ad una attività di informazione professionale diretta al pubblico ed hanno una cassa di risonanza tendenzialmente più circoscritta

In tema di diffamazione, la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l'uso di una bacheca Facebook non può dirsi posta in essere con il mezzo della stampa, non essendo i social network destinati ad una attività di informazione professionale diretta al pubblico ed avendo essi una cassa di risonanza tendenzialmente più circoscritta; non per questo, tuttavia, detta diffusione è dotata di minore potenzialità negativa, anche perché, a differenza di quella a mezzo stampa, non è oggetto di controlli specifici ed al contempo è considerata quasi come un luogo, virtuale, in cui poter dire tutto ciò che si pensa (Trib. Frosinone, n. 14/2022).

Domanda
La pubblicazione sui social dell'immagine di un figlio senza il consenso dell'altro genitore può incidere sul regime di affidamento?

Si, può giustificare l'affidamento esclusivo all'altro genitore

È violato il regime giuridico dell'affido condiviso, che prevede la partecipazione dei genitori a tutte le scelte che quotidianamente riguardano i figli minori, nell'ipotesi di pubblicazione su Facebook delle fotografie della figlia minore, in costume da bagno, in occasione di una sfilata di moda, in assenza del consenso di entrambi i genitori (Trib. Ravenna, 15 ottobre 2019, in Quotidiano giuridico, 2019).

Orientamento prevalente di merito

È possibile ottenere in via d'urgenza la riattivazione dei profili sui social network

Nella recente elaborazione della giurisprudenza di merito è frequente che si presentino fattispecie di questo tipo e che talvolta venga concessa anche tutela d'urgenza se la disattivazione (o anche la mera sospensione temporanea del profilo) potrebbe cagionare all'utente un pregiudizio irreparabile. In tale prospettiva si è affermato che qualora il gestore di un social network di primaria importanza abbia disattivato la pagina di un'associazione attiva nel panorama politico italiano e del profilo personale di un suo dirigente, che era anche l'amministratore della pagina stessa, sussistono i presupposti per accordare l'invocata tutela cautelare, ordinando l'immediata riattivazione degli anzidetti pagina e profilo (Trib. Roma, Sez. spec. Impresa, 12 dicembre 2019).

3. Azioni processuali

Funzione e natura del giudizio

Il ricorso d'urgenza è un rimedio di carattere residuale che consente, in assenza di altri strumenti di tutela cautelare che consentano di ottenere in concreto il medesimo grado di tutela per una determinata situazione giuridica soggettiva, di richiedere ed ottenere l'emanazione di provvedimenti atipici nel loro contenuto.

È però a tal fine necessario, oltre alla prova del fumus boni juris, quella di un periculum in mora particolarmente rigoroso, ossia quello di un pregiudizio imminente ed irreparabile.

La tutela in via d'urgenza dei diritti di credito è dunque possibile, potendo in altre ipotesi il relativo pregiudizio trovare adeguato rimedio ex post con il risarcimento ottenuto al termine del giudizio di merito, quando per il soggetto ricorrente la mancata concessione della misura cautelare potrebbe in ipotesi avere riflessi su beni e/o situazioni di carattere non patrimoniale di per sé suscettibili di subire un pregiudizio irreparabile.

Aspetti preliminari

Competenza

Se la domanda cautelare è proposta prima dell'inizio del giudizio di merito la competenza spetta in linea di principio, ex art. 669-ter c.p.c., al giudice competente per la controversia di merito.

Se invece la domanda è proposta in corso di causa va formulata al giudice assegnatario della stessa.

Contenuto del ricorso ante litem

Sebbene i provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c. rientrino tra quelli c.d. a strumentalità attenuata, nel senso che l'efficacia degli stessi non è subordinata alla instaurazione del giudizio di merito, è costante in giurisprudenza il principio in forza del quale nel ricorso proposto ante causam devono essere adeguatamente evidenziati il petitum e la causa petendi dell'eventuale controversia di merito che sarà eventualmente incardinata dopo la fase cautelare.

Oggetto e onere della prova

In conformità alle regole generali espresse dall'art. 2697 c.c. è il ricorrente a dover dimostrare la sussistenza dei presupposti per la concessione del provvedimento cautelare, ossia il fumus boni juris ed il periculum in mora.

A fronte della disattivazione del profilo di un utente da parte del gestore del social la prova di un pregiudizio imminente ed irreparabile, che come di consueto può essere fornita anche mediante presunzioni, si appunta sulla funzionalità del profilo allo sviluppo della personalità e delle relazioni del ricorrente ovvero, quando a mezzo del profilo si svolga un'attività lavorativa (es. politica, di pubblicizzazione commerciale) che nelle more della definizione di merito l'esclusione dai social potrebbe comportare l'uscita dell'impresa dal mercato o nel caso di politici, ad esempio, la mancata elezione di un candidato. Il pregiudizio non potrà dunque essere di carattere meramente economico.

Con riferimento al piano del fumus boni juris, giova considerare invece la posizione, espressa da recente giurisprudenza di merito, per la quale il fatto che a registrarsi su piattaforma di social network sia un utente che non è effettivamente il legale rappresentante della società cui la pagina del social è riferita, non impedisce di individuare nella medesima società la effettiva titolare del contratto di servizi telematici e, di conseguenza, di tutti i diritti e gli obblighi che dallo stesso sono scaturiti (Trib. Roma, Sez. spec. Impresa, n. 7820/2021).

Il provvedimento:

a) contenuto

Di solito se il ricorso è accolto il provvedimento si sostanzia in un ordine di immediata riattivazione del profilo.

b) effetti

Le ordinanze emesse ai sensi dell'art. 700 c.p.c. restano efficaci, se pronunciate a seguito di un ricorso proposto ante litem, a prescindere dall'instaurazione del giudizio di merito.

Il provvedimento, tuttavia, non è idoneo a fare stato, con efficacia di giudicato, sul rapporto controverso che, salvo l'operare dei cc.dd. stabilizzatori di diritto sostanziale (prescrizione, decadenza) potrà essere messo in discussione in un successivo giudizio a cognizione piena.

c) regime

L'ordinanza, sia di diniego che di concessione della misura cautelare è assoggettata, ex art. 669-terdecies c.p.c., a reclamo proponibile entro il termine perentorio di quindici giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore. Il reclamo, per le misure emesse come avviene di regola dal giudice monocratico del tribunale, si propone al collegio (del quale non può far parte il giudice che ha deciso sul ricorso). Il procedimento di reclamo si svolge nelle forme camerali ed è deciso con ordinanza.

Il provvedimento emanato a fronte del reclamo cautelare non è ulteriormente impugnabile. La Corte di cassazione ha infatti costantemente affermato che è inammissibile il ricorso straordinario ex art. 111, comma 7, Cost. difettando il requisito della decisorietà.

4. Conclusioni

L'ingiustificata disattivazione dell'account di un utente e la contestuale cancellazione di tutti i dati da parte del gestore di un social network obbliga quest'ultimo al risarcimento, a titolo di responsabilità contrattuale, del danno non patrimoniale patito dall'utente per la lesione dei suoi diritti fondamentali della persona (Trib. Bologna, II, 10 marzo 2021, in GiustiziaCivile.com, 13 ottobre 2021, con nota di Scandola; analogamente, App. L'Aquila, n. 1659/2021, in Ridare, 28 febbraio 2022, con nota di Alanna).

Nella recente elaborazione della giurisprudenza di merito è frequente che si presentino fattispecie di questo tipo e che talvolta venga concessa anche tutela d'urgenza se la disattivazione (o anche la mera sospensione temporanea del profilo) potrebbe cagionare all'utente un pregiudizio irreparabile. In tale prospettiva si è affermato che qualora il gestore di un social network di primaria importanza abbia disattivato la pagina di un'associazione attiva nel panorama politico italiano e del profilo personale di un suo dirigente, che era anche l'amministratore della pagina stessa, sussistono i presupposti per accordare l'invocata tutela cautelare, ordinando l'immediata riattivazione degli anzidetti pagina e profilo (Trib. Roma, Sez. spec. Impresa, 12 dicembre 2019).

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