Ricettazione e incauto acquisto

ANGELO SALERNO

1. Bussole di inquadramento

Le fattispecie di ricettazione e incauto acquisto

Il delitto di ricettazione, recentemente ampliato in relazione ai reati presupposto, per effetto del d.lgs. n. 195/2021, attuativo della Direttiva n. 2018/1673/UE, punisce le condotte di acquisto, ricezione e occultamento, in via diretta o in veste di intermediario, di denaro o cose provenienti da reato, ivi compresi oggi i delitti non dolosi e le contravvenzioni.

La fattispecie in esame è punita a titolo di dolo specifico, richiedendo che la condotta sia stata posta in essere «al fine di procurare a sé o ad altri un profitto».

Il Codice penale prevede un'analoga fattispecie, di natura contravvenzionale, all'art. 712 c.p., sotto la rubrica “Acquisto di cose di sospetta provenienza” o incauto acquisto, che punisce chiunque, senza averne prima accertata la legittima provenienza, acquista o riceve a qualsiasi titolo cose, che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per la entità del prezzo, si abbia motivo di sospettare che provengano da reato.

Il comma secondo dell'art. 712 c.p. prevede inoltre la punibilità anche di chi si sia adoperato per far acquistare o ricevere, a qualsiasi titolo, a terzi le medesime cose, senza averne prima accertata la legittima provenienza.

Il rapporto strutturale tra i due reati

Le fattispecie in esame presentano evidenti sovrapposizioni in ordine alla condotta punita, con riferimento all'acquisto e alla ricezione della res, in via diretta o in veste di intermediario, nonché riguardo alla provenienza da reato della stessa.

La contravvenzione ex art. 712 c.p. non richiede tuttavia il dolo specifico di procurare per sé o altri un profitto, né sanziona la condotta di occultamento. Va inoltre evidenziato che l'oggetto materiale della contravvenzione non si estende al danaro.

Infine il legislatore, all'art. 712 c.p., richiede l'omesso accertamento da parte del soggetto agente circa la legittima provenienza della cosa e individua espressamente gli indici in relazione ai quali possa sospettarsi la provenienza criminosa della res, mediante riferimento al prezzo e alla qualità della stessa ovvero alle condizioni di chi la aliena.

Le due fattispecie presentano dunque un rapporto di specialità reciproca, dal momento che, a fronte di un nucleo comune, rappresentato dalla condotta di acquisto o ricezione di una cosa proveniente da reato, sono caratterizzate da elementi ulteriori e specifici che le contraddistinguono e differenziano.

In assenza di un rapporto di specialità unilaterale, secondo l'orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimità (da ultimo Cass. S.U., n. 41588/2017) non è tuttavia ravvisabile un concorso apparente di norme tra le due fattispecie.

I due reati si pongono, in ogni caso, in un rapporto di alternatività, stante la incompatibilità tra le relative fattispecie, con particolare riferimento all'elemento soggettivo del reato, posto che la contravvenzione ex art. 712 c.p. richiede il mero sospetto circa la provenienza da reato della res, che nel delitto di ricettazione ricade nel c.d. fuoco del dolo.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
L'acquisto di una cosa di provenienza criminosa con dolo eventuale è punibile a titolo di ricettazione o incauto acquisto?

Orientamento meno recente della Corte di Cassazione

Il delitto di ricettazione non è compatibile con il dolo eventuale

La giurisprudenza di legittimità ha ritenuto incompatibile il dolo eventuale con la struttura del delitto di ricettazione (Cass. II, n. 1180/1983), con conseguente ricorrenza della fattispecie contravvenzionale di cui all'art. 712 c.p., sostenendo che sia necessario quantomeno il dolo diretto, specifico, in capo al soggetto agente.

È cioè necessario «che l'agente, al momento dell'acquisto o della ricezione, pienamente consapevole dell'origine delittuosa delle cose, volontariamente e coscientemente le abbia trasferite nella propria disponibilità, non essendo sufficiente che egli si sia rappresentata la possibilità di tale origine delittuosa per circostanze idonee a suscitare perplessità sulla lecita provenienza delle cose stesse» (Cass. II, n. 9271/1991).

Qualora invece si ravvisi un mero sospetto circa l'origine criminosa del bene, ricorrerà la contravvenzione di incauto acquisto, dal momento che «la rappresentazione dell'eventualità che la cosa che si acquista, o comunque si riceve, provenga da delitto equivale al dubbio, mentre l'elemento psicologico della ricettazione esige la piena consapevolezza della provenienza delittuosa dell'oggetto» (Cass. II, n. 9271/1991).

Orientamento dominante della Corte di Cassazione

Il delitto di ricettazione è compatibile con il dolo eventuale

Di segno contrario le successive pronunce della Corte di Cassazione, secondo cui la contravvenzione di incauto acquisto è punibile esclusivamente a titolo di colpa, sicché ogni condotta commessa con dolo, quand'anche eventuale, ricadrebbe nella fattispecie delittuosa di ricettazione.

La Corte ha, in particolare, evidenziato che l'art. 712 c.p. «punisce non chi ha acquistato o ricevuto cose di cui “sospetti” la provenienza da reato ma chi quelle cose ha acquistato o ricevuto quando “si abbia motivo di sospettare” tale provenienza», configurando così il reato come fattispecie colposa, che sanziona «la mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della res quando vi sia una oggettiva ragione di sospetto in ordine a detta provenienza» (Cass. II, n. 3783/1998).

Al contrario, secondo l'orientamento in commento, «quando invece la situazione fattuale, nella valutazione operata dal giudice di merito in conformità alle regole della logica e dell'esperienza, sia tale da far ragionevolmente ritenere che non vi sia stata una semplice mancanza di diligenza ma una consapevole accettazione del rischio che la cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita provenienza, del tutto corretta risulta la configurabilità dell'elemento soggettivo del delitto di ricettazione».

Perché possano ravvisarsi gli estremi del delitto di ricettazione occorre pertanto che il soggetto abbia affrontato consapevolmente il rischio di violare il codice penale, ricevendo una cosa che può provenire da delitto e d'incorrere nelle conseguenti sanzioni (Cass. II, n. 14170/2001), sul presupposto dunque della piena compatibilità tra delitto di ricettazione e dolo eventuale (Cass. II, n. 17813/2009; Cass. II, n. 45256/2007).

Orientamento delle Sezioni Unite

I rapporti tra ricettazione e incauto acquisto

La Corte di Cassazione si è pronunciata sulla questione relativa alla compatibilità del dolo eventuale con il delitto di ricettazione e sul rapporto tra tale fattispecie e la contravvenzione di incauto acquisto con sentenza delle Sezioni Unite, discostandosi dai sopra esaminati orientamenti (Cass. S.U., n. 12433/2010).

In particolare, le Sezioni Unite hanno evidenziato che la prima soluzione, negativa, finisce per espungere dalla fattispecie ex art. 712 c.p. i casi in cui l'agente abbia avuto un sospetto sulla provenienza della cosa, senza alcun fondamento normativo a sostegno di tale interpretazione.

Nel contempo, secondo la Corte, il secondo orientamento comporta una eccessiva limitazione dell'area applicativa dell'art. 648 c.p. ai soli casi in cui l'agente abbia la certezza della provenienza della cosa da delitto, facendo confluire nella contravvenzione di incauto acquisto le ipotesi in cui, pur non essendoci elementi dai quali trarre tale certezza, l'agente sia ben consapevole della concreta possibilità che la cosa provenga da delitto e ne accetti il rischio.

Le Sezioni Unite hanno quindi osservato che la provenienza illecita della res non rientra tra gli elementi costitutivi della contravvenzione ex art. 712 c.p., incentrata sui motivi di sospetto tipizzati, e non sul sospetto, con una differenza strutturale pertanto rispetto al delitto di ricettazione, affermando che «è possibile che nell'agente venga ingenerato un sospetto, ma questo, quando ciò avviene, costituisce un fatto accidentale, che rimane estraneo alla struttura della contravvenzione».

Il dolo eventuale nella ricettazione

La Sezioni Unite hanno sancito, nel contempo, la compatibilità tra delitto di ricettazione e dolo eventuale, ravvisabile ogni qualvolta il soggetto agente si rappresenti la probabilità che la cosa sia di origine delittuosa, pur non avendone certezza, e tuttavia non rinunci all'acquisto perché, ad esempio, il suo interesse per il pezzo è tale che lo acquisterebbe anche se gli risultasse che per venirne in possesso chi glielo offre ha commesso un delitto.

Anche in siffatte ipotesi, caratterizzate dall'assenza di certezza in ordine alla provenienza da reato della res, secondo i giudici di legittimità sussiste una «lucida volontà di dare soddisfazione al proprio interesse nella consapevolezza che molto probabilmente l'acquisto si risolve in una ricettazione» (Cass. S.U.,n. 12433/2010).

L'accertamento del dolo eventuale nella ricettazione

Nell'accertare l'elemento soggettivo del reato è possibile che le circostanze di fatto da cui lo stesso viene desunto coincidano con i motivi di sospetto tipizzati dall'art. 712 c.p., che tuttavia non possono ritenersi sufficienti ad affermare la sussistenza del dolo eventuale in capo al soggetto agente, altrimenti «l'incauto acquisto verrebbe nella maggior parte dei casi trasformato in una ricettazione» (Cass. S.U., n. 12433/2010).

L'accertamento del dolo eventuale, che non può risolversi in una forma di mero sospetto, richiede dunque di valorizzare circostanze più consistenti di quelle che danno semplicemente motivo di sospettare che la cosa provenga da delitto, «sicché un ragionevole convincimento che l'agente ha consapevolmente accettato il rischio della provenienza delittuosa può trarsi solo dalla presenza di dati di fatto inequivoci, che rendano palese la concreta possibilità di una tale provenienza» (Cass. S.U., n. 12433/2010).

Occorre cioè la prova che il soggetto abbia agito con «un atteggiamento psicologico che, pur non attingendo il livello della certezza, si colloca su un gradino immediatamente più alto di quello del mero sospetto, configurandosi in termini di rappresentazione da parte dell'agente della concreta possibilità della provenienza della cosa da delitto», operando una scelta consapevole tra l'agire, accettando l'eventualità di commettere una ricettazione, e il non agire (Cass. II, n. 25439/2017; Cass. II, n. 8269/2022).

3. Azioni processuali

Ulteriori attività difensive

Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura coercitiva (art. 309); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare (art. 310); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari personali (art. 311); Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura cautelare reale (artt. 322 e 324); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare reale (art. 322-bis); Istanza di revoca del sequestro preventivo al pubblico ministero (art. 321, comma 3); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari reali (art. 325); Richiesta di scarcerazione per estinzione della misura custodiale (art. 306); Mandato per svolgere attività investigativa preventiva a seguito di un sequestro (artt. 96, 327-bis e art. 391-nonies); Conferimento incarico al consulente tecnico a svolgere investigazioni difensive (art. 327-bis); Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni (art. 374); Memoria difensiva (art. 419, comma 2); Richiesta di giudizio abbreviato (art. 438, comma 1); Richiesta di perizia (art. 220).

ProcedibilitàIl delitto di ricettazione è sempre procedibile d'ufficio, a prescindere dal regime di procedibilità del reato presupposto, come sancito dall'art. 648, comma 5 c.p.

Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato)

A seconda della natura del reato presupposto, la diversa cornice edittale comporta un diverso termine di prescrizione per le condotte di ricettazione.

In particolare, per effetto della riforma del 2021, la ricettazione di danaro o cose provenienti da delitto è destinata ad estinguersi nel termine di otto anni a decorrere dall'ultimo atto interruttivo, con un termine massimo, ai sensi dell'art. 161 c.p., di dieci anni a decorrere dalla consumazione del delitto, salvo che non sussistano aggravanti ad effetto speciale come la recidiva aggravata e reiterata, contestata e riconosciuta nei confronti del reo.

Diversamente, qualora il danaro o la res provengano da contravvenzione, il termine di prescrizione c.d. breve sarà pari a sei anni, in quanto la pena edittale detentiva massima è stabilita in quattro anni di reclusione; il termine massimo di prescrizione è invece pari a sette anni e sei mesi. Anche in questo caso eventuali circostanze aggravanti ad effetto speciale ovvero la recidiva aggravata o reiterata sono destinate ad incidere sul termine di prescrizione.

Occorre precisare, al riguardo, due profili, relativi all'individuazione del dies a quo della prescrizione e al calcolo del relativo termine nelle ipotesi di ricettazione di particolare tenuità.

Con riferimento al primo profilo, deve evidenziarsi che la giurisprudenza di legittimità, facendo applicazione del principio del favor rei, ha costantemente affermato che, qualora «manchi prova certa della data di acquisizione del bene da parte dell'imputato, il momento consumativo del reato deve essere individuato, in applicazione del principio del favor rei, in prossimità della data di commissione del reato presupposto» (Cass. II, n. 44322/2021; Cass. II, n. 31946/2016).

Riguardo invece alle ipotesi di ricettazione di particolare tenuità, punite meno severamente dal comma quarto dell'art. 648 c.p., anche in caso di provenienza delittuosa del danaro o della res, occorre mettere in evidenza che, come più volte ribadito dalla Corte di Cassazione, la norma citata disciplina una circostanza attenuante e non già un'autonoma fattispecie penale.

Ne discende che il termine di prescrizione, anche nei casi di particolare tenuità, dovrà essere calcolato con riferimento alle pene sancite dal comma primo (Cass. II, n. 14767/2017).

Deve infine precisarsi che, in forza del disposto dell'ultimo comma dell'art. 648 c.p., l'eventuale estinzione per intervenuta prescrizione del reato presupposto non incide sulla punibilità del delitto di ricettazione, stante il principio di autonomia che regola il rapporto tra le due fattispecie.

A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), per tutti i casi di ricettazione costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione:

— del giudizio di appello entro il termine di due anni;

— del giudizio di cassazione entro il termine di un anno;

salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare;

salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.;

salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021).

Misure precautelari e cautelari

Arresto e fermo

Con riguardo al delitto di ricettazione, nell'ipotesi aggravata ai sensi dell'art. 648, comma 1, c.p., secondo periodo («quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da delitti di rapina aggravata ai sensi dell'articolo 628, terzo comma, di estorsione aggravata ai sensi dell'articolo 629, secondo comma, ovvero di furto aggravato ai sensi dell'articolo 625, primo comma, n. 7-bis)», ossia «se il fatto è commesso su componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all'erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica»), l'arresto in flagranza di reato è obbligatorio (art. 380, comma 1, lett. f-bis), c.p.p.).

Nelle altre ipotesi di ricettazione di cui ai commi primo e secondo dell'art. 648 c.p., nonché nel caso di ricettazione di particolare tenuità di danaro o cose provenienti da delitto è consentito l'arresto facoltativo in flagranza di reato (art. 381, comma 1, c.p.p.); non può invece procedersi ad arresto facoltativo in flagranza di reato quando il danaro o la cosa oggetto di ricettazione di particolare tenuità provengano da contravvenzione, in quanto la pena edittale massima non supera i tre anni di reclusione (art. 381, comma 1, c.p.p.).

Solo in relazione alle condotte di cui al comma primo dell'art. 648 c.p. è consentito il fermo (art. 384 c.p.p.).

Misure cautelari personali

Per determinare la pena agli effetti dell'applicazione delle misure cautelari personali, ai sensi dell'art. 278 c.p.p., si tiene conto delle circostanze ad effetto speciale disciplinate dal comma quarto dell'art. 648 c.p. rispettivamente per le condotte di ricettazione di cui al comma primo (cose o danaro provenienti da delitto) e al comma secondo (cose o danaro provenienti da contravvenzione) dell'articolo.

Pertanto, potrà essere applicata una misura cautelare personale coercitiva (artt. 281-286-bis c.p.p.) per le sole condotte di cui ai commi primo e secondo, nonché per i casi di ricettazione di particolare tenuità di danaro o cose provenienti da delitto, in quanto la pena detentiva edittale massima supera i tre anni di reclusione.

Solo le condotte di ricettazione aventi ad oggetto danaro o cose provenienti da delitto, quand'anche in caso di particolare tenuità, consentono l'applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, poiché l'art. 280, comma 2, c.p.p. consente l'applicazione della predetta misura ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.

Nessuna misura cautelare personale può invece essere applicata per le condotte di particolare tenuità aventi ad oggetto danaro o cose provenienti da contravvenzione, in quanto punite con la pena detentiva della reclusione non superiore a tre anni (artt. 280, comma 1, e 287 c.p.p.).

Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale

Competenza

In tutti i casi di ricettazione, così come in caso di ricettazione reale, è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.), che decide in composizione monocratica (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.).

Citazione a giudizio

In tutti i casi di ricettazione si procede con citazione diretta a giudizio del Pubblico Ministero, ex art. 550, comma 2, c.p.p.

Composizione del tribunale

Il processo per il delitto di ricettazione si svolgerà sempre dinanzi al tribunale in composizione monocratica.

4. Conclusioni

Nel disciplinare il delitto di ricettazione, il legislatore ha avuto cura di delimitare l'area dei comportamenti penalmente rilevanti inerenti alla circolazione del provento di un reato.

Tale funzione è infatti assolta dal dolo specifico di trarre profitto dalla condotta di ricettazione, richiesto dall'art. 648 c.p. perché possa configurarsi il delitto in esame.

La giurisprudenza ha invero evidenziato che il dolo specifico di profitto si affianca al dolo generico che deve assistere le condotte di ricettazione, tanto nel momento volitivo quanto nella fase rappresentativa dell'elemento soggettivo, con riguardo alla consapevolezza della provenienza da reato del danaro o della res.

È proprio sull'elemento soggettivo doloso, nel cui oggetto ricade tale consapevolezza, che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno individuato il discrimen tra il delitto di ricettazione e la contravvenzione di incauto acquisto, che punisce invece un comportamento colposo, imprudente o negligente nell'accertamento della provenienza della res.

Il criterio in questione assume oggi maggiore rilevanza e utilità, stante l'estensione dell'ambito operativo della fattispecie di riciclaggio alle condotte aventi ad oggetto danaro o cose provenienti anche da contravvenzione.

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