Codice Penale art. 20 bis - Pene sostitutive delle pene detentive brevi 1Pene sostitutive delle pene detentive brevi1 [I] Salvo quanto previsto da particolari disposizioni di legge, le pene sostitutive della reclusione e dell'arresto sono disciplinate dal Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, e sono le seguenti: 1) la semilibertà sostitutiva; 2) la detenzione domiciliare sostitutiva; 3) il lavoro di pubblica utilità sostitutivo; 4) la pena pecuniaria sostitutiva. [II] La semilibertà sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva possono essere applicate dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all'arresto non superiori a quattro anni. [III] Il lavoro di pubblica utilità sostitutivo può essere applicato dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all'arresto non superiori a tre anni. [IV] La pena pecuniaria sostitutiva può essere applicata dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all'arresto non superiori a un anno. [1] Articolo inserito dall'art. 1, comma 1, lett. a), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. InquadramentoDa tempo si è diffusa l'idea, sorretta dall'osservazione empirica, che le pene detentive di breve durata risultino inefficaci dal punto di vista della risocializzazione del condannato, sortendo talvolta perfino effetti criminogeni dovuti alla stigmatizzazione sociale e al contatto con l'ambiente carcerario. Tuttavia, il sistema delle sanzioni sostitutive, introdotto oltre quarant'anni fa e implementato nel 1993 e nel 2003, ha fallito al banco di prova a causa della maggiore appetibilità della sospensione condizionale della pena, la cui area di applicazione – pene detentive fino a due anni – è sovrapponibile a quella delle pene sostituibili. La convinzione che l'idea di fondo che aveva portato al varo dell'importante riforma del 1981 sia ancora valida ma che occorra rivitalizzare il sistema in modo da renderlo una valida alternativa alla sospensione della pena detentiva ha indotto il legislatore a introdurre una nuova disciplina organica della materia. Nel contesto di un più ampio disegno volto a incrementare l'efficienza del sistema penale per raggiungere gli obiettivi del P.N.R.R., il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. riforma Cartabia) ha operato una radicale riforma delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi disciplinate dal Capo III della l. 24 novembre 1981, n. 689. Il rilancio delle sanzioni sostitutive (ora definite pene sostitutive, a sottolineare che di vere e proprie pene si tratta) è affidato principalmente ad un ampliamento di quelle sostituibili, la cui durata sale fino a quattro anni, allineando così le pene sostituibili alle pene che consentono di accedere a misure alternative alla detenzione in condizioni di libertà a seguito della sospensione dell'ordine di esecuzione (art. 656, comma 5, c.p.p., come manipolato dalla Corte cost. con la sent. n. 41/2018). Dal punto di vista deflattivo, la novella dovrebbe incentivare i riti alternativi (si pensi, ad esempio, alla possibilità di patteggiare una pena sostitutiva di una pena detentiva fino a quattro anni, con la garanzia di evitare l'ingresso in carcere), ridurre le impugnazioni (le pene detentive fino a tre anni possono essere sostituite con il lavoro di pubblica utilità, la cui applicazione rende inappellabile la sentenza: art. 593, comma 3, c.p.p., come novellato dalla medesima riforma), ridurre il carico dei tribunali di sorveglianza (incapaci, in molti distretti, di decidere in tempi ragionevoli sulle istanze di concessione di misure alternative, come testimonia il fenomeno dei c.d. liberi sospesi) e ridurre il sovraffollamento carcerario. La funzione della normaNel rispetto della legge delega, la nuova disciplina delle pene sostitutive ha mantenuto l'originaria collocazione extracodistica; tuttavia, la valorizzazione delle pene sostitutive all'interno del sistema sanzionatorio penale operata dalla riforma ha reso opportuna l'introduzione di una norma di raccordo nella parte generale del codice penale, trattandosi di pene applicabili alla generalità dei reati. Dal punto di vista topografico, la nuova disposizione è stata inserita dopo la disciplina generale delle pene principali e delle pene accessorie, con lo scopo di includere espressamente le pene sostitutive nel sistema delle pene delineato dalla parte generale del codice, richiamando, per la disciplina, la l. n. 689/1981. Il nuovo art. 20-bis segna il formale ingresso nel codice penale non solo della categoria delle “pene sostitutive” (finora presente nella sola l. n. 689/1981), ma anche della categoria delle “pene detentive brevi”. Sul piano linguistico, va osservato che il legislatore, oltre a denominare le nuove sanzioni come “pene” sostitutive, sottolineando che si tratta di vere e proprie pene, ha aggiunto gli aggettivi “sostitutivo”/“sostitutiva”, in modo da renderle immediatamente distinguibili da istituti simili per nome ma diversi per natura giuridica e disciplina, come le misure alternative alla detenzione della semilibertà e della detenzione domiciliare o come il lavoro di pubblica utilità previsto come pena principale irrogabile dal giudice di pace o disposto nell'ambito della sospensione condizionale della pena o della sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato. Anche la Suprema Corte ha riconosciuto alle pene sostitutive la natura di vere e proprie pene, e non di semplici modalità esecutive della pena detentiva sostituita, e ciò in ragion del carattere afflittivo, della convertibilità, in caso di revoca, nella pena sostituita residua e dello stretto collegamento esistente con la fattispecie penale cui conseguono (Cass. II, n. 1187/2024, che ha precisato come le disposizioni che le contemplano abbiano natura sostanziale e siano soggette, in caso di successione di leggi nel tempo, alla disciplina del favor rei di cui all'art. 2, comma 4). Coerentemente con tale inquadramento, i giudici di legittimità ritengono che la condanna alla detenzione domiciliare sostitutiva di una pena detentiva breve costituisca titolo idoneo alla revoca - ai sensi dell'art. 168, comma 1, n. 2) - della sospensione condizionale della pena concessa con una precedente condanna (Cass. I, n. 3417/2024). La clausola di riservaIn apertura la norma fa salvo quanto previsto da particolari disposizioni di legge. Il riferimento è alle norme che prevedono specifiche ipotesi di sanzioni sostitutive, come il lavoro di pubblica utilità per le contravvenzioni di guida in stato di ebbrezza o di stupefazione (artt. 186, comma 9-bis e 187, comma 8-bis, d.lgs. n. 285/1992) o per i reati in materia di sostanze stupefacenti (art. 73, comma 5-bis, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309) o l'espulsione per i reati commessi dallo straniero prevista (art. 16 d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286). Le singole sanzioni sostitutiveIn linea con il riformato art. 53 l. n. 689/1981, la norma stabilisce che le pene sostitutive della reclusione e dell'arresto sono la semilibertà sostitutiva, la detenzione domiciliare sostitutiva, il lavoro di pubblica utilità sostitutivo, la pena pecuniaria sostitutiva. In particolare, la semilibertà sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva (disciplinate, rispettivamente dagli artt. 55 e 56 l. n. 689/1981) possono essere applicate dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all'arresto non superiori a quattro anni. Il lavoro di pubblica utilità sostitutivo (disciplinato dall'art. 56-bis l. n. 689/1981) può essere applicato dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all'arresto non superiori a tre anni. La pena pecuniaria sostitutiva (disciplinata dall'art. 56-quater l. n. 689/1981) può essere applicata dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all'arresto non superiori a un anno. Ad esclusione della pena pecuniaria, le altre pene sostitutive possono essere applicate solo con il consenso dell'imputato, espresso personalmente o a mezzo di procuratore speciale (art. 58, comma 3, l. n. 689/1981). Ai fini della determinazione dei limiti entro cui possono trovare applicazione le pene sostitutive di pene detentive brevi, deve tenersi conto, nel caso in cui vengano in rilievo più reati unificati per concorso formale o continuazione, della pena detentiva risultante dagli aumenti effettuati ex art. 81, c.p., sicché il giudice potrà sostituire la pena detentiva solo se, dopo aver determinato l'aumento di pena per il concorso formale o la continuazione dei reati, la pena detentiva risulti quantificata in misura complessiva non superiore a quattro anni (Cass. II, n. 9612/2025). La Suprema Corte ha, inoltre, precisato che la diversa disciplina dettata dall'art. 70 l. n. 689/1981, laddove consente, se il cumulo delle pene sostituite non eccede quattro anni, di applicare le singole pene sostitutive distintamente anche oltre i limiti previsti dall'art. 53 l. n. 689/1981, riguarda il cumulo in executivis di pene irrogate con sentenze diverse (Cass. VI, n. 42982/2024). I criteri di sceltaL'art. 58 l. n. 689/1981 prevede che il giudice, tenuto conto dei criteri indicati nell'art. 133 c.p., possa applicare le pene sostitutive della pena detentiva quando risultano più idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati. Tra le pene sostitutive il giudice sceglie quella più idonea alla rieducazione e al reinserimento sociale del condannato con il minor sacrificio della libertà personale, indicando i motivi che giustificano l'applicazione della pena sostitutiva e la scelta del tipo. Nella scelta tra la semilibertà, la detenzione domiciliare o il lavoro di pubblica utilità, il giudice deve tenere conto delle condizioni legate all'età, alla salute fisica o psichica, alla maternità, o alla paternità nei casi di cui all'art. 47-quinquies, comma 7, l. n. 354/1975, fermo quanto previsto dall'art. 69, commi 3 e 4. Il giudice deve ener conto anche delle condizioni di disturbo da uso di sostanze stupefacenti, psicotrope o alcoliche ovvero da gioco d'azzardo, certificate dai servizi pubblici o privati autorizzati indicati all'art. 94, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nonché delle condizioni di persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria, certificate dai servizi indicati dall'art. 47-quater, comma 2, l. n. 354/1975. Per quanto riguarda la scelta della pena sostituiva, la Suprema Corte ha chiarito che il giudice è tenuto a valutare i criteri direttivi di cui all'art. 133 c.p. sia i fini della determinazione della pena da infliggere sia, subito dopo, ai fini dell'individuazione della pena sostitutiva ex art. 58 l. n. 689/1981, dovendo esservi tra i due giudizi continuità e non contraddittorietà e favorendosi l'applicazione di una delle sanzioni previste dall'art. 20-bis c.p. quanto minore risulti la pena in concreto inflitta rispetto ai limiti edittali (Cass. II, n. 8794/2024). Le condizioni ostative
Le pene sostitutive non possono essere applicate: 1) nei confronti di chi ha commesso il reato per cui si procede entro tre anni dalla revoca della semilibertà, della detenzione domiciliare o del lavoro di pubblica utilità ai sensi dell'art. 66 l. n. 689/1981 (art. 59, lett. a), prima parte, l. n. 689/1981); 2) nei confronti di chi ha commesso un delitto non colposo durante l'esecuzione della semilibertà, della detenzione domiciliare o del lavoro di pubblica utilità; è fatta comunque salva la possibilità di applicare una pena sostitutiva di specie più grave di quella revocata (art. 59, lett. a), seconda parte, l. n. 689/1981); 3) nei confronti dell'imputato a cui deve essere applicata una misura di sicurezza personale, salvo i casi di parziale incapacità di intendere e di volere(art. 59, lett. c), l. n. 689/1981) ; 4) nei confronti dell'imputato di uno dei reati di cui all'art. 4-bis l. 26 luglio 1975, n. 354, salvo che sia stata riconosciuta la circostanza attenuante di cui all'art. 323-bis, comma 2 (art. 59, lett. d), l. n. 689/1981); 5) nei confronti di coloro per i quali vi sono fondati motivi per ritenere che non adempiranno alle prescrizioni (art. 58, comma1, l. n. 689/1981). Per quanto riguarda la pena pecuniaria, alle suddette cause ostative va aggiunta l'ipotesi che l'imputato, nei cinque anni precedenti, sia stato condannato a pena pecuniaria, anche sostitutiva, e non l'abbia pagata, salvi i casi di conversione per insolvibilità ai sensi degli artt. 71 e 103 l. n. 689/1981 (art. 58, comma 1, l. n. 689/1981). La Corte di Cassazione ha chiarito che il giudice di merito non può respingere la richiesta di applicazione di una pena sostitutiva in ragione della sola sussistenza di precedenti condanne, in quanto il rinvio all'art. 133 c.p. contenuto dall'art. 58 l. n. 689/1981 deve essere letto in combinato disposto con il successivo art. 59, che prevede, quali condizioni ostative, solo circostanze relative al reato oggetto di giudizio, non comprensive dei precedenti penali (Cass. II, n. 8794/2024). I precedenti penali, tenuto conto della loro natura, del numero di essi, oltre che dell'epoca di commissione degli illeciti, potrebbero assumere rilevanza ostativa solo se ritenuti sintomatici di una inaffidabilità dell'imputato tale da potersi pronosticare l'inadempimento delle prescrizioni correlate alla pena sostitutiva che si intende applicare, ai sensi dell'ultimo periodo del primo comma dell'art. 58 l. n. 689/1981 (Cass. II, n. 45859/2024). Per quanto riguarda la prognosi di inadempimento, essa si riferisce soltanto alle prescrizioni delle pene sostitutive, con la conseguenza che la pena pecuniaria sostitutiva può essere applicata anche nei confronti di imputati che versano in condizioni economiche disagiate. Il disposto dell'art. 56-quater l. n. 689/1981, individuando un ampio intervallo tra il valore minimo ed il valore massimo di conversione giornaliero, permette al giudice di accedere ad una determinazione che, tenendo conto delle condizioni economiche del soggetto, al contempo garantisca il rispetto delle finalità rieducative e di prevenzione proprie della pena (Cass. VI, n. 29192/2024; si veda, però, Cass. II, n. 15927/2024, secondo la quale il giudice può rigettare la richiesta di applicazione della pena pecuniaria, pur concedibile a colui che si trovi in disagiate condizioni economiche, nel caso in cui formuli, in base ad elementi di fatto, un giudizio sulla solvibilità del reo con prognosi negativa in ordine alla capacità di adempimento). Va aggiunto che, in caso di diniego della sostituzione della pena detentiva, il giudice non può limitarsi a valutare la congruità della pena attraverso i criteri di gravità del fatto e di pericolosità del soggetto, ma è tenuto anche a motivare, in chiave prognostica, le ragioni per cui gli elementi considerati rendono la pena sostitutiva inidonea a raggiungere la finalità rieducativa (Cass. V, n. 39162/2024). Per quanto attiene ai reati di cui all'art. 4-bis l. n. 354/1975, la Suprema Corte ha ritenuto che l'ostatività all'applicazione delle pene sostitutive prescinda dalla sussistenza delle condizioni previste per accedere ai benefici penitenziari (quali, ad esempio, l'inesistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva per le fattispecie di cui al comma 1-ter dell'art. 4-bis) che non può essere oggetto di accertamento da parte del giudice della cognizione (Cass. II, n. 21964/2024). Va detto, però, che la Corte di appello di Firenze, con ordinanza n. 46 del 14 febbraio 2025, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 59, lett. d), l. n. 689/1981, ritenendo tale norma in contrasto con gli artt. 3 e 27, comma 3, Cost. Ad avviso del giudice a quo, tale norma, operando una presunzione legale di inidoneità della pena sostituiva a perseguire i propri fini nei casi di reati previsti dall'art. 4-bis l. 354/1975, sottrae al giudice della cognizione la possibilità di una valutazione discrezionale delle peculiarità del caso concreto e delle condizioni soggettive dell'imputato al fine di individualizzare il trattamento sanzionatorio. La sospensione condizionale delle pene sostitutiveCome già detto, la concorrenza della sospensione condizionale della pena aveva portato al fallimento applicativo delle sanzioni sostitutive previste dalla l. n. 689/1981. La riforma Cartabia, non solo ha raddoppiato i limiti della pena detentiva sostituibile, svincolandola così dalla pericolosa sovrapposizione con la sospensione condizionale, ma ha anche previsto che la sospensione condizionale non si applichi alle pene sostitutive (art. 61-bis l. n. 689/1981). Ne consegue che il giudice, se ricorrono le condizioni per applicare sia l'uno che l'altro provvedimento, dovrà scegliere se sospendere oppure sostituire la pena detentiva irrogata. Naturalmente, la necessità di tale scelta si porrà quando la pena detentiva si collochi entro il limite ordinario di due anni (art. 163, comma 1), ovvero all'interno dei più ampi limiti di pena concreta previsti dai successivi commi 2 e 3 dell'art. 163 per il minore imputabile o per il giovane adulto (rispettivamente, tre anni o due anni e mezzo). Sebbene non possa escludersi che la sospensione condizionale continuerà a predominare nella sfera in cui concorre con le pene sostitutive, la riforma ha comunque posto fine al fenomeno delle pene detentive sostituite e sospese che tante critiche aveva suscitato nella dottrina. In giurisprudenza si è precisato che l'istanza di applicazione di una pena sostitutiva (nel caso di specie, i lavori di pubblica utilità), in quanto indicativa della volontà dell'imputato di eseguire la pena, comporta l'implicita rinuncia alla richiesta di concessione della sospensione condizionale della pena, con conseguente preclusione della formulazione, in sede di gravame, di doglianze riguardanti il difetto di motivazione circa il diniego del beneficio, attesa l'incompatibilità tra i due istituti (Cass. III, n. 2223/2024). Dal punto di vista del regime temporale, la Suprema Corte ha chiarito che il divieto di applicazione delle pene sostitutive nei casi in cui sia disposta la sospensione condizionale della pena, non si estende ai fatti commessi prima dell'entrata in vigore dell'art. 61-bis l. n. 689/1981, trovando applicazione, per la natura sostanziale della previsione con essa introdotta, il disposto di cui all'art. 2, comma 4, che, in ipotesi di successione di leggi penali nel tempo, prescrive l'applicazione della norma più favorevole all'imputato (Cass. V, n. 45583/2024). La non menzione della condanna a pene sostitutiveRinviando all'apposita trattazione, occorre segnalare che il terzo comma dell'art. 175, introdotto dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 , prevede che la non menzione della condanna possa essere concessa anche in caso di condanna a pena sostitutiva di una pena detentiva, purché la pena sostituita rientri nei limiti di pena previsti dai primi due commi della medesima disposizione. L'intervento mira a incentivare le potenzialità di risocializzazione del condannato a pena sostitutiva attraverso l'attenuazione degli effetti negativi e di stigmatizzazione sociale conseguenti alla condanna penale. Del resto, sarebbe stato irragionevole mantenere il beneficio per le condanne a pena detentiva, escludendolo quando tali pene, all'esito di una positiva valutazione, siano sostituite. I rapporti con le misure alternative alla detenzioneL'art. 67 l. n. 689/1981, nella versione introdotta dal d.lgs. n. 150/2022, stabilisce che le misure alternative alla detenzione previste dell'ordinamento penitenziario non si applichino al condannato in espiazione di pena sostitutiva. In deroga alla regola generale, la norma prevede però che l'affidamento in prova al servizio sociale possa essere concesso al condannato alle pene sostitutive della semilibertà o della detenzione domiciliare dopo l'espiazione di almeno metà della pena, a condizione che « abbia serbato un comportamento tale per cui l'affidamento in prova appaia più idoneo alla rieducazione del condannato e assicuri comunque la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati » (art. 47, comma 3-ter, l. 26 luglio 1975, n. 354, introdotto dal citato d.lgs. n. 150/2022 ). Stando alle relazione alla riforma, la scelta è imposta da considerazioni sia logiche che pratiche, in quanto appare « stridente con il sistema affidare al giudice di merito l'arduo compito di selezionare le forme più adeguate della rieducazione e della risocializzazione del condannato, attraverso un ventaglio di pene sostitutive applicate con i criteri stringenti di cui all'articolo 58, e poi consentire l'immediato accesso ad altre forme alternative, pensate all'origine per la pena detentiva »; inoltre, vi è l'esigenza di « evitare la dispersione dell'attività degli organi preposti all'individuazione dei contenuti e delle forme della pena sostitutiva più adeguate al condannato ». Tali ragioni non valgono, come ha precisato la Suprema Corte, quando il condannato sia sottoposto a misura alternativa alla detenzione per altra causa, che non costituisce quini causa ostativa all'applicazione delle pene sostitutive, salva la compatibilità delle rispettive prescrizioni ( Cass . I, n. 11950/2024 ). Profili processualiL’art. 95 d.lgs. n. 150/2022 prevede una disciplina transitoria per l’applicazione delle pene sostitutive nell’ambito dei procedimenti già conclusi in primo grado al momento dell’entrata in vigore della novella. Il secondo periodo del primo comma stabilisce che «il condannato a pena detentiva non superiore a quattro anni, all'esito di un procedimento pendente innanzi la Corte di cassazione all'entrata in vigore del presente decreto, può presentare istanza di applicazione di una delle pene sostitutive di cui al Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, al giudice dell'esecuzione, ai sensi dell'articolo 666 del codice di procedura penale, entro trenta giorni dalla irrevocabilità della sentenza. Nel giudizio di esecuzione si applicano, in quanto compatibili, le norme del Capo III l. 24 n. 689/1981, e del codice di procedura penale relative alle pene sostitutive». La giurisprudenza di legittimità ha avuto occasione di chiarire che, ai fini dell’applicabilità del regime transitorio previsto dall’art. 95, d.lgs. n. 150/2022, deve considerarsi «pendente innanzi la Corte di cassazione» qualsiasi processo che, alla data di entrata in vigore della riforma, sia stato definito dalla Corte d’appello mediante la pronuncia del dispositivo; dunque, anche quei processi nei quali sia ancora pendente il termine fissato dal collegio per il deposito delle motivazioni (Cass IV, n. 43975/2023), ovvero nei quali sia pendente il termine per il ricorso per cassazione (Cass. V, n. 37022/2023). In ragione di tale diritto vivente, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità dell’art. 95 d.lgs. n. 150/2022, sollevata con riferimento agli artt. 3, 24 e 27 Cost., nella parte in cui tale disposizione, se intesa letteralmente, non consentirebbe di presentare l’istanza di applicazione della pena sostitutiva ai condannati nei confronti dei quali, al momento dell’entrata in vigore della riforma, pendeva dinanzi alla Corte di appello il termine per il deposito della sentenza o per il ricorso in cassazione (Corte cost. n. 25/2024). L’art. 545-bis c.p.p., introdotto dalla riforma Cartabia, prevede che, subito dopo la lettura del dispositivo della sentenza che applica una pena detentiva non superiore a quattro anni, il giudice, se ricorrono le condizioni per sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all’art. 53 l. n. 689/1981, ne dà avviso alle parti e l’imputato (o il suo difensore munito di procura speciale) può acconsentire alla sostituzione con una pena diversa dalla pena pecuniaria (per quest’ultima non è necessario il consenso). Dunque, nell’impostazione iniziale era sempre necessario l’avvio di un’ulteriore fase del procedimento, nella quale si doveva decidere sulla sostituzione e sulla scelta della pena sostitutiva. Il d.lgs. n. 31/2024 (c.d. Correttivo Cartabia) è intervenuto sull’istituto apportandovi alcune modifiche finalizzate a semplificarlo. La previsione del consenso dell’imputato all’applicazione delle pene sostitutive diverse da quella pecuniaria è stata inserita nel capoverso dell’art. 58 l. n. 689/1981. Riformulando l’art. 545-bis c.p.p., si è previsto che il giudice, se è in grado di farlo, possa sostituire direttamente la pena, dando così lettura di un unico dispositivo. Solo quando non è possibile decidere immediatamente, il giudice, subito dopo la lettura del dispositivo, sentite le parti, acquisito, ove necessario, il consenso dell’imputato, integra il dispositivo indicando la pena sostitutiva con gli obblighi e le prescrizioni corrispondenti. Secondo un modello processuale bifasico, ispirato al sentencing anglo-americano, la disposizione in esame prevede anche che il giudice, se non ritiene di disporre degli elementi necessari per decidere immediatamente, sospenda il processo fissando un’apposita udienza a non oltre sessanta giorni, con avviso alle parti e all’UEPE competente. Una sospensione di pari durata è prevista nell’ambito del patteggiamento e del procedimento per decreto (artt. 448, comma 1-bis e 459, comma 1-ter, c.p.p., introdotti dalla medesima riforma). In tal caso rimane sospeso il corso del termine di prescrizione del reato (art. 159, comma 1) e del termine di fase dell’eventuale misura cautelare (art. 304, comma 1, lett. c-ter, c.p.p.). Va detto che la previsione di un rinvio dell’udienza per un’istruzione sulla pena sostitutiva è corenete con il fatto che la legge non prevede che la richiesta di applicazione di pene sostitutive debba essere corredata dalla documentazione utile ai fini della sua valutazione, né, come precisato dalla Suprema Corte, un tale onere può scaturire da intese stipulate con i Consigli dell'ordine degli avvocati, che non hanno titolo ad introdurre, a livello locale, regole con effetto derogatorio rispetto alle disposizioni del codice di rito (Cass. IV, n. 47333/2024). Se l’UEPE, a cui sia stata richiesta l’elaborazione del programma di trattamento, omette di inviarlo entro il termine fissato con il provvedimento di rinvio dell'udienza ex art. 545-bis, comma 1, c.p.p., l’imputato non è tenuto a fornire documentazione surrogatoria (Cass. II, n. 12635/2024), ma il giudice dovrà compulsare l'ente competente al fine di acquisire ogni elemento utile ai fini della decisione (Cass. VI, n. 21929/2024). Va precisato che, ad esclusione dell’ipotesi di un approfondimento istruttorio, l'imputato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, deve essere in grado di acconsentire all’applicazione della pena sostitutiva al momento della lettura del dispositivo, senza possibilità di avanzare istanza di rinvio, posto che la fase processuale successiva alla lettura del dispositivo non la prevede e che la norma valorizza l'apporto delle parti, chiamate a contribuire alla più adeguata risposta sanzionatoria al reato, in conformità alle esigenze di individualizzazione del trattamento derivanti dall'art. 27, comma 3, Cost. (Cass. II, n. 10641/2023). All’esito dell’udienza di rinvio il giudice, se deciderà per la sostituzione, integrerà il dispositivo della sentenza «indicando la pena sostitutiva con gli obblighi e le prescrizioni corrispondenti», altrimenti confermerà il dispositivo. Dalla lettura del dispositivo integrato o confermato decorre il termine per il deposito della motivazione della sentenza (art. 545-bis, comma 5, c.p.p.). La Corte di Cassazione ha ritento che non sia abnorme la decisione con la quale il giudice della cognizione, anziché integrare o confermare il dispositivo già letto in udienza, rigetti la richiesta di sostituzione della pena detentiva con separato provvedimento che, in ogni caso, è impugnabile nel merito unitamente alla sentenza (Cass. V, n. 28102/2024). Va chiarito che le prescrizioni dettate per le pene sostitutive non sono "pene accessorie" la cui applicazione dipende dalla discrezionale valutazione del giudice, ma costituiscono contenuto necessario e predeterminato della pena sostitutiva, da applicare obbligatoriamente anche in caso di patteggiamento (Cass. VI, n. 41487/2024). Nel suo assetto originario, la riforma Cartabia non contemplava un coordinamento della disciplina prevista dall’art. 545-bis c.p.p. con il giudizio di appello. La mancanza di tale raccordo aveva portato i giudici di legittimità ad interrogarsi sulla compatibilità del nuovo modello bifasico con il giudizio di secondo grado. Si è ritenuto che il meccanismo delinato dall'art. 545-bis c.p.p. possa operare anche nel giudizio di appello (Cass. VI, n. 8215/2025; Cass. V, n. 14035/2024) Si è precisato, però, che il giudice di appello non può disporre d’ufficio la sostituzione della pena irrogata con una pena sostitutiva, non rientrando tale sostituzione nel novero dei benefici e delle diminuenti tassativamente indicati dall'art. 597, comma 5, c.p.p., che costituisce disposizione derogatoria, di natura eccezionale, al principio devolutivo dell'appello (Cass. II, n. 1188/2024). Il giudice di appello è tenuto a pronunciarsi sull’applicabilità delle pene sostitutive, secondo la disciplina transitoria contenuta nell'art. 95 d.lgs. n. 150/2022, solo se è stata formulata una richiesta in tal senso da parte dell'imputato. Tale richiesta, però, non dev'essere necessariamente inserita nell'atto di impugnazione o nei motivi nuovi ex art. 585, comma 4, c.p.p., ma può anche intervenire, al più tardi, nel corso dell'udienza di discussione del gravame (Cass. n. 12991/2024). Tuttavia, se il giudizio di appello si svolge in forma cartolare, la richiesta di applicazione di pene sostitutive può essere avanzata solo con l'atto di impugnazione o con i motivi nuovi, sicché, se è formulata con le conclusioni scritte, la questione non può ritenersi devoluta alla Corte di appello (Cass. III, n. 42825/2024). La Suprema Corte si è occupata anche dell’ipotesi in cui il giudice di appello, riformando una decisione di condanna, riduca la pena detentiva inflitta in primo grado entro il limite di quattro anni. Si è ritenuto che in tal caso il giudice deve formulare l’avviso previsto dall’art. 545-bis c.p.p. (nella formulazione previgente); ove ometta tale avviso è tenuto a motivare specificamente l’insussistenza delle condizioni per l’applicabilità delle pene sostitutive in virtù della disciplina transitoria prevista dall’art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (Cass. III, n. 12760/2024). L’assetto pretorio brevemente descritto è stato infine recepito dal d.lgs. n. 31/2024 (c.d. Correttivo Cartabia), che ha modificato gli artt. 598-bis e 599-bis c.p.p. In particolare, l’art. 598-bis c.p.p., nella formulazione attuale, distingue a seconda che l’appello si svolga nelle forme del rito cartolare non partecipato (comma 1) oppure nelle forme del rito partecipato (commi 2, 3 e 4). Nel primo caso, divenuto ormai la regola, il consenso dell’imputato alla sostituzione della pena detentiva irrogata con una pena sostitutiva diversa da quella pecuniaria può essere espresso fino a quindici giorni prima dell’udienza. Nel secondo caso, invece, il consenso alla sostituzione della pena detentiva può essere espresso sino alla data dell’udienza. La regola, dunque, è quella della manifestazione dell’assenso dell’imputato prima della definizione del giudizio, in maniera che il giudice possa procedere immediatamente alla sostituzione. Se la Corte ritiene che ne ricorrano i presupposti, sostituisce la pena detentiva. Quando, pur essendo acquisito il consenso, non è possibile decidere immediatamente, la Corte fissa un' apposita udienza non oltre sessanta giorni, dandone avviso alle parti e all'ufficio di esecuzione penale esterna competente e provvede ad acquisire gli atti, i documenti e le informazioni di cui all'art. 545-bis, comma 2, c.p.p.; in tal caso il processo è sospeso. Salvo che la Corte disponga altrimenti, l'udienza si svolge senza la partecipazione delle parti. Tuttavia, nel caso in cui, per effetto della decisione sull’impugnazione, venga applicata dal giudice di appello una pena non superiore a quattro anni, l’applicazione delle pene sostitutive segue scansioni procedurali diverse da quelle appena descritte (v. comma 4-ter). Se sussistono tutti i presupposti, il giudice di appello procede alla sostituzione immediata della pena detentiva. Se è necessario acquisire il consenso dell’imputato, la corte deposita il dispositivo, assegna all’imputato il termine perentorio di quindici giorni per esprimere il consenso e fissa udienza, non oltre trenta giorni, senza la partecipazione delle parti. In tal caso, il processo è sospeso. A questo punto, se il consenso dell’imputato viene acquisito, all’udienza la Corte integra il dispositivo; in caso negativo, lo conferma. Qualora, pur essendo stato acquisito il consenso, non è possibile decidere immediatamente, la Corte fissa un’apposita udienza di sentencing. Analogo intervento di coordinamento è stato fatto sull’art. 599-bis c.p.p. in tema di concordato anche con rinuncia ai motivi di appello. In particolare, si è precisato che l’accordo possa riguardare anche la sostituzione della pena detentiva e che, nell’ipotesi di applicazione della pena sostitutiva, si applicano le disposizioni dell’art. 598-bis c.p.p., ma il consenso dell’imputato è espresso, a pena di decadenza, nel termine di quindici giorni prima dell’udienza (comma 1). BibliografiaAmarelli, L’ampliamento delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi: luci e ombre, in Proc. pen. giust., 2022, 234 ss.;.Bartoli, Punire in libertà: le nuove pene sostitutive, in Riv. it. dir. proc. pen., 2023, p. 1399 ss.; N. Pisani, Le pene sostitutive, in Giur. it., 2023, p. 942 ss.; Bernardi, Note sparse sulla disciplina della pena pecuniaria e delle altre sanzioni sostitutive nella riforma Cartabia, in Sit. pen., 18 maggio 2023; Bianchi, Le pene sostitutive. Sistematica, disciplina e prospettive di riforma, Torino, 2024; Bianchi, Le modifiche in materia di sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi, in Castronuovo-Donini-Mancuso- Varraso (a cura di), Riforma Cartabia. 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Negri (a cura di), Forme, riforme e valori per la giustizia penale futura, Napoli, 2023, 231 ss.; Gargani, La riforma in materia di sanzioni sostitutive, in Leg. pen. on line, 20 gennaio 2022; Palazzo, I profili di diritto sostanziale della riforma penale, in Sist. pen., 8 settembre 2021; Risicato, La riforma delle pene sostitutive tra molti pregi e qualche asimmetria, in Riv. it. dir. proc. pen., 2023, p. 585 ss.; |