Ricettazione e depenalizzazione del reato presupposto1. Bussole di inquadramentoLa struttura del delitto di ricettazione L'art. 648 c.p. punisce chiunque, non avendo concorso nel reato presupposto, ponga in essere condotte successive che contribuiscono alla circolazione del bene provento del reato, a tutela del patrimonio della persona offesa, esposto al pericolo di non riuscire a recuperare il maltolto. La struttura del reato presenta pertanto un requisito soggettivo, in negativo, consistente nella estraneità del reo alla commissione del reato presupposto, da cui l'oggetto materiale della ricettazione deriva. È altresì necessaria la provenienza illecita della res che, per effetto del d.lgs. n. 195/2021, attuativo della direttiva 2018/1673/UE, può oggi riguardare qualsiasi delitto, anche se non doloso, ovvero una contravvenzione, a differenza di quanto previsto nell'originaria formulazione della norma incriminatrice, che assegnava rilevanza ai soli delitti non colposi. Le condotte alternative che integrano il delitto di ricettazione consistono nell'acquistare, ricevere od occultare, in prima persona, danaro o cose provenienti da reato, ovvero nell'assumere il ruolo di intermediario rispetto all'acquisto, la ricezione o l'occultamento da parte di terzi. Il delitto in esame è punito a titolo di dolo specifico, richiedendo il fine di trarre profitto, per sé o per altri, dalle condotte di ricettazione. Il reato presupposto Elemento fondamentale della fattispecie di ricettazione è il reato di provenienza del danaro ovvero della cosa oggetto delle condotte criminose punite dall'art. 648 c.p. Come anticipato, il responsabile del delitto di ricettazione non deve aver commesso né aver concorso nella commissione del reato presupposto. Rispetto al reato presupposto opera per il delitto di ricettazione il c.d. principio di autonomia, sancito dal comma 5 dell'art. 648 c.p. La disposizione citata prevede infatti che la norma incriminatrice trova applicazione «anche quando l'autore del reato da cui il denaro o le cose provengono non è imputabile o non è punibile ovvero quando manchi una condizione di procedibilità riferita a tale reato». Ne consegue che in caso di reato commesso da un soggetto non imputabile o non punibile, o ancora in caso di difetto o tardività della querela da parte della persona offesa, la condotta di ricettazione posta in essere sul danaro o sulla res proveniente da tale reato sarà comunque punibile, finanche nel caso in cui ne sia rimasto ignoto l'autore (Cass. II, n. 29685/2011). Non è altresì necessario che il reato presupposto sia accertato in tutti i suoi elementi costitutivi, purché possa affermarsi che l'oggetto della condotta di ricettazione provenga da reato, sulla base di una prova logica, assegnando ad esempio rilevanza alla natura e alle caratteristiche del bene stesso (Cass. I, n. 46419/2019). Come precisato dalla Corte di Cassazione, inoltre, «non è necessario che la sussistenza del delitto presupposto sia stata accertata da una sentenza di condanna passata in giudicato, essendo sufficiente che il fatto costitutivo di tale delitto non sia stato giudizialmente escluso, nella sua materialità, in modo definitivo e che il giudice procedente [...] ne abbia incidentalmente ritenuto la sussistenza» (Cass. II, n. 42052/2019). 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Le vicende normative del reato presupposto incidono sulla fattispecie di ricettazione?
Orientamento dominante della Corte di Cassazione L'eventuale abrogazione, le successive modifiche o la sopravvenuta incompatibilità di tale norma con il diritto comunitario non assumono rilievo ai sensi dell'art. 2 c.p. rispetto al delitto di ricettazione La Corte di Cassazione si è in più occasioni soffermata circa gli effetti che le vicende normative del reato presupposto possono determinare sulla fattispecie di ricettazione. Come anticipato, il comma 5 dell'art. 648 c.p. prende in considerazione la punibilità e la procedibilità del reato presupposto, sancendo il principio di autonomia tra la fattispecie di ricettazione e quella da cui provengono il danaro o le cose oggetto della relativa condotta. Diverso il caso in cui il reato presupposto sia stato abrogato, depenalizzato ovvero destinato alla disapplicazione per contrasto con il diritto dell'Unione Europea, in quanto si tratta di fenomeni normativi, da valutare in relazione alla disciplina della successione di norme penali nel tempo. In particolare, occorre verificare se in siffatte ipotesi si sia in presenza di una successione c.d. mediata di norme penali. La Corte di Cassazione è pervenuta, al riguardo, a soluzioni negative, escludendo che le norme incriminatrici che disciplinano il reato presupposto integrino la fattispecie di ricettazione sul piano strutturale. Con particolare riferimento al caso in cui il reato presupposto sia stato oggetto di depenalizzazione, i giudici di legittimità hanno infatti osservato che le norme penali che la modifica della norma penale che disciplina il reato presupposto non è idonea a determinare effetti successori mediati rispetto al delitto di ricettazione, in quanto norma esterna alla fattispecie incriminatrice ex art. 648 c.p. (Cass. II, n. 36281/2003). Occorre dunque avere riguardo al momento in cui è intervenuta la condotta tipica, onde accertare la provenienza da reato dell'oggetto materiale della condotta, quale fatto storico, senza alcuna implicazione normativa in termini di etero-integrazione della fattispecie penale. È stata così esclusa la possibilità di revocare la sentenza definitiva di condanna per il delitto di ricettazione a fronte della depenalizzazione sopravvenuta al fatto del reato presupposto — in specie di emissione di assegno senza autorizzazione della banca trattaria — non incidendo tale modifica normativa sulla fattispecie di ricettazione (Cass. II, n. 36281/2003). La questione è tornata attuale a seguito dell'intervento legislativo di depenalizzazione attuato con d.lgs. n. 7/2016, fornendo occasione ai giudici di legittimità per confermare la soluzione negativa già adottata in precedenza. La Corte ha infatti escluso che la ricettazione di un assegno oggetto del delitto di falso in scrittura privata, depenalizzato, cessi di assumere rilevanza penale per effetto della novella del 2016, «atteso che nella ricettazione la provenienza da delitto dell'oggetto materiale del reato è elemento definito da norma esterna alla fattispecie incriminatrice, per cui l'eventuale abrogazione di tale norma non assume rilievo ai sensi dell'art. 2 cod. pen., dovendo la rilevanza penale del fatto essere valutata con esclusivo riferimento al momento in cui ha avuto luogo la condotta tipica di ricezione della cosa» (Cass. II, n. 32775/2021). Alle medesime conclusioni la Corte è pervenuta in relazione alle ulteriori fattispecie depenalizzate per effetto del citato d.lgs. n. 7/2016, con riferimento alla ricettazione di cose oggetto del previgente reato di appropriazione di cose smarrite (Cass. VII, ord. n. 20644/2016) ovvero di sottrazione di cose comuni (Cass. II, n. 20773/2016). L'esclusione di un effetto mediato di abolitio criminis sulla fattispecie di ricettazione è stata confermata anche con riferimento al caso in cui il reato presupposto non sia stato oggetto di un intervento normativo di abrogazione o depenalizzazione, bensì ritenuto incompatibile con il diritto dell'Unione Europea e quindi disapplicato in forza del principio del primato delle fonti europee. La Corte di Cassazione ha infatti ribadito, anche in relazione a siffatte ipotesi, che le vicende della norma penale che disciplina il reato presupposto, quand'anche ritenuta incompatibile con le suddette norme sovranazionali, non sono idonee a incidere sulla fattispecie di ricettazione, restando la norma incriminatrice del reato presupposto estranea alla struttura del delitto ex art. 648 c.p. (Cass. III, n. 30591/2014). 3. Azioni processualiUlteriori attività difensive Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura coercitiva (art. 309); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare (art. 310); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari personali (art. 311); Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura cautelare reale (artt. 322 e 324); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare reale (art. 322-bis); Istanza di revoca del sequestro preventivo al pubblico ministero (art. 321, comma 3); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari reali (art. 325); Richiesta di scarcerazione per estinzione della misura custodiale (art. 306); Mandato per svolgere attività investigativa preventiva a seguito di un sequestro (artt. 96, 327-bis e art. 391-nonies); Conferimento incarico al consulente tecnico a svolgere investigazioni difensive (art. 327-bis); Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni (art. 374); Memoria difensiva (art. 419, comma 2); Richiesta di giudizio abbreviato (art. 438, comma 1); Richiesta di perizia (art. 220). ProcedibilitàIl delitto di ricettazione è sempre procedibile d'ufficio, a prescindere dal regime di procedibilità del reato presupposto, come sancito dall'art. 648, comma 5 c.p. Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato) A seconda della natura del reato presupposto, la diversa cornice edittale comporta un diverso termine di prescrizione per le condotte di ricettazione. In particolare, per effetto della riforma del 2021, la ricettazione di danaro o cose provenienti da delitto è destinata ad estinguersi nel termine di otto anni a decorrere dall'ultimo atto interruttivo, con un termine massimo, ai sensi dell'art. 161 c.p., di dieci anni a decorrere dalla consumazione del delitto, salvo che non sussistano aggravanti ad effetto speciale come la recidiva aggravata e reiterata, contestata e riconosciuta nei confronti del reo. Diversamente, qualora il danaro o la res provengano da contravvenzione, il termine di prescrizione c.d. breve sarà pari a sei anni, in quanto la pena edittale detentiva massima è stabilita in quattro anni di reclusione; il termine massimo di prescrizione è invece pari a sette anni e sei mesi. Anche in questo caso eventuali circostanze aggravanti ad effetto speciale ovvero la recidiva aggravata o reiterata sono destinate ad incidere sul termine di prescrizione. Occorre precisare, al riguardo, due profili, relativi all'individuazione del dies a quo della prescrizione e al calcolo del relativo termine nelle ipotesi di ricettazione di particolare tenuità. Con riferimento al primo profilo, deve evidenziarsi che la giurisprudenza di legittimità, facendo applicazione del principio del favor rei, ha costantemente affermato che, qualora «manchi prova certa della data di acquisizione del bene da parte dell'imputato, il momento consumativo del reato deve essere individuato, in applicazione del principio del favor rei, in prossimità della data di commissione del reato presupposto» (Cass. II, n. 44322/2021; Cass. II, n. 31946/2016). Riguardo invece alle ipotesi di ricettazione di particolare tenuità, punite meno severamente dal comma quarto dell'art. 648 c.p., anche in caso di provenienza delittuosa del danaro o della res, occorre mettere in evidenza che, come più volte ribadito dalla Corte di Cassazione, la norma citata disciplina una circostanza attenuante e non già un'autonoma fattispecie penale. Ne discende che il termine di prescrizione, anche nei casi di particolare tenuità, dovrà essere calcolato con riferimento alle pene sancite dal comma primo (Cass. II, n. 14767/2017). Deve infine precisarsi che, in forza del disposto dell'ultimo comma dell'art. 648 c.p., l'eventuale estinzione per intervenuta prescrizione del reato presupposto non incide sulla punibilità del delitto di ricettazione, stante il principio di autonomia che regola il rapporto tra le due fattispecie. A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), per tutti i casi di ricettazione costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione: — del giudizio di appello entro il termine di due anni; — del giudizio di cassazione entro il termine di un anno; salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare; salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.; salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021). Misure precautelari e cautelari Arresto e fermo Con riguardo al delitto di ricettazione, nell'ipotesi aggravata ai sensi dell'art. 648, comma 1, c.p., secondo periodo («quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da delitti di rapina aggravata ai sensi dell'articolo 628, terzo comma, di estorsione aggravata ai sensi dell'articolo 629, secondo comma, ovvero di furto aggravato ai sensi dell'articolo 625, primo comma, n. 7-bis)», ossia «se il fatto è commesso su componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all'erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica»), l'arresto in flagranza di reato è obbligatorio (art. 380, comma 1, lett. f-bis c.p.p.). Nelle altre ipotesi di ricettazione di cui ai commi primo e secondo dell'art. 648 c.p., nonché nel caso di ricettazione di particolare tenuità di danaro o cose provenienti da delitto è consentito l'arresto facoltativo in flagranza di reato (art. 381, comma 1, c.p.p.); non può invece procedersi ad arresto facoltativo in flagranza di reato quando il danaro o la cosa oggetto di ricettazione di particolare tenuità provengano da contravvenzione, in quanto la pena edittale massima non supera i tre anni di reclusione (art. 381, comma 1, c.p.p.). Solo in relazione alle condotte di cui al comma primo dell'art. 648 c.p. è consentito il fermo (art. 384 c.p.p.). Misure cautelari personali Per determinare la pena agli effetti dell'applicazione delle misure cautelari personali, ai sensi dell'art. 278 c.p.p., si tiene conto delle circostanze ad effetto speciale disciplinate dal comma quarto dell'art. 648 c.p. rispettivamente per le condotte di ricettazione di cui al comma primo (cose o danaro provenienti da delitto) e al comma secondo (cose o danaro provenienti da contravvenzione) dell'articolo. Pertanto, potrà essere applicata una misura cautelare personale coercitiva (artt. 281-286-bis c.p.p.) per le sole condotte di cui ai commi primo e secondo, nonché per i casi di ricettazione di particolare tenuità di danaro o cose provenienti da delitto, in quanto la pena detentiva edittale massima supera i tre anni di reclusione. Solo le condotte di ricettazione aventi ad oggetto danaro o cose provenienti da delitto, quand'anche in caso di particolare tenuità, consentono l'applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, poiché l'art. 280, comma 2, c.p.p. consente l'applicazione della predetta misura ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. Nessuna misura cautelare personale può invece essere applicata per le condotte di particolare tenuità aventi ad oggetto danaro o cose provenienti da contravvenzione, in quanto punite con la pena detentiva della reclusione non superiore a tre anni (artt. 280, comma 1, e 287 c.p.p.). Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale Competenza In tutti i casi di ricettazione, così come in caso di ricettazione reale, è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.), che decide in composizione monocratica (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.). Citazione a giudizio In tutti i casi di ricettazione si procede con citazione diretta a giudizio del Pubblico Ministero, ex art. 550, comma 2, c.p.p. Composizione del tribunale Il processo per il delitto di ricettazione si svolgerà sempre dinanzi al tribunale in composizione monocratica. 4. ConclusioniIl delitto di ricettazione, al pari delle ulteriori fattispecie penali che presuppongono la commissione di un altro reato (come ad esempio i delitti di favoreggiamento, riciclaggio, autoriciclaggio e reimpiego di proventi illeciti), pone problemi interpretativi in ordine al rapporto strutturale con il reato presupposto e agli effetti che le vicende normative che lo interessino possono determinare. Il legislatore ha preso in considerazione esclusivamente i profili della punibilità dell'autore del reato presupposto e della relativa procedibilità, lasciando agli interpreti il compito di definire gli effetti di una eventuale abolitio criminis di tale reato. La giurisprudenza di legittimità ha escluso, al riguardo, che le fattispecie di reato da cui provengono il danaro o le cose oggetto di ricettazione possano considerarsi parte integrante, sul piano normativo, della fattispecie ex art. 648 c.p. Non si tratta pertanto di elementi definitori e integrativi della fattispecie penale, con conseguente esclusione di una forma di successione penale c.d. mediata, allorché le norme incriminatrici che punivano il reato presupposto siano venute meno, per effetto della loro abrogazione, depenalizzazione e finanche quando siano risultate incompatibili con il diritto dell'Unione Europea e quindi disapplicate. |