I furti minori

MATTEO LANNA

1. Bussole di inquadramento

Linee generali

L'art. 626 c.p., rubricato furti punibili a querela dell'offesa, disciplina i delitti che vengono comunemente denominati furti minori.

La dizione terminologica evidenzia il minor disvalore della condotta, nonché la minor offensività del reato.

Da ciò discende un diverso trattamento sanzionatorio, rispetto alla figura principale del furto; un trattamento che è chiaramente di favore, per l'autore del furto minore. Difatti, il furto semplice ex art. 624 c.p. è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 154 ad euro 516; diversamente, i furti minori ex art. 626 c.p. sono puniti con la reclusione fino ad un anno e con la multa fino ad euro 256.

Non solo: la minor offensività dei furti minori è corroborata, come si desume dalla rubrica, dal regime processuale al quale tali figure tipiche sono assoggettate. L'ultimo comma dell'art. 626 c.p. stabilisce infatti la punibilità a querela, salvo che ricorra una delle circostanze di cui all'art. 625, nn, 1, 2, 3 e 4, c.p.

Trattasi comunque di titoli autonomi di reato e non di figure circostanziali della fattispecie principale di furto.

Modifiche apportate dal d.lgs 10 ottobre 2022, n. 150

In attuazione della Legge 27 settembre 2021 n. 134, recante delega al governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari, è stato emanato il succitato D.Lgs n. 150/2022 (“Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”).

Tale novella – fra i molteplici e variegati interventi – ha apportato modifiche al Libro II del c.p. Così, nella rubrica dell'art. 626 c.p., laddove precedentemente potevano leggersi le parole «a querela dell'offeso», deve ora leggersi soltanto la parola: «minori». Tale modifica trova immediata scaturigine nelle modifiche che hanno contestualmente interessato – grazie alla stessa disposizione normativa – il terzo comma dell'art. 624, che è stato integralmente sostituito mediante l'inserimento di più limitate deroghe, rispetto alla generale disciplina della procedibilità a querela del delitto di furto. Il modello legale del furto diviene infatti procedibile d'ufficio esclusivamente nel caso in cui la persona offesa risulti incapace – a causa dell'età o in ragione di uno stato di infermità – oppure anche allorquando si sia in presenza di una delle aggravanti indicate dall'art. 625, numero 7 (escluso il caso in cui l'azione furtiva abbia ad oggetto cose esposte alla pubblica fede) e numero 7-bis. In sede di comparazione con il previgente paradigma normativo del furto, si riscontra quindi una riduzione del novero delle ipotesi procedibili d'ufficio; si rammenterà infatti che la precedente versione del reato in esame – nel testo risultante dopo l'intervento dell'art. 12 della L. 25 giugno 1999, n. 205 – prevedeva per l'art. 624 c.p. la procedibilità d'ufficio, in presenza di una o più delle circostanze ex artt. 61 n. 7 e 625.

Per tale motivo, i cd. furti minori ex art. 626 ora in commento erano in rubrica denominati furti punibili a querela dell'offeso; tali figure delittuose assumono ora a tutti gli effetti – già nella rubrica – la denominazione di furti minori.

I furti minori nel dettaglio

I furti minori tipizzati nella lettera dell'art. 626 c.p. sono il furto d'uso, il furto lieve per bisogno e lo spigolamento abusivo.

Il furto d'uso ricalca la struttura del peculato d'uso nei reati contro la pubblica amministrazione. Difatti, ai sensi dell'art. 626, n. 1, c.p., occorre che il soggetto agente abbia sottratto la cosa solamente per farne un uso momentaneo e che – dopo tale uso – abbia restituito la res. Sicché, è indispensabile che si colga una specifica intenzione (il far uso momentaneo della cosa, al fine di restituirla), cui si accompagna il dato oggettivo della restituzione.

Quanto al primo elemento, esso risulta dalla combinazione di due finalità. All'elemento soggettivo positivo, cioè la volontà di usare momentaneamente la cosa, si deve accompagnare un elemento soggettivo negativo, quale la volontà di non impossessarsi della cosa stessa. Il fine del soggetto attivo è dunque quella di fare un uso esclusivamente momentaneo della cosa. Si parla in proposito di dolo d'uso, connotato ab origine dalla finalità restitutoria. Il paradigma normativo pone come momento di perfezionamento quello della restituzione, piuttosto che – come normalmente avviene in tema di furto – quello dell'impossessamento.

Oltremodo significativo è il dato oggettivo costituito dalla restituzione della cosa: occorre che la res, immediatamente dopo l'uso, sia stata restituita.

Va sottolineato come sul punto sia intervenuta una nota sentenza della Consulta (Corte cost. n. 1085/1988). Quest'ultima, spesso citata per aver colorato – insieme all'altrettanto rilevante Corte cost. n. 364/1988 – il principio della responsabilità personale ex art. 27 Cost., quale principio della responsabilità personale colpevole, ha interessato proprio la fattispecie del furto d'uso. L'art. 626 c.p. è stato infatti colpito da declaratoria di illegittimità costituzionale, nella parte in cui non considera l'eventualità che la mancata restituzione della cosa – sottratta per farne un utilizzo momentaneo – sia ricollegabile al caso fortuito o alla forza maggiore. La Corte ha pertanto imposto l'equiparazione di queste due ipotesi: da un lato, la sottrazione della cosa al fine di farne un uso momentaneo, con immediata restituzione successiva; dall'altro, la sottrazione della cosa per un uso momentaneo, non seguita dalla restituzione per la ricorrenza di circostanze imputabili al caso fortuito o alla forza maggiore. Tale lettura – costituzionalmente orientata – della norma incriminatrice, è dovuta al fatto che il principio personalistico impone che entrambi i momenti della condotta incriminata (la sottrazione e la restituzione) siano sorretti dall'elemento soggettivo del dolo.

L'utilizzo che il ladro fa della cosa deve essere tale, da poter consentire la restituzione della stessa: la cosa deve quindi esser conservata intatta, nel senso che deve esserne possibile la restituzione.

La giurisprudenza esclude dunque la configurabilità dell'istituto in esame, nell'eventualità in cui l'uso dovesse determinare la distruzione, oppure l'alterazione totale o parziale della res.

Tuttavia, è ritenuto compatibile con il paradigma normativo in esame un deterioramento minimo, che non renda la cosa inutilizzabile o inservibile all'uso al quale essa risulta destinata. Ovviamente, in tal caso, il titolare della res vanterà un diritto al risarcimento del danno.

Il Supremo Collegio – in aderenza ai principi dettati dalla sopra menzionata Corte cost. n. 1065/1988 – ha poi chiarito come il furto d'uso sia ipotizzabile, in via esclusiva, nel caso in cui ricorra il fine di fare un uso momentaneo della res per poi restituirla, oltre che laddove l'omessa restituzione sia riconducibile all'intervento del caso fortuito o della forza maggiore. Ma la forza maggiore idonea ad inibire il factum restitutionis può essere rappresentata anche dall'azione delle forze dell'ordine o di altri soggetti; occorre però in tal caso che l'intervento impeditivo si situi – con riferimento al versante temporale – in un momento in cui sia già possibile ritenere iniziata la fase restitutoria del bene sottratto (Cass. V, n. 39909/2006).

Cass. V, n. 42048/2017 ha sul punto chiarito come l'uso che il soggetto agente faccia della cosa sottratta debba essere comunque conforme, sia alla natura sia alla destinazione della stessa.

Va poi riconosciuta una certa rilevanza al dato rappresentato dall'immediatezza della restituzione. La minor riprovevolezza della condotta incriminata discende infatti anche dal fatto che la privazione della cosa – per il proprietario della stessa – abbia avuto un carattere esclusivamente momentaneo.

La formulazione della fattispecie e l'enfasi posta sul lemma “questa”, in riferimento alla cosa sottratta, inducono poi a ritenere che la condotta possa configurarsi solo in relazione a cose individuate in maniera specifica. La medesimezza della cosa sottratta indurrebbe allora ad escludere la configurabilità del furto d'uso per cose di genere, fungibili. La restituzione del tantundem non varrebbe insomma ad integrare l'identità della cosa richiesta dalla disposizione.

Sebbene sul punto si possano riscontrare differenti elaborazioni, si concorda nel ritenere che il furto d'uso si consuma nel luogo nel tempo della restituzione, in quanto momento integrante della condotta.

Si esclude infine l'ammissibilità del tentativo del furto d'uso. È infatti improponibile l'equiparazione, tra la restituzione e la mera intenzione di restituire. Ove non sia avvenuta la restituzione, quindi, si sarà perfezionato l'impossessamento, con conseguente integrazione della condotta ex art. 624 c.p.

Il furto lieve per bisogno (anche detto furto minimo o attenuato) incrimina la condotta sottrattiva di cose di tenue valore, al fine di provvedere ad un grave e urgente bisogno.

Questa fattispecie criminosa è caratterizzato innanzitutto dall'elemento della tenuità del valore della res, sulla quale cade la condotta criminosa. La locuzione tenue valore delinea una formula elastica, un contenitore vuoto che deve essere riempito dall'interprete.

L'elemento centrale della figura si coglie nel bisogno, quale esigenza inderogabile della persona. Tale connotazione di inderogabilità deriva dal fatto che il mancato soddisfacimento della medesima potrebbe determinare un danno o un pericolo.

Il bisogno intercetta quindi la necessità di cui all'art. 54 c.p.

Ovviamente le due situazioni debbono essere tenute nettamente distinte. Difatti, il bisogno determina un'attenuazione del trattamento sanzionatorio; la necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di grave danno alla persona elide completamente l'antigiuridicità. Un ulteriore elemento di discrimine si coglie nell'origine dell'incombenza. L'art. 54 c.p., con la locuzione “pericolo da lui non volontariamente causato” postula la non imputabilità al soggetto che invoca la scriminante, della situazione di pericolo contro la quale si reagisce; per converso, l'art. 626 c.p. riconduce l'attenuazione del trattamento sanzionatorio alla sussistenza di un bisogno, prescindendo dall'indagine circa l'origine di tale condizione.

Una ulteriore linea di demarcazione si coglie nella pertinenza dell'esigenza. La necessità ex art. 54 c.p. inerisce al rischio di un danno grave alla persona; il bisogno di cui all'art. 626 c.p. non individua invece una specificazione di questo tipo.

D'altronde, affinché si possa godere della mitigazione del trattamento sanzionatorio, il dato del bisogno – elemento che spinge il soggetto ad agire – deve tradursi in una condotta che ricada su una cosa di tenue valore.

Premesso ciò, la qualificazione del bisogno come grave e urgente delinea una pressante necessità, che tendenzialmente assume rilievo in relazione ai bisogni essenziali della persona.

L'ultima forma di furto minore presa in considerazione dall'art. 626 c.p. è il c.d. spigolamento abusivo. Il fatto consiste qui nello spigolare, rastrellare o raspollare nei fondi altrui, non ancora interamente spogliati del raccolto.

Spigolare, rastrellare e raspollare sono tre termini dal significato preciso.

Spigolare vuol dire sottrarre le spighe rimaste; rastrellare è una condotta che inerisce ai residui delle erbe falciate; raspollare è l'azione sottrattiva dei grappoli d'uva sfuggiti alla vendemmia.

Questa breve panoramica definitoria evidenzia la connotazione fortemente anacronistica della fattispecie in commento, che attiene ad un sistema economico dal carattere prevalentemente agricolo.

Il presupposto della condotta si coglie nel fatto che il fondo agricolo non sia stato ancora spogliato. Sicché, è da escludere la configurabilità del delitto in esame quando le attività di raccolte non siano ancora iniziate, o non siano state portate a compimento; deve infatti in tal caso parlare di furto comune ex art. 624 c.p. Le condotte ricadono su materiale erboso che deriva dalla coltivazione dei campi.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
È configurabile il tentativo di furto d'uso? 

Orientamento consolidato della Corte di Cassazione

Stando all'orientamento espresso da Cass. IV, n. 4447/1988 – orientamento in seguito mai rivisitato – non è ammissibile il tentativo di furto d'uso. Ciò in quanto diverrebbe in tal modo sostanzialmente impossibile la restituzione della res oggetto dell'azione delittuosa, stante il mancato impossessamento della stessa. Tale ipotesi minore del reato di furto postula infatti – sotto il profilo della stretta materialità – l'avvenuto impossessamento della cosa e la successiva riconduzione della stessa – ultimato l'uso in vista del quale vi era stata l'apprensione – nella sfera dell'avente diritto. Al profilo della restituzione non può del resto essere equiparata la mera intenzione di restituire (nello stesso senso si sono espresse anche Cass. II, n. 1161/1982 e Cass. II, n. 2731/1972).

Cass. II, n. 2075/2003 ha chiarito come la riconsegna del bene oggetto di sottrazione, per uso momentaneo e con il proposito di restituirlo – dovendosi prescindere dai casi in cui ricorra il caso fortuito o la forza maggiore – resti, anche all'indomani di Corte cost. n. 1089/1988, un elemento che connota la fattispecie attenuata in esame. Ciò non solo in quanto la mancata restituzione si tramuta in un recesso rispetto all'intenzione originaria pure nel caso di abbandono della res, ma anche perché è proprio la restituzione della cosa l'elemento che – andandosi a saldare con il profilo psicologico, reso peculiare dalla volontà di restituire – vale a mitigare, anche quanto al versante oggettivo, la gravità della condotta contra legem.

Domanda
Può integrare il delitto di furto d'uso il mero impiego arbitrario della cosa? 

Orientamento consolidato della Corte di Cassazione

Nel caso in cui la condotta del soggetto attivo sia teleologicamente indirizzata ad utilizzare – pur se temporaneamente – una determinata cosa altrui, perché possa configurarsi un furto d'uso occorre che tale impossessamento presenti caratteristiche atte ad influire profondamente sul pregresso rapporto di detenzione. La norma esige infatti che tale impossessamento elida la continuità del precedente rapporto detentivo, cosa che accade nel caso in cui la cosa venga spostata dal luogo in cui essa si trovava prima dell'apprensione; occorre altresì che ciò accada per un almeno apprezzabile lasso di tempo e per una distanza quantomeno valutabile sotto il profilo spaziale. Non risultano pertanto integrati gli estremi di tale modello legale, laddove l'agente si impossessi per brevissimo tempo di una cosa altrui per adoperarla e ciò faccia proprio nel medesimo luogo, in cui la stessa si trovava prima dell'inizio di tale azione. Anche il mero spostamento da un punto all'altro della cosa – finalizzato però al semplice utilizzo istantaneo della stessa – non integra l'elemento oggettivo del reato de quo (così Cass. II, n. 1859/1965, in un caso nel quale si è ritenuto non ravvisabile un distinto delitto di furto, nella condotta di un ladro che – per poter arrivare ad una finestra ed introdursi in una abitazione – si sia servito di una scala a pioli, che aveva trovato in un cortile e che aveva poi nuovamente abbandonato, dopo il temporaneo impiego momentaneo, nel medesimo luogo, poco distante dal punto esatto in cui era collocata prima dell'azione furtiva).

Domanda
Come si deve intendere la nozione di grave ed urgente bisogno? 

Orientamento consolidato della Corte di Cassazione

I Giudici di legittimità hanno chiarito come in furto lieve per bisogno possa ritenersi integrato in presenza della sottrazione di una cosa che sia oggettivamente di tenue valore, Tale valutazione deve tener conto dell'utilizzo che di tale cosa l'agente si proponga di fare, in vista del soddisfacimento di una grave ed urgente necessità (Cass. V, n. 48732/2014).

La Corte ha poi ripetutamente evidenziato come la nozione di “grave ed urgente bisogno” richiami la sussistenza di necessità elementari e fondamentali per la vita del soggetto attivo; esigenze basilari, dunque, il cui mancato soddisfacimento possa essere in grado di esporre il soggetto stesso ad un pericolo.

Il logico corollario di tali principi è che – perché una contestazione di furto comune possa trasmigrare nella più lieve imputazione di furto lieve – non basta l'esistenza di una generica condizione di bisogno, o addirittura anche di miseria del reo. La norma esige al contrario che sussista una situazione di grave ed indilazionabile necessità, collegata a bisogni della vita, alla quale non sia possibile far fronte, se non impadronendosi della cosa.

Applicazioni

In aderenza a tale impostazione concettuale, Cass. IV, n. 33307/2008 ha escluso di poter ricondurre al novero delle situazioni connotate in termini di grave ed urgente bisogno, l'esigenza di adoperare energia elettrica per espletare immediatamente una attività commerciale, omettendo di attivare con congruo anticipo l'iter occorrente per giungere alla conclusione di un regolare contratto di somministrazione.

Cass. V, n. 32937/2014 ha poi ritenuto non configurabile la fattispecie lieve del furto per bisogno, in presenza dell'impossessamento di sessantuno confezioni di lamette e di due confezioni di assorbenti, il tutto per un valore complessivo pari a € 886,00.

Domanda
Può configurarsi il fatto di spigolare, rastrellare o raspollare nei fondi altrui, in un momento antecedente rispetto al compimento delle operazioni di raccolta?

Orientamento consolidato della Corte di Cassazione

Le fattispecie dello spigolamento, del rastrellamento e del raspollamento si concretizzano allorquando il soggetto attivo intervenga su fondi altrui, successivamente all'effettuazione delle operazioni di raccolto e in un momento in cui il prodotto di tale attività non sia stato ancora materialmente del tutto portato in altro luogo, da parte dell'avente diritto. L'oggetto materiale dell'azione delittuosa, pertanto, è costituito da residui di vegetazione – ancora in attesa di raccolta ulteriore ad opera dell'avente diritto – che siano ancora suscettibili di divenire oggetto di una apprensione (Cass. F, n. 27537/2020).

Non può allora ipotizzarsi tale figura tipica, nel caso in cui il ciclo di raccolta dei frutti non abbia ancora avuto inizio; in tal caso, si verificherà una ipotesi di furto comune (Cass. V, n. 36373/2013).

Applicazioni

Applicando tali principi di diritto, Cass. V, n. 39965/2007 ha ritenuto corretta la riconduzione sotto l'egida normativa dell'art. 626, comma 1, n. 3, c.p. – che è integrato in presenza di una attività di spigolamento, rastrellamento o raspollamento, compiuta su terreni altrui, che non appaiano ancora completamente spogliati del raccolto – allorquando, ricorrendo sintomi certi dell'assenza di volontà dell'avente diritto di procedere al raccolto, l'illecita apprensione abbia ad oggetto soltanto prodotti vegetali da reputare comunque sottratti ad una iniziativa del genere. Si trattava – nella concreta fattispecie – di olive cadute in terra durante le operazioni di raccolta e colà lasciate da pochissimo tempo; frutti della vegetazione, quindi, che richiedevano – per loro intrinseche caratteristiche – una lavorazione in tempi rapidissimi.

3. Azioni processuali

Ulteriori attività difensive

Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni (art. 374); Richiesta di giudizio abbreviato (art. 438, comma 1); Opposizione a decreto penale di condanna (art. 461); Istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova (art. 464-bis, comma 1).

ProcedibilitàI furti minori tipizzati dall'art. 626 c.p. sono procedibili a querela della persona offesa.

Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato)

Per le ipotesi ex art. 626 c.p., la prescrizione è pari ad anni sei (cfr. art. 157 c.p.); tale termine può essere aumentato – in presenza di atti interruttivi – fino ad un massimo di anni sette e mesi sei (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.).

A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), per tutti i casi di furto (semplice o aggravato) costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione:

– del giudizio di appello entro il termine di due anni;

– del giudizio di cassazione entro il termine di un anno;

salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare;

salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.;

salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021).

Misure precautelari e cautelari

Arresto e fermo

Con riguardo al delitto ex art. 626 c.p.:

– l'arresto in flagranza non è consentito;

– il fermo non è previsto.

Misure cautelari personali

In relazione alle ipotesi dettate dall'art. 626 c.p., non è consentita l'adozione di misure cautelari.

Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale

Competenza

Per i furti cristallizzati nell'art. 626 c.p. è competente il giudice di pace, nell'ipotesi semplice; in tal caso si applica la sanzione della multa da 258 euro a 2.582 euro o quella della permanenza domiciliare da 6 a 30 giorni o del lavoro di pubblica utilità da 10 giorni a 3 mesi. Per il reato in commento diviene competente il Tribunale in composizione monocratica, al ricorrere di una o più delle circostanze indicate dall'art. 4 comma 3 d.lgs. n. 274/2000 [trattasi delle aggravanti di cui all'art. 1 del d.l. n. 625/1979, conv. con modif. dalla l. n. 15/1980 (in materia di terrorismo, v. ora art. 270-bis.1], di cui all'art. 7 d.l. n. 152/1991, conv. con modif. dalla l. n. 203/1991 (in materia di criminalità organizzata e di misure di prevenzione, v. ora art. 416-bis.1) e infine di cui all'art. 3 d.l. n. 122/1993, conv. con modif. nella l. n. 205/1993 (in tema di discriminazione razziale, v. art. 604-ter); è prevista la citazione a giudizio, secondo la competenza, a norma dell'art. 20 d.lgs. n. 274/2000, ovvero ai sensi dell'art. 550 c.p.p.

Citazione a giudizio

Per le ipotesi di competenza del tribunale monocratico, si procede sempre mediante citazione diretta a giudizio del P.M., a norma dell'art. 550, comma 1, c.p.p.

Composizione del tribunale

Il dibattimento dinanzi al tribunale si svolgerà sempre in composizione monocratica, a norma degli artt. 33-bis e ter c.p.

4. Conclusioni

Le ipotesi delittuose sin qui esaminate sono state denominate – nella comune esegesi che se ne è compiuta – furti minori o privilegiati. Hanno ora assunto – anche nella rubrica ufficiale – la denominazione di furti minori, grazie all'intervento del sopra menzionato d.lgs 10 ottobre 2022, n. 150; tale novella ha dunque preferito far ricorso – a fini definitori – al criterio della offensività, piuttosto che a quello della procedibilità come avveniva in precedenza.

Stando poi alla disposizione contenuta nell'ultimo comma della norma, tali ipotesi di furto non possono ritenersi integrate, laddove con esse concorra alcuna delle circostanze aggravanti ex art. 625, nn. 1, 2, 3, 4 c.p.

Il furto d'uso postula la immediatezza e la natura momentanea dell'uso, nonché la restituzione della res sottratta; postula infine che la cosa sottratta non risulti – dopo la restituzione – danneggiata in misura eccedente il normale deterioramento minimo derivante dall'utilizzo.

Il furto lieve per bisogno esige che la cosa oggetto di impossessamento presenti un tenue valore; richiede inoltre che la sottrazione della stessa tragga origine dalla urgente necessità di assicurare la soddisfazione di un bisogno – riconducibile al soggetto attivo o a un terzo – che si ponga come grave e urgente, ossia indifferibile, non voluttuario e foriero eventualmente di profondo nocumento alla persona (si potrà pensare, ad esempio, a beni occorrenti per salvaguardare la vita, la libertà personale, l'integrità fisica).

Lo spigolamento abusivo, infine, rappresenta forse il retaggio storico di epoche passate, che erano l'espressione classica di una strutturazione rurale e contadina della società. Tale attività, estremamente bagatellare quanto ad antigiuridicità, presenta la peculiarità di avere ad oggetto la raccolta dei frutti della vegetazione – condotta posta in essere, appunto, attraverso lo spigolare, il rastrellare o il raspollare – all'interno di fondi altrui, che appaiano ancora non spogliati interamente del raccolto.

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