Diritto dei congiunti in stato di bisogno agli alimenti1. Bussole di inquadramentoLa residualità della tutela d'urgenza Il provvedimento d'urgenza è una misura cautelare avente contenuto atipico che, ai sensi dell'art. 700 c.p.c., può essere richiesta, in assenza di un rimedio cautelare tipico, per tutelare un diritto, nelle more del tempo necessario per far valere lo stesso in via ordinaria, a fronte del pericolo di un pregiudizio imminente ed irreparabile (Panzarola-Giordano, in Provvedimenti d'urgenza, Bologna 2016, 1 ss.). Il provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c. è uno strumento di tutela cautelare residuale, come si evince chiaramente dall'incipit della stessa norma secondo cui lo stesso può essere richiesto “fuori dei casi regolati dalle precedenti sezioni di questo capo”, ovvero in relazione a situazioni per le quali non è prevista la possibilità di domandare la concessione di una delle misure cautelari tipiche. Ciò implica che a fronte di un'istanza proposta ai sensi dell'art. 700 c.p.c., il primo problema che si pone è stabilire se non vi sia un rimedio ad hoc non utilizzato dalla parte, onde evitare che la previsione dell'art. 700 c.p.c. attribuisca al ricorrente la possibilità di ottenere quello che non è più dato conseguire con il rimedio cautelare specificamente previsto per il caso concreto (ex plurimis, Trib. Salerno, 19 ottobre 2005). La residualità dello strumento di tutela costituito dal provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c. ed il contenuto atipico che lo stesso può assumere non comporta, in ogni caso, che lo stesso possa essere richiesto anche in assenza di una situazione soggettiva giuridicamente rilevante. In altri termini, è sempre necessario dedurre l'esistenza di un periculum di ritardata tutela rispetto ad un diritto (la cui sussistenza appaia almeno verosimile al giudice della cautela). Il diritto agli alimenti previsto dagli artt. 433 e ss. c.c. Gli artt. 433 e ss. c.c. disciplinano gli alimenti e la relativa obbligazione, volta a prestare i mezzi di sostentamento necessari a consentire alla persona una vita dignitosa. L'obbligazione alla prestazione degli alimenti ha natura legale e trova fondamento nella solidarietà familiare, nell'esigenza di aiuto e soccorso, che esiste (o dovrebbe esistere), tra i membri della famiglia, in ipotesi in cui gli stessi vengano a trovarsi in stato di bisogno. Tale obbligazione può tuttavia sorgere a carico anche di soggetto estraneo alla cerchia familiare, ovvero il donatario, al primo posto nell'ordine degli obbligati agli alimenti ed a favore del donante in stato di bisogno. L'art. 1, comma 65, l. n. 76/2016 ha introdotto l'obbligo degli alimenti anche a favore dell'ex convivente more uxorio che versi in stato di bisogno (per una prima applicazione cfr. Trib. Milano, IX, 12 luglio 2019). In sede applicativa si è ritenuto che, tuttavia, una pretesa alimentare del convivente nei confronti dell'altro a norma dell'art. 1, comma 65, l. n. 76/2016 è ammissibile solo per le convivenze che siano cessate successivamente al 5 giugno 2016, data di entrata in vigore della l. n. 76, sicché è inammissibile una domanda di alimenti proposta con riguardo ad una convivenza cessata anteriormente (Trib. Milano, IX, 23 gennaio 2017, in Guida al dir., 2017, n. 19, 56, con nota di Finocchiaro). Ai sensi dell'art. 438 c.c. gli alimenti possono essere richiesti solo da chi versa in stato di bisogno e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento. La nozione non è di agevole individuazione: il soggetto in stato di bisogno è colui che non ha alcun mezzo o, comunque, non ha redditi sufficienti a soddisfare le esigenze di vita, né può procurarseli lavorando, o non vi sono beni di cui sia titolare, o di cui comunque abbia disponibilità, da alienare per utilizzarne il ricavato. L'entità degli alimenti è limitata a quanto indispensabile per la vita dell'alimentando, in considerazione della sua posizione sociale. Inoltre, gli alimenti vengono disposti in modo proporzionale al bisogno di chi domanda, ma anche alle condizioni economiche di chi li deve somministrare. Si ritiene che, pertanto, l'obbligato è in grado di prestare gli alimenti se è titolare di un reddito che soddisfi i bisogni necessari dell'alimentando, dopo aver soddisfatto le proprie necessità, i desideri e le aspirazioni e quelle delle persone a suo carico, in modo da assicurare una vita agiata a sé e alla famiglia. Se le sostanze dell'obbligato non sono sufficienti, egli contribuirà solo in parte al superamento del bisogno dell'alimentando e saranno chiamati in concorso altri obbligati di grado successivo. In mancanza di altri obbligati, tuttavia, si dovrebbero contemperare le esigenze dell'avente diritto con la situazione di colui che deve somministrare gli alimenti, in attuazione di quel dovere di solidarietà familiare che è fondamento dell'obbligazione alimentare. Gli alimenti sono dovuti, ai sensi dell'art. 445 c.c., dal giorno della domanda giudiziale o da quello della costituzione in mora dell'obbligato, ove sia seguita l'introduzione del giudizio entro sei mesi. L'assegno provvisorio nel corso del giudizio sulla spettanza degli alimenti L'art. 446 c.c. prevede altresì che il presidente del Tribunale, finché non sono determinati definitivamente il modo e la misura degli alimenti, può, sentita l'altra parte, ordinare un assegno in via provvisoria, ponendolo, per l'ipotesi di più obbligati, a carico di uno di essi, salvo il regresso nei confronti degli altri (cfr. Trib. Catania ord., 22 marzo 2005 in Foro it., 2005, 1, 2588). Sul punto è stato più volte evidenziato in giurisprudenza che è inammissibile la domanda intesa ad ottenere il provvedimento presidenziale ex art. 446 c.c. al di fuori di un giudizio di merito pendente per l'accertamento del diritto alla prestazione alimentare, in quanto la tutela anticipatoria può realizzarsi solo nell'ambito di un procedimento a cognizione ordinaria già instaurato per evitare che nelle more dell'emanazione della sentenza di merito possano essere pregiudicati i diritti essenziali del soggetto alimentando. Infatti, la natura del provvedimento ex art. 446 c.c. deve essere intesa come funzionale a tutelare le esigenze dell'alimentando “in corso di causa”, non avendo carattere cautelare in senso proprio (Trib. Milano, IX, 3 aprile 2013; diversamente, per la natura cautelare del provvedimento v. Trib. Trani, 9 gennaio 2012, in Dir. pers. fam., 2013, n. 1, 140, con nota di Zingales). Si pone di qui il problema dell'ammissibilità, stante il requisito della residualità, del provvedimento d'urgenza ai fini della tutela del delineato credito dell'alimentando. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Per ottenere gli alimenti è sufficiente provare lo stato di bisogno?
No, anche l'impossibilità di svolgere un'attività lavorativa Per il riconoscimento del diritto agli alimenti non è sufficiente che il coniuge provi lo stato di bisogno, ma occorre che provi, altreì, l'impossibilità di provvedere (in tutto o in parte) al proprio mantenimento mediante un'attività lavorativa, impossibilità derivante da circostanze a lui non imputabili (Trib. Cuneo, I, n. 405/2022). Orientamenti di merito La tutela provvisoria del diritto si identifica con l'assegno ex art. 446 c.c. ed è escluso il ricorso d'urgenza Anche se non è del tutto pacifica la natura cautelare o solo anticipatoria dell'assegno provvisorio che può essere emanato durante il giudizio sugli alimenti, nella prassi applicativa si tende ad escludere l'ammissibilità in questi casi, per difetto di residualità, della tutela d'urgenza ex art. 700 c.p.c. È stato ad esempio affermato, in tale prospettiva, che non può farsi ricorso ai provvedimenti di urgenza di cui all'art. 700 c.p.c. per la concessione di un assegno alimentare provvisorio, in presenza di uno specifico provvedimento cautelare, quale quello di cui all'art. 446 c.c. (Trib. Catania, 22 marzo 2005, in Foro it., 2005, I, 2588 e in Il civilista, 2011, 1, 32, con nota di Cherubino; Tribunale Milano sez. IX, 3 aprile 2013), provvedimento che può peraltro essere richiesto solo dopo l'instaurazione del giudizio di merito (cfr. Trib. Mantova, I, 10 luglio 2015, sulla base di una ricostruzione anticipatoria e non cautelare dell'istituto dell'assegno provvisorio). In quest'ultimo senso è stato puntualizzato che è inammissibile la domanda intesa ad ottenere il provvedimento presidenziale ex art. 446 c.c. al di fuori di un giudizio di merito pendente per l'accertamento del diritto alla prestazione alimentare, in quanto la tutela anticipatoria può realizzarsi solo nell'ambito di un procedimento a cognizione ordinaria già instaurato per evitare che nelle more dell'emanazione della sentenza di merito possano essere pregiudicati i diritti essenziali del soggetto alimentando Infatti, la natura del provvedimento ex art. 446 c.c. deve essere intesa come funzionale a tutelare le esigenze dell'alimentando “in corso di causa”, non avendo carattere cautelare in senso proprio (Trib. Milano, IX, 3 aprile 2013). 3. Azioni processualiFunzione e natura del giudizio Il ricorso d'urgenza è un rimedio di carattere residuale che consente, in assenza di altri strumenti di tutela cautelare, che consentano di ottenere in concreto il medesimo grado di tutela per una determinata situazione giuridica soggettiva, di richiedere ed ottenere l'emanazione di provvedimenti atipici nel loro contenuto. È però a tal fine necessario, oltre al fumus boni juris, un periculum in mora particolarmente rigoroso, ossia quello di un pregiudizio imminente ed irreparabile. La tutela in via d'urgenza dei diritti di credito è dunque possibile, potendo in altre ipotesi il relativo pregiudizio trovare adeguato rimedio ex post con il risarcimento ottenuto al termine del giudizio di merito, quando per il soggetto ricorrente la mancata concessione della misura cautelare potrebbe in ipotesi avere riflessi su beni e/o situazioni di carattere non patrimoniale di per sé suscettibili di subire un pregiudizio irreparabile. Competenza Se la domanda cautelare è proposta prima dell'inizio del giudizio di merito la competenza spetta in linea di principio, ex art. 669-ter c.p.c., al giudice competente per la controversia di merito. Se invece la domanda è proposta in corso di causa va formulata al giudice assegnatario della stessa. La domanda deve essere proposta di fronte al Tribunale del luogo di residenza del convenuto. Contenuto del ricorso ante litem Sebbene i provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c. rientrino tra quelli c.d. a strumentalità attenuata, nel senso che l'efficacia degli stessi non è subordinata alla instaurazione del giudizio di merito, è costante in giurisprudenza il principio in forza del quale nel ricorso proposto ante causam devono essere adeguatamente evidenziati il petitum e la causa petendi dell'eventuale controversia di merito che sarà eventualmente incardinata dopo la fase cautelare. Onere della prova In conformità alle regole generali espresse dall'art. 2697 c.c. è il ricorrente a dover dimostrare la sussistenza dei presupposti per la concessione del provvedimento cautelare, ossia il fumus boni juris ed il periculum in mora. Pur nell'ambito dell'accertamento sommario che connota il procedimento cautelare (e, ove ritenuto inammissibile quello d'urgenza anche il procedimento sull'istanza ex art. 446 c.c.), si è affermato che il riconoscimento del diritto agli alimenti è subordinato alla dimostrazione della sussistenza di un duplice presupposto, costituito, da una parte, dallo stato di bisogno, dall'altra, dalla impossibilità da parte dell'alimentando di provvedere in tutto o in parte al proprio sostentamento mediante l'esplicazione di attività lavorativa confacente alle proprie attitudini ed alle proprie condizioni sociali (Cass., n. 3334/2007). Il provvedimento: a) effetti Le ordinanze emesse ai sensi dell'art. 700 c.p.c. restano efficaci, se pronunciate a seguito di un ricorso proposto ante litem, a prescindere dall'instaurazione del giudizio di merito. Il provvedimento, tuttavia, non è idoneo a fare stato, con efficacia di giudicato, sul rapporto controverso che, salvo l'operare dei cc.dd. stabilizzatori di diritto sostanziale (prescrizione, decadenza) potrà essere messo in discussione in un successivo giudizio a cognizione piena. b) regime L'ordinanza, sia di diniego che di concessione della misura cautelare, è assoggettata, ex art. 669-terdecies c.p.c., a reclamo proponibile entro il termine perentorio di quindici giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore. Il reclamo, per le misure emesse come avviene di regola dal giudice monocratico del tribunale, si propone al collegio (del quale non può far parte il giudice che ha deciso sul ricorso). Il procedimento di reclamo si svolge nelle forme camerali ed è deciso con ordinanza. È invece controverso il regime dell'assegno provvisorio ex art. 446 c.c. Per una parte della giurisprudenza, infatti, il provvedimento presidenziale reso ai sensi dell'art. 446 c.c. ha natura cautelare ed è reclamabile (cfr. Trib. Trani, 9 gennaio 2012, in Diritto di Famiglia e delle Persone (Il), 2013, 1, 140, con nota di Zingales, per la quale in pendenza del giudizio di merito, l'eventuale istanza di revoca/modifica della pronuncia ex art. 446 c.c.; Trib. Firenze, 7 novembre 1994, in Foro it., 1995, I, 1360). Secondo un'altra parte della giurisprudenza, invece, il provvedimento che dispone l'assegno provvisorio ex art. 446 c.c. non è impugnabile (Trib. Milano, IX, 20 maggio 2015, in Ilfamiliarista.it). 4. ConclusioniIl provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c. è uno strumento di tutela cautelare residuale, sicché può essere attivato solo se non vi sia un rimedio ad hoc parimenti satisfattivo in concreto non utilizzato dalla parte (ex plurimis, Trib. Salerno, 19 ottobre 2005). Gli artt. 433 e ss. c.c. disciplinano il diritto del soggetto in stato di bisogno ad ottenere gli alimenti dai propri parenti più prossimi (o dal donatario). Nell'ambito del relativo giudizio di merito l'art. 446 c.c. prevede che il presidente del Tribunale, finché non sono determinati definitivamente il modo e la misura degli alimenti, può, sentita l'altra parte, ordinare un assegno in via provvisoria, ponendolo, per l'ipotesi di più obbligati, a carico di uno di essi, salvo il regresso nei confronti degli altri. Di qui in sede applicativa la tendenza a ritenere inammissibile per difetto di residualità lo strumento della tutela d'urgenza ex art. 700 c.p.c. (cfr. Trib. Catania ord., 22 marzo 2005 in Foro it., 2005, 1, 2588) e ciò sebbene l'assegno provvisorio di cui all'art. 446 c.c. sia richiedibile solo dopo l'instaurazione del giudizio di merito e non anche ante litem (cfr. Trib. Mantova, I, 10 luglio 2015). |