Furto con violenza sulle cose

MATTEO LANNA

1. Bussole di inquadramento

Linee generali

Il delitto di furto, disciplinato dall'art. 624 c.p., incrimina la sottrazione e l'impossessamento della cosa mobile altrui.

Il bene giuridico tutelato è il patrimonio, da intendersi quale realtà giuridica complessa, comprensiva di tutte le situazioni giuridiche soggettive di cui il privato è titolare. Il delitto di furto può essere commesso da chiunque: è quindi un reato comune.

Il furto è un reato di danno a forma vincolata: è indispensabile che la creazione di una sfera di signoria sulla cosa mobile altrui consegua alla sottrazione della stessa. In altri termini, sottrazione e impossessamento rappresentano i due elementi costitutivi del modello legale in analisi.

Trattasi di delitto a dolo specifico: il fine perseguito è proprio quello dell'impossessamento.

È opportuno sottolineare come del furto sia stata da molti criticata la collocazione topografica nel nostro codice. Appare infatti certamente incongruo che la disposizione di apertura del capo dei “delitti contro il patrimonio mediante violenza alle cose o alle persone” incrimini una condotta che non postula necessariamente l'adozione di una condotta di violenza sulle cose o sulle persone. Il furto, nella sua forma base, è infatti un delitto che si perfeziona indipendentemente dalla violenza. Del resto, è nella sussistenza del requisito della violenza alla persona che se ne coglie realmente l'elemento discretivo, rispetto al delitto di rapina di cui all'art. 628 c.p.

La nozione di violenza sulle cose

Il connotato della violenza alle cose, estraneo come detto allo schema tipico generale dell'art. 624 c.p., è rientrato invece nell'alveo delle forme di manifestazione indicate dall'art. 625 c.p.; sono qui appunto individuate le circostanze aggravanti del delitto di furto.

Il numero 2 dell'art. 625 c.p. dispone l'aggravamento della pena, in caso di furto commesso tra l'altro mediante violenza sulle cose. La ratio della maggior riprovevolezza del c.d. furto violento si coglie, pertanto, nella maggiore intensità della risoluzione criminosa, nonché nella maggiore pericolosità del soggetto, il quale si determini a delinquere adoperando violenza sulle cose.

Affinché il furto possa presentarsi in tale forma aggravata, è indispensabile la sussistenza di uno stretto nesso di contestualità logica e temporale, tra la condotta furtiva e la violenza sulla cosa: la veemenza deve cioè essere posta in essere nel momento temporalmente antecedente o successivo rispetto alla sottrazione della cosa. Le azioni, quindi, si inseriscono in una prospettiva finalistica unitaria: la violenza è il fattore che mira alla rimozione di ostacoli e resistenze impeditive della condotta furtiva.

L'elemento della contestualità temporale assume un'importanza decisiva. Difatti, nel caso in cui siffatto elemento dovesse mancare – in quanto la violenza venga magari esercitata molto tempo prima o molto tempo dopo la sottrazione – non si avrà il delitto di furto violento ex art. 625 c.p., bensì un concorso fra i delitti di furto ex art. 624 c.p. e di danneggiamento ex art. 635 c.p.

La fattispecie circostanziata può allora ricomprendere il delitto di furto e il delitto di danneggiamento. Trattasi infatti di reato complesso, risultante dalla combinazione dei reati di cui agli artt. 624 e 635 c.p. Come già detto, il concetto di violenza comprende peraltro le azioni di trasformazione o di mutamento della destinazione della cosa. Può pertanto verificarsi violenza sulle cose senza danneggiamento, perché ne venga semplicemente mutata la destinazione.

Applicazioni

La disposizione codicistica in commento esige insomma che sia riscontrabile una qualsivoglia forma di energia umana applicata sulla cosa; energia umana che incida in maniera veemente sulla cosa stessa. Che venga quindi adoperata una almeno apprezzabile forza sulla cosa, al fine di perpetrare il fatto, provocando magari la rottura, il danneggiamento, il guasto, il malfunzionamento del bene stesso; integrano però il requisito preteso dalla norma anche le attività consistenti nella trasformazione della cosa altrui, o nel mutamento della destinazione della stessa.

Cass. V, n. 1503/2021 ha così ritenuto sussistente il requisito della violenza sulla cosa, in un caso di furto commesso all'interno di un esercizio commerciale, attraverso l'asportazione delle targhette identificative e del cartellino del prezzo apposti sulla res. La violenza sulle cose risulta qui integrata, in quanto risulta mutata la destinazione delle cose asportate dagli scaffali ove si trovavano esposte per la vendita.

Tuttavia, è opportuno sottolineare come l'energia fisica debba causare un'alterazione funzionale del sistema. Una semplice manipolazione o forzatura, che però non implichino effettiva rottura, guasto, danneggiamento o mutamento della destinazione, non integreranno quindi l'aggravante de qua. Ne deve, quindi, discendere alcuno degli effetti sopra menzionati, tale da rendere necessaria un'attività di ripristino (Cass. V, n. 13070/2021).

Cass. V, n. 13431/2022 ha poi ribadito come integri la forma di manifestazione in commento l'utilizzo di energia fisica che determini la rottura, il guasto, il danneggiamento, la trasformazione, il mutamento di destinazione della res, oppure anche la separazione fisica di una parte necessaria ai fini del mantenimento della funzionalità, in modo tale che sia poi indispensabile un'attività di ripristino finalizzata a restituire alla cosa la propria originaria funzionalità. Sulla base di tale principio è stata ritenuta ricorrente tale aggravante, in caso di furto degli pneumatici di una autovettura.

Così in tema di furto di alberi, la violenza sulle cose ricorre in presenza di abbattimento o recisione dei rami di alberi che si trovino infissi nel terreno, o anche di sezionamento di tronchi interi, che ne produca l'inidoneità all'uso al quale erano stati destinati; non è invece configurabile tale aggravante, in presenza del taglio realizzato al solo fine di trasportare un tronco già divelto e destinato a divenire legna da ardere, dal momento che in tal caso non viene in essere alcuna modificazione o cambiamento di destinazione della cosa (Cass. V, n. 3788/2020).

In aderenza ai sopra esposti principi di diritto, la Corte di Cassazione ha poi confermato l'applicazione del numero 2) dell'art. 625 c.p., in un caso in cui la violenza era ricaduta su una porta in pessimo stato. L'idea basilare posta a fondamento del ragionamento della S.C. è che anche una porta in pessimo stato costituisca una difesa della proprietà: essa rappresenta, quindi, un ostacolo alla realizzazione della condotta criminale (Cass. V, n. 6762/2015).

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
È configurabile il tentativo di furto aggravato dalla violenza sulle cose? 

Orientamento consolidato della Corte di Cassazione

Come già evidenziato, la fattispecie circostanziata di furto aggravata di cui all'art. 625, comma 1, n. 2), c.p. può risultare dalla combinazione del delitto di furto e del delitto di danneggiamento. Si tratta di un dato decisamente importante, che pone peraltro un quesito, in ordine all'ammissibilità della forma tentata del delitto di furto violento.

Com'è noto, quanto ai reati complessi, si è sempre discusso circa l'ammissibilità del tentativo. Le problematiche discendono dall'idea secondo la quale in caso di mancato perfezionamento del reato complesso nella sua interezza, con integrazione però dell'elemento costitutivo corrispondente ad autonomo fatto di reato, il reo dovrebbe essere chiamato a rispondere non di tentativo di reato complesso, bensì piuttosto del reato consumato entro il cui alveo sia riconducibile la condotta realizzata. Si tratta di un tema ampiamente dibattuto, recentemente postosi nuovamente all'attenzione della giurisprudenza anche in relazione all'ammissibilità del tentativo di atti persecutori ex art. 612-bis c.p. Appare opportuno rammentare come la giurisprudenza abbia risolto il dilemma in senso positivo, ammettendo il tentativo del delitto di stalking, a patto che le condotte violente o minacciose siano astrattamente idonee a causare alcuno degli eventi descritti nella fattispecie di reato, senza però che questi si verifichino nella realtà.

Quando all'art. 625 c.p., si è come detto discusso circa la possibilità di reputare integrato un tentativo di furto violento, oppure se si debba ricadere nella distinta ipotesi di danneggiamento. La più recente elaborazione giurisprudenziale ha ritenuto che l'elemento discretivo si appunti non sulla materialità del fatto, ma sulla finalità della condotta. Difatti, la condotta materiale può anche essere eventualmente identica. Epperò, valutando le modalità della condotta, occorre verificare se la condotta fosse finalizzata al mero deterioramento della cosa, ovvero all'impossessamento della cosa mobile.

Cass. V, n. 12478/2010 ha sul punto chiarito come l'esplicazione di violenza sulla cosa, che realizza una aggravante speciale del delitto di furto e caratterizza l'attuazione dell'azione sottrattiva, non è immediatamente evocativa dell'esistenza di un delitto nella declinazione di reato consumato. La violenza afferisce infatti alla fase della sottrazione e rimane esterna rispetto all'evento costituito dall'impossessamento.

Applicazioni

In aderenza a tale impostazione concettuale, Cass. IV, n. 37532/2021 ha chiarito come – in sede di demarcazione fra il tentativo di furto aggravato dalla violenza sulle cose e invece tentativo di danneggiamento – dal momento che i due reati si differenziano fra loro non sul versante della oggettività del fatto (che può anche risultare analoga), bensì in ragione della direzione finalistica dell'atto, sia necessario valutare adeguatamente le modalità dell'azione e i mezzi impiegati in fase esecutiva, oltre che i connotati strutturali della res. Ciò consentirà di comprendere se il soggetto attivo fosse mosso dall'intenzione di impossessarsi della cosa mobile, o se al contrario intendesse esclusivamente deteriorarla. La Corte ha quindi ritenuto corretta la qualificazione in termini di tentativo di furto aggravato, in relazione alla condotta serbata da un soggetto che – sferrando una violenta gomitata – aveva mandato in frantumi il finestrino di un veicolo in sosta posizionato sul greto di un fiume, allontanandosi poi velocemente a bordo della propria autovettura, una volta avvedutosi del sopraggiungere di altro mezzo.

Domanda
È ammissibile il concorso dell'aggravante della violenza sulle cose con quella della minorata difesa?

Orientamento consolidato della Corte di Cassazione

La circostanza aggravante di cui all'art. 625, n. 2) c.p. può sicuramente concorrere con l'aggravante della minorata difesa ex art. 61, n. 5) c.p., perché i due elementi poggiano su dati distinti. Quest'ultima, infatti, ha carattere obiettivo e attiene alla ricorrenza di situazioni di tempo, di luogo o di persona che siano in grado di ostacolare la difesa della vittima. Per converso, invece, l'aggravamento per uso di violenza sulle cose discende dalla maggiore pericolosità dimostrata dal soggetto, il quale si avvalga di certe modalità attuative della condotta furtiva, per conseguire l'impossessamento della cosa mobile altrui (trattasi di principio molto risalente e mai rivisitato, sin da Cass. II, n. 102/1965; più di recente si potrà leggere Cass. II, n. 47893/2011).

3. Azioni processuali

Ulteriori attività difensive

Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura coercitiva (art. 309); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare (art. 310); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari personali (art. 311); Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni (art. 374); Richiesta di giudizio abbreviato nei procedimenti a citazione diretta (art. 555).

Procedibilità

Per il reato di furto, prima della Riforma Cartabia, si procedeva ordinariamente, ex art. 624, comma terzo, c.p., a querela della p.o.; tale disposizione codicistica – come introdotta dall'art. 12 della l. 25 giugno 1999, n. 205 – prevedeva però anche la procedibilità d'ufficio del delitto di furto, al ricorrere di una o più delle circostanze aggravanti tipizzate dagli artt. 61 n. 7 o 625 c.p.

A seguito della Legge 27 settembre 2021 n. 134, (“Delega al governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”), è stato emanato il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 159 (“Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134”), che ha fra l'altro novellato il Libro II del codice penale. La c.d. “Riforma Cartabia” quindi [art. 2, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 150 del 2022, in vigore – secondo quanto stabilito dal d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito in l. 30 dicembre 2022, n. 199 – a far data dal 30 dicembre 2022], ha dunque interpolato la lettera dell'art. 624 c.p., sostituendo il testo del terzo comma e inserendo deroghe maggiormente circoscritte, rispetto alla generale disciplina della procedibilità a querela del delitto di furto. Tale fattispecie delittuosa è infatti ormai divenuta procedibile d'ufficio solo laddove la persona offesa risulti incapace – a causa dell'età o in ragione di uno stato di infermità – oppure anche allorquando ricorra una delle forme di manifestazione tipizzate dall'art. 625, numero 7 (escluso il caso in cui l'azione furtiva abbia ad oggetto cose esposte alla pubblica fede) e numero 7-bis.

Secondo quanto stabilito dalle disposizioni transitorie ad hoc di cui all'art. 85, comma 1, d.lgs. n. 150 del 2022 e da quelle introdotte dalla l. n. 199 del 2022 (sostituendo nel corpo del predetto art. 85 il comma 2 ed introducendovi, inoltre, i nuovi commi 2-bis e 2-ter), le predette modifiche, immediatamente operanti per i reati commessi a partire dal 30/12/2022, data di vigenza della novella, opereranno, per i reati commessi fino al 29/12/2022 divenuti procedibili a querela di parte in forza delle nuove disposizioni, nei termini di seguito indicati:

A) nei casi in cui non pende il procedimento penale:

– se il soggetto legittimato a proporre querela ha avuto in precedenza notizia “del fatto costituente reato”, il termine per proporre querela (di mesi tre, ex art. 124 c.p., non toccato dall'intervento novellatore) decorre dal 30/12/2022, data di entrata in vigore della novella e scade, pertanto, il 30/03/2023;

– in forza della predetta disposizione, letta a contrario, se il soggetto legittimato a proporre querela non ha avuto in precedenza notizia “del fatto costituente reato”, il medesimo termine per proporre querela decorre, secondo la disciplina ordinaria, in parte qua non modificata, dal momento in cui ne abbia avuto conoscenza;

B) nei casi in cui pende il procedimento penale:

– avendo il soggetto legittimato a proporre querela necessariamente avuto in precedenza notizia “del fatto costituente reato”, il termine trimestrale per proporre querela decorre dal 30/12/2022, data di entrata in vigore della novella e scade il 30/03/2023: diversamente rispetto a quanto previsto dall'originario comma 2 della disposizione, nessun onere di informare la p.o. di tale facoltà incombe sul giudice procedente, presumendosi, pertanto, che la p.o. debba avere conoscenza della novella.

Ferma restando la predetta disciplina, si è anche stabilito che le misure cautelari personali in corso di esecuzione cessino di avere efficacia se – entro il termine di venti giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, quindi entro il 19/01/2022 – l'autorità giudiziaria che procede non acquisisce la querela: a tal fine, l'a.g. procedente effettua ogni utile ricerca della p.o., anche avvalendosi della polizia giudiziaria. Durante la pendenza del predetto termine di venti giorni, i termini di cui all'art. 303 c.p.p. sono sospesi. Durante la pendenza del termine per proporre querela, si applica quanto disposto dall'art. 346 c.p.p. in tema di atti compiuti in mancanza di condizioni di procedibilità.

Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato)

Per il furto semplice e per il furto monoaggravato, la prescrizione aggravata è pari ad anni sei (cfr. art. 157 c.p.); tale termine può essere aumentato – in presenza di atti interruttivi – fino ad un massimo di anni sette e mesi sei (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.).

A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), per tutti i casi di furto (semplice o aggravato) costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione:

– del giudizio di appello entro il termine di due anni;

– del giudizio di cassazione entro il termine di un anno;

salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare;

salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.;

salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021).

Misure precautelari e cautelari

Arresto e fermo

Con riguardo al reato di furto con destrezza di cui agli artt. 624/625 co. 1 n. 4) c.p.:

– l'arresto in flagranza è previsto come facoltativo, a norma dell'art. 381 co. 1 c.p.p.; – il fermo in ordine al delitto di furto è previsto esclusivamente al ricorrere delle ipotesi tipizzate dall'ultimo comma dell'art. 625 c.p., ossia allorquando ricorrano due o più delle circostanze ivi prevedute, ovvero se una di esse concorra con altra fra quelle dettate dall'art. 61 c.p.

Misure cautelari personali

Per determinare la pena agli effetti dell'applicazione delle misure cautelari personali, ai sensi dell'art. 278 c.p.p., si tiene conto della possibile ricorrenza di una o più delle circostanze aggravanti di cui all'art. 625 c.p.

Ciò comporta che soltanto in relazione al furto mono o pluriaggravato – fattispecie punita con pena edittale massima pari ad anni sei di reclusione (al ricorrere di una sola aggravante), ovvero pari ad anni dieci (al ricorrere di due o più delle aggravanti ex art. 625 c.p., ovvero di una di esse e di altra fra quelle indicate dall'art. 61 c.p.) è consentita l'adozione di misure cautelari coercitive (artt. 281-286-bis c.p.p.), poiché l'art. 280, comma 1, c.p.p. consente l'applicazione delle predette misure ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni; al furto aggravato de qua è applicabile anche la misura della custodia cautelare in carcere, poiché l'art. 280, co. 2, c.p.p. consente l'applicazione della predetta misura ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.

Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale

Competenza

In tutti i casi di furto è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.), che decide in composizione monocratica (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.).

Citazione a giudizio

Per il furto – semplice o circostanziato che sia – si procede sempre mediante citazione diretta a giudizio del P.M., a norma dell'art. 550, comma 2 lett. f) c.p.p.

Composizione del tribunale

Il dibattimento per il reato di furto – aggravato o meno – si svolgerà sempre dinanzi al tribunale in composizione monocratica, a norma degli artt. 33-bis e 33-ter c.p.

4. Conclusioni

Trattasi come detto del cosiddetto furto violento, previsione che risponde alla volontà del legislatore di apprestare idonea salvaguardia nei confronti di aggressioni in danno di beni mobili, che vengano perpetrate mediante l'adozione di condotte violente.

La disposizione codicistica richiede l'esistenza di un nesso di tipo strumentale, tra l'azione e la sottrazione, dal momento che la condotta violenta deve risultare specificamente indirizzata all'eliminazione di ostacoli riscontrabili nella cosa stessa e che valgano a inibire – o almeno a rendere disagevole – la sottrazione e l'impossessamento della res.

L'azione che si connoti in termini di violenza può rappresentare il modo attraverso il quale il soggetto attivo persegua il risultato della mobilizzazione di una cosa immobile (l'esempio comunemente adoperato, sul punto, è quello dell'asportazione – realizzata attraverso il distacco – di parti di un edificio). Rileva comunque il fatto che non si realizzi alcuna attività violenta direttamente a carico della persona.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario