Il luogo di privata dimora

ANGELO VALERIO LANNA

1. Bussole di inquadramento

Linee generali

L'art. 624-bis c.p. incrimina due condotte che un tempo costituivano fattispecie circostanziate del delitto di furto: il furto in abitazione e il furto con strappo. Nel 2001, con la l. n. 128, il legislatore ha traslato l'ipotesi di cui al numero 1) e la parte finale della fattispecie delineata dal numero 3) dell'art. 625 c.p. in un nuovo articolo. Ne è derivata la sostanziale trasformazione delle fattispecie summenzionate: da ipotesi aggravate del delitto di furto a reati autonomi (in argomento cfr. giurisprudenza citata nel Casistica “La procedibilità a querela per i furti nella riforma Cartabia: problemi di diritto intertemporale”).

L'intervento normativo rinviene la propria ratio ispiratrice in considerazioni anche prettamente giustizialistiche. Trattasi infatti di condotte oggetto di particolare attenzione mediatica. La risposta legislativa si è così estrinsecata nella configurazione del furto in abitazione e dello scippo come autonome fattispecie incriminatrice. Ne deriva ovviamente la non assoggettabilità delle stesse al giudizio di bilanciamento, oltreché la predisposizione di un'autonoma cornice edittale.

L'odiosità di tali modalità realizzative della condotta sottrattiva si coglie ancor più agevolmente, sottolineando come l'art. 1 comma 6, lett. c) L. 23 giugno 2017, n. 103 (c.d. legge Orlando) abbia introdotto al quarto comma la blindatura delle circostanze, che hanno così assunto la veste di circostanze privilegiate. Così, eccezion fatta per le circostanze di cui agli articoli 98 e 625-bis c.p., le altre circostanze attenuanti non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti nel giudizio di bilanciamento di cui all'art. 69 c.p., rispetto alle circostanze individuate all'art. 625 c.p.

Con specifico riguardo al delitto di furto in abitazione, si può porre in evidenza come il legislatore abbia avuto di mira la finalità di incrementare la c.d. sicurezza domestica. Il maggior disvalore della condotta, infatti, si radica proprio nella più alta pericolosità dell'agente che si introduca in un luogo di privata dimora, con consequenziale esigenza di tutela della sicurezza fisica della vittima.

L'art. 624-bis c.p., rubricato furto in abitazione, incrimina la condotta sottrattiva che si perpetri mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora, o nelle pertinenze di esso. Oggetto materiale della condotta è la cosa mobile.

La consumazione del reato coincide con il momento dell'instaurazione di una pur temporanea signoria esclusiva sulla res; non si dubita poi della configurabilità del tentativo.

La struttura del reato

Il furto in abitazione è un reato comune, come agevolmente desumibile dall'utilizzo del termine chiunque per indicare chi se ne renda protagonista, nonché plurioffensivo. Tale modello legale è strutturalmente costruito secondo lo schema del reato complesso in senso stretto: nasce, infatti, dalla combinazione delle fattispecie del furto e della violazione di domicilio. Non vi è però perfetta sovrapponibilità tra i concetti di abitazione e privata dimora, da un lato, e il concetto di domicilio dall'altro. La qualificazione del delitto di cui all'art. 624-bis c.p. come reato complesso in senso stretto indurrebbe ad escludere l'ipotesi del concorso formale. Si tratta di una conclusione certamente condivisibile, ma non dalla valenza assoluta. Difatti, i delitti di violazione di domicilio ex art. 614 c.p. e di furto in abitazione di cui all'art. 624-bis c.p. potrebbero concorrere, nell'eventualità in cui un soggetto si introducesse nel domicilio invito domino e solo in un momento successivo operasse la condotta sottrattiva.

Trattasi di reato a dolo specifico: l'agente agisce al fine di trarre profitto dall'impossessamento della cosa, accompagnato dalla coscienza e dalla volontà di introdursi nella privata dimora altrui. Della nozione di profitto viene fornita un'interpretazione ampia ed estensiva, comprensiva di qualsivoglia vantaggio anche di natura non squisitamente patrimoniale.

Sicché, la semplice lettura dell'articolo in commento consente senza grandi difficoltà di ritenere l'inadeguatezza della dizione terminologica di furto in abitazione, che compare nella rubrica. Nel diritto privato, non è fornita una definizione tecnico-giuridica di abitazione, la quale però può essere correttamente intesa come il luogo dove il soggetto abita con una certa stabilità e per un certo tempo. La giurisprudenza è unanimemente concorde nel ritenere la non perfetta sovrapponibilità dei concetti di abitazione e di privata dimora. Pertanto, discorrere di furto in abitazione appare certamente riduttivo. Se l'abitazione è il luogo dove il soggetto – appunto – abita con una tendenziale stabilità, la privata dimora è invece un luogo non pubblico, in cui il soggetto si trovi per il compimento di atti ordinari della vita privata. In relazione al reato in esame è infine possibile disporre intercettazioni.

Elaborazione giurisprudenziale del concetto di privata dimora

Trattasi per la verità di una vexata questio. Come sopra accennato il Supremo Collegio ha spesso chiarito l'inesistenza di qualsivoglia sovrapponibilità – ai fini che ora rilevano – fra i due concetti di abitazione e di privata dimora. Tale ultimo concetto presenta infatti una portata semantica molto più ampia, ricomprendendo qualsiasi luogo non pubblico, all'interno del quale le persone stazionino – magari anche in modo discontinuo e occasionale – ai fini del compimento di atti ordinari della vita privata (atti che possono essere della più eterogenea specie, quindi avere pure natura professionale, culturale, politica, associativa, assistenziale, sociale, ludica eccetera). Partendo da siffatta premessa teorica, la Corte ha ricondotto al concetto di privata dimora – così reputando integrato il paradigma normativo in commento – i seguenti luoghi:

a) l'interno di un ristorante durante l'orario di chiusura (Cass. II, n. 24763/2015);

b) un camper (casa mobile), in ragione della sua naturale destinazione ad un uso di tipo abitativo (Cass. VII, n. 7204/2015; Cass. V, n. 38236/2016 ha però poi precisato come – affinché sussistano gli estremi del reato in commento – occorra che del camper resti materialmente acclarata la destinazione all'esercizio di attività tipicamente rientranti nello svolgimento della vita privata; attività che vadano quindi oltre, rispetto al semplice utilizzo del veicolo alla stregua di un mezzo di locomozione);

c) un'edicola, trattandosi di un luogo nel quale si compiono – pur se in modo transitorio – atti della vita privata (Cass. V, n. 7293/2014);

d) un cantiere edile, nel quale erano al momento in corso lavori e che era stato allestito all'interno del cortile di un edificio in ristrutturazione (Cass. V, n. 2768/2014);

e) uno studio odontoiatrico (Cass. V, n. 10187/2011);

f) la portineria di un condominio, trattandosi di un luogo destinato a privata dimora, peraltro costituente pertinenza rispetto sia all'unità immobiliare occupata dal portiere, sia, pro quota, rispetto agli altri appartamenti facenti parte del medesimo edificio (Cass. V, n. 28192/2008);

g) un garage, trattandosi di locale assoggettato ad una relazione di pertinenzialità rispetto ad un appartamento, ossia ad un luogo che per definizione deve ritenersi essere di privata dimora (Cass. II, n. 22937/2012);

h) la baracca adibita a spogliatoio sita in un cantiere edile (Cass. V, n. 32093/2010);

i) una sagrestia, in quanto luogo deputato allo svolgimento di attività complementari e correlate a quelle nelle quali strettamente si estrinseca il culto, oltre che pertinenziale non solo all'edificio nel quale si celebra lo stesso culto dei fedeli, ma anche alla casa canonica; la sagrestia è dunque definibile come privata dimora, sussistendo la possibilità per l'avente diritto di selezionare l'ingresso a terzi e non consentirlo a tutti in modo indifferenziato (Cass. IV, n. 40245/2008; nello stesso senso si è recentemente espressa Cass. IV, n. 13492/2020). Si è poi ulteriormente precisato come non sia riconducibile entro l'alveo previsionale del delitto de quo, la condotta consistente nell'impossessarsi di denaro riposto nella cassetta destinata alle elemosine, collocata non all'interno della sagrestia, bensì nella parte della chiesa che è destinata all'esercizio del culto dei fedeli. Tale ultima porzione della chiesa non può infatti essere considerata quale privata dimora – secondo l'accezione rilevante in relazione al modello legale in commento – in quanto essa è ovviamente accessibile ad opera di una moltitudine indifferenziata di soggetti e non è deputata allo svolgimento di atti genuinamente propri della vita privata delle persone (Cass. V, n. 23641/2016).

l) un campo da tennis inserito in un complesso alberghiero, del quale il primo rappresenta una pertinenza, nel quale gli ospiti si trattengano per espletare un'attività privata di tipo ludico (Cass. V, n. 4569/2010; i Giudici di legittimità hanno però poi ritenuto non integrato il delitto in commento nella condotta consistente nell'impossessarsi di beni mobili previo ingresso nella segreteria di un circolo sportivo, essendo essa un luogo deputato ad attività – come, ad esempio, possono essere il versamento di quote sociali o l'adesione a iniziative ad opera degli iscritti – che non possono essere ricondotte a comportamenti attinenti allo svolgimento della vita privata (Cass. V, n. 11744/2020).

m) tutti i luoghi nei quali ci si porti per compiere – anche se in modo provvisorio ed eventuale – atti comunque rientranti nel normale svolgimento della vita privata; il riferimento è quindi agli studi professionali in genere, agli stabilimenti industriali, agli opifici della più variegata tipologia, oltre che agli esercizi commerciali o, come nella concreta fattispecie, ad un negozio di ferramenta (Cass. IV, n. 43671/2003). È però importante evidenziare come le Sezioni Unite della Suprema Corte abbiano ormai risolto la questione attinente alla configurabilità del delitto di cui all'art. 624-bis, allorquando il furto avvenga in esercizi commerciali, studi professionali o comunque in luoghi di lavoro, durante l'orario di chiusura al pubblico e in assenza di persone dedite ad una qualche attività o mansione all'interno di tali luoghi in detti orari. Il contrasto è stato infatti sottoposto al vaglio di Cass. S.U.n. 31345/2017, la quale ha ricondotto al concetto di privata dimora, rilevante ai fini della configurabilità del reato in esame, solo quei luoghi – compresi quelli destinati ad attività lavorativa o professionale – nei quali si svolgano in maniera non occasionale atti appartenenti alla vita privata e che non siano aperti al pubblico o accessibili a terzi, in mancanza del consenso del titolare (trattavasi nella specie di un furto perpetrato in un ristorante nell'orario di chiusura).

Cass. V, n. 34478/2018 – nel ribadire come rientrino tra i luoghi rilevanti ex art. 624-bis quelli deputati all'espletamento non occasionale di atti facenti parte della vita privata, ivi compresi i siti destinati all'espletamento di attività professionale o lavorativa – ha ritenuto correttamente ricompreso entro tale alveo previsionale uno studio legale, in presenza di furto ivi consumato nottetempo. In tale caso, infatti ricorrono tutti i requisiti postulati dalla norma, quali lo jus excludendi alios, la possibilità non indifferenziata e generalizzata di accesso da parte del pubblico e infine la presenza tendenzialmente costante di persone all'interno dell'immobile (avendo il legale il diritto di accedere allo studio in ogni ora del giorno).

Secondo Cass. IV (notizia di decisione), merita la definizione di luogo destinato a privata dimora anche la cabina di uno stabilimento balneare , utilizzata dalla vittima del delitto di furto per cambiarsi d'abito e lasciarvi in deposito abbigliamento ed effetti speciali.

Secondo Cass. IV, n. 50105/2023, in materia di furto in abitazione, la nozione di "pertinenza di luogo destinato a privata dimora" deve leggersi con riferimento a qualsiasi bene che sia dotato di una idoneità ad apportare una diretta utilità economica all'immobile principale o, quantomeno, che possa considerarsi a questo asservito sotto il profilo funzionale, oltre che destinato a svolgere un servizio o ornamento in favore dello stesso, in modo durevole, senza che sia indispensabile l'esistenza di una relazione di contiguità fisica tra il bene principale e quello avente funzione di pertinenza.

Profili di costituzionalità della norma

Segnaliamo che la Consulta (Corte cost. n. 125/2016), ha dichiarato la parziale illegittimità costituzione dell'art. 656, comma 9, lett. a), c.p.p. nella parte in cui non ammette che alla condanna di furto con strappo possa seguire il divieto della sospensione dell'ordine di esecuzione della pena. L'assunto giurisprudenziale si è imperniato sulla minima differenza fenomenologica tra il furto con strappo e la rapina (che, invece, rientra tra le fattispecie considerate). La questione è stata nuovamente posta all'attenzione della Corte costituzionale con riferimento al furto in abitazione. Si è cioè chiesto alla stessa di vagliare se il furto in abitazione possa essere ricompreso tra le fattispecie che precludono l'ordine di sospensione dell'esecuzione. L'ordinanza di rimessione ha posto alla base del proprio ragionamento l'idea secondo la quale, così come minima è la differenza ontologica tra le due figure tipiche del furto con strappo e della rapina, analogamente il furto in abitazione può debordare in rapina. La Corte costituzionale ha però rigettato la questione (Corte cost. n. 67/2020). Difatti, il furto in abitazione che dovesse trasmodare in rapina darebbe luogo ad una fattispecie aggravata e la rapina aggravata rientra già tra le ipotesi cui si ricollega la sospensione dell'ordine di esecuzione della pena.

Corte cost. n. 117/2021 ha poi dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale che era stata posta dal Tribunale di Lecce, in ragione di un preteso contrasto della disposizione codicistica con gli artt. 3 e 27 Cost. Secondo i Giudici delle leggi, l'A.G. rimettente – nel porre l'accento sulla natura eccessiva del trattamento sanzionatorio previsto dalla norma con riferimento al minimo edittale di pena – non ha contestualmente specificato le ulteriori previsioni sanzionatorie rinvenibili nell'ordinamento e atte a svolgere la funzione di tertia comparationis. Limitarsi pertanto a censurare l'eccessivo rigore sanzionatorio, senza indicazione comparativa con altre fattispecie similari, equivale a chiedere alla Corte un intervento di carattere non semplicemente correttivo, ma sostitutivo rispetto a una scelta legislativa.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Può considerarsi rilevante il consenso all'ingresso che sia ottenuto mediante l'inganno?

Orientamento consolidato della Corte di Cassazione

I Giudici di legittimità hanno più volte spiegato come – perché possa dirsi integrata la fattispecie delittuosa del furto in abitazione – sia indispensabile che sussista, tra la condotta di introduzione all'interno dell'abitazione e l'impossessamento della res, uno stretto nesso finalistico e funzionale, piuttosto che un legame di tipo semplicemente episodico e occasionale, oppure consistente nel mero sfruttamento di un'occasione propizia. Così, ad esempio, non integra la fattispecie de qua l'azione di chi si introduca all'interno di un'abitazione, che sia momentaneamente disabitata, al solo fine di reperire un ricovero e poi si impossessi di un bene che era stato lasciato nell'immobile (Cass. IV, n. 18792/2019).

Applicazioni

In aderenza a tale principio di diritto, Cass. V, n. 16995/2019 ha ritenuto conforme alla previsione incriminatrice la condotta di chi si impossessi di beni mobili sottraendoli al legittimo detentore, giovandosi – per introdursi all'interno della dimora – del consenso di quest'ultimo ottenuto attraverso un inganno. Più nello specifico, il reo era riuscito a impossessarsi di una certa somma di denaro dopo esser stato accolto nell'abitazione delle persone offese, alle quali si era presentato spacciandosi quale dipendente dell'ENEL.

Sulla medesima linea interpretativa si colloca Cass. V, n. n. 41149/2014, che ha ritenuto punibile per il reato in commento un soggetto che si era introdotto in una privata dimora, convincendo il soggetto passivo a sottoporsi ad un rito propiziatorio.

Domanda
È indispensabile – perché possa dirsi integrata la fattispecie tipica – l'effettivo utilizzo dell'immobile da parte dell'avente diritto?

Orientamento consolidato della Corte di Cassazione

I Giudici di legittimità hanno ripetutamente chiarito come la figura tipica in analisi resti pienamente integrata, anche allorquando l'introduzione avvenga all'interno di un immobile che non risulti abitato all'attualità. Ciò che infatti rileva, sotto il profilo della stretta materialità del fatto, è che tale immobile sia destinato ad un uso abitativo; resta pertanto indifferente il fatto che – nel momento in cui si verifica l'ingresso furtivo – vi sia o meno un utilizzo effettivo del bene in tal senso (Cass. II, n. 23402/2005).

Cass. IV, n. 1782/2018 ha infatti ritenuto di far rientrare nella nozione di privata dimora qui rilevante un immobile che – anche se al momento risultava non abitato ed appariva in cattivo stato di manutenzione – non versava comunque in una situazione di abbandono. Il concetto posto in tal caso in risalto dai Giudici è quello del carattere di stabilità del rapporto intercorrente fra il luogo fisico e lo svolgimento della vita privata del titolare del diritto, nonché il fatto che la dimora presenti una connotazione che sia tale, in concreto, da rinviare alla personalità del titolare (in tal senso si è espressa anche Cass. V, n. 17954/2020).

Applicazioni

In ossequio a tale principio, Cass. IV n. 27678/2022 ha reputato collimante con la accezione di privata dimora che interessa, ai fini della configurabilità dello schema tipico de quo, l'immobile che – seppur non abitato al momento attuale – possa ritenersi non abbandonato da parte del soggetto che abbia diritti su di esso, perché oggetto di un negozio di compravendita di poco antecedente rispetto al fatto e nel quale si trovino ancora collocati beni riconducibili al dante causa.

Fattore evocativo di tale caratteristica di riconducibilità all'avente diritto è stato peraltro ritenuto il fatto che all'interno dell'immobile – sebbene questo si trovasse evidentemente in una non ottimale condizione di manutenzione – fossero comunque allocati monili di valore ricollegabili al precedente proprietario. Nel caso in esame, come detto, si trattava anche di un appartamento oggetto di una recente compravendita.

3. Azioni processuali

Ulteriori attività difensive

Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura coercitiva (art. 309); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare (art. 310); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari personali (art. 311); Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni (art. 374).

ProcedibilitàIl furto in abitazione ex art. 624-bis c.p. è procedibile d'ufficio.

Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato)

Per il delitto ex art. 624-bis primo comma c.p. – punito con la pena della reclusione da quattro a sette anni e con la multa da € 927 a € 1.500,00, all'indomani dell'inasprimento sanzionatorio operato dalla l. 23 giugno 2017, n. 103, con decorrenza 3 agosto 2017 – la prescrizione ordinaria è pari ad anni sette (cfr. art. 157 c.p.); tale termine può essere aumentato – in presenza di atti interruttivi – fino ad un massimo di anni otto e mesi nove (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.). Il secondo comma della norma descrive la presenza di circostanze aggravanti ad effetto speciale, richiamando quelle di cui al primo comma dell'art. 625 c.p., ovvero una o più di quelle dettate dall'art. 61 c.p.; in tali casi, vi sarà una previsione sanzionatoria che spazia da cinque a dieci anni di reclusione e da 1.000,00 a 2.500,00 euro; consequenzialmente, si avrà una prescrizione ordinaria corrispondente ad anni dieci e un termine massimo di prescrizione pari ad anni dodici e mesi sei.

A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione:

– del giudizio di appello entro il termine di due anni;

– del giudizio di cassazione entro il termine di un anno;

salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare;

salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.;

salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021).

Misure precautelari e cautelari

Arresto e fermo

Con riguardo al reato di furto in abitazione, sia esso semplice o aggravato:

– l'arresto in flagranza è previsto come obbligatorio, a norma dell'art. 380 c.p.p, salvo che ricorra la circostanza attenuante tipizzata dall'art. 62 n. 4 c.p.

– il fermo è consentito.

Misure cautelari personali

È consentita l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali.

Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale

Competenza

In tutti i casi di furto è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.), che decide in composizione monocratica (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.).

Citazione a giudizio

Vi è stato acceso dibattito, relativamente alle forme di instaurazione del giudizio ordinario, in riferimento alla fattispecie delittuosa in commento. La Suprema Corte è stata sempre unanimemente orientata nel ritenere che tale instaurazione debba avvenire per il tramite della citazione diretta. Ciò in ragione del fatto che il mancato inserimento dell'art. 624-bis nella elencazione di quel reato, in ordine ai quali l'art. 550 c.p.p. prevede la citazione diretta a giudizio, è stato sempre considerato alla stregua di un difetto di adeguamento normativo. Un mancato coordinamento che appare comunque facilmente superabile in sede di interpretazione, valorizzando invece il dato testuale rappresentato dall'inserimento – nel suddetto elenco – dell'art. 625 c.p.

Composizione del tribunale

Il dibattimento per il reato di cui all'art. 624-bis c.p. si svolgerà sempre dinanzi al tribunale in composizione monocratica, a norma degli artt. 33-bis e ter c.p.

4. Conclusioni

Mediante la sopra analizzata previsione incriminatrice l'ordinamento assicura adeguata tutela agli stessi beni giuridici che sono garantiti dalla figura tipica ex art. 624. La norma trova la sua scaturigine nella volontà di reprimere condotte predatorie particolarmente invasive, atte per questo a suscitare vasto allarme sociale ed a diffondere disagio, paura e sfiducia.

Storicamente il concetto di privata dimora veniva in giurisprudenza parametrato alla sussistenza del c.d. ius excludendi. È infatti insegnamento costante il fatto che il titolare di un luogo privato (o anche di un luogo aperto al pubblico) sia titolare di uno ius admittendi e di uno ius excludendi; tale soggetto può pertanto selezionare i soggetti che sono ammessi ad entrare e a restare nel luogo stesso, allontanando quelli a lui non graditi. Dunque, non è necessario che il soggetto vi si trattenga con tendenziale stabilità. La sopra menzionata sentenza delle Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 31345/2017) ha sul punto ricordato come possano intendersi quale privata dimora – ai fini che ora interessano – solo quei luoghi, pure se deputati alla realizzazione di una attività lavorativa o professionale, all'interno dei quali vengano effettuate non occasionalmente attività riconducibili alla vita privata e che non risultino aperti al pubblico o accessibili a terzi, se non previo consenso del titolare.

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