Ricettazione di informazioni e diritto di cronaca

ANGELO SALERNO

1. Bussole di inquadramento

Il delitto di ricettazione, condotta e oggetto materiale

Il delitto di ricettazione punisce, fuori dei casi di concorso nel reato presupposto, chiunque, al fine di trarne profitto, per sé o per altri, acquista, riceve od occulta, direttamente o in veste di intermediario, danaro o altre cose provenienti da reato.

La fattispecie in esame è stata riformata con d.lgs. n. 195/2021, in attuazione della direttiva n. 2018/1673/UE, che ne ha ampliato la portata operativa, estendendo le fattispecie presupposto dai soli delitti dolosi a qualunque delitto e alle contravvenzioni punite on l'arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi.

La stessa direttiva, all'art. 2, detta una definizione di “beni” che, pur non recepita dal legislatore nazionale, appare destinata quantomeno ad orientare in senso estensivo l'interpretazione della norma incriminatrice.

La disposizione europea citata, al n. 2, fa infatti riferimento a «i beni di qualsiasi tipo, materiali o immateriali, mobili o immobili, tangibili o intangibili, e i documenti o gli strumenti giuridici in qualsiasi forma, compresa quella elettronica o digitale, che attestano il diritto di proprietà o altri diritti sui beni medesimi».

Il legislatore sovranazionale assegna dunque rilevanza anche ai beni immateriali e intangibili, tra i quali rientrano a pieno titolo le informazioni e i dati provento di reato.

La ricettazione di informazioni

A dispetto della impostazione accolta dal legislatore europeo, il dato normativo nazionale e l'interpretazione che ne ha dato la giurisprudenza di legittimità, non consentono di assegnare rilevanza penale, a titolo di ricettazione, alle condotte consistenti nell'acquisizione di dati o informazioni nella loro dimensione immateriale e intangibile.

È chiara in tal senso la Corte di Cassazione, nell'affermare che il delitto di ricettazione non è configurabile «a carico di soggetto che si sia limitato a ricevere dati, informazioni e notizie tratti da materiale documentario che sia stato oggetto di furto, mancando, in siffatta ipotesi, l'esistenza di una res suscettibile di apprensione e possesso» (Cass. II, n. 308/2005).

Il principio di diritto in esame è stato ribadito in relazione alla circolazione delle informazioni coperte da segreto d'ufficio, divulgate illecitamente da parte di un pubblico ufficiale: con riferimento alla posizione di chi riceva le informazioni per effetto del delitto ex art. 326 c.p., la Corte di Cassazione ha infatti osservato che l'elemento materiale del delitto di rivelazione di segreti d'ufficio «consiste nella indebita cessione a terzi di conoscenze sottratte alla divulgazione, sicché al percettore della rivelazione, che può eventualmente rispondere di concorso nel medesimo reato, non può addebitarsi il delitto di ricettazione, posto che esso si configura in ipotesi di illecita circolazione di un bene materiale e non di un'informazione» (Cass. II, n. 34717/2008).

I giudici di legittimità hanno pertanto espressamente escluso che un bene immateriale possa costituire oggetto del delitto di ricettazione, negando altresì rilevanza all'esistenza di un supporto materiale, sia esso un DVD, un CD o una copia cartacea su cui circoli l'informazione, considerato dalla Corte un bene meramente strumentale alla rivelazione del segreto, che non può considerarsi oggetto materiale della condotta di ricettazione (Cass. II, n. 34717/2008).

Tale interpretazione restrittiva, in mancanza di un adeguamento normativo della disciplina nazionale rispetto a quella europea, rischia dunque di generare contrasti con quest'ultima e potrebbe essere oggetto di un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia per valutarne la legittimità.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Il diritto di cronaca scrimina la condotta di ricettazione? 

Orientamento meno recente della Corte di Cassazione

La scriminante dell'esercizio del diritto di cronaca opera anche in relazione al delitto di ricettazione

La Corte di Cassazione si è pronunciata in ordine alla possibilità di riconoscere la scriminante del diritto di cronaca in favore del giornalista che si sia reso autore del delitto di ricettazione nell'esercizio della propria attività professionale.

La questione è stata affrontata anche in relazione al diritto sovranazionale e, in particolare, all'art. 10 CEDU, che riconosce il diritto all'informazione e tutela l'attività della stampa, considerata dalla Corte di Strasburgo quale “guardiana” della democrazia.

La soluzione positiva da ultimo adottata dai giudici di legittimità trova invero alcuni precedenti con specifico riferimento al delitto di ricettazione, rispetto al quale la Corte ha riconosciuto l'astratta compatibilità con la causa di giustificazione dell'esercizio del diritto di cronaca (Cass. II, n. 25363/2015).

Nello stesso senso si è espressa più di recente la Corte, previa approfondita analisi dei rapporti tra l'ordinamento nazionale e quello convenzionale, nonché ricostruendo la posizione assunta dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo in ordine alla portata e al fondamento del diritto di informazione ex art. 10 CEDU.

Assume particolare rilevanza, in tal senso, la sentenza della Grande Camera della Corte EDU, 21 gennaio 1999, nel caso “Fr. e R. contro Francia”, relativa proprio ad un caso di ricettazione di cui rispondevano il direttore di un giornale e un giornalista, i quali avevano ricevuto documenti coperti da segreto, pubblicandoli.

In tale occasione, i giudici di Strasburgo hanno ribadito il carattere fondamentale che la libertà di espressione riveste in una società democratica, nonché la funzione che ricopre la stampa che, fermi alcuni limiti imposti dall'ordinamento, ha il dovere di divulgare informazioni e idee di interesse generale.

Ne discende che ogni limitazione al diritto di informazione e alla libertà di espressione deve risultare necessario e proporzionato rispetto alla tutela di interessi di pari valore, sul presupposto tuttavia che le informazioni pubblicate siano veritiere e di interesse generale, senza risolversi in meri attacchi personali.

Con riferimento alla condotta di ricettazione, la Corte di Strasburgo ha ritenuto che, pur essendo tenuti anche i giornalisti al rispetto della legge penale, se la condotta criminosa risulta funzionale alla divulgazione di notizie di interesse pubblico occorre operare un bilanciamento tra l'interesse ad informare la collettività e i doveri e le responsabilità che gravano sui giornalisti.

Muovendo da tali presupposti, la Corte di Cassazione ha dunque proceduto a valutare se la scriminante del diritto di cronaca possa dunque trovare applicazione in relazione al delitto di ricettazione, concludendo nel senso della compatibilità con tale reato (Cass. II, n. 38277/2019).

All'astratta compatibilità tra tale causa di giustificazione e il delitto in esame non consegue tuttavia, di per sé, la non punibilità del suo autore, occorrendo una valutazione, in fatto, del rispetto dei limiti interni ed esterni del diritto di cronaca, alla luce delle indicazioni interpretative provenienti dalla Corte di Strasburgo.

Quest'ultima impone l'estensione della scriminante anche ai resti funzionali alla pubblicazione della notizia e non già esclusivamente alle fattispecie commesse attraverso la pubblicazione stessa, ma richiede nel contempo di verificare se la condotta tipica posta in essere dal giornalista risponda ad un interesse generale all'informazione, garantito dalla Costituzione all'art. 21, e che non violi interessi altrettanti rilevanti, che legittimano una limitazione di tale diritto.

È infatti lo stesso art. 10, par. 2, CEDU a individuare tali limiti nella sicurezza nazionale, nell'integrità territoriale, nella pubblica sicurezza, oltre che nell'interesse dello Stato a prevenire la commissione di reati, a proteggere la salute e la morale pubblica, la reputazione o i diritti dei terzi, ad impedire la divulgazione di informazioni riservate, oltre che a garantire l'autorità e l'imparzialità del potere giudiziario.

Occorre pertanto, secondo la Corte di Cassazione, verificare la rilevanza della notizia pubblicata, rispetto alla quale la condotta di ricettazione sta stata funzionale, nonché operare un bilanciamento in concreto tra l'interesse d'informare la collettività e i “doveri e responsabilità” che gravano sui giornalisti (Cass. II, n. 38277/2019).

Analoga valutazione è stata di recente compiuta dalla Corte di Cassazione con riferimento alla scriminante dell'esercizio del diritto di difesa rispetto ad una condotta di ricettazione di dati e files oggetto di illecita sottrazione a terzi, commessa al fine di produrli all'Autorità giudiziaria. Nel caso di specie, i giudici di legittimità hanno ritenuto recessivo l'interesse patrimoniale tutelato dal delitto di ricettazione «rispetto al fine difensivo perseguito dall'imputato, che trova fondamento nell'art. 24 Cost., alla cui essenza, insuscettibile di essere compressa, va ricondotto il potere di adire l'autorità giudiziaria per la tutela dei propri interessi» (Cass. II, n. 2457/2020).

Orientamento più recente della Corte di Cassazione

La scriminante dell'esercizio del diritto di cronaca non trova applicazione con riferimento alle condotte criminose prodromiche alla pubblicazione della notizia

La giurisprudenza di legittimità ha di recente escluso la possibilità di riconoscere in favore del giornalista che si fosse reso autore di delitti strumentali rispetto alla pubblicazione di una notizia, la scriminante dell'esercizio del diritto di cronaca.

Secondo la Corte di Cassazione, «le scriminanti dell'esercizio del diritto di critica e del diritto di cronaca rilevano solo in relazione ai reati commessi con la pubblicazione della notizia, e non anche rispetto ad eventuali reati compiuti al fine di procacciarsi la notizia medesima» (Cass. I, n. 27984/2016).

È stato pertanto ritenuto responsabile della contravvenzione ex art. 650 c.p. un giornalista, per aver violato il divieto prefettizio di stazionare o circolare in una determinata zona, sebbene al fine di acquisire notizie utili per la realizzazione di una trasmissione radiofonica.

Sulla scorta della medesima premessa restrittiva, la Corte ha affermato la responsabilità del giornalista che, utilizzando false generalità e una falsa qualità, si era introdotto in una struttura medico-assistenziale per acquisire notizie utili per la realizzazione di un servizio televisivo (Cass. V, n. 43569/2019).

Pur non riguardando la specifica fattispecie di ricettazione, l'orientamento in esame non consente di riconoscere la scriminante dell'esercizio del diritto di cronaca in favore del giornalista che abbia acquistato o comunque ricevuto cose provenienti da reato ma funzionali alla pubblicazione di una notizia.

3. Azioni processuali

Ulteriori attività difensive

Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura coercitiva (art. 309); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare (art. 310); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari personali (art. 311); Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura cautelare reale (artt. 322 e 324); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare reale (art. 322-bis); Istanza di revoca del sequestro preventivo al pubblico ministero (art. 321, comma 3); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari reali (art. 325); Richiesta di scarcerazione per estinzione della misura custodiale (art. 306); Mandato per svolgere attività investigativa preventiva a seguito di un sequestro (artt. 96, 327-bis e art. 391-nonies); Conferimento incarico al consulente tecnico a svolgere investigazioni difensive (art. 327-bis); Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni (art. 374); Memoria difensiva (art. 419, comma 2); Richiesta di giudizio abbreviato (art. 438, comma 1).

ProcedibilitàIl delitto di ricettazione è sempre procedibile d'ufficio, a prescindere dal regime di procedibilità del reato presupposto, come sancito dall'art. 648, comma 5 c.p.

Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato)

A seconda della natura del reato presupposto, la diversa cornice edittale comporta un diverso termine di prescrizione per le condotte di ricettazione.

In particolare, per effetto della riforma del 2021, la ricettazione di danaro o cose provenienti da delitto è destinata ad estinguersi nel termine di otto anni a decorrere dall'ultimo atto interruttivo, con un termine massimo, ai sensi dell'art. 161 c.p., di dieci anni a decorrere dalla consumazione del delitto, salvo che non sussistano aggravanti ad effetto speciale come la recidiva aggravata e reiterata, contestata e riconosciuta nei confronti del reo.

Diversamente, qualora il danaro o la res provengano da contravvenzione, il termine di prescrizione c.d. breve sarà pari a sei anni, in quanto la pena edittale detentiva massima è stabilita in quattro anni di reclusione; il termine massimo di prescrizione è invece pari a sette anni e sei mesi. Anche in questo caso eventuali circostanze aggravanti ad effetto speciale ovvero la recidiva aggravata o reiterata sono destinate ad incidere sul termine di prescrizione.

Occorre precisare, al riguardo, due profili, relativi all'individuazione del dies a quo della prescrizione e al calcolo del relativo termine nelle ipotesi di ricettazione di particolare tenuità.

Con riferimento al primo profilo, deve evidenziarsi che la giurisprudenza di legittimità, facendo applicazione del principio del favor rei, ha costantemente affermato che, qualora «manchi prova certa della data di acquisizione del bene da parte dell'imputato, il momento consumativo del reato deve essere individuato, in applicazione del principio del favor rei, in prossimità della data di commissione del reato presupposto» (Cass. II, n. 44322/2021; Cass. II, n. 31946/2016).

Riguardo invece alle ipotesi di ricettazione di particolare tenuità, punite meno severamente dal comma quarto dell'art. 648 c.p., anche in caso di provenienza delittuosa del danaro o della res, occorre mettere in evidenza che, come più volte ribadito dalla Corte di Cassazione, la norma citata disciplina una circostanza attenuante e non già un'autonoma fattispecie penale.

Ne discende che il termine di prescrizione, anche nei casi di particolare tenuità, dovrà essere calcolato con riferimento alle pene sancite dal comma primo (Cass. II, n. 14767/2017).

Deve infine precisarsi che, in forza del disposto dell'ultimo comma dell'art. 648 c.p., l'eventuale estinzione per intervenuta prescrizione del reato presupposto non incide sulla punibilità del delitto di ricettazione, stante il principio di autonomia che regola il rapporto tra le due fattispecie.

A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), per tutti i casi di ricettazione costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione:

— del giudizio di appello entro il termine di due anni;

— del giudizio di cassazione entro il termine di un anno;

salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare;

salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.;

salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021).

Misure precautelari e cautelari

Arresto e fermo

Con riguardo al delitto di ricettazione, nell'ipotesi aggravata ai sensi dell'art. 648, comma 1, c.p., secondo periodo («quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da delitti di rapina aggravata ai sensi dell'articolo 628, terzo comma, di estorsione aggravata ai sensi dell'articolo 629, secondo comma, ovvero di furto aggravato ai sensi dell'articolo 625, primo comma, n. 7-bis)», ossia «se il fatto è commesso su componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all'erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica»), l'arresto in flagranza di reato è obbligatorio (art. 380, comma 1, lett. f-bis c.p.p.).

Nelle altre ipotesi di ricettazione di cui ai commi primo e secondo dell'art. 648 c.p., nonché nel caso di ricettazione di particolare tenuità di danaro o cose provenienti da delitto è consentito l'arresto facoltativo in flagranza di reato (art. 381, comma 1, c.p.p.); non può invece procedersi ad arresto facoltativo in flagranza di reato quando il danaro o la cosa oggetto di ricettazione di particolare tenuità provengano da contravvenzione, in quanto la pena edittale massima non supera i tre anni di reclusione (art. 381, comma 1, c.p.p.).

Solo in relazione alle condotte di cui al comma primo dell'art. 648 c.p. è consentito il fermo (art. 384 c.p.p.).

Misure cautelari personali

Per determinare la pena agli effetti dell'applicazione delle misure cautelari personali, ai sensi dell'art. 278 c.p.p., si tiene conto delle circostanze ad effetto speciale disciplinate dal comma quarto dell'art. 648 c.p. rispettivamente per le condotte di ricettazione di cui al comma primo (cose o danaro provenienti da delitto) e al comma secondo (cose o danaro provenienti da contravvenzione) dell'articolo.

Pertanto potrà essere applicata una misura cautelare personale coercitiva (artt. 281-286-bis c.p.p.) per le sole condotte di cui ai commi primo e secondo, nonché per i casi di ricettazione di particolare tenuità di danaro o cose provenienti da delitto, in quanto la pena detentiva edittale massima supera i tre anni di reclusione.

Solo le condotte di ricettazione aventi ad oggetto danaro o cose provenienti da delitto, quand'anche in caso di particolare tenuità, consentono l'applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, poiché l'art. 280, comma 2, c.p.p. consente l'applicazione della predetta misura ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.

Nessuna misura cautelare personale può invece essere applicata per le condotte di particolare tenuità aventi ad oggetto danaro o cose provenienti da contravvenzione, in quanto punite con la pena detentiva della reclusione non superiore a tre anni (artt. 280, comma 1, e 287 c.p.p.).

Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale

Competenza

In tutti i casi di ricettazione, così come in caso di ricettazione reale, è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.), che decide in composizione monocratica (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.).

Citazione a giudizio

In tutti i casi di ricettazione si procede con citazione diretta a giudizio del Pubblico Ministero, ex art. 550, comma 2, c.p.p.

Composizione del tribunale

Il processo per il delitto di ricettazione si svolgerà sempre dinanzi al tribunale in composizione monocratica.

4. Conclusioni

La libertà di espressione del pensiero assume nell'ordinamento nazionale, in forza dell'art. 21 Cost., e in quello sovranazionale, ai sensi dell'art. 10 CEDU, una rilevanza centrale, in quanto diritto fondamentale intrinsecamente legato alla nozione stessa di democrazia.

La tutela normativa e giurisprudenziale della libertà di espressione trova la sua massima estensione con riferimento al settore di informazione, tanto riguardo al diritto di informare, quanto in relazione al diritto di essere informati.

La protezione che tale forma di libertà riceve a livello sovranazionale ha determinato, di recente, un importante intervento della Corte costituzionale che ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 13 L. Stampa, che prevedeva la pena detentiva per il delitto di diffamazione commesso a mezzo stampa (Corte cost. n. 150/2021).

Nel contempo, la giurisprudenza di legittimità ha fatto ampia applicazione della scriminante di cui all'art. 51 c.p., in relazione all'esercizio del diritto di informazione, declinando i presupposti in presenza dei quali la condotta tipica non può considerarsi antigiuridica.

La Corte di Cassazione ha altresì esteso, in astratto, l'operatività della scriminante, sulla scorta della tutela che il diritto di informazione riceve nell'ordinamento e nella giurisprudenza sovranazionale, anche alle condotte realizzate in funzione della pubblicazione di una notizia, ivi compresa quelle di ricettazione.

Secondo tale impostazione, pur se non unanimemente accolta dai giudici di legittimità, il nesso funzionale tra il reato di ricettazione e l'esercizio del diritto di informazione, attraverso la successiva pubblicazione di quanto ottenuto illecitamente, varrebbe ad estendere la scriminante ex art. 51 c.p.

A monte si pone invero il problema interpretativo in ordine alla configurabilità stessa del delitto quando la condotta di ricezione riguardi informazioni di provenienza criminosa, dubitandosi in giurisprudenza della riferibilità delle stesse alla nozione di “cosa” di cui all'art. 648 c.p.

La stessa rilevanza penale delle condotte consistite nell'acquisto o ricezione del supporto materiale su cui le informazioni o i dati di provenienza criminosa siano stati riversati solleva dubbi interpretativi, salvo che il supporto in questione sia stato esso stesso oggetto del reato presupposto.

Tali incertezze interpretative mettono in evidenza il carattere parziale della riforma del delitto di ricettazione, specie a fronte della sopra richiamata nozione di “beni” accolta dal legislatore europeo, anche in relazione ai fatti di ricettazione, che imporrebbe un aggiornamento della disciplina nazionale.

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