Rapporti tra impiego di proventi illeciti, riciclaggio e ricettazione

ANGELO SALERNO

1. Bussole di inquadramento

Il delitto di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita

Il delitto di impiego di proventi illeciti è punito ai sensi dell'art. 648-ter c.p., che prende in considerazione, al primo comma, le condotte di chi impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, prevedendo una pena meno severa, al comma secondo, quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da contravvenzione.

L'attuale formulazione della norma incriminatrice è frutto delle modifiche apportate con d.lgs. n. 195/2021, attuativo della direttiva 2018/1673/UE, che ha esteso l'ambito applicativo della fattispecie in esame ai fatti aventi ad oggetto il provento di reati di natura contravvenzionale, purché sanzionati con l'arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi.

Si tratta di modifiche irretroattive, stante il carattere sfavorevole della nuova disciplina, e dunque applicabili a far data dall'entrata in vigore del decreto su citato, il 15 dicembre 2021.

A prescindere dalla provenienza delittuosa o contravvenzionale dell'oggetto materiale del delitto ex art. 648-ter c.p., non è necessario che tutte le risorse utilizzate per il compimento delle operazioni di investimento in attività economiche e finanziarie siano di provenienza illecita, ma è sufficiente che almeno una parte di esse sia da attribuire a proventi da reato, sicché l'esatta determinazione della parte di provenienza illecita rispetto a quella lecita delle risorse impiegate, anche contestualmente, è irrilevante ai fini della configurabilità del reato (Cass. II, n. 43387/2019).

L'art. 648-ter c.p. prevede altresì una serie di circostanze speciali, di cui rispettivamente ai commi terzo e quarto dell'articolo.

Il comma terzo disciplina un'aggravante ad effetto comune, con aumento fino a un terzo della pena, quando il fatto risulti commesso nell'esercizio di un'attività professionale. Come precisato dalla giurisprudenza di legittimità, ai fini della configurabilità della circostanza in questione, non rilevano esclusivamente le attività per il cui esercizio è richiesta l'iscrizione ad un particolare albo o una speciale abilitazione, ma qualunque attività economica o finanziaria diretta a creare nuovi beni e servizi o allo scambio e distribuzione di beni nel mercato del consumo (Cass. II, n. 3026/2017).

Ai sensi del comma quarto dell'art. 648-ter c.p., la pena è invece diminuita nei casi di particolare tenuità, stante il richiamo all'attuale comma quarto dell'art. 648 c.p.

Come espressamente previsto dal comma primo dell'art. 648-ter c.p., il soggetto agente non deve aver concorso nel reato presupposto.

Stante il richiamo operato dal comma quinto della disposizione in esame all'ultimo comma dell'art. 648 c.p., non occorre che l'autore del reato presupposto sia punibile né che sussistano eventuali condizioni di procedibilità, come previsto anche per i delitti di ricettazione, riciclaggio e autoriciclaggio.

L'elemento soggettivo del delitto ex art. 648-ter c.p. è il dolo generico, “costituito dalla mera coscienza e volontà di destinare ad un impiego economicamente utile i capitali illeciti, unitamente alla consapevolezza, anche solo generica, della loro provenienza delittuosa” (Cass. II, n. 43387/2019), in mancanza di una espressa previsione in ordine alla finalità di ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa delle risorse impiegate.

La clausola di sussidiarietà rispetto ai delitti di ricettazione e riciclaggio

L'incipit del comma primo dell'art. 648-ter c.p., oltre a richiedere che il soggetto agente non abbia concorso nel reato presupposto, prevede una clausola di sussidiarietà, che opera in relazione alle fattispecie di cui agli artt. 648 c.p. e 648-bis c.p.

Qualora pertanto le condotte di impiego di proventi illeciti integrino nel contempo i fatti di ricettazione o di riciclaggio, la fattispecie in esame non troverà applicazione.

Attraverso la previsione dell'art. 648 ter c.p., il legislatore ha infatti inteso sanzionare una fase ulteriore e successiva a quella vera e propria del riciclaggio e della ricettazione, consistente nell'investimento remunerativo dei proventi di origine illecita, che presuppone dunque che la fase di ripulitura del denaro illecito sia già avvenuta e che l'agente impieghi in attività economico-finanziarie il capitale di provenienza delittuosa.

La previsione di una clausola di sussidiarietà ha tuttavia generato problemi interpretativi in ordine al residuo ambito di applicazione del delitto in esame, che finisce per assumere carattere marginale.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Qual è il discrimen tra le fattispecie di impiego di proventi illeciti, riciclaggio e ricettazione?

Orientamento dominante della Corte di Cassazione

I reati di cui agli artt. 648 e 648 bis c.p. prevalgano solo nel caso di successive azioni distinte, le prime di ricettazione o riciclaggio, le seconde di impiego, mentre si riconosce solo il delitto di cui all'art. 648-ter c.p. nel caso di una serie di condotte realizzate in un contesto univoco, sin dall'inizio finalizzato all'impiego

In ordine ai rapporti tra le fattispecie di impiego di proventi illeciti e di ricettazione e riciclaggio la giurisprudenza di legittimità ha chiarito i criteri cui il giudice deve attenersi nel fare applicazione della clausola di sussidiarietà prevista dall'art. 648-ter c.p.

In particolare, i giudici di legittimità hanno evidenziato che la fattispecie di reimpiego non richiede che la condotta presenti “connotazioni dissimulatorie volte ad ostacolare l'individuazione o l'accertamento della provenienza illecita dei beni”, in quanto tale delitto tutela, in via residuale rispetto a quelli di riciclaggio e autoriciclaggio, la genuinità del libero mercato da qualunque forma di inquinamento proveniente dall'utilizzo di beni di provenienza illecita (Cass. II, 24273/2021).

È stato inoltre evidenziato che l'elemento soggettivo richiesto dall'art. 648-ter c.p., del dolo generico, è costituito dalla mera coscienza e volontà di destinare ad un impiego economicamente utile i capitali illeciti, unitamente alla consapevolezza, anche solo generica, della loro provenienza delittuosa (Cass. II, n. 43376/2019).

Tanto premesso, i giudici di legittimità hanno affermato, per “salvaguardare qualche spazio applicativo alla fattispecie di cui all'art. 648-ter c.p.”, che i reati di cui agli artt. 648 e 648-bis c.p. sono destinati a prevalere “solo nel caso di successive azioni distinte, le prime di ricettazione o riciclaggio, le seconde di impiego, mentre si riconosce solo il delitto di cui all'art. 648 ter nel caso di una serie di condotte realizzate in un contesto univoco, sin dall'inizio finalizzato all'impiego”.

Ne consegue che “qualora, dopo la loro ricezione o la loro sostituzione, i beni di provenienza illecita siano oggetto, sulla base di una autonoma e successiva determinazione volitiva, di reimpiego, tale condotta deve ritenersi un mero post factum non punibile dei reati di ricettazione o di riciclaggio in forza della clausola di sussidiarietà contenuta nell'art. 648-ter c.p.” (Cass. II, n. 4800/2010).

La soluzione ermeneutica volta a conservare uno spazio applicativo alla fattispecie in esame, viene dunque individuata nella distinzione tra unicità o pluralità di comportamenti e determinazioni volitive che caratterizza le condotte del soggetto agente (Cass. II, n. 18241/2022).

Quest'ultimo (che non deve aver concorso nel reato presupposto) sarà dunque chiamato a rispondere del delitto di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, ai sensi dell'art. 648-ter c.p., solo quando la condotta si iscriva in un contesto unitario e caratterizzato dalla immediatezza dell'impiego rispetto all'acquisizione di disponibilità dei proventi illeciti. In siffatte ipotesi l'elemento soggettivo che sorregge la condotta criminosa ha ad oggetto il mero reimpiego dei proventi illeciti, senza alcun fine di profitto ovvero senza alcun intento di occultamento.

Qualora invece siano apprezzabili condotte autonome sul piano materiale e funzionale, di ricezione dei proventi illeciti a fine di profitto ovvero tali da occultarne la provenienza illecita, cui consegue in un secondo momento il reimpiego in attività economiche, quest'ultimo comportamento non assumerà rilevanza penale, in forza della predetta clausola di sussidiarietà.

3. Azioni processuali

Ulteriori attività difensive

Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari personali (art. 311); Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura cautelare reale (artt. 322 e 324); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare reale (art. 322-bis); Istanza di revoca del sequestro preventivo al pubblico ministero (art. 321, comma 3); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari reali (art. 325); Richiesta di scarcerazione per estinzione della misura custodiale (art. 306); Mandato per svolgere attività investigativa preventiva a seguito di un sequestro (artt. 96, 327-bis e art. 391-nonies); Conferimento incarico al consulente tecnico a svolgere investigazioni difensive (art. 327-bis); Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni (art. 374); Memoria difensiva (art. 419, comma 2); Richiesta di giudizio abbreviato (art. 438, comma 1).

ProcedibilitàIl delitto di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita è sempre procedibile d'ufficio, anche quando il reato presupposto sia procedibile a querela di parte e a prescindere dalla presentazione della querela per il reato presupposto, come previsto dall'ultimo comma dell'art. 648 c.p., richiamato espressamente dall'art. 648-ter, comma 5 c.p.

Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato)

A seconda che il reato presupposto del delitto di riciclaggio presenti natura delittuosa o contravvenzionale, il termine di prescrizione è destinato a mutare.

Difatti, a seguito della riforma attuata con d.lgs. n. 195/2021, il comma 1 dell'art. 648-ter c.p. punisce, con la pena detentiva da quattro a dodici anni le condotte di riciclaggio di danaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, mentre il comma 2 prevede, per le medesime condotte aventi però ad oggetto danaro o cose provenienti da contravvenzione (purché punita con l'arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi) la reclusione da due a sei anni.

Ne deriva che, per le condotte ex art. 648-ter, comma 1 c.p. il termine breve di prescrizione è pari a dodici anni, mentre per le condotte di cui al comma 2 va individuato in sei anni (cfr. art. 157 c.p.); in caso di eventi interruttivi, il primo termine sarà aumentato fino ad un massimo di quindici anni, mentre il secondo fino a sette anni e sei mesi (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), salvi periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.).

A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), per tutti i casi di riciclaggio costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione:

– del giudizio di appello entro il termine di due anni;

– del giudizio di cassazione entro il termine di un anno;

salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare;

salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.;

salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021).

Misure precautelari e cautelari

Arresto e fermo

In relazione alle condotte di riciclaggio di cui ai commi primo e secondo dell'art. 648-ter c.p., comunque circostanziate, non è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza di reato, in quanto il minimo edittale non supera i cinque anni di reclusione; è tuttavia possibile l'arresto facoltativo in flagranza di reato, tanto per l'impiego di danaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, quanto per le condotte aventi ad oggetto danaro o cose provenienti da contravvenzione (art. 381, comma 1, c.p.p.).

Solo in relazione alle condotte di cui al comma primo dell'art. 648-ter c.p. è consentito il fermo (art. 384 c.p.p.).

Misure cautelari personali

Tutte le condotte di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita consentono l'applicazione di misure cautelari personali, ivi comprese le misure cautelari coercitive (artt. 281-286-bis c.p.p.), in quanto la cornice edittale detentiva prevista dai commi 1 e 2 dell'art. 648-ter c.p. soddisfa i requisiti previsti dall'art. 280, comma 1, c.p.p., essendo in entrambi i casi superiore nel massimo a tre anni; è inoltre applicabile la misura della custodia cautelare in carcere, ex art. 280, comma 2, c.p.p., dal momento che la pena detentiva supera i cinque anni di reclusione nel massimo, sia nelle ipotesi di cui al comma 1, sia in quelle di cui al comma 2 dell'art. 648-ter c.p.

Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale

Competenza

Per i delitti di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.).

Citazione a giudizio

Per i delitti di riciclaggio si procede con udienza preliminare.

Composizione del tribunale

Il tribunale decide in composizione monocratica in relazione alle condotte di cui al comma 2 dell'art. 648-ter c.p., aventi ad oggetto danaro, beni o altre utilità provenienti da contravvenzione, e in composizione collegiale in relazione alle condotte punite dal comma 1, aventi ad oggetto il provento di un delitto (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.).

4. Conclusioni

Il confine che la giurisprudenza ha tracciato tra il delitto di impiego di proventi illeciti e le fattispecie di ricettazione e riciclaggio lascia emergere il carattere residuale della prima fattispecie delittuosa, evidenziato dalla stessa Corte di Cassazione.

Tanto trova conferma nella più modesta applicazione che l'art. 648-ter c.p. trova nella prassi, per effetto della concreta difficoltà nel ravvisare un contesto immediato e unitario di impiego dei proventi di origine criminosa.

Tali condotte risultano infatti seguono molto più spesso quelle di acquisto o comunque di ricezione dei beni, del danaro o delle altre utilità di origine criminosa, e sono caratterizzate da finalità di profitto. Altrettanto frequente il caso in cui il reimpiego costituisca una modalità di trasferimento dei beni in questione o concretizzi altre operazioni tali da occultare la provenienza illecita degli stessi.

Si è pertanto dubitato della reale utilità della fattispecie in esame, di rara applicazione e tale da ingenerare incertezze in fase applicativa, tanto più alla luce dei criteri che la Corte di Cassazione ha dovuto individuare per perimetrarne i confini operativi.

Unicità o pluralità delle condotte ed elemento soggettivo del reato rappresentano infatti un terreno scivoloso in fase di accertamento giudiziale, con conseguente rischio di qualificare erroneamente i fatti, anche a danno delle garanzie difensive.

La riforma del 2021 delle fattispecie exartt. 648 ss. c.p. non ha modificato i rapporti tra le stesse, incrementando peraltro le difficoltà interpretative per effetto dell'estensione dell'area penalmente rilevante alle condotte che abbiano ad oggetto il provento di reati contravvenzionali.

Tali incertezze potrebbero dunque richiedere un nuovo intervento legislativo di razionalizzazione della materia, costituendo così un'occasione per restituire effettività alla fattispecie di cui all'art. 648-ter c.p. ovvero per valutarne la necessità nell'ambito dell'attuale assetto normativo.

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