Sovraindebitamento: conflitti tra creditori prededucibili e creditori ipotecari
23 Dicembre 2022
Le massime
La norma di cui all'art. 111-ter l.fall. si applica anche alle procedure di sovraindebitamento regolate dalla legge n. 3/2012, con la conseguenza che il creditore ipotecario deve sopportare le spese prededucibili funzionali all'apertura del concorso nel fallimento e nella liquidazione del patrimonio.
Il reclamo avverso il progetto di riparto si limita alla sola violazione di legge, in virtù del rinvio all'art. 36 l.fall., cioè a questioni di puro diritto (ad es. graduazione dei crediti, collocazione sulle sottomasse, difformità del credito rispetto al provvedimento di ammissione al passivo) o a questioni di fatto che coinvolgano questioni di diritto (ad. es. sussistenza del bene oggetto di prelazione speciale o verificarsi dell'evento cui è condizionato l'accantonamento specifico), dovendo il quantum essere censurato coi rimedi previsti avverso lo stato passivo, al fine di evitarne la cristallizzazione, che diversamente si realizza. Il caso
In una procedura di liquidazione del patrimonio del sovraindebitato ex artt. 14-ter ss. L. 3/2012, il creditore fondiario propone reclamo (dapprima al giudice delegato ex art. 36, comma 1, l.fall. e poi al tribunale ai sensi del comma 2 dello stesso art. 36 l.fall. ) contro il progetto di riparto parziale predisposto dal liquidatore dei beni. Con il principale motivo di reclamo, il creditore contesta che nel progetto di riparto sia prevista la soddisfazione della prededuzione - nella specie rappresentata dal compenso del difensore del sovraindebitato e dell'OCC - in modo antergato rispetto alle sue ragioni di creditore ipotecario fondiario. Egli ritiene che l'art. 14-duodecies, comma 2, L. 3/2012 non consenta il pagamento (col ricavato del bene ipotecato) della prededuzione prima del soddisfacimento del creditore garantito. Inoltre, il reclamante rileva che l'unico immobile di proprietà del debitore era già stato sottoposto a procedura esecutiva individuale, ed era anche stato aggiudicato all'asta prima della domanda di apertura della procedura di liquidazione del patrimonio (il decreto di trasferimento interveniva in pendenza della procedura); quindi il creditore fondiario non aveva ricevuto utilità dalle attività svolte dall'OCC e dal difensore del debitore. Per tali motivi, il reclamante chiedeva che i crediti in prededuzione di cui si discuteva venissero soddisfatti successivamente ai crediti garantiti da ipoteca. Con un ulteriore motivo di reclamo, il creditore censura - poi - il quantum del credito prededucibile ammesso al passivo della liquidazione. Entrambi i motivi di reclamo vengono disattesi dal Tribunale. Le questioni giuridiche alla base della decisione
1. Ambito del reclamo contro il progetto di riparto e cristallizzazione dello sttao passivo In ordine al secondo motivo di reclamo su indicato, il Collegio - confermando sul punto la statuizione del GD - ritiene tardive le contestazioni in merito al quantum del credito prededucibile perché il reclamante non aveva impugnato lo stato passivo sul punto. Nel decreto in commento il Tribunale ricorda che il reclamo avverso il progetto di riparto si limita alla sola violazione di legge, in virtù del rinvio all'art. 36 l.fall. , cioè a questioni di puro diritto (ad es. graduazione dei crediti, collocazione sulle sottomasse, difformità del credito rispetto al provvedimento di ammissione al passivo) o a questioni di fatto che coinvolgano questioni di diritto (ad es. sussistenza del bene oggetto di prelazione speciale o verificarsi dell'evento cui è condizionato l'accantonamento specifico), dovendo - invece - il quantum essere censurato coi rimedi previsti avverso lo stato passivo, al fine di evitarne la cristallizzazione. Cristallizzazione che, invece, nel caso di specie si era realizzata. 2. Applicabilità dell'art. 111 ter l. fall. al sovraindebitamento Il Collegio nel decreto in esame dedica maggior spazio all'altro motivo di reclamo e si interroga sull'applicabilità o meno della norma di cui all'art. 111-ter l.fall. alle procedure di sovraindebitamento. A dire il vero, anche il decreto del giudice delegato oggetto di reclamo davanti al Collegio (Trib. Milano 11 aprile 2022, già pubblicato in questo portale) affrontava espressamente lo stesso argomento e, con motivazioni simili, giungeva alla stessa conclusione. Tornando al provvedimento in commento. Nella seconda parte del decreto il Collegio affronta ex professo il tema dell'applicabilità dell'art. 111-ter l.fall. anche al sovraindebitamento. Dopo aver dato atto che sull'argomento si registrano due diversi orientamenti interpretativi, tesi a privilegiare: (i) l'uno la sostanziale identità ontologica tra la procedura di liquidazione disciplinata dalla cd. Legge Usura e il fallimento (v. Trib. Como 18 dicembre 2019, Trib. Bari 3 giugno 2021) e (ii) l'altro l'interpretazione letterale dell'art. 14-duodecies, comma 2, L. 3/2012 e l'asseritamente voluto mancato richiamo dell'art. 111-ter l.fall. da parte di detta norma (Trib. Rimini 7 maggio 2021, Trib. Udine 20 febbraio 2021, Trib. Mantova 7 giugno 2021), i giudici milanesi motivano la loro adesione al primo degli orientamenti sopra riportati. Il Collegio afferma che la tesi della qualificazione della liquidazione di cui agli artt. 14-ter ss. L. 3/2012 come procedura concorsuale – dalla quale discende necessariamente l'applicabilità dell'art. 111-ter l.fall. – risulta corroborata sia dalla giurisprudenza di legittimità sia dalla medesima normativa che regola il sovraindebitamento, e anche dalla disposizione del Codice civile che regola i rapporti tra privilegi sugli immobili e spese di giustizia. Per sugellare l'appartenenza della liquidazione dei beni del sovraindebitato al genus delle procedure concorsuali, viene evocata innanzitutto la cd. teoria dei cerchi concentrici nelle procedure concorsuali, elaborata da Cass. n. 9087/2018 e richiamata anche dal citato Trib. Como 18 dicembre 2019. In secondo luogo, secondo il Collegio l'appartenenza alla sfera concorsuale delle procedure da sovraindebitamento viene sancita nell'esordio della stessa L. n. 3/2012, precisamente all'art. 6 comma 1, che recita: “al fine di porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento non soggette, né assoggettabili a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dal presente capo”. Infine - si legge - non può ignorarsi la norma generale di chiusura del sistema, rappresentata dall'art. 2770 c.c., che disciplina proprio i rapporti tra il credito che gode del privilegio speciale sull'immobile e le spese di giustizia, imponendo la prevalenza rispetto al primo di quelle per l'espropriazione, cui devono essere necessariamente assimilate quelle funzionali all'apertura del concorso nel fallimento e nella liquidazione ex artt. 14-ter ss. L. 3/2012. La conseguenza pratica dell'adesione all'orientamento che privilegia la sostanziale identità tra la procedura di liquidazione dei beni del sovraindebitato e il fallimento è l'applicabilità anche al sovraindebitamento di alcune norme della legge fallimentare e, in particolare, dell'art. 111-ter l.fall. . Ciò vuol dire che - secondo la tesi fatta propria dal tribunale di Milano - il creditore ipotecario deve sopportare anche le spese prededucibili funzionali all'apertura del concorso nella liquidazione dei beni: nel caso di specie i crediti prededucibili dell'OCC e dell'advisor del sovraindebitato.
Approfondimenti e osservazioni
Il caso esaminato dai giudici milanesi - e cioè l'accesso del debitore ad una procedura di sovraindebitamento in pendenza di una espropriazione forzata individuale già avviata e, a volte, giunta quasi al termine - è un caso abbastanza ricorrente. Così come è frequente l'ipotesi in cui l'attivo della procedura di sovraindebitamento sia composto esclusivamente (o quasi) dalla casa di abitazione del debitore, ipotecata e già oggetto di procedura esecutiva individuale in corso. In tali casi si manifesta in tutta la sua portata il conflitto tra crediti prededucibili e crediti assistiti da cause di prelazione. In particolare - prima dell'entrata in vigore del nuovo Codice della crisi - ci si è a lungo interrogati se i crediti prededucibili sorti in occasione o in funzione di una procedura di sovraindebitamento possano soddisfarsi sul ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno o di ipoteca con preferenza rispetto ai creditori garantiti con pegno o ipoteca su quei beni. In ambito fallimentare il conflitto tra creditore ipotecario e creditore prededucibile è stato definitivamente risolto affermando che, (i) se è vero che l'art. 111-bis, comma 2, l.fall. prevede che i crediti prededucibili vanno soddisfatti con il ricavato della liquidazione del patrimonio con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca, esclusione però limitata alla "parte destinata ai creditori garantiti", (ii) è pur vero che tali regole sono integrate dalla disciplina del successivo art. 111-ter, comma 3, l.fall. , dedicato ai conti speciali. L'art. 111-ter l.fall. esprime, infatti, laregola che i creditori ipotecari e pignoratizi sopportano non solo le spese direttamente imputabili alla gestione e liquidazione dei beni gravati da pegno o ipoteca, ma anche una quota parte delle spese generali di gestione della procedura, "secondo un criterio proporzionale" (recentemente e testualmente Cass. S.U. n. 5049/2022; in tal senso ex multis già Cass. n. 9490/2002, Cass. n. 4626/1999). Quindi, nei riparti fallimentari il concorso tra creditori ipotecari e creditori prededucibili è stato risolto facendo gravare sul ricavato dei beni oggetto di garanzia: - sia le spese prededucibili specificamente sostenute per la loro conservazione, amministrazione e liquidazione (cd. spese specifiche, quali ad esempio quelle per la trascrizione della sentenza nei RRII, per il perito stimatore, pubblicità, IMU, ecc.), evidenziate nel conto speciale, - sia un'aliquota di spese generali della procedura, in quanto sostenute nell'interesse dei creditori (quali ad esempio il compenso curatore; campione fallimentare, comunicazioni e notifiche, ecc.), che dovrà essere calcolata secondo un criterio che rispecchi il rapporto proporzionale fra il valore dei beni immobili ipotecati rispetto a quella della restante parte dei beni liquidati nell'ambito del fallimento. Con la conseguenza pratica che le spese specifiche ed una quota di spese generali sono collocate in anteposizione ai creditori con garanzia reale. L'art. 14-duodecies, comma 2, L. 3/2012 prevede che i crediti sorti in occasione o in funzione della liquidazione o di uno dei procedimenti di sovraindebitamento sono soddisfatti con preferenza rispetto agli altri, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti. Tale norma è molto simile a quella dell'art. 111-bis, comma 2, l.fall.. Invece, nella legge che disciplina il sovraindebitamento (L. 3/2012) non è stata inserita una previsione analoga a quella dell'art. 111-ter l.fall.. Il fatto che la L. 3/2012 abbia in qualche modo replicato soltanto l'art. 111-bis l.fall. (nell'art. 14-duodecies, comma 2), ma non anche l'art. 111-ter l.fall. , ha suscitato negli interpreti il dubbio sulla volontarietà o meno di tale mancata previsione e, quindi, sull'applicabilità anche nel sovraindebitamento delle regole fallimentari sul concorso tra creditori prededucibili e creditori ipotecari (e pignoratizi). Come ha segnalato il Collegio milanese nel decreto in esame, sull'argomento si sono formati due orientamenti tra i giudici di merito. La S.C. non ha ancora avuto modo di pronunciarsi sul tema. Il primo orientamento, al quale aderiscono anche i giudici milanesi, non dà peso al mancato inserimento nella L. 3/2012 di una previsione analoga all'art. 111-ter l.fall., ma valorizza la “sostanziale identità ontologica” tra la procedura di liquidazione disciplinata dalla legge sul sovraindebitamento e il fallimento. Con la conseguenza che la mancata replica di una previsione analoga all'art. 111-ter l.fall. non ne impedisce l'applicazione anche nelle procedure di sovraindebitamento. I tribunali che optano per tale orientamento affermano che non si può valorizzare unicamente il dato letterale desumibile dall'art. 14-duodecies, comma 2, L. 3/2012, ma bisogna tenere conto del complessivo dato normativo in materia concorsuale e, in particolare, del principio generale espresso dall'art. 111-ter l.fall., in base al quale anche il creditore ipotecario deve sopportare le spese prededucibili, sia quelle specificamente riferite al bene ipotecato sia quelle c.d. generali (pro quota). Gli aderenti all'orientamento in discorso hanno fatto ricorso alla raffigurazione della sfera della concorsualità vista come una serie di cerchi concentrici che comprendono al loro interno sia la procedura fallimentare sia la liquidazione dei soggetti non fallibili (Cass. n. 9087/2018). Ciò per ribadire che, se la procedura fallimentare e la liquidazione del patrimonio hanno la stessa natura giuridica e la medesima finalità di liquidazione dei beni nell'interesse della massa dei creditori, allora l'art. 111-ter l.fall. deve ritenersi applicabile anche alle procedure disciplinate dalla legge sul sovraindebitamento. Da ultimo, il tribunale di Milano - ad ulteriore sostegno della tesi sposata - assimila i crediti sorti in funzione dell'apertura del concorso nel fallimento e nella liquidazione dei beni a quelli previsti dall'art. 2770 c.c., il quale stabilisce che i crediti per atti conservativi o di espropriazione di beni immobili nell'interesse comune dei creditori sono privilegiati sul prezzo degli immobili stessi, e quindi vengono soddisfatti con preferenza rispetto al creditore ipotecario.
Come anticipato più sopra, vi sono alcuni tribunali di merito che sono stati di diverso avviso e che - chiamati a decidere sul concorso tra crediti prededucibili e crediti ipotecari - hanno escluso che il creditore ipotecario dovesse sopportare le spese prededucibili della procedura di sovraindebitamento, soprattutto dinanzi ad una esecuzione individuale già avviata e/o quasi completata dal creditore garantito (e con la distribuzione del ricavato a cavallo tra l'esecuzione individuale e quella collettiva). Più esattamente, i tre precedenti di merito richiamati dal collegio milanese (i.e.: Trib. Udine 20 febbraio 2021, Trib. Rimini 7 maggio 2021, Trib. Mantova 7 giugno 2021), seppur in fattispecie non proprio sovrapponibili tra loro, hanno stabilito che il creditore ipotecario è da considerarsi preferito nel soddisfacimento sulla somma netta ricavata dalla vendita dei beni immobili ipotecati rispetto ai crediti prededucibili rappresentati (i) dal compenso dell'avvocato per le prestazioni professionali di assistenza al debitore nella procedura di sovraindebitamento e (ii) dal compenso dell'OCC. A ben vedere, le tre pronunce indicate come favorevoli al creditore ipotecario non sono - però - tutte concordi nel non applicare l'art. 111-ter l.fall. alle procedure di sovraindebitamento. Ciò non toglie che esse - in un modo o nell'altro - giungono ugualmente alla conclusione che i creditori pignoratizi-ipotecari non devono sopportare le spese generali di gestione della procedura, nel caso di specie rappresentate dal credito prededucibile dell'avvocato che assiste il debitore per l'ingresso in procedura e dal credito prededucibile per le prestazioni rese dall'organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento. Il Tribunale di Udine considera applicabile l'art. 111-ter l.fall. alla liquidazione dei beni, ma nega che il credito prededucibile del legale del debitore possa essere soddisfatto sul ricavato dalla vendita degli immobili ipotecati quando la vendita è già avvenuta prima della domanda di liquidazione del patrimonio; ciò in quanto ritiene che l'attività del legale non abbia arrecato alcuna utilità al creditore garantito. Il giudice riminese, invece, dichiara postergati al creditore ipotecario sia il credito prededucibile dell'avvocato del debitore sia quello per il compenso dell'OCC, per un duplice rilievo. In primis, perché non ritiene applicabile l'art 111 ter l.fall. alle procedure di sovraindebitamento. In secondo luogo, perché afferma che né l'attività dell'OCC né quella del professionista che ha assistito il debitore per l'ingresso alla procedura abbiano apportato alcun vantaggio od utilità al creditore ipotecario che aveva già intrapreso l'esecuzione immobiliare individuale e che si sarebbe comunque soddisfatto sul ricavato della vendita detratte le spese specifiche relative al bene. Nelle pronunce di Udine e Rimini, trova spazio - quindi - anche il criterio della cd. “utilità in concreto”: se l'attività del legale del debitore e/o dell'OCC non arreca alcuna utilità al creditore ipotecario, allora i loro crediti prededucibili non possono soddisfarsi con preferenza sul ricavato dalla vendita dell'immobile ipotecato. Per giustificare l'applicazione del criterio della utilità in concreto entrambi i giudici richiamano la giurisprudenza di legittimità secondo la quale sul ricavato della vendita degli immobili gravati da garanzia reale vanno collocate in prededuzione non solo le spese riconducibili alla conservazione e alla liquidazione del bene ipotecato ma anche una quota parte del compenso del curatore ed una porzione delle spese generali della procedura, da determinarsi in misura corrispondente all'accertata utilità delle stesse per il creditore garantito, adottando ove necessario un criterio di proporzionalità (v. Cass. 12 maggio 2010, n. 11500). Infine, c'è il Tribunale di Mantova che si occupa, al pari del GD friulano, soltanto del credito prededucibile dell'avvocato che ha assistito il debitore nella predisposizione del ricorso per l'ammissione alla procedura di liquidazione del patrimonio. Il giudice mantovano, dopo aver affermato - al pari del tribunale di Rimini - che tale credito prededucibile debba essere postergato rispetto al credito ipotecario perché nel sovraindebitamento non è applicabile l'art. 111-ter l.fall., introduce anche un nuovo argomento per sostenere tale affermazione. Pur riconoscendo che il compenso del legale è prededucibile perché sorto in funzione della liquidazione, il GD - con argomentazioni non comprese fino in fondo - afferma che il credito in discorso non può qualificarsi come spesa generale della procedura di sovraindebitamento in quanto sorto anteriormente alla sua apertura e non inerendo alla gestione del patrimonio messo a disposizione dei creditori dal debitore. Anche per tale motivo, a suo avviso, il credito vantato dall'avvocato del debitore potrà trovare soddisfacimento soltanto sull'attivo mobiliare e non sul ricavato della vendita dell'immobile ipotecato. Conclusioni
Nel nuovo CCI la situazione resta simile a quella precedente, anche se c'è qualche indizio in più a favore dell'applicabilità analogica della disciplina dei conti speciali anche al sovraindebitamento. Gli artt. 111-bis e 111-ter l.fall. sono stati (più o meno) riprodotti negli artt. 222 e 223 CCI all'interno della liquidazione giudiziale. L'art. 14-duodecies, comma 2, L. 3/2012 è ora riprodotto nel 2° comma dell'art. 277 CCI, e ribadisce che i crediti sorti in occasione o in funzione della liquidazione controllata del sovraindebitato sono soddisfatti con preferenza rispetto agli altri, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno e ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti. Non è stata introdotta nella liquidazione controllata del sovraindebitato una norma analoga a quella dell'art. 111-ter l.fall. o dell'art. 223 CCI (conti speciali). Però, oggi: - le due procedure di liquidazione giudiziale degli imprenditori commerciali sopra soglia e di liquidazione controllata del sovraindebitato sono disciplinate dallo stesso CCI e nello stesso Titolo del codice (Titolo V); - anche la liquidazione controllata del sovraindebitato è innestata nel procedimento unitario regolato dagli art. 44 ss. CCI (in quanto applicabili); - l'art. 270 CCI, al comma 5, prevede espressamente che alla liquidazione controllata si applicano le disposizioni della liquidazione giudiziale in tema di concorso dei creditori (in particolare l'art. 150 e 151 CCI, che contengono, per esempio, l'eccezione del creditore fondiario che può proseguire l'esecuzione individuale). Tali novità normative dovrebbero rafforzare la tesi della sostanziale identità ontologica delle due procedure e, quindi, anche l'applicazione (analogica) alla liquidazione controllata della disciplina dei conti speciali. Conseguentemente dovrebbe essere più agevole affermare che anche il creditore ipotecario deve sopportare sia le spese prededucibili c.d. specifiche (riferite al bene) sia - pro quota - quelle c.d. generali. Il criterio della “utilità in concreto per il creditore ipotecario” non appare in grado di imporsi sul criterio generale appena illustrato. Come ha condivisibilmente affermato il già citato provvedimento del Trib. Milano 11 aprile 2022, la "mancata convenienza" ed il "mancato vantaggio" del creditore ipotecario non possono prevalere sulla regola della sopportazione in capo a costui di una quota di spese generali, posto che il legislatore non ha subordinato l'accesso alla procedura di sovraindebitamento alla condizione che l'espropriazione individuale fosse ancora in una fase iniziale. Neppure si può pensare che, in presenza di un attivo composto dal solo immobile ipotecato, le spese della procedura debbano essere poste a carico dello stato. Pertanto, ad avviso di chi scrive, l'orientamento favorevole al creditore ipotecario dovrebbe trovare sempre meno spazio, con la conseguenza che anche il creditore garantito dovrà sopportare sia le spese prededucibili c.d. specifiche (riferite al bene) sia - pro quota - quelle c.d. generali, tra le quali certamente quelle dell'OCC e del liquidatore (forse anche quelle dell'advisor del debitore). |