La riconoscibilità della minorata capacità della persona vittima di circonvenzione1. Bussole di inquadramentoLa riconoscibilità della minorata capacità della persona vittima di circonvenzione Una questione interpretativa di notevole rilievo in materia di circonvenzione di persone incapaci, da cui discendono una serie di conseguenze sia di natura sostanziale che processuale, è quella concernente la riconoscibilità della minorata capacità della persona vittima di circonvenzione. Sovente si legge nei fatti di cronaca di anziani, spesso congiunti, oggetto di comportamenti insidiosi finalizzati a fagli compiere atti per loro dannosi al solo scopo di conseguire un proprio interesse personale. La casistica è abbastanza varia, ma tutta presenta un minimo comun denominatore individuabile nell'induzione a porre in essere atti giuridici, il più delle volte a contenuto patrimoniale, aventi effetti pregiudizievoli per la persona offesa. Nell'ipotesi in analisi un'anziana signora era stata ospitata presso l'abitazione dei due rei, dopo che la nipote, con cui conviveva insieme alla figlia di quest'ultima, era stata ricoverata. I due colpevoli l'avevano convinta a realizzare plurimi atti spoliativi del suo patrimonio, che si caratterizzavano non solo per il loro numero consistente, ma anche per le connotazioni totalmente e ingiustificatamente depauperative. Tali atti consistevano in: ingenti prelievi di danaro contante sul conto corrente dell'anziana e della nipote, effettuati in un breve arco temporale; accollo di bollette corrispondenti a centinaia di euro e relative ad una utenza telefonica intestata alla persona offesa, ma utilizzata dagli agenti; sottoscrizione dell'atto di acquisto di una vettura in comproprietà con uno dei due rei, facendo credere all'anziana che si trattasse solo di firme a garanzia del finanziamento e facendole, poi, cedere la propria quota al “comproprietario”; ulteriore ingente prelievo in banca, effettuato nella stessa giornata dell'acquisto dell'auto, che aveva attirato i sospetti dei dipendenti i quali, a propria volta, avevano allertato il direttore. Oltre ad atti finalizzati all'impoverimento del patrimonio della vittima i due rei avevano compiuto anche ulteriori condotte di carattere induttivo, ad es. prospettando il pericolo che durante il ricovero della madre la pronipote venisse data in adozione ad estranei, in luogo dell'affidamento provvisorio, e rappresentando falsamente che una parte dei contanti servisse a saldare la retta del canile dove erano ricoverati i cani della nipote dell'anziana. Il reato di circonvenzione d'incapace si colloca in una “zona d'ombra”: apparentemente, infatti, il soggetto ha posto in essere un atto giuridicamente valido (o più atti validi) che non sembra affetto da vizi (determinanti la nullità ai sensi dell'ordinamento civile). Da un'analisi del contesto in cui è stato realizzato, però, appare verosimile ritenere che la volontà espressa dalla vittima, che costituisce un elemento costitutivo di qualsiasi negozio giuridico, non si sia esplicata liberamente, ma sia stata in qualche modo influenzata e diversamente indirizzata da qualcuno che, resosi conto della sua particolare vulnerabilità, ne abbia abusato attraverso un'attività induttiva esterna. Ciò in quanto il volere di quest'ultima è reso deficitario dalla minore età o dall'esistenza di un'infermità o di una deficienza psichica, condizioni che ne determinano anche una particolare fragilità cognitiva. All'accertamento del delitto di circonvenzione di incapace consegue, poi, la nullità del contratto stipulato dall'incapace per contrarietà a norme imperative, ai sensi dell'art. 1418 c.c. (Cass. II, n. 19665/2008). Di recente la Cassazione ha ribadito che l’accertamento dello stato psichico di una persona è un atto irripetibile, da compiersi con le forme previste dall’art. 360 c.p.p., nelle ipotesi in cui ha ad oggetto una condizione contingente (come, ad es., il sentimento di innamoramento/infatuazione e successiva paura situazionale) e, come tale, suscettibile di modificazione (Cass. II, n. 7349/2023). Fondamentale, perciò, al fine di verificare la rilevanza penale della condotta sopra descritta, è definire i concetti di stato di infermità e di deficienza psichica – quello di minore si ricava agevolmente dalla legge – per determinare quali devono essere le caratteristiche tipiche della situazione di minorata capacità della persona offesa ovvero se è necessario che oltre ad essere oggettiva debba anche essere riconoscibile da parte di tutti o è sufficiente che la relativa consapevolezza sia solo in capo all'autore del reato. Tale aspetto risulta dirimente sia sotto un profilo teorico sia sotto quello pratico. Per quanto riguarda quello dogmatico, infatti, si riverbera sull'elemento soggettivo, in quanto l'oggetto del dolo non abbraccia soltanto l'evento, ma tutti gli elementi del fatto che costituisce reato. Ai fini della sua sussistenza, infatti, vi dovrà essere coscienza e volontà nei riguardi di tutti gli aspetti del fatto storico congruenti con la fattispecie descritta dall'art. 643 c.p. In merito, invece, a quello concreto rileva in tutte le ipotesi simili a quella in esame in cui vi sono dei soggetti terzi che assistono all'atto di disposizione patrimoniale (i due agenti erano presenti all'acquisto dell'autovettura, mentre le condizioni della persona offesa potevano verosimilmente non essere percepiti dai venditori, in presenza di firme formalmente in regola). Pertanto, ai fini della perimetrazione dell'ambito di applicazione del reato occorre stabilire se occorre che la fragilità cognitiva della persona offesa debba apparire ictu oculi oppure se non debba essere immediatamente percepibile all'esterno da soggetti estranei, ma certamente apprezzabile da chi entra in un contatto più personale con lei. La configurabilità del reato di circonvenzione di incapaci Un orientamento giurisprudenziale consolidato (Cass. II, n. 19834/2019; Cass. V, n. 29003/2012) ritiene che il delitto di circonvenzione d'incapaci si consuma quando ricorrono le seguenti condizioni: “a) l'instaurazione di un rapporto squilibrato fra vittima ed agente, in cui quest'ultimo abbia la possibilità di manipolare la volontà della vittima, che, in ragione di specifiche situazioni concrete, sia incapace di opporre alcuna resistenza per l'assenza o la diminuzione della capacità critica; b) l'induzione a compiere un atto che importi per il soggetto passivo o per altri qualsiasi effetto giuridico dannoso; c) l'abuso dello stato di vulnerabilità che si verifica quando l'agente, consapevole di detto stato, ne sfrutti la debolezza per raggiungere il suo fine e cioè quello di procurare a sè o ad altri un profitto; d) la oggettiva riconoscibilità della minorata capacità, in modo che chiunque possa abusarne per raggiungere i suoi fini illeciti”. Come noto l'art. 643 c.p., inserito all'interno del codice penale fra i delitti contro il patrimonio mediante frode, tutela il patrimonio del soggetto in una situazione di fragilità cognitiva ossia di colui che, non necessariamente e formalmente interdetto o inabilitato, si trovi in una minorata condizione di autodeterminazione in ordine ai suoi interessi patrimoniali (Cass. V, n. 29003/2012). Mediante l'introduzione nell'ordinamento penale di questa fattispecie, infatti, il legislatore ha voluto garantire non tanto le persone parzialmente o totalmente incapaci dall'abuso che l'agente possa compiere su di loro sfruttando tale incapacità, ma ha inteso salvaguardare quei soggetti che, a cagione della loro età o del loro stato di infermità o di deficienza psichica siano facilmente determinabili e coscientemente indotti al compimento di atti pregiudizievoli. Ciò in quanto la loro particolare condizione li rende particolarmente assoggettabili alle pressioni, agli stimoli e agli impulsi che gli altri possono esercitare su di loro (Cass. II, n. 7101/1988). La legge individua tre categorie di soggetti passivi: i minori, l'infermo psichico e il deficiente psichico. La sussistenza di una delle correlate condizioni si pone come un presupposto della condotta della cui sussistenza, pertanto, vi deve essere l'assoluta certezza (Cass. II, n. 5791/2017). Lo sforzo interpretativo da parte della giurisprudenza si è concentrato sui concetti di infermità e di deficienza psichica, essendo quello di minore facilmente deducibile dalla legge. Al riguardo è stato osservato che l'infermità è un concetto generico ed esteso: non coincide con quello di malattia mentale, ma ne comprende ogni forma. Vi include tutte quelle condizioni cliniche (malattie mentali quali, ad es., la psicosi maniaco-depressiva o la schizofrenia e le c.d. anomalie mentali, quali, ad esempio, personalità psicopatiche, reazioni psicogene, psiconeurosi), di qualsiasi origine e natura, che abbiano un riflesso sullo stato mentale di un individuo, pregiudicandone più o meno intensamente il funzionamento e le capacità di assicurare performance adeguate (Cass. II, n. 36424/2015). Nella nozione di deficienza psichica, invece, vi rientrano non solo condizioni psicopatologiche sfumate o meno gravi rispetto a quelle “tipiche” dell'infermità, ma anche situazioni cliniche al di fuori della psicopatologia vera e propria (debolezza di carattere, fragilità, particolare suggestionabilità). In tale stato, pertanto, è ricompresa qualsiasi minorazione, anche temporanea, della sfera intellettiva, volitiva o affettiva del soggetto passivo. Tale minorazione può derivare dalla fragilità del carattere, dalla vecchiezza e, in genere, da ogni altro analogo stato che si presti agli abusi, indipendentemente da uno specifico quadro morboso clinicamente identificabile secondo le comuni classificazioni neurologiche o psichiatriche (Cass. II, n. 21464/2019). Nel caso di specie l'età avanzata e le precarie condizioni familiari (la nipote convivente tossicodipendente ricoverata, l'essere ospitata presso un'altra abitazione e, di conseguenza, sradicata dalle proprie abitudini e dalle proprie certezze, ecc.) consentono di reputare che l'anziana signora si trovasse in una situazione di deficienza psichica per la sua fragilità. La giurisprudenza, poi, ha precisato che l'art. 643 c.p. non richiede che l'incapace sia privo della capacità d'intendere e di volere in maniera totale ovvero permanente (Cass. II, n. 23283/2023): : è sufficiente che lo stato di infermità psichica sia limitato ad alcune manifestazioni, anche solo ricorrenti, delle quali l'agente abbia abusato mediante induzione a compiere un atto che un individuo di media normalità psichica non avrebbe acconsentito a compiere (Cass. V, n. 9263/1979). Non è necessario, poi, che l'effetto dannoso consegua all'atto indotto come sua conseguenza giuridica immediata e che, quindi, l'attitudine a determinare un danno o un pericolo di danno costituisca una manifestazione tipica dell'atto stesso, ma è sufficiente che questo, determinato dal dolo o dalla frode dell'agente, sia idoneo ad ingenerare un pregiudizio o un pericolo di pregiudizio per il soggetto passivo che l'ha posto in essere o per altri (Cass. II, n. 2063/2000). Deve poi sussistere una correlazione tra l'azione subdola dell'agente e la ridotta capacità di autodeterminarsi della vittima a causa della mancata o diminuita capacità critica (Cass. II, n. 9358/2015). Nel caso in esame in aggiunta alla minorata capacità è possibile rilevare la sussistenza anche degli altri due elementi oggettivi necessari ai fini della configurabilità della fattispecie: l'induzione a compiere un atto che importi, per il soggetto passivo e/o per altri, qualsiasi effetto giuridico pregiudizievole (l'acquisto dell'autovettura, i numerosi prelievi in banca, ecc. sono tutti atti pregiudizievoli per il suo patrimonio in quanto volti a depauperarlo) e l'abuso dello stato di vulnerabilità (perpetrato anche prospettando il pericolo che la pronipote venisse data in adozione ad estranei, e non in affidamento provvisorio, durante il ricovero della nipote o rappresentando falsamente che una parte dei contanti servisse a saldare la retta del canile dove erano ricoverati i cani della nipote dell'anziana che, diversamente, sarebbero stati abbandonati). L'induzione, infatti, implica il compimento di attività di sollecitazione e suggestione idonei a spingere il soggetto passivo a prestare il suo consenso al compimento dell'atto dannoso. Non è sufficiente, infatti, che l'agente si limiti a trarre giovamento dalle menomate condizioni psichiche della persona offesa (Cass. II, n. 1419/2013). Non è richiesto, inoltre, il ricorso a mezzi coattivi o ad artifici o raggiri, ma è pur sempre necessaria un'attività apprezzabile di pressione morale, di suggestione o di persuasione, cioè di spinta psicologica (Cass. II, n. 28080/2015). Tale attività deve porsi, rispetto all'atto dispositivo compiuto, in un rapporto di causa ed effetto (Cass. II, n. 1195/1993). L'art. 643 c.p. non specifica le modalità attraverso le quali si deve estrinsecare l'abuso per cui quest'ultimo può consistere in qualsiasi pressione morale, anche blanda, idonea a conseguire il risultato avuto di mira (Cass. II, n. 31320/2008) sfruttando la debolezza e la vulnerabilità della vittima (Cass. V, n. 29003/2012). Nel caso de quo i due colpevoli conoscevano il sentimento di preoccupazione dell'anziana signora per le sorti della nipote e della pronipote e la situazione di disorientamento e di scombussolamento emotivo data dal cambio di abitazione, di abitudini e di connessi punti riferimento. È ravvisabile, infine, anche l'elemento soggettivo, consistente nel dolo specifico, perché i due agenti non solo si sono rappresentati lo stato di deficienza psichica della donna ed erano consapevoli di indurla al compimento di atti per la stessa pregiudizievole mediante l'abuso della sua condizione di fragilità cognitiva, ma avevano anche l'intento di procurarsi un profitto personale (l'acquisto dell'autovettura, il finanziamento della linea telefonica, ecc.). Il profitto a cui fa riferimento l'art. 643 c.p., anche se tale norma non lo dichiara espressamente, dev'essere ingiusto, in quanto, diversamente, non vi può essere frode patrimoniale (Cass. II, n. 22418/2021). Di conseguenza il delitto dev'essere escluso quando nulla è stato frodato o si volle frodare (Cass. II, n. 9991/1983). 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
La situazione di minorata capacità della persona offesa oltre ad essere oggettiva è necessario che sia riconoscibile da parte di tutti?
Orientamento prevalente della Corte di Cassazione L'orientamento giurisprudenziale prevalente (Cass. II, n. 19834/2019; Cass. II, n. 9358/2015; Cass. V, n. 29003/2012; Cass. II, n. 45327/2011) a seguito dell'analisi della norma contenuta nell'art. 643 c.p. rileva che quest'ultima da un lato distingue, quali soggetti passivi del reato, fra infermo psichico e deficiente psichico, ma dall'altro non considera necessario che la persona offesa si trovi nella condizione per essere interdetto o inabilitato ai sensi della normativa vigente. Tale formulazione induce a ritenere che per infermità psichica debba intendersi ogni alterazione psichica derivante sia da un vero e proprio processo morboso (quindi catalogabile fra le malattie psichiatriche) sia da una condizione che, sebbene non patologica, menomi le facoltà intellettive o volitive. La deficienza psichica, invece, si individua in un'alterazione dello stato psichico che, sebbene meno grave della infermità, sia comunque idonea a porre il soggetto passivo in uno stato di minorata capacità in quanto le sue capacità intellettive, volitive o affettive, fanno scemare o diminuire il pensiero critico di intensità tale da agevolare la suggestionabilità della vittima e ridurne i poteri di difesa contro le altrui insidie (Cass. II, n. 23283/2023). In particolare, lo stato di deficienza psichica può derivare anche dalla fragilità, duttilità e debolezza del carattere, dalla vecchiezza e in genere da ogni altra analoga particolare condizione che consenta agevolmente al soggetto agente di suggestionare e di abusare, anche se tale condizione non può essere definita e catalogata coi mezzi ordinari della scienza medica (Cass. V, n. 3558/1973). La Cassazione, inoltre, recentemente ha precisato che al fine di accertare lo stato di deficienza psichica della vittima, può assumere rilievo anche la passione morbosa che quest'ultima nutre per l'agente, poiché la tenace presenza di un'idea dominante, carica di contenuto emotivo, e la forte tensione affettiva possono, specie in persone anziane o in soggetti dalla personalità debole, avere un effetto deviante del pensiero critico ed un'azione nettamente inibitrice sulla volontà (Cass. III, n. 38705/2018). Questo filone giurisprudenziale, poi, rileva che nelle due sopra illustrate situazioni è possibile rinvenire un minimo comun denominatore consistente nel fatto che il reato di cui all'art. 643 c.p. si realizza quando si dimostra la sussistenza dell'instaurazione di un rapporto squilibrato fra vittima ed agente. Deve, infatti, trattarsi di un rapporto in cui quest'ultimo ha la possibilità di manipolare la volontà della persona a causa del fatto che costei si trovi, per determinate situazioni da verificare caso per caso, in una minorata situazione e, quindi, sia incapace di opporre alcuna resistenza a causa della mancanza o diminuita capacità critica (Cass. II, n. 9358/2015). Tale condizione di minorata capacità dev'essere oggettiva, nel senso che deve essere riconosciuta a seguito dell'analisi delle oggettive condizioni del soggetto passivo, e non mediante il raffronto con persone dotate di maggiore capacità psichica e di notevole potere di persuasione e di suggestione. In quest'ultima, ipotesi, verrebbe necessariamente a mancare il presupposto del fatto costituente reato (Cass. II, n. 4747/1987). Secondo questa impostazione, infine, la particolare fragilità cognitiva deve essere riconoscibile ictu oculi da parte di tutti coloro che entrano – anche occasionalmente – in contatto con la persona offesa, in modo che chiunque possa abusarne per raggiungere i suoi fini illeciti (Cass. II, n. 19834/2019; Cass. II, n. 9358/2015; Cass. V, n. 29003/2012; Cass. II, n. 45327/2011). Orientamento più recente della Corte di Cassazione Recentemente la Cassazione ha ripreso una risalente e isolata pronuncia (Cass. V, n. 6782/1977) secondo cui non sarebbe necessario che tutti coloro che anche episodicamente si avvicinino alla vittima di circonvenzione siano consapevoli del suo stato di infermità o di deficienza psichica, perché tale consapevolezza è richiesta solo in capo all'autore del reato. Secondo questo arresto la cognizione, da parte dell'agente, dello stato anomalo del soggetto passivo può essere legittimamente desunta, ad es., dall'evidenza di esborsi immotivati, dalla donazione di beni di cospicuo valore e dalla stessa arrendevolezza dimostrata dal circonvenuto. La Corte (Cass. II, n. 4592/2022), dopo aver ricordato quali sono le condizioni che devono sussistere affinché si possa ritenere integrato il delitto descritto dall'art. 643 c.p. (l'instaurazione di un rapporto squilibrato fra vittima ed agente; l'induzione a compiere un atto che comporta per la prima o per altri qualsiasi effetto giuridico dannoso; l'abuso del sua stato di vulnerabilità; l'oggettiva riconoscibilità della minorata capacità) ha ritenuto opportuno operare dei chiarimenti in riferimento alla nozione accoglibile, ai fini dell'applicazione della fattispecie de quo, dello stato deficienza psichica. Ha precisato che, quale elemento costitutivo del reato di cui all'art. 643 c.p., è una condizione del soggetto passivo, che deve sussistere in termini obiettivi, in maniera che chiunque (senza dover ricorrere ad artifizi o raggiri) possa abusarne per raggiungere i suoi fini illeciti. Secondo la Corte, poi, non è necessario che la situazione di deficienza psichica della vittima oltre che oggettiva, sia riconoscibile ictu oculi da parte di tutti coloro che vengono in contatto occasionale con la persona offesa. È, infatti, sufficiente che sia apprezzabile da parte di quella cerchia di persone che instaurano con la stessa una relazione significativa ed abbiano la possibilità di apprezzarne la debolezza cognitiva o affettiva, che costituisce uno dei presupposti del reato. Tale debolezza, poi, deve presentarsi secondo caratteristiche tali che chiunque – a prescindere dalla tipologia di rapporto instaurato con la persona offesa, occasionale o duraturo, familiare o lavorativo – possa abusarne per i propri fini illeciti. Secondo questo filone giurisprudenziale, pertanto, lo stato di fragilità e debolezza psichica della persona offesa deve essere oggettivo, ma non è tuttavia necessaria l'immediata percepibilità da parte di chiunque. La relativa consapevolezza è richiesta solo in capo all'autore del reato e desumibile anche dalla particolare arrendevolezza del soggetto circonvenuto. Individuazione del bene giuridico protetto dall'art. 643 c.p. Orientamento minoritario della Corte di Cassazione Per un indirizzo minoritario della giurisprudenza civile (Cass. civ. II, n. 1427/2004; Cass. civ. II, n. 8948/1994) la circonvenzione d'incapace è un reato plurioffensivo che tutela sia l'interesse patrimoniale sia la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo (specificamente il bene tutelato è l'autonomia privata e la libera esplicazione dell'attività negoziale dei potenziali soggetti passivi della circonvenzione). Orientamento dominante della Corte di Cassazione Secondo la giurisprudenza più recente e consolidata (Cass. II, n. 20809/2016; Cass. V, n. 29003/2012) il delitto di circonvenzione di persone incapaci tutela esclusivamente il patrimonio dell'incapace. Da ciò ne consegue che soggetto passivo del reato è solo quest'ultimo e che il terzo portatore di interessi pregiudicati dagli effetti dell'atto può ritenersi unicamente danneggiato. Rivestendo la qualità di persona danneggiata dal reato il terzo è legittimato solo ad esercitare l'azione civile o a proporre opposizione alla richiesta di archiviazione del procedimento. Individuazione del soggetto passivo legittimato a proporre querela Orientamento consolidato della Corte di Cassazione La Cassazione ha precisato che per individuare il soggetto passivo del reato di circonvenzione di persone incapaci, titolare del diritto di querela nei casi di cui all'art. 649, comma 1 e 2, c.p., si deve avere riguardo soltanto alla persona che abbia subito la circonvenzione, quale portatrice dell'interesse tutelato dalla predetta norma. Il terzo che abbia patito o possa patire un danno per effetto degli atti posti in essere dall'incapace circonvenuto non è soggetto passivo del reato, bensì persona danneggiata dall'illecito penale. Quest'ultima è una figura distinta dalla prima e come tale non legittimata ad esercitare il diritto di querela, ma soltanto l'azione civile ai sensi dell'art. 2043 c.c., anche nell'ambito del processo penale se il reato sia perseguibile d'ufficio, come nel caso di specie. Di conseguenza non ha diritto di avere avviso della proposizione della richiesta di archiviazione (Cass. II, n. 20809/2016; Cass. II, n. 38508/2010; Cass. II, n. 7192/2008). La Cassazione ha, inoltre, specificato che l'amministratore di sostegno, anche se rappresenta il soggetto amministrato nei limiti segnati dal decreto giudiziale di nomina, non ha un autonomo potere di querela, potendo al massimo sollecitare il giudice tutelare alla nomina di un curatore speciale (Cass. II, n. 14071/2015). 3. Azioni processualiUlteriori attività difensive Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Querela (art. 336); Istanza di sequestro conservativo della parte civile (art. 316); Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni (art. 374); Memoria difensiva (art. 419, comma 2); Richiesta di giudizio abbreviato (art. 438, comma 1). ProcedibilitàLa circonvenzione di incapace è procedibile d'ufficio.A tale fattispecie si applica il disposto dell'art. 649 c.p., che sancisce la non punibilità per fatti commessi a danno di congiunti elencati al primo comma, a meno che non ricorrano una delle situazioni esplicitate al comma 2 (fatto commesso a danno del coniuge legalmente separato, ecc.). Se ricorre una delle predette situazioni si procede a querela della persona offesa.Recentemente la Cassazione ha chiarito che in materia di reati contro il patrimonio, e con riferimento specifico alla procedibilità a querela di parte ex art. 649, comma 2, c.p. in relazione al delitto di circonvenzione di incapaci, la relazione di convivenza fra l'autore della condotta e la persona offesa implica un rapporto di stretta coabitazione. In tale tipologia di rapporto non è possibile annoverare situazione di fatto da cui possono derivare incrementi patrimoniali per occasionali ed episodici contributi di persone legate alla vittima da un particolare rapporto affettivo, ma non inserite nella sua organizzazione economica familiare (Cass. II, n. 51537/2019; Cass. II, n. 14071/2015). Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato) Il termine-base di prescrizione è pari ad anni sei (cfr. art. 157 c.p.). A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), per il delitto di circonvenzione d'incapace costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione: – del giudizio di appello entro il termine di due anni; – del giudizio di cassazione entro il termine di un anno. Tali cause di improcedibilità ricorrono a meno che non intervenga: – la proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare; – la sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.; – la diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021). Misure precautelari e cautelari Arresto e fermo Per il reato di circonvenzione di persone incapaci: – non è mai consentito l'arresto obbligatorio in flagranza di reato (art. 380 c.p.p.); – è consentito l'arresto facoltativo in flagranza di reato (art. 381, comma 2, c.p.p.); – non è consentito il fermo (art. 384 c.p.p.). Misure cautelari personali Nel caso del delitto di circonvenzione di persone incapaci è consentita l'applicazione delle misure cautelari personali (custodia cautelare in carcere ed altre misure cautelari personali art. 278 e ss. c.p.p.). Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale Competenza Nei casi di circonvenzione di persone incapaci è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.), che decide in composizione monocratica (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.). Citazione a giudizio Per la circonvenzione di persone incapaci si procede con udienza preliminare, in luogo della citazione diretta del P.M. a giudizio. Composizione del tribunale Il processo per il reato di circonvenzione di persone incapaci si svolgerà dinanzi al tribunale in composizione monocratica ai sensi dell'art. 33-ter, comma 2, c.p.p. (che detta regole riguardanti le attribuzioni del tribunale in composizione monocratica). 4. ConclusioniLa questione oggetto di contrasto interpretativo all'interno della Cassazione attiene alla riconoscibilità della minorata capacità della persona vittima di circonvenzione ai sensi dell'art. 643 c.p. Entrambi gli orientamenti formatesi concordano nell'individuazione delle condizioni che devono sussistere affinché si possa ritenere integrato il delitto descritto dall'art. 643 c.p. (l'instaurazione di un rapporto squilibrato fra vittima ed agente; l'induzione a compiere un atto che comporta per la prima o per altri qualsiasi effetto giuridico dannoso; l'abuso del suo stato di vulnerabilità; l'oggettiva riconoscibilità della minorata capacità). Entrambi, inoltre, asseriscono che lo stato d'infermità o la deficienza psichica (la minore età si ricava dall'analisi dell'ordinamento civile in modo incontrovertibile) devono essere due situazioni oggettive, cioè devono essere affermate per le obiettive condizioni del soggetto passivo, e non possono essere dedotte a seguito del raffronto con persone dotate di maggiore capacità psichica e di notevole potere di persuasione e di suggestione. Ciò in quanto in quest'ultima, ipotesi, verrebbe necessariamente a mancare il presupposto del fatto costituente reato. I due indirizzi, però, divergono in merito alla valutazione se la minorata capacità della vittima, oltre ad essere oggettiva, debba anche essere riconoscibile da parte di tutti o è sufficiente che la relativa consapevolezza sia solo in capo all'autore del reato. L'adesione all'impostazione dominante secondo la quale la fragilità cognitiva della persona offesa debba apparire ictu oculi a chiunque entra in contatto anche occasionalmente con la persona offesa o all'orientamento più recente secondo cui se non deve essere immediatamente percepibile all'esterno da soggetti estranei, ma solo apprezzabile da chi ha con lei un rapporto più personale, è determinate ai fini dell'individuazione dell'ambito di applicazione dell'art. 643 c.p. e per l'accertamento dell'elemento soggettivo. |