Autoriciclaggio mediante gioco d'azzardo e scommesse1. Bussole di inquadramentoIl delitto di autoriciclaggio Il delitto di autoriciclaggio, di cui all'art. 648-ter1 c.p. punisce al comma 1 chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa. La disposizione citata è stata oggetto di modifica in forza del d.lgs. n. 195/2021, attuativo della direttiva 2018/1673/UE, che ha eliminato le parole “non colposo” dopo “delitto”, estendendo così la portata applicativa del reato. Con la novella è stato altresì introdotto l'attuale comma 2 dell'art. 648-ter1 c.p., che punisce meno severamente le medesime condotte, aventi denaro o cose provenienti da contravvenzione punita con l'arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi. L'art. 648-ter1 c.p. è stato introdotto con legge n. 186/2014, in adempimento degli obblighi internazionali assunti con la Convenzione di Strasburgo sulla corruzione del 1999, ratificata dall'Italia con l. n. 110/2012, nonché con la Convenzione ONU contro il crimine organizzato transnazionale, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 1° novembre 2000 e ratificata dall'Italia con l. n. 146/2006. L'introduzione del delitto di autoriciclaggio è avvenuta altresì a seguito di pressioni sovranazionali, come emerge dal Rapporto sull'Italia del 2006 redatto dal Fondo Monetario Internazionale e dal Rapporto del 2011 dell'OCSE, i cui rilievi sono stati accolti dal legislatore nel 2014. In particolare, era emersa una lacuna nell'ordinamento penale con riferimento alle condotte di riciclaggio e reimpiego del danaro e delle utilità provenienti da reato, quando autore di tali successive attività fosse lo stesso responsabile del reato presupposto. La fattispecie in esame è stata quindi introdotta “al dichiarato scopo di colmare la predetta lacuna, ovvero soltanto per incriminare le condotte lato sensu consistenti nel riciclaggio o reimpiego di beni di provenienza delittuosa, poste in essere dall'autore del (o dal concorrente nel) reato presupposto”. La nuova disposizione è dunque volta a colpire il successivo utilizzo da parte del prodotto delle proprie attività legali in ulteriori attività illecite o in attività economiche lecite nell'ambito delle quali il reo viene così a trovarsi in una posizione di privilegio rispetto ai propri concorrenti rispettosi della legge. Il bene giuridico tutelato dal delitto di autoriciclaggio è pertanto rinvenibile, da un lato, nella esigenza di tracciare la provenienza delittuosa dei beni oggetto della condotta e, dall'altro, nell'interesse alla libera concorrenza nel mercato, alterata dall'ingresso di capitali di provenienza delittuosa. Deve dunque ritenersi che la fattispecie in esame presenti natura pluri-offensiva, senza tuttavia assegnare particolare rilevanza al patrimonio della persona offesa dal delitto presupposto, che passa in secondo piano, nonostante la collocazione della norma nel Titolo XIII del Libro II del Codice penale. Il soggetto attivo del reato è colui che ha commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, configurando un reato proprio, che sul piano dell'elemento soggettivo richiede il dolo generico. La non punibilità delle condotte di mero utilizzo o godimento Ai sensi del comma 5 dell'art. 648-ter1 c.p., «non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale». Qualora dunque il responsabile del delitto presupposto abbia reimpiegato il danaro o altra utilità proveniente dal predetto delitto in un'attività che ne costituisce una mera forma di utilizzo ovvero di godimento personale e non già di reinvestimento o con finalità di speculazione, investimento o comunque imprenditoriale, il fatto non sarà punibile. La giurisprudenza ha precisato al riguardo, tuttavia, che «l'ipotesi di non punibilità di cui all'art. 648-ter.1, comma 4 [oggi quinto], c.p. è integrata soltanto nel caso in cui l'agente utilizzi o goda dei beni provento del delitto presupposto in modo diretto e senza compiere su di essi alcuna operazione atta ad ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa» (Cass. II, n. 13795/2019). 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Integra il delitto di autoriciclaggio l'impiego delle somme provenienti da delitto in scommesse e gioco d'azzardo?
Orientamento meno recente della Corte di Cassazione Non integra il delitto di autoriciclaggio l'impiego del provento del reato presupposto in scommesse o gioco d'azzardo La Corte di Cassazione si è pronunciata di recente in ordine alla portata applicativa del delitto di autoriciclaggio, con particolare riferimento al caso in cui l'autore del reato presupposto abbia destinato il relativo provento ad attività ludiche di gioco d'azzardo o scommesse. Nell'affrontare la questione, i giudici di legittimità hanno preso le mosse dalla formulazione della fattispecie di autoriciclaggio, evidenziando che, a differenza del delitto di riciclaggio, non prevede clausole di chiusura ma definisce tassativamente le condotte penalmente rilevanti di impiego, trasferimento e sostituzione, richiedendo altresì che risultino idonee ad ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa. L'art. 648-ter1 c.p. limita inoltre la rilevanza penale di tali condotte, in senso ulteriormente restrittivo rispetto al delitto di riciclaggio, ai soli casi cui siano poste in essere in relazione ad «attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative». È stato pertanto escluso il delitto in esame a fronte del versamento della somma, costituente profitto di un furto, su conto corrente o su carta di credito prepagata intestati allo stesso autore del reato presupposto, proprio perché «tale deposito non può considerarsi come attività “economica” o “finanziaria”, oltre a non costituire comunque, a mente dell'art. 648-ter.1 c.p., attività idonea ad occultare la provenienza delittuosa del denaro oggetto di profitto» (Cass. II, n. 33074/2016). Con particolare riferimento al caso in cui l'autore del reato presupposto impieghi il relativo provento in attività ludiche (in specie in puntate al gioco del lotto), la Corte ha evidenziato che occorre verificare se tale condotta sia riconducibile alle categorie di attività prese in considerazione dall'art. 648-ter1 c.p., salva ogni valutazione in ordine all'effetto di ostacolarne in concreto l'identificazione della provenienza criminosa. Tra le condotte tipizzate dall'art. 648-ter1 c.p., viene in questi casi in rilievo quella di impiego in “attività speculative”, tra le quali la Corte ha tuttavia escluso che possa che possa rientrare il gioco d'azzardo (Cass. II, 9751/2019). I giudici di legittimità hanno infatti rilevato che «l'iniziativa di un soggetto che decide di recarsi in ricevitoria, e di puntare una somma confidando nell'uscita di un ambo o di un terno, non sembra in alcun caso definibile come “attività speculativa”, tantomeno sorretta da scelte e modalità razionali», in quanto «il soggetto in questione, semplicemente, si affida alla sorte per ricavare, con il meccanismo casuale delle estrazioni, una somma maggiore di quella di cui dispone» (Cass. II, 9751/2019). Tale conclusione, secondo la Corte, non muta a seconda della provenienza delle somme impiegate, in quanto implica valutazioni generali ed astratte, di natura interpretativa, che si pongono a monte rispetto al dato storico-fattuale della provenienza del danaro (Cass. II, 9751/2019). Viene inoltre evidenziato che il regime tributario delle vincite, qualificate come “redditi diversi”, è distinto e autonomo rispetto a quello dei redditi da plusvalenza, che traggono origine da investimenti speculativi, anche nelle modalità di tassazione (Cass. II, 9751/2019). La Corte ha pertanto escluso la rilevanza penale, in termini di autoriciclaggio, dell'impiego di proventi criminosi in attività ludiche di gioco d'azzardo e scommesse (Cass. II, 9751/2019). Orientamento più recente della Corte di Cassazione Può integrare il delitto di autoriciclaggio l'impiego del provento del reato presupposto in scommesse o gioco d'azzardo Più di recente, sebbene a distanza di pochi giorni rispetto al precedente sopra esaminato, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in ordine alla possibilità di sussumere l'impiego di somme provenienti da reato in attività ludica di gioco d'azzardo o scommesse (nella fattispecie, slot machines, giochi d'azzardo e scommesse sportive online) nella fattispecie delittuosa di autoriciclaggio. I giudici di legittimità hanno preso le mosse dall'esame del delitto di autoriciclaggio e indagato il significato dell'espressione “attività speculativa”, rilevandone l'ampia portata semantica, in cui può rientrare «qualsiasi decisione o azione di investimento che si basa sulla previsione di eventi futuri e che — in questo senso — implichi rischio» (Cass. II, n. 13795/2019). Si ritiene tuttavia che, sul piano logico, «non c'è differenza tra una scommessa sul prezzo futuro del grano e una scommessa sul risultato di una partita di calcio. La differenza rilevante è nel criterio in base al quale si decide se accettare la scommessa; lo speculatore decide l'azione col criterio del confronto tra rischio e rendimento atteso; il giocatore d'azzardo accetta la scommessa anche se l'aspettativa di guadagno non è tale da compensare il rischio dell'operazione» (Cass. II, n. 13795/2019). Secondo la Corta, dunque, è possibile «includere, nel novero delle potenziali attività speculative, anche quelle classificabili come gioco d'azzardo (nozione, quest'ultima, come accennato, evidentemente diversa dal gioco puramente ludico, cioè avulso dal perseguimento di significative finalità economiche) o come scommessa (sia di tipo sportivo che relativa ad eventi incerti, comunque oggetto di quotazione presso gli allibratori)» (Cass. II, n. 13795/2019). Soffermandosi quindi sulle intenzioni del legislatore, si osserva che «il testo dell'art. 648 ter.1 c.p. adottato dal legislatore italiano rappresenta il frutto della citata evoluzione, e del tutto logicamente deve ritenersi che abbia inteso perseguire, mediante l'utilizzo delle ampie locuzioni citate (attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative), qualsiasi forma di re-immissione delle disponibilità di provenienza delittuosa all'interno del circuito economico legale; tuttavia, al fine di evitare la violazione di principi fondamentali del diritto penale (ne bis in idem sostanziale), il testo, pur incriminando la condotta di impiego, sostituzione o trasformazione attuata dall'autore del delitto presupposto, l'ha limitata, escludendo la punizione della stessa sotto il profilo oggettivo, e cioè per difetto di offensività rispetto al bene giuridico protetto (ordine pubblico economico), prevedendo che la condotta deve essere tale da “ostacolare concretamente l'identificazione della provenienza delittuosa”, nonché limitandola sotto il profilo soggettivo con l'introduzione della clausola di non punibilità del comma 4» (Cass. II, n. 13795/2019). Sulla scorta di tali premesse, i giudici di legittimità affermano che «non può logicamente negarsi che, mediante l'impiego di denaro nel gioco d'azzardo o nelle scommesse, si raggiunga proprio il risultato che la norma incriminatrice vuole sanzionare: l'autore dell'illecito presupposto, anziché tenere per sé il denaro o destinarlo al mero utilizzo o godimento personale, lo impiega, con l'intento di ricavarne un profitto (che talvolta può anche essere molto ingente) accettando, per contro, pure il rischio di una perdita» (Cass. II, n. 13795/2019). Sul piano degli effetti della condotta, si rileva inoltre che «in caso di vincita, il denaro di provenienza illecita (generalmente in contanti e privo di tracciabilità) è pronto per essere immesso nel circuito economico con la “nuova veste” di una legittima provenienza; e, in caso di perdita (parziale o totale), comunque si è avuta una re-immissione di denaro di provenienza delittuosa nel mercato economico» (Cass. II, n. 13795/2019). Sia sul piano letterale, dunque, sia sul piano teleologico, si ritiene corretta l'interpretazione estensiva della norma incriminatrice, tale da far rientrare le condotte di impiego del provento criminoso in scommesse o gioco d'azzardo nelle categorie delle attività speculative, nonché di investimento, inteso come “impegnare danaro per ottenere un guadagno” (Cass. II, n. 13795/2019). Tanto premesso, la Corte di Cassazione ha evidenziato tuttavia che occorrerà altresì accertare il dolo generico della condotta, che richiede «la coscienza e volontà di impiegare, sostituire o trasferire proventi delittuosi nelle attività considerate dalla norma medesima “in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa”» (Cass. II, n. 13795/2019). Infine, i giudici di legittimità si sono soffermati sulla invocabilità, nel caso di scommesse o gioco d'azzardo, della causa di non punibilità sancita dall'attuale comma 5 dell'art. 648-ter1 c.p., ribadendo quanto già affermato in precedenza dalla Corte, secondo cui «l'agente può andare esente da responsabilità penale solo e soltanto se utilizzi o goda dei beni provento del delitto presupposto in modo diretto e senza che compia su di essi alcuna operazione atta ad ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa» (Cass. II, n. 30399/2018), con una «“destinazione” alla “mera utilizzazione o al godimento personale”, situazione differente, anche sotto il profilo del corrispondente elemento soggettivo» (Cass. II, n. 13795/2019). 3. Azioni processualiUlteriori attività difensive Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura coercitiva (art. 309); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari personali (art. 311); Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura cautelare reale (artt. 322 e 324); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare reale (art. 322-bis); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari reali (art. 325); Richiesta di scarcerazione per estinzione della misura custodiale (art. 306); Mandato per svolgere attività investigativa preventiva a seguito di un sequestro (artt. 96, 327-bis e art. 391-nonies); Conferimento incarico al consulente tecnico a svolgere investigazioni difensive (art. 327-bis); Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni (art. 374); Memoria difensiva (art. 419, comma 2); Richiesta di giudizio abbreviato (art. 438, comma 1). ProcedibilitàIl delitto di autoriciclaggio è sempre procedibile d'ufficio, anche quando il reato presupposto sia procedibile a querela di parte e a prescindere dalla presentazione della querela per il reato presupposto, come previsto dall'ultimo comma dell'art. 648 c.p., richiamato espressamente dall'art. 648-ter1, comma 8, c.p. Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato) A seconda che il reato presupposto del delitto di autoriciclaggio presenti natura delittuosa o contravvenzionale, il termine di prescrizione è destinato a mutare, in quanto le condotte aventi ad oggetto danaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, di cui all'art. 648-ter1, comma 1, c.p. sono punite nel massimo edittale con otto anni di reclusione, con conseguente determinazione del termine breve di prescrizione in otto anni (art. 157 c.p.) e di quello massimo in dieci anni (artt. 160 e 161 c.p.), in caso di atti interruttivi. Con riferimento invece alle condotte di cui all'art. 648-ter1, comma 2, c.p., punite nel massimo edittale con quattro anni di reclusione, il termine breve di prescrizione va individuato in sei anni (art. 157 c.p.) e quello massimo in sette anni e sei mesi (artt. 160 e 161 c.p.). In relazione all'individuazione del dies a quo del termine di prescrizione, la Corte di Cassazione ha precisato che, in presenza di più condotte attuative del reato, «attuate in un medesimo contesto fattuale e con riferimento ad un medesimo oggetto, si configura un unico reato a formazione progressiva e consumazione prolungata, che viene a cessare con l'ultima delle operazioni poste in essere» (Cass. II, n. 29869/2016). A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), per tutti i casi di riciclaggio costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione: — del giudizio di appello entro il termine di due anni; — del giudizio di cassazione entro il termine di un anno; salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare; salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.; salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021). Misure precautelari e cautelari Arresto e fermo In relazione alle condotte di autoriciclaggio, comunque circostanziate, non è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza di reato, in quanto il minimo edittale non supera i cinque anni di reclusione; è tuttavia possibile l'arresto facoltativo in flagranza di reato (art. 381, comma 1, c.p.p.). Solo in relazione alle condotte di autoriciclaggio aventi ad oggetto il provento di un delitto è consentito il fermo (art. 384 c.p.p.). Misure cautelari personali Tutte condotte di autoriciclaggio consentono l'applicazione di misure cautelari personali, ivi comprese le misure cautelari coercitive (artt. 281-286-bis c.p.p.), in quanto la cornice edittale detentiva prevista dall'art. 648-ter1, c.p. soddisfa i requisiti previsti dall'art. 280, comma 1, c.p.p., essendo sempre superiore nel massimo edittale a tre anni; è inoltre applicabile la misura della custodia cautelare in carcere, ex art. 280, co. 2, c.p.p., ma esclusivamente quando abbiano le condotte di autoriciclaggio abbiano ad oggetto il provento di un delitto, ex art. 648-ter1, comma 1, c.p., in quanto punite con la reclusione superiore nel massimo a cinque anni. Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale Competenza Per i delitti di autoriciclaggio è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.). Citazione a giudizio Per i delitti di autoriciclaggio occorre distinguere a seconda della provenienza dell'oggetto materiale del reato, in quanto per le condotte di cui all'art. 648-ter1, comma 1, c.p. è prevista l'udienza preliminare, laddove le condotte aventi ad oggetto il provento di una contravvenzione, di cui al comma 2, consentono di procedere con citazione diretta a giudizio, ex art. 550 c.p.p. Composizione del tribunale Il tribunale decide in composizione monocratica in relazione a tutte le condotte di autoriciclaggio, ex art. 648-ter1c.p. (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.). 4. ConclusioniLa previsione della necessaria idoneità della condotta di autoriciclaggio ad ostacolare l'identificazione della provenienza criminosa del provento del reato presupposto, nonché l'esclusione della punibilità di operazioni di mero godimento o utilizzo personale, hanno determinato un contrasto interpretativo ancora irrisolto in relazione al reimpiego di danaro di provenienza criminosa in scommesse e gioco d'azzardo. La questione si pone sul piano della tipicità del delitto di autoriciclaggio, sotto un triplice profilo: in primo luogo è infatti necessario che la condotta di impiego del danaro di provenienza criminosa riguardi attività “economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative”; in secondo luogo deve trattarsi di operazioni connotate da un effetto dissimulatorio concreto in ordine alla provenienza criminosa del danaro; infine deve verificarsi che tale forma di impiego dell'oggetto materiale della condotta non rientri nelle ipotesi non punibili di cui all'attuale comma 5 dell'art. 648-ter1 c.p. Come anticipato, la Corte di Cassazione ha adottato, a breve distanza di tempo, soluzioni opposte, dapprima escludendo che il gioco d'azzardo e le scommesse rientrino, a monte, tra le attività penalmente rilevanti individuate tassativamente dalla norma incriminatrice, con conseguente impossibilità di ravvisare il delitto di autoriciclaggio. A distanza di pochi mesi, la Corte ha invece qualificato tali attività come speculative, equiparandole a quelle di investimento caratterizzate da un rischio calcolabile, in quanto tali oggetto di valutazioni economiche razionali. In ordine al secondo profilo è stato ritenuto che la re-immissione dei proventi illeciti sia tale da determinare l'effetto di ostacolo all'identificazione della provenienza criminosa del danaro e che, nel contempo, non possa qualificarsi come forma di godimento o utilizzo personale. La Corte evidenzia infatti che il comma 5 dell'art. 648-ter1 c.p., nel fare salvi i casi di cui ai commi precedenti, esclude che la causa di non punibilità operi a fronte di operazioni tali da determinare il predetto effetto dissimulatorio. |