Ricettazione di files

ANGELO SALERNO

1. Bussole di inquadramento

L'oggetto materiale del delitto di ricettazione

Il delitto di ricettazione punisce le condotte di chi acquista, riceve od occulta, in via diretta o in veste di intermediario, danaro o cose provenienti da reato, fuori dei casi di concorso nel reato presupposto.

L'ambito operativo della fattispecie di ricettazione è stato di recente esteso dal d.lgs. n. 195/2021, attuativo della direttiva n. 2018/1673/UE, che ha incluso tra i reati presupposto i delitti non dolosi e le contravvenzioni.

La direttiva, all'art. 2, n. 2), detta inoltre una definizione di “beni”, ricomprendendovi i «beni di qualsiasi tipo, materiali o immateriali, mobili o immobili, tangibili o intangibili, e i documenti o gli strumenti giuridici in qualsiasi forma, compresa quella elettronica o digitale, che attestano il diritto di proprietà o altri diritti sui beni medesimi».

La riforma del 2021 non ha tuttavia recepito l'ampia definizione di origine europea, sicché il riferimento contenuto nel testo dell'art. 648 c.p. alle “cose” provenienti da reato deve essere interpretato alla luce della disciplina civilistica e della pur parziale definizione, relativa alle sole “cose mobili”, dettata dall'art. 624, comma 2, c.p., che vi ricomprende «anche l'energia elettrica e ogni altra energia che abbia un valore economico».

La ricettazione di beni immateriali

La sopra riportata definizione di bene, dettata dalla direttiva n. 2018/1673/UE, ha riproposto, in ragione della sua ampiezza, i problemi interpretativi già affrontati da dottrina e giurisprudenza in ordine alla possibilità di ravvisare gli estremi del delitto di ricettazione quando l'oggetto materiale della condotta criminosa non consista in un bene materiale e non possa quindi essere definito come “cosa”.

La richiamata disposizione dell'art. 624, comma 2, c.p., che ingloba nella nozione di cosa mobile le energie dotate di valore economico, non risolve il problema, specie a fronte dell'evoluzione tecnologica che, attraverso l'informatica, ha consentito l'elaborazione di contenuti digitali, spesso di elevato valore e di frequente oggetto di condotte criminose.

Si pone dunque il problema di stabilire se integri la fattispecie di ricettazione la condotta di acquisto, ricezione od occultamento di un bene immateriale, come ad esempio un file o un NFT (not fungible token) ovvero di dati personali.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
È configurabile la ricettazione di un file? 

Orientamento meno recente della Corte di Cassazione

Non configura il delitto di ricettazione la condotta avente ad oggetto un bene immateriale, solo successivamente materializzato in un supporto fisico

La Corte di Cassazione, in un unico precedente (Cass. II, n. 34717/2008), ha escluso la sussistenza del delitto di ricettazione in relazione alla condotta dell'imputato, accusato di aver ricevuto informazioni provenienti da delitto, in specie di rivelazione di segreti d'ufficio.

I giudici di legittimità hanno invero evidenziato che «Caratteristica intrinseca della ricettazione è [...] l'illecita circolazione di un bene di provenienza delittuosa, bene inteso come oggetto materiale, come cosa la cui semplice ricezione costituisce illecito (“acquista, riceve .. denaro o cose”..)».

In relazione al caso di specie, in cui il delitto presupposto era la rivelazione di un segreto di ufficio, la Corte ha ritenuto che l'oggetto della condotta di ricettazione non fosse una cosa ma un'informazione — attraverso un ragionamento estensibile alle condotte aventi ad oggetto un file — «con la conseguenza che il corpus materiale attraverso il quale si attua il trasferimento illecito dell'informazione è irrilevante (può essere una fotocopia, come un c.d. rom, come un flatus vocis); con l'ulteriore conseguenza che la ricezione di una cosa reale (ad es. fotocopia) contenente notizie di ufficio non è altro che la fase terminale della ricezione della notizia e non la ricezione di “altro da sé”, che potrebbe costituire l'oggetto della ricettazione».

È stata pertanto esclusa la sussistenza del delitto di ricettazione, evidenziando altresì che la successiva materializzazione del bene immateriale di provenienza illecita non consente di ravvisare ex post gli estremi del delitto.

Orientamento più recente della Corte di Cassazione

Ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, costituisce “cosa” mobile, proveniente da delitto, il supporto fisico sul quale siano trasferiti dati

La Corte di Cassazione ha più di recente affrontato il problema della configurabilità del delitto di ricettazione in relazione alle ipotesi in cui l'oggetto della condotta criminosa sia un bene immateriale, in specie un file.

La Corte muove infatti dalla nozione di cosa vigente nel nostro ordinamento, intesa — con particolare riferimento alle cose mobili ma con una nozione di portata generale — come «qualsiasi oggetto corporeo, qualsiasi entità materiale, suscettibile di detenzione, sottrazione ed impossessamento, facente parte del patrimonio, inteso in senso ampio e non soltanto sotto il profilo strettamente economico, che rivesta un apprezzabile interesse e la cui appropriazione determini un detrimento patrimoniale (in senso ampio) per il soggetto passivo ed arrechi una qualsiasi utilità o vantaggio (economicamente valutabile o meno) per l'agente» (Cass. II, n. 481/1971).

Ne deriva, secondo i giudici di legittimità, che debba essere intesa come cosa, in specie cosa mobile, l'entità materiale su cui beni immateriali vengono trasfusi, in quanto «Incorporando il bene immateriale, tali entità materiali acquisiscono il valore di questo, diventando cose idonee a soddisfare quei particolari bisogni umani cui il bene è strumentale» (Cass. V, n. 47105/2014).

Sulla scorta di tali considerazioni, la Corte conclude, nel senso che il supporto informatico, sul quale siano stati trasferiti i dati di provenienza criminosa — in specie i dati indebitamente carpiti attraverso le illegittime intrusioni in altrui sistema informatico —costituisca “cosa”, ed in particolare, “cosa mobile”, ai sensi ed ai fini dell'art. 648 c.p. (Cass. II, n. 21596/2016).

3. Azioni processuali

Ulteriori attività difensive

Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura coercitiva (art. 309); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare (art. 310); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari personali (art. 311); Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura cautelare reale (artt. 322 e 324); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare reale (art. 322-bis); Istanza di revoca del sequestro preventivo al pubblico ministero (art. 321, comma 3); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari reali (art. 325); Richiesta di scarcerazione per estinzione della misura custodiale (art. 306); Mandato per svolgere attività investigativa preventiva a seguito di un sequestro (artt. 96, 327-bis e art. 391-nonies); Conferimento incarico al consulente tecnico a svolgere investigazioni difensive (art. 327-bis); Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni (art. 374); Memoria difensiva (art. 419, comma 2); Richiesta di giudizio abbreviato (art. 438, comma 1); Richiesta di perizia (art. 220).

ProcedibilitàIl delitto di ricettazione è sempre procedibile d'ufficio, a prescindere dal regime di procedibilità del reato presupposto, come sancito dall'art. 648, comma 5 c.p.

Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato)

A seconda della natura del reato presupposto, la diversa cornice edittale comporta un diverso termine di prescrizione per le condotte di ricettazione.

In particolare, per effetto della riforma del 2021, la ricettazione di danaro o cose provenienti da delitto è destinata ad estinguersi nel termine di otto anni a decorrere dall'ultimo atto interruttivo, con un termine massimo, ai sensi dell'art. 161 c.p., di dieci anni a decorrere dalla consumazione del delitto, salvo che non sussistano aggravanti ad effetto speciale come la recidiva aggravata e reiterata, contestata e riconosciuta nei confronti del reo.

Diversamente, qualora il danaro o la res provengano da contravvenzione, il termine di prescrizione c.d. breve sarà pari a sei anni, in quanto la pena edittale detentiva massima è stabilita in quattro anni di reclusione; il termine massimo di prescrizione è invece pari a sette anni e sei mesi. Anche in questo caso eventuali circostanze aggravanti ad effetto speciale ovvero la recidiva aggravata o reiterata sono destinate ad incidere sul termine di prescrizione.

Occorre precisare, al riguardo, due profili, relativi all'individuazione del dies a quo della prescrizione e al calcolo del relativo termine nelle ipotesi di ricettazione di particolare tenuità.

Con riferimento al primo profilo, deve evidenziarsi che la giurisprudenza di legittimità, facendo applicazione del principio del favor rei, ha costantemente affermato che, qualora «manchi prova certa della data di acquisizione del bene da parte dell'imputato, il momento consumativo del reato deve essere individuato, in applicazione del principio del favor rei, in prossimità della data di commissione del reato presupposto» (Cass. II, n. 44322/2021; Cass. II, n. 31946/2016).

Riguardo invece alle ipotesi di ricettazione di particolare tenuità, punite meno severamente dal comma quarto dell'art. 648 c.p., anche in caso di provenienza delittuosa del danaro o della res, occorre mettere in evidenza che, come più volte ribadito dalla Corte di Cassazione, la norma citata disciplina una circostanza attenuante e non già un'autonoma fattispecie penale.

Ne discende che il termine di prescrizione, anche nei casi di particolare tenuità, dovrà essere calcolato con riferimento alle pene sancite dal comma primo (Cass. II, n. 14767/2017).

Deve infine precisarsi che, in forza del disposto dell'ultimo comma dell'art. 648 c.p., l'eventuale estinzione per intervenuta prescrizione del reato presupposto non incide sulla punibilità del delitto di ricettazione, stante il principio di autonomia che regola il rapporto tra le due fattispecie.

A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), per tutti i casi di ricettazione costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione:

— del giudizio di appello entro il termine di due anni;

— del giudizio di cassazione entro il termine di un anno;

salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare;

salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.;

salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021).

Misure precautelari e cautelari

Arresto e fermo.

Con riguardo al delitto di ricettazione, nell'ipotesi aggravata ai sensi dell'art. 648, comma 1, c.p., secondo periodo («quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da delitti di rapina aggravata ai sensi dell'articolo 628, terzo comma, di estorsione aggravata ai sensi dell'articolo 629, secondo comma, ovvero di furto aggravato ai sensi dell'articolo 625, primo comma, n. 7-bis)», ossia «se il fatto è commesso su componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all'erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica»), l'arresto in flagranza di reato è obbligatorio (art. 380, comma 1, lett. f-bis c.p.p.).

Nelle altre ipotesi di ricettazione di cui ai commi primo e secondo dell'art. 648 c.p., nonché nel caso di ricettazione di particolare tenuità di danaro o cose provenienti da delitto è consentito l'arresto facoltativo in flagranza di reato (art. 381, comma 1, c.p.p.); non può invece procedersi ad arresto facoltativo in flagranza di reato quando il danaro o la cosa oggetto di ricettazione di particolare tenuità provengano da contravvenzione, in quanto la pena edittale massima non supera i tre anni di reclusione (art. 381, comma 1, c.p.p.).

Solo in relazione alle condotte di cui al comma primo dell'art. 648 c.p. è consentito il fermo (art. 384 c.p.p.).

Misure cautelari personali

Per determinare la pena agli effetti dell'applicazione delle misure cautelari personali, ai sensi dell'art. 278 c.p.p., si tiene conto delle circostanze ad effetto speciale disciplinate dal comma quarto dell'art. 648 c.p. rispettivamente per le condotte di ricettazione di cui al comma primo (cose o danaro provenienti da delitto) e al comma secondo (cose o danaro provenienti da contravvenzione) dell'articolo.

Pertanto, potrà essere applicata una misura cautelare personale coercitiva (artt. 281-286-bis c.p.p.) per le sole condotte di cui ai commi primo e secondo, nonché per i casi di ricettazione di particolare tenuità di danaro o cose provenienti da delitto, in quanto la pena detentiva edittale massima supera i tre anni di reclusione.

Solo le condotte di ricettazione aventi ad oggetto danaro o cose provenienti da delitto, quand'anche in caso di particolare tenuità, consentono l'applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, poiché l'art. 280, co. 2, c.p.p. consente l'applicazione della predetta misura ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.

Nessuna misura cautelare personale può invece essere applicata per le condotte di particolare tenuità aventi ad oggetto danaro o cose provenienti da contravvenzione, in quanto punite con la pena detentiva della reclusione non superiore a tre anni (artt. 280, comma 1, e 287 c.p.p.).

Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale

Competenza

In tutti i casi di ricettazione, così come in caso di ricettazione reale, è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.), che decide in composizione monocratica (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.).

Citazione a giudizio

In tutti i casi di ricettazione si procede con citazione diretta a giudizio del Pubblico Ministero, ex art. 550, comma 2, c.p.p.

Composizione del tribunale

Il processo per il delitto di ricettazione si svolgerà sempre dinanzi al tribunale in composizione monocratica.

4. Conclusioni

Alla luce della disamina della giurisprudenza intervenuta sulla questione della configurabilità del delitto di ricettazione a fronte di condotte di acquisto, ricezione od occultamento aventi ad oggetto un file e, più in generale, un bene immateriale, deve evidenziarsi che la casistica ad oggi affrontata dalla giurisprudenza, di legittimità e di merito, non copre le più recenti forme di circolazione di beni immateriali di provenienza criminosa.

Si pensi al caso in cui un file di provenienza delittuosa, perché ad esempio procurato attraverso un accesso abusivo ad un sistema informatico protetto ovvero in ragione del suo contenuto (come nel caso del materiale pedopornografico o contenente istruzioni circa la realizzazione di ordigni esplosivi), sia “scaricato” tramite download sulla memoria di un PC.

Si pone in questo caso il problema di stabilire se la ricezione digitale del file di provenienza delittuosa, mediante download dello stesso sulla memoria di un dispositivo informatico, rientri tra le condotte punite dall'art. 648 c.p., facendo riferimento o meno all'incorporazione del suo contenuto sul supporto di memoria costituito dall'hard-disk del PC.

Se la possibilità di sussumere la condotta di “scaricamento” o download del file in quella di acquisto o ricezione non pone particolari problemi, appare invece inevitabile dubitare della possibilità di qualificare — in assenza di una espressa previsione di legge, analoga a quella di cui al comma secondo dell'art. 624 c.p. per le energie — il file stesso come “cosa” e quindi come possibile oggetto di ricettazione.

Maggiori problemi interpretativi, rispetto ai quali non si rinvengono ad oggi pronunce giurisprudenziali, pongono i casi in cui l'oggetto della condotta di ricettazione sia non già il file provento di reato ma una sua copia digitale.

Infine, risulta altrettanto controversa la possibilità di ravvisare gli estremi del delitto in esame allorché il soggetto agente si sia limitato a visualizzare il contenuto del file, senza acquisirne la disponibilità, in copia o in originale. In siffatte ipotesi, infatti, i dispositivi informatici conservano una copia temporanea del file visualizzato, che potrebbe assumere rilevanza ai fini dell'integrazione del reato, non senza seri dubbi quantomeno sotto il profilo soggettivo della consapevolezza da parte del soggetto agente circa la disponibilità del file, oltre che in ordine alla stessa sussumibilità della condotta tra quelle punite dall'art. 648 c.p.

Le questioni esposte si sono invero poste in giurisprudenza con riferimento al diverso settore dei delitti contro la persona, in specie di pedopornografia, in relazione ai quali la Corte di Cassazione ha adottato soluzioni positive, finanche in caso di mera visualizzazione dei file dal contenuto illecito (Cass. III, n. 20890/2017), sebbene a fronte di una più ampia nozione di “materiale” pedopornografico.

Si tratta pertanto di soluzioni non estensibili de plano ai problemi interpretativi esposti e ancora privi di una definizione giurisprudenziale.

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