Le truffe on line

SERGIO BELTRANI

1. Bussole di inquadramento

La conclusione di contratti on line

È sempre più frequente la conclusione di contratti in adesione ad annunci di compravendita pubblicizzati da siti internet, attraverso brevi scambi di comunicazioni tra venditore e soggetto interessato all'acquisto, all'esito dei quali quest'ultimo si determina all'acquisto, ed al conseguente atto di disposizione patrimoniale (consistente nel pagamento del prezzo, attraverso versamento al venditore della somma richiesta a mezzo bonifico, sempre on line) senza conoscere la vera identità del venditore, e senza aver visto la res acquistata. Ed è sempre più frequente, in questi casi, il fatto che il predetto atto di disposizione patrimoniale si riveli dannoso, perché il bene che il compratore ritiene di avere acquistato non gli viene effettivamente consegnato.

La configurabilità della c.d. truffa contrattuale

Non si dubita del fatto che la mancata consegna della merce acquistata, nel caso in cui siano stati indicati un “prezzo conveniente” di vendita sul “web” ed un falso luogo di residenza del venditore, o sia stata comunque creata ad arte l'illusione di una consegna in realtà destinata a non avvenire mai, integri il reato di truffa c.d. contrattuale (in generale configurabile in tuti i casi nei quali il soggetto agente abbia posto in essere artifici e/o raggiri al momento della conclusione del negozio giuridico, traendo in inganno il soggetto passivo, che viene indotto a prestare un consenso che altrimenti non sarebbe stato dato, con la conseguenza che il successivo inadempimento non costituisce mero illecito civile, ma la conclusione dell'attività criminosa), poiché le predette circostanze, ad un tempo, costituiscono raggiro (che può consistere anche in una semplice menzogna destinata a determinare nel soggetto passivo una falsa rappresentazione della realtà, e quindi a provocare una manifestazione di volontà conforme all'interesse dell'agente: quando questo scopo sia stato conseguito, l'idoneità della menzogna a trarre in inganno la vittima non può essere posta in discussione) ovvero, nel caso in cui il bene posto in vendita sia inesistente od appartenga a terzi, artifizio (che consiste in qualsiasi manipolazione della realtà esterna posta in essere per indurre taluno in errore) in entrambi i casi idonei a carpire il consenso dell'acquirente. Tale condotta, inoltre, evidenzia sintomaticamente la presenza del dolo iniziale del reato, da ravvisarsi nella volontà di non adempiere all'esecuzione del contratto sin dal momento dell'offerta di vendita diffusa on-line (Cass. II, n. 43660/2016).

In argomento, si rinvia più diffusamente al caso “La truffa contrattuale”.

La tesi della non configurabilità dell'insolvenza fraudolenta (art. 641 c.p.)

Non è configurabile una più favorevole ipotesi di insolvenza fraudolenta, perché il delitto di truffa si distingue da quello di insolvenza fraudolenta in quanto, nella truffa, la frode è attuata – come nei casi di specie – mediante la simulazione di circostanze e di condizioni non vere, artificiosamente create per indurre altri in errore, mentre nell'insolvenza fraudolenta la frode è attuata con la dissimulazione del reale stato di insolvenza dell'agente (Cass. VII, n. 16723/2015; Cass. V, n. 44659/2021).

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Come si individua, nella truffa contrattuale on line il luogo del commesso reato, e, di conseguenza, la competenza per territorio?

Orientamento dominante della Corte di Cassazione

Tempus e locus commissi delicti coincidono con il momento ed il luogo in cui la p.o. versa il denaro sulla carta di credito del truffatore

Un orientamento, riguardante non specificamente le fattispecie di truffa contrattuale commessa on line, ma tutte le fattispecie di truffa contrattuale nelle quali la vittima acquirente esegua il pagamento accreditando la somma dovuta su uno strumento elettronico di pagamento altrui (Cass. II, n. 14730/2017; Cass. I, n. 52003/2019; Cass. II, n. 23781/2020), ritiene che, qualora il profitto sia conseguito mediante accredito su carta di pagamento ricaricabile (nei casi esaminati, si trattava sempre di una postepay), il tempo ed il luogo di consumazione del reato sono quelli in cui la persona offesa ha proceduto al versamento del denaro sulla carta, poiché tale operazione ha realizzato contestualmente sia l'effettivo conseguimento del bene da parte dell'agente, che ottiene l'immediata disponibilità della somma versata, e non un mero diritto di credito, sia la definitiva perdita dello stesso bene da parte della vittima.

Diversamente, con specifico riferimento alla truffa contrattuale realizzata attraverso la vendita di beni ed il conseguente pagamento on line, da parte della vittima acquirente, con bonifico bancario ed accredito su conto corrente, la giurisprudenza di legittimità (Cass. II, n. 7749/2015; Cass. II, n. 54948/2017) ritiene che il reato si consumi nel luogo ove l'agente consegue l'ingiusto profitto attraverso la riscossione della somma, non già in quello in cui viene data la disposizione per il pagamento, determinando di conseguenza la competenza per territorio; qualora, invece, non sia determinabile il luogo di riscossione, si applicano – per la determinazione della competenza territoriale – le regole suppletive previste dall'art. 9 c.p.p.

Un non recentissimo, ma sempre valido, orientamento della Sezioni Unite (Cass. S.U.n. 18/2000), premesso che la truffa è reato istantaneo e di danno, che si perfeziona nel momento in cui alla realizzazione della condotta tipica da parte dell'autore abbia fatto seguito la deminutio patrimonii del soggetto passivo, ha ritenuto che, nell'ipotesi di truffa contrattuale, il reato si consumi (non già quando il soggetto passivo assume, per effetto di artifici o raggiri, l'obbligazione della datio di un bene economico, bensì) nel momento in cui si realizza l'effettivo conseguimento del bene da parte dell'agente e la definitiva perdita dello stesso da parte del raggirato. In applicazione del principio, le Sezioni Unite, in un caso nel quale l'oggetto materiale del reato era costituito da titoli di credito, hanno ritenuto che il momento della consumazione della truffa corrispondesse a quello dell'acquisizione, da parte del soggetto agente, della relativa valuta, attraverso la loro riscossione od utilizzazione, poiché solo per mezzo di queste si concretizza il vantaggio patrimoniale dell'agente, e diventa definitiva, al tempo stesso, la – in precedenza solo potenziale – lesione del patrimonio della parte offesa.

Se questa è la regula iuris generale, in applicazione della quale determinare il locus commissi delicti e, conseguentemente, la competenza per territorio, è possibile concludere che appare senz'altro condivisibile l'orientamento specificamente formatosi con riferimento alla truffa contrattuale realizzata attraverso la vendita di beni ed il conseguente pagamento on line, in cui il pagamento da parte della vittima acquirente avvenga tramite bonifico bancario con accredito su conto corrente.

Domanda
Quando è possibile configurare, in riferimento alla truffa contrattuale on line, la circostanza aggravante della c.d. “minorata difesa” (art. 61, co. 1, n. 5, c.p.)?

Orientamento tradizionale della Corte di Cassazione

Assume rilevanza la distanza fisica tra reo e vittima

La giurisprudenza di legittimità (Cass. II, n. 43706/2016; Cass. VI, n. 17937/2017) si è immediatamente orientata nel senso di ritenere la configurabilità della circostanza aggravante della c.d. “minorata difesa”, con riferimento alle circostanze di luogo, nell'ipotesi di truffa commessa attraverso la vendita on-line di beni, poiché, in tal caso, la distanza tra il luogo nel quale si trova la vittima e quello in cui, invece, si trova l'agente determina una posizione di maggior favore per quest'ultimo, che può agevolmente non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell'acquirente, nonché schermare la sua identità per sottrarsi alla istanze della vittima della condotta truffaldina a seguito della mancata consegna del bene venduto.

La commissione del reato attraverso pubblicazione in un sito internet di un annuncio relativo alla vendita di beni non costituisce, quindi, mera modalità della condotta, non potendo dirsi che, nella fattispecie, la distanza accomuni entrambe le parti, che ne accettano i rischi affidandosi alla buona fede dell'interlocutore.

Questo orientamento ha, quindi, valorizzato, ai fini dell'integrazione della predetta circostanza aggravante, la distanza fisica tra reo e vittima, ritenuta di per sé sufficiente ad integrare la circostanza aggravante in oggetto.

Orientamento più recente e dominante della Corte di Cassazione

È necessario che l'autore abbia tratto vantaggi concreti dall'avere agito “on line”

Un successivo orientamento ha precisato (Cass. II, n. 40045/2018; Cass. II, n. 28070/2021) che la circostanza aggravante della c.d. “minorata difesa” è configurabile, con riferimento all'approfittamento delle condizioni di luogo, solo quando l'autore abbia tratto, consapevolmente ed in concreto, specifici vantaggi dall'utilizzazione dello strumento della rete; ed, in applicazione del principio, la circostanza aggravante è stata esclusa in relazione alla vendita di un'autovettura, attraverso un portale dedicato, ad un cittadino olandese che, corrisposto il prezzo senza prima visionarla, non ne aveva conseguito la consegna, per il rilievo che le modalità telematiche della vendita non avevano avvantaggiato l'imputato, atteso che lo stesso aveva fornito la propria reale identità ed il bene era esistente e visionabile in un salone, pur se appositamente allestito per la perpetrazione delle truffe.

Più in generale, la circostanza aggravante in oggetto non potrebbe essere configurata anche nei casi in cui, dopo un primo contatto tra venditore e acquirente avvenuto in rete, le trattative si siano sviluppate mediante messaggi telefonici ed incontri di persona per la visione e cessione del bene, culminati nella conclusione del contratto e nella consegna in pagamento, questa volta da parte del truffatore/acquirente, di un assegno circolare poi risultato falso, poiché, diversamente dal caso in cui le trattative si siano svolte interamente on-line, in questo caso non ricorre l'elemento della costante distanza tra venditore e acquirente, che si ritiene idoneo a porre quest'ultimo in una situazione di debolezza quanto alla verifica dell'identità della controparte (Cass. II, n. 1085/2021).

Orientamento recente delle Sezioni Unite

Le connotazioni dell'aggravante della “minorata difesa” in generale

L'orientamento, così inteso, appare conforme a quanto di recente affermato dalle Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 40275/2021) in ordine alla configurabilità, in generale, della circostanza aggravante di cui all'art. 61, comma primo, n. 5, c.p., sia pur in riferimento a diversa situazione fattuale (la commissione del fatto-reato “in tempo di notte”).

Le Sezioni Unite hanno, in particolare, ritenuto che la commissione del reato “in tempo di notte” possa integrare, anche in difetto di ulteriori circostanze di tempo, di luogo, di persona, la circostanza aggravante della c.d. “minorata difesa”, sempre che sia stata raggiunta la prova che la possibilità di pubblica o privata difesa ne sia rimasta in concreto ostacolata e che non ricorrano circostanze ulteriori, di qualunque natura, idonee a neutralizzare il predetto effetto.

Invero, secondo un pacifico orientamento giurisprudenziale, che le Sezioni Unite hanno ribadito, ai fini dell'integrazione della circostanza aggravante di cui all'art. 61, comma primo, n. 5, c.p., occorre che qualsiasi tipo di circostanza fattuale valorizzabile (di tempo, di luogo, di persona, anche in riferimento all'età) agevoli la commissione del reato, rendendo la pubblica o privata difesa, ancorché non impossibile, concretamente ostacolata (Cass. II, n. 6608/2014; Cass. VI, n. 18485/2020); peraltro, ai fini dell'integrazione di essa, occorre sempre verificare, sulla base di un giudizio di prognosi postuma, operato ex ante ed in concreto, il contesto e le peculiari condizioni che abbiano effettivamente agevolato la consumazione del reato, incidendo in concreto sulle possibilità di difesa (Cass. V, n. 8004/2021).

Il fondamento della circostanza aggravante della c.d. “minorata difesa”, in riferimento a ciascuna delle tipologie di elementi fattuali che possono integrarla, è stato generalmente ravvisato nel maggior disvalore che la condotta assume nei casi in cui l'agente approfitti delle possibilità di facilitazione dell'azione delittuosa offerte dal particolare contesto in cui quest'ultima viene a svolgersi; tale ratio è chiaramente evincibile dalla Relazione del Guardasigilli al Re sul codice penale del 1930, dove si chiarisce che il concetto di “minorata difesa” «non ha che due limiti: la specie della circostanza (tempo, luogo, persona) e la potenzialità di essa ad ostacolare, diminuire la difesa pubblica o privata».

Tale assunto è stato condiviso e ribadito dalle Sezioni Unite, tenuto conto della necessità di interpretare le preesistenti norme penali di sfavore (quale è certamente quella che prevede una circostanza aggravante) nel rispetto della sopravvenuta Costituzione repubblicana.

Come già chiarito in generale (Cass. S.U. ,n. 40354/2013), infatti, «l'interprete delle norme penali ha l'obbligo di adattarle alla Costituzione in via ermeneutica, rendendole applicabili solo ai fatti concretamente offensivi, offensivi in misura apprezzabile»: pertanto, sia i «singoli tipi di reato» che – si è aggiunto, per evidente identità di ratio – gli elementi circostanziali, «dovranno essere ricostruiti in conformità al principio di offensività, sicché tra i molteplici significati eventualmente compatibili con la lettera della legge si dovrà operare una scelta con l'aiuto del criterio del bene giuridico, considerando fuori del tipo di fatto incriminato i comportamenti non offensivi dell'interesse protetto».

E solo un accertamento in concreto, caso per caso, delle condizioni che consentono, attraverso una complessiva valutazione, di ritenere effettivamente realizzata una diminuita capacità di difesa, sia pubblica che privata, è idoneo ad assicurare la coerenza dell'applicazione della circostanza aggravante con il suo fondamento giustificativo, ossia, come si è visto, con il maggior disvalore della condotta derivante dall'approfittamento delle «possibilità di facilitazione dell'azione delittuosa offerte dal particolare contesto in cui l'azione verrà a svolgersi»; maggior disvalore, a sua volta, necessario a dar conto della concreta, maggiore offensività che giustifica, nel singolo caso, l'aggravamento sanzionatorio comminato dall'art. 61, comma primo, n. 5, c.p. (Cass. IV, n. 15214/2018).

D'altro canto, sia pur in riferimento ad istituti diversi, la giurisprudenza costituzionale (tra le altre, Corte cost. n. 110/2012; n. 265/2010; n. 354/2002; n. 370/1996) ha già evidenziato, in plurime occasioni, che l'esigenza dell'interpretazione conforme a Costituzione delle norme incriminatrici e di quelle che ne aggravano la dimensione sanzionatoria non tollera automatismi fondati su presunzioni assolute, che vulnererebbero valori costituzionali: «di contro, la previsione di una presunzione solo relativa – atta a realizzare una semplificazione del procedimento probatorio suggerita da aspetti ricorrenti del fenomeno criminoso considerato, ma comunque superabile da elementi di segno contrario – non eccede i limiti di compatibilità costituzionale (...)» (Corte cost. n. 48/2015).

Per altro verso, deve precisarsi che, ai fini dell'integrazione della circostanza aggravante della c.d. “minorata difesa”, è pacificamente sufficiente anche il ricorrere di una sola circostanza di tempo, di luogo o di persona, se astrattamente idonea ad ostacolare le possibilità di pubblica o privata difesa, e sempre che in concreto tale effetto ne sia effettivamente conseguito: è pur vero che l'art. 61, comma primo, n. 5, c.p., adopera il plurale (“circostanze”), ma all'evidenza in riferimento alle tre distinte tipologie di circostanze cui attribuisce rilievo.

Può, quindi, affermarsi che, ai fini dell'integrazione della circostanza aggravante della c.d. “minorata difesa”, l'interprete deve rifuggire dalla prospettiva anche implicita della valorizzazione di presunzioni assolute, e non può limitarsi a richiamare il dato astratto della commissione del reato in tempo di notte, ovvero, con specifico riferimento al caso in esame, on line, dovendo considerare lo specifico contesto spazio-temporale in cui si sono verificate le vicende storico-fattuali oggetto d'imputazione, sì da enucleare, in concreto, l'effettivo ostacolo alla pubblica e privata difesa che sia, in ipotesi, derivato dalla commissione del reato nella circostanza in concreto valorizzata (in questo caso, di luogo “virtuale”), nonché l'approfittamento di essa da parte del soggetto agente.

Ne consegue, tenuto anche conto dell'espressa previsione contenuta nell'art. 61, comma primo, n. 5, c.p., e come immediatamente riconosciuto dalla già citata Relazione del Guardasigilli al Re, che l'interprete, al fine di configurare la circostanza aggravante de qua, è chiamato ad operare tre verifiche, riguardanti, nell'ordine:

a) l'esistenza di una circostanza di tempo, di luogo o di persona in astratto idonea ad ingenerare una situazione di “ostacolo alla pubblica o privata difesa”;

b) la produzione in concreto dell'effetto di “ostacolo alla pubblica o privata difesa” che ne sia effettivamente derivato;

c) il fatto che l'agente ne abbia concretamente “profittato” (avendone, quindi, consapevolezza).

Orientamento meno recente della Corte di Cassazione

Ai fini della sussistenza della circostanza aggravante di cui all'art. 61, comma primo, n. 5, c.p., non è, quindi, sufficiente ritenere l'astratta idoneità di una situazione, quale l'effettuazione di una transazione commerciale on line, ad incidere sulle capacità di difesa, riducendole (il che va, in astratto, ammesso, valorizzando la distanza tra il luogo ove si trova la vittima, che di norma paga in anticipo il prezzo del bene venduto, e quello in cui, invece, si trova l'agente, con conseguente determinazione di una posizione di maggior favore a vantaggio di quest'ultimo, che può “schermare” la sua identità, non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell'acquirente e sottrarsi agevolmente alle conseguenze della propria condotta), ma occorre «individuare ed indicare in motivazione tutte quelle ragioni che consentano di ritenere che in una determinata situazione si sia in concreto realizzata una diminuita capacità di difesa sia pubblica che privata» (Cass. V, n. 8819/2010), ed, in particolare, che la commissione del reato on line abbia in concreto agevolato il soggetto agente nell'esecuzione del reato stesso, ostacolando (pur senza annullarle del tutto) le possibilità di difesa pubblica o privata.

Applicazioni

In applicazione di questi principi, la configurabilità della circostanza aggravante de qua è stata, da ultimo, esclusa in un caso nel quale l'imputato, secondo quanto riferito dalla stessa persona offesa e confermato dalla documentazione acquisita, si era presentato con un account vagamente riconducibile al proprio nome di battesimo ed aveva fornito gli estremi di una carta di pagamento a sé intestata ed indicato il proprio codice fiscale: secondo la Cassazione, tale condotta non aveva in alcun modo ostacolato le successive indagini, che avevano, infatti, confermato la titolarità in capo al medesimo della carta PostePay utilizzata per la truffa ed avevano poi consentito di arrivare fisicamente al suo rintraccio da parte delle forze dell'ordine (Cass. II, n. 7819/2022).

Non punibilità per particolare tenuità del fatto

Ai sensi dell'art. 131-bis, comma secondo, c.p., la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto non è applicabile nel caso in cui l'agente abbia approfittato delle condizioni di minorata difesa della vittima contemplate dall'art. 61, comma primo, n. 5, c.p. (Cass. II, n. 9113/2021: fattispecie di truffa aggravata ex art. 640, comma secondo, n. 2-bis, c.p., in riferimento all'art. 61, comma primo, n. 5, commessa mediante vendita on line).

Le conseguenze sul trattamento sanzionatorio

Dalla configurazione, in riferimento alla truffa contrattuale on line, della circostanza aggravante della c.d. “minorata difesa” derivano rilevanti conseguenze per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio: detta circostanza comporta, ordinariamente, ai sensi dell'art. 64 c.p., l'aumento della pena prevista per l'ipotesi base fino ad un terzo; diversamente, in relazione al reato di truffa (cfr. art. 640, comma secondo, lett. 2-bis, c.p.) essa è configurata come circostanza ad efficacia speciale, poiché comporta la comminatoria della pena della reclusione da uno a cinque anni, oltre alla multa da 309 a 1549 euro, in luogo che da sei mesi a tre anni, oltre alla multa da 51 a 1032 euro (cfr. art. 640, comma primo, c.p.).

3. Azioni processuali

Ulteriori attività difensive

Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Istanza di revoca del sequestro preventivo al pubblico ministero (art. 321, comma 3); Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura cautelare reale (artt. 322 e 324); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare reale (art. 322-bis); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari reali (art. 325); Querela (art. 336); Richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni (art. 374); Richiesta di documenti in possesso di privati (art. 391-bis); Memoria difensiva (art. 419, comma 2); Richiesta di giudizio abbreviato (art. 438, comma 1); Opposizione a decreto penale di condanna (art. 461); Istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova (art. 464-bis, comma 1).

Procedibilità

Per il reato di truffa, prima della Riforma Cartabia, si procedeva, di massima, ai sensi dell'art. 640, comma 3, c.p., a querela della p.o.; si procedeva d'ufficio ove ricorresse una delle seguenti circostanze aggravanti:

– aggravanti previste dall'art. 640, comma 2, c.p. (tra le quali rientra anche quelle di cui all'art. 61, comma 1, n. 5, c.p.);

– aggravante prevista dall'art. 61, comma 1, n. 7, c.p.

Ai sensi dell'art. 649-bis c.p., si procedeva, inoltre, di ufficio anche se:

– ricorressero circostanze aggravanti ad effetto speciale (inclusa la recidiva nei casi di cui all'art. 99, commi secondo e seguenti: cfr. Cass. S.U. , n.3585/2021);

– la persona offesa fosse incapace per età o per infermità;

– il danno arrecato alla persona offesa fosse di rilevante gravità (con duplicazione sostanziale del riferimento ai casi di cui all'art. 61, comma 1, n. 7, c.p.).

Si procedeva sempre d'ufficio per la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all'art. 640-bis c.p.

Diversamente, la c.d. “Riforma Cartabia” [art. 2, comma 1, lett. o) e lett. q), d.lgs. n. 150 del 2022, in vigore, come stabilito dal d.l. n. 162 del 2022, conv., in l. n. 199 del 2022, dal 30 dicembre 2022], modificando gli artt. 640, comma 3, e 649-bis c.p., prevede che si proceda a querela di parte anche:

– per le truffe aggravate ai sensi dell'art. 61, comma 1, n. 7, c.p.;

– per le truffe aggravate dalla recidiva nei casi di cui all'art. 99, commi secondo e seguenti.

Secondo quanto stabilito dalle disposizioni transitorie ad hoc di cui all'art. 85, comma 1, d.lgs. n. 150 del 2022, e di quelle introdotte dalla l. n. 199 del 2022 (sostituendo nel corpo del predetto art. 85 il comma 2, ed introducendovi, inoltre, i nuovi commi 2-bis e 2-ter), le predette modifiche, immediatamente operanti per i reati commessi a partire dal 30/12/2022, data di vigenza della novella, opereranno, per i reati commessi fino al 29/12/2022, divenuti procedibili a querela di parte in forza delle nuove disposizioni, nei termini di seguito indicati:

A) nei casi in cui non pende il procedimento penale:

– se il soggetto legittimato a proporre querela ha avuto in precedenza notizia “del fatto costituente reato”, il termine per proporre querela (di mesi tre, ex art. 124 c.p., non toccato dall'intervento novellatore) decorre dal 30/12/2022, data di entrata in vigore della novella, e scade, pertanto, il 30/03/2023;

– in forza della predetta disposizione, letta a contrario, se il soggetto legittimato a proporre querela non ha avuto in precedenza notizia “del fatto costituente reato”, il medesimo termine per proporre querela decorre, secondo la disciplina ordinaria, in parte qua non modificata, dal momento in cui ne abbia avuto conoscenza;

B) nei casi in cui pende il procedimento penale:

– avendo il soggetto legittimato a proporre querela necessariamente avuto in precedenza notizia “del fatto costituente reato”, il termine trimestrale per proporre querela decorre dal 30/12/2022, data di entrata in vigore della novella, e scade il 30/03/2023: diversamente rispetto a quanto previsto dall'originario comma 2 della disposizione, nessun onere di informare la p.o. di tale facoltà incombe sul giudice procedente, presumendosi, pertanto, che la p.o. debba avere conoscenza della novella.

Ferma restando la predetta disciplina, si è anche stabilito che le misure cautelari personali in corso di esecuzione perdono efficacia se, entro venti giorni dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, e quindi entro il 19/01/2022, l'autorità giudiziaria che procede non acquisisce la querela: a tal fine, l'a.g. procedente effettua ogni utile ricerca della p.o., anche avvalendosi della polizia giudiziaria. Durante la pendenza del predetto termine di venti giorni, i termini di cui all'art. 303 c.p.p. sono sospesi.

Questa ultima disposizione non opera, peraltro, per il reato di truffa. Invero, per determinare la pena agli effetti dell'applicazione delle misure cautelari personali, ai sensi dell'art. 278 c.p.p., si tiene conto delle sole circostanza aggravanti ad effetto speciale, ma non anche della recidiva. Ciò comporta che soltanto alla truffa aggravata ex art. 640, comma 2, c.p., punita con pena edittale massima pari ad anni cinque di reclusione [e non anche alla truffa aggravata ex art. 61, comma primo, n. 7, c.p. (cui la norma non riconosce quoad poenam alcun “effetto speciale”, e che, pertanto, resta punita con pena edittale massima pari ad anni tre di reclusione), ovvero dalla recidiva nei casi di cui ai commi secondo e seguenti], sono applicabili misure cautelari coercitive (artt. 281/286-bis c.p.p.), poiché l'art. 280, comma 1, c.p.p. consente l'applicazione delle predette misure ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni; alla truffa aggravata ex art. 640, comma 2, c.p. è applicabile anche la misura della custodia cautelare in carcere, poiché l'art. 280, comma 2, c.p.p. consente l'applicazione della predetta misura coercitiva ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.

Durante la pendenza del termine per proporre querela, si applica quanto disposto dall'art. 346 c.p.p. in tema di atti compiuti in mancanza di condizioni di procedibilità.

Alcune questioni che la nuova disciplina potrà proporre sono già state risolte dalla giurisprudenza in relazione a precedenti interventi novellatori dello stesso tenore:

– l'inammissibilità del ricorso per cassazione esclude che possano porsi questioni riguardanti l'eventuale esercizio del diritto di querela (Cass. S.U. ,n. 40150/2018: fattispecie riguardante i reati divenuti perseguibili a querela per effetto del d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36 ed i giudizi pendenti in sede di legittimità);

– non possono porsi questioni riguardanti l'eventuale esercizio del diritto di querela quando la persona offesa abbia già manifestato la volontà di punizione del reo, costituendosi parte civile e persistendo in tale costituzione nei successivi gradi di giudizio (Cass. II, n. 28305/2019 e Cass. V, n. 44114/2019: fattispecie riguardante i reati divenuti perseguibili a querela per effetto del d.lgs. n. 36 del 2018);

– la remissione della querela, pur intervenuta in un momento nel quale vigeva un regime di procedibilità d'ufficio, comporta l'obbligo di dichiarare la non procedibilità ai sensi dell'art. 129 c.p.p., ove disposizioni sopravvenute abbiano comportato la procedibilità di ufficio: la natura mista, sostanziale e processuale, della procedibilità a querela, comporta, infatti, la necessità di applicare la sopravvenuta disciplina più favorevole nei procedimenti pendenti (Cass. II, n. 225/2019: fattispecie riguardante la modifica del regime di procedibilità per i delitti di cui agli artt. 640 e 646 c.p., introdotta dal d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36). (In motivazione la Corte ha richiamato la natura mista, sostanziale e processuale, della procedibilità a querela, dalla quale discende la necessità di applicare la sopravvenuta disciplina più favorevole nei procedimenti pendenti);

– non costituisce causa di revoca della sentenza di condanna ai sensi dell'art. 673 c.p.p. una modifica legislativa per effetto della quale un reato procedibile d'ufficio divenga procedibile a querela, in caso di mancata proposizione di questa, atteso che il regime di procedibilità non è elemento costitutivo della fattispecie e conseguentemente la sopravvenuta previsione della procedibilità a querela è inidonea a determinare un fenomeno di abolitio criminis (Cass. I, n. 1628/2020: fattispecie relativa al delitto di appropriazione indebita aggravato art. 61, comma 1, n. 11, c.p., divenuto procedibile a querela a seguito del d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36);

– la sopravvenuta procedibilità a querela del reato di appropriazione indebita per effetto del d.lgs. 15 maggio 2018, n. 36 non costituisce prova nuova ai sensi dell'art. 630, comma 1, lett. c), c.p.p. nel caso in cui la modifica normativa sia intervenuta successivamente al passaggio in giudicato della sentenza della quale si chiede la revisione: in ragione della natura mista – sostanziale e processuale – dell'istituto della querela, la sopravvenuta disciplina più favorevole deve, infatti, essere applicata nei procedimenti pendenti, salva l'insuperabile preclusione costituita dalla pronuncia di sentenza irrevocabile, ai sensi dell'art. 2, comma quarto, cod. pen., se non derogata da una disposizione transitoria ad hoc (Cass. II, n. 14987/2020).

Fin qui, gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità sono pacifici; vi è, al contrario, contrasto sulla possibile valenza della querela tardiva o comunque, per altro verso, irrituale, sporta quando vigeva un regime di procedibilità d'ufficio:

– un orientamento ritiene privo di rilievo il fatto che la persona offesa abbia, in precedenza, manifestato la volontà di punizione oltre il termine di cui all'art. 124 c.p., atteso che la valutazione in ordine alla condizione di procedibilità è ancorata al momento dell'entrata in vigore del nuovo regime normativo che prevede la procedibilità a querela, a nulla rilevando eventuali irregolarità della querela afferenti ad un momento procedimentale anteriore, in cui la querela stessa non era richiesta ai fini della procedibilità (Cass. II, n. 25341/2021; Cass. II, n. 11970/2020; Cass. S.U. , n. 5540/1982);

– altro orientamento ritiene preclusa la possibilità di esercitare il diritto di sporgere querela per la p.o. che abbia in precedenza già manifestato la volontà di punizione oltre il termine di cui all'art. 124 c.p., poiché, diversamente, l'avviso si risolverebbe in una rimessione in termini, precisando che l'onere di tempestività a carico della parte che si ritenga persona offesa dal reato, sussiste indipendentemente dalla procedibilità del reato di ufficio o a querela di parte (Cass. II, n. 8823/2021; Cass. II, n. 12420/2020).

Quest'ultimo orientamento appare all'evidenza non condivisibile, pretendendo di valorizzare, al fine di precludere alla p.o. l'esercizio della facoltà di sporgere querela, vizi della medesima intervenuti quando l'atto era irrilevante, vigendo un regime di procedibilità officiosa.

Improcedibilità delle impugnazioni e prescrizione del reato

Per tutti i casi di truffa (commessa, o meno, on-line, e, quindi, aggravata, o meno, ex art. 61, comma 1, n. 5, c.p.), il termine-base di prescrizione è pari ad anni sei (cfr. art. 157 c.p.), aumentabile, in presenza del sopravvenire di eventi interruttivi, fino ad un massimo di anni sette e mesi sei (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.).

A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), per tutti i casi di truffa (commessa, o meno, on-line, e, quindi, aggravata, o meno, ex art. 61, comma 1, n. 5, c.p.) costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione:

– del giudizio di appello entro il termine di due anni;

– del giudizio di cassazione entro il termine di un anno;

salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare;

salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.;

salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021).

Misure precautelari e cautelari

Arresto e fermo

Con riguardo al reato di truffa, comunque circostanziato:

– non è mai consentito l'arresto obbligatorio in flagranza di reato (art. 380 c.p.p.);

– è sempre consentito l'arresto facoltativo in flagranza di reato (art. 381, co. 2, c.p.p.);

– non è mai consentito il fermo (art. 384 c.p.p.).

Misure cautelari personali

Per determinare la pena agli effetti dell'applicazione delle misure cautelari personali, ai sensi dell'art. 278 c.p.p., si tiene conto della circostanza aggravante di cui all'art. 61, comma 1, n. 5, c.p.

Ciò comporta che soltanto alla truffa aggravata ex art. 61, co. 1, n. 5, c.p., punita con pena edittale massima pari ad anni cinque di reclusione, e non anche alla truffa non aggravata, punita con pena edittale massima pari ad anni tre di reclusione, sono applicabili misure cautelari coercitive (artt. 281-286-bis c.p.p.), poiché l'art. 280, comma 1, c.p.p. consente l'applicazione delle predette misure ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni; alla truffa aggravata de qua è applicabile anche la misura della custodia cautelare in carcere, poiché l'art. 280, comma 2, c.p.p. consente l'applicazione della predetta misura ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.

In ordine al reato di truffa non aggravata, per il quale è sempre consentito l'arresto facoltativo in flagranza di reato (art. 381, comma 2, lett. i), c.p.p.), l'art. 391, comma 5, c.p.p. consente l'applicazione di misure cautelari coercitive soltanto in caso di arresto in flagranza, stabilendo che, in tali casi, “l'applicazione della misura è disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli articoli 274, comma 1, lett. c), e 280”.

Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale

Competenza

In tutti i casi di truffa (commessa, o meno, on-line, e, quindi, aggravata, o meno, ex art. 61, comma 1, n. 5, c.p.), è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.), che decide in composizione monocratica (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.).

Citazione a giudizio

Per la truffa non aggravata si procede con citazione diretta a giudizio del P.M., ex art. 550, comma 1, c.p.p.

Si procede con udienza preliminare, in luogo che con citazione diretta del P.M. a giudizio, soltanto se la circostanza aggravante di cui all'art. 61, co. 1, n. 5, c.p. sia configurabile (cfr. artt. 550, comma 1, c.p.p. e 640, comma 2, n. 2-bis, c.p.).

Composizione del tribunale

Della configurabilità o meno della circostanza aggravante della c.d. “minorata difesa”, di cui all'art. 61, comma 1, n. 5, c.p., con riguardo al reato di truffa, si deve tenere conto agli effetti previsti dall'art. 33, comma 2, c.p.p. (che detta regole riguardanti le attribuzioni del tribunale in composizione monocratica): il processo per il reato di truffa, aggravata o meno, si svolgerà sempre dinanzi al tribunale in composizione monocratica.

Causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p.

Per il reato di truffa è sempre applicabile la causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p., a meno che non ricorrano le condizioni di cui all'art. 131-bis, comma secondo, c.p. (cfr. amplius Caso “Le truffe on line”).

4. Conclusioni

La commissione del reato on-line può risultare idonea ad integrare, anche in difetto di ulteriori circostanze di tempo, di luogo o di persona, la circostanza aggravante della c.d. “minorata difesa”: a tal fine, è, peraltro, necessario che la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare l'effetto che può conseguire dalla commissione del reato on-line.

La predetta circostanza aggravante non può, quindi, essere configurata in relazione a qualsiasi episodio di truffa commessa mediante inserimento su un sito internet di un annuncio di compravendita, al quale faccia seguito uno scambio di comunicazioni tra soggetto agente e vittima, all'esito del quale quest'ultima venga convinta ad eseguire un atto di disposizione patrimoniale che poi si rivelerà per lei dannoso, poiché, in tal modo, si finirebbe per connotare come di maggior gravità anche vicende che in realtà non si caratterizzano per una particolare e più intensa insidiosità; per la sua configurazione (che produce i significativi effetti, sia quanto al trattamento sanzionatorio, sia, conseguentemente, di natura processuale, innanzi riepilogati), occorre che l'utilizzo della rete internet abbia, in concreto, effettivamente consentito al soggetto agente di superare le difese che ciascuna persona può ordinariamente mettere in campo rispetto a potenziali tentativi di inganno altrui.

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