Il consenso informato dei minori


1. Bussole di inquadramento

Tutto o quasi tutto ormai si sa, dall'angolo visuale dei grandi principi, e con riguardo ai profili della responsabilità e del risarcimento, del consenso informato in medicina. Questa formula – non troppo perspicua, quale traduzione del corrispondente statunitense informed consent, giacché non è certo plausibile un consenso disinformato – richiama alla mente di chiunque, tra i giuristi, i principi degli artt. 13 e 32 Cost., il Trattato di Lisbona, la Convenzione di Oviedo ed il codice di deontologia medica, in forza dei quali il trattamento sanitario eseguito in mancanza di consenso informato è perciò stesso fonte di responsabilità sanitaria, quantunque nessun errore medico in senso proprio sia stato in effetti commesso; e ciò perché la mancanza del consenso informato costituisce violazione del diritto inviolabile all'autodeterminazione del paziente (v. in proposito già Cass. S.U., n. 26972/2008, in tema di danno non patrimoniale).

Qui occorre soffermarsi sul particolare caso che il consenso informato debba essere prestato per l'esecuzione di interventi sanitari su minori.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Chi deve prestare il consenso in caso di minori? 

Il panorama normativo

L'art. 3 l. 22 dicembre 2017, n. 219, rubricato: «Minori e incapaci», stabilisce, per quanto ora rileva, che: «1. La persona minore di età o incapace ha diritto alla valorizzazione delle proprie capacità di comprensione e di decisione, nel rispetto dei diritti di cui all'articolo 1, comma 1. Deve ricevere informazioni sulle scelte relative alla propria salute in modo consono alle sue capacità per essere messa nelle condizioni di esprimere la sua volontà. 2. Il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore tenendo conto della volontà della persona minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità, e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità. ...». La norma esordisce dunque con una disposizione volta a valorizzare la capacità di intendere e volere, per quanto ridotta, o in ragione dell'età, o in ragione del complessivo stato di salute, del soggetto: ciò in una linea perseguita da tempo dall'ordinamento, in particolare con la l. 9 gennaio 2004, n. 6, sull'amministrazione di sostegno, nonché in consonanza con il codice deontologico, che, in particolare agli artt. 33, u.c., 35, u.c., e 37 indica al medico il dovere di coinvolgere l'incapace delle scelte da effettuarsi. Tuttavia, è ben possibile che, legittimamente, nessun coinvolgimento vi sia: «ricevere informazioni ... in modo consono alle sue capacità ...» sta infatti a significare che solo se il suo grado maturità-capacità lo consente il soggetto va coinvolto nel processo decisionale, il che è del resto ovvio, basti pensare al caso dell'intervento chirurgico da eseguire su un neonato.

Quanto in particolare ai minori, la manifestazione del consenso informato spetta ai genitori, coniugati o no, naturalmente se esercenti la responsabilità genitoriale, e cioè se non sia stato adottato nei loro confronti, o nei confronti di uno di essi, un provvedimento limitativo o ablativo della responsabilità genitoriale exartt. 330 e 333 c.c., ovvero, salvo quanto tra breve si dirà, se non sia stato disposto l'affidamento esclusivo, ai sensi dell'art. 337 quater c.c. In mancanza dei genitori il consenso informato è manifestato dal tutore. I genitori esercenti la responsabilità prestano il consenso, o negano il consenso, senza necessità di autorizzazione giudiziale alcuna, exartt. 320 o 374 c.c.

La norma è inequivoca nell'affidare l'ultima parola ai genitori esercenti la responsabilità anche nell'ipotesi di contrasto insorto tra il minore, in particolare nell'ipotesi di c.d. «grande minore» (ossia di minore prossimo alla maggiore età) ed i genitori riguardo alle scelte terapeutiche che lo riguardano: si tratta infatti di un contrasto tra un soggetto privo di capacità di agire ex art. 2 c.c. e il suo rappresentante legale, contrasto insuscettibile di acquisire rilievo sul piano giuridico, dal momento che solo il rappresentante legale, per effetto di consapevole scelta legislativa, è legittimato a esprimere la volontà del minore, che ne è privo, anche in base all'art. 3, comma 2, citato, sicché solo tale volontà è vincolante per il medico, «tenuto al rispetto di tale volontà» (art. 1, comma 6). Resta da dire, però, che al medico, nella ricorrenza dei presupposti ivi indicati, può fare ricorso al giudice tutelare ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 3 della legge, di cui tra breve si dirà.

In caso di crisi familiare, che abbia fatto scattare l'applicazione dell'art. 337-ter c.c., trova applicazione, nel caso normale di affido condiviso, la disposizione dettata dal comma 3, secondo cui: «La responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative ... alla salute ... sono assunte di comune accordo ... In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la responsabilità genitoriale separatamente». Ora, il parametro dell'amministrazione ordinaria, pur non esattamente ritagliato sulle problematiche sanitarie, ha da essere inteso nel senso che le decisioni di minor impatto ― si pensi alle visite diagnostiche effettuate in vista dello svolgimento di attività sportive od in relazione a normali malattie dell'infanzia ― possano essere adottate separatamente in applicazione della disposizione ricordata.

In caso di affidamento esclusivo ai sensi dell'art. 337-quater c.c., stabilisce la norma, come si accennava poc'anzi, che il genitore affidatario «salva diversa disposizione del giudice, ha l'esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale» e che nondimeno, se non diversamente stabilito, «le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori».

Le scelte normative, nella materia, confondono spesso il mondo come dovrebbe essere con il mondo come effettivamente è: e cioè sovente dipingono una coppia genitoriale che, per tutto quanto attiene almeno alle vicende dei figli, procede, e comunque dovrebbe procedere, d'amore e d'accordo, il che non ha nulla a che vedere con quanto accade nella realtà. Ora, il dato normativo lascia spazio sia alla tesi, maggiormente fondata sul piano strettamente letterale, che in caso di affidamento esclusivo il rilascio del consenso informato spetti al genitore affidatario, sia alla tesi che, se non altro in caso di questioni sanitarie tali da comportare seri rischi per il minore, il consenso debba essere rilasciato da entrambi, considerato che il genitore non affidatario non esercita la responsabilità, ma non per questo ha subito in tal modo un provvedimento in senso stretto limitativo o ablativo della responsabilità. Probabilmente la tesi «ecumenica» comporta maggiori rischi per il minore, giacché potrebbe finire per assecondare una certa tendenza dei genitori, che talora si constata nella realtà, a litigare anche sulla pelle dei figli, e dunque a procrastinare interventi sanitari che è invece meglio anticipare. Inoltre, in materia di consenso informato, non dovrebbe essere ignorato il problema delle ricadute degli orientamenti adottati sui medici, i quali dovrebbero poter sapere con sufficiente certezza ed immediatezza a chi devono rivolgersi per ottenere il consenso informato. Tuttavia, in assenza di decisioni giurisprudenziali di legittimità sullo specifico tema, è difficile escludere che l'orientamento volto a salvaguardare la posizione del genitore non affidatario possa affermarsi.

Il che conduce ad esaminare una ulteriore questione.

Domanda
Come si scioglie l'eventuale conflitto tra i genitori sul rilascio del consenso informato?

L'orientamento della Cassazione

Se i genitori, entrambi esercenti la responsabilità genitoriale, concordano sul rilascio del consenso informato, nulla quaestio. Può darsi però che i genitori dissentano tra di loro, sicché sorge il problema dello scioglimento di un simile contrasto, contrasto che può riguardare anche la posizione del genitore non affidatario, ove si accolga la tesi secondo cui anch'egli deve prestare consenso all'intervento sanitario.

È stato ad esempio ritenuto che la visita del minore da parte di uno psicologo richiede il consenso congiunto di entrambi i genitori esercenti la responsabilità genitoriale, consenso che a maggior ragione deve essere prestato nel caso di separazione dei coniugi: anche questo riguardo non si rinvengono specifici precedenti giurisprudenziali, ma può tuttavia richiamarsi, sia pure a titolo meramente orientativo, Cass. n. 3075/2010, concernente la sanzione disciplinare inflitta dall'ordine degli psicologi ad una professionista per aver violato l'art. 31 del codice deontologico avendo sottoposto ad osservazione psicologica una minore di circa cinque anni, figlia naturale riconosciuta dai genitori, su incarico del padre di cui era consulente tecnico di parte nella controversia dinanzi al tribunale dei Minori con la madre e senza il consenso di costei, affidataria della medesima. Ed ancora, Cass. pen., n. 40291/2017 ha affermato che sottoporre un minore ad un periodo di osservazione clinico-psicologica, senza il preventivo consenso dei genitori, viola la libertà psichica del minore e integra reato di violenza privata.

L'art. 316 c.c. stabilisce al comma 2 che: «In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei». In tal caso il giudice «suggerisce le determinazioni che ritiene più utili nell'interesse del figlio e dell'unità familiare. Se il contrasto permane il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel singolo caso, ritiene il più idoneo a curare l'interesse del figlio». E, nel caso sia in corso un procedimento relativo all'affidamento, trova applicazione l'art. 709-ter c.p.c., secondo il quale la competenza per la soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all'esercizio della responsabilità genitoriale spetta al giudice del procedimento in corso, il quale «adotta i provvedimenti opportuni».

Ebbene, queste disposizioni non sono certo pensate per dirimere il contrasto tra i genitori in ordine al consenso informato ad un trattamento sanitario, decisione che normalmente richiede, tra l'altro, un'istruttoria di carattere tecnico, al fine di stabilire se sia preferibile o meno eseguire il trattamento, eseguirne uno diverso, eseguirlo presso un diverso nosocomio e così via. Ciò senza considerare che il citato art. 316 c.c. si riferisce a «questioni di particolare importanza», il che parrebbe chiamare in causa soltanto questioni sanitarie di più intenso impatto sulla salute del minore.

Sembra dunque sia prevedibile seguire una strada diversa, e cioè opinare che, ove il consenso informato competa ad entrambi i genitori e si è invece prestato da uno soltanto di essi, sull'opposizione dell'altro, si versi in ipotesi di rifiuto del consenso, il quale comporta l'applicazione del comma 5 dell'art. 3 l. 22 dicembre 2017, n. 219, secondo cui: «Nel caso in cui ... il rappresentante legale della persona minore rifiuti le cure proposte e il medico ritenga invece che queste siano appropriate e necessarie, la decisione è rimessa al giudice tutelare su ricorso del rappresentante legale della persona interessata o dei soggetti di cui agli artt. 406 ss. c.c. o del medico o del rappresentante legale della struttura sanitaria». Tanto il genitore che intende prestare il consenso, quanto il medico o la struttura sanitaria possono dunque rivolgersi al giudice tutelare, rimanendo aperta a latere la strada dell'adozione di provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale, ove ne sussistano i presupposti, a carico del genitore che abbia negato il consenso.

Domanda
Quale disciplina si applica se il contrasto riguarda la somministrazione delle vaccinazioni?

Il caso della vaccinazione dei minori

Del consenso informato in relazione alle vaccinazioni, in particolare obbligatorie, si è già discorso in un apposito paragrafo. Qui ci soffermiamo sull'ipotesi della vaccinazione dei minori.

Come abbiamo già visto, la responsabilità genitoriale è di regola esercitata da entrambi i genitori, e lo sprone le decisioni maggiore interesse per i figli relative anche alla salute sono adottate di comune accordo (art. 337-ter c.c.); anche qualora sia disposto l'affido esclusivo, le decisioni di maggiore interesse per i figli devono essere concordate da entrambi i genitori, salvo che non sia diversamente stabilito (art. 337-quater c.c.), il tutto nell'ottica della c.d. bigenitorialità, la quale impone ai genitori di mantenere un rapporto equilibrato che eviti ricadute negative sul minore dell'evento della crisi familiare (Cass. n. 28723/2020; Cass. n. 31902/2018). Ora, lo stesso legislatore è perfettamente consapevole che spronare i coniugi in rotta ad andar d'accordo non ha grandi prospettive di successo, visto che l'ordinamento appresta specifici rimedi per risolvere i conflitti tra loro, coniugati o no, sulle questioni di particolare interesse per i figli, exartt. 316 c.c. e 337-ter c.c. e 709-ter c.p.c., in corso di una procedura di affidamento: con facoltà del giudice di disporre che il Consultorio prenda in carico il nucleo familiare e predisponga un percorso di sostegno psicologico del minore e di supporto alla genitorialità di entrambe le parti, al fine di superare le difficoltà riscontrate qualora i conflitti tra i genitori siano a tal punto elevati da porre a rischio la salute psico-fisica e lo sviluppo dei figli minori (Cass. n. 11842/2019; Trib. Milano 23 marzo 2016; Trib. Milano 7 luglio 2015).

Ciò premesso, la decisione di sottoporre il figlio minore ad un vaccino non obbligatorio (nel paragrafo dedicato ai vaccini si è già visto che per i vaccini obbligatori il consenso informato non rileva), quale ad esempio quello volto a contrastare la diffusione del Covid-19, è senz'altro ricompresa nell'ambito delle scelte sulla cura o salute del minore. La giurisprudenza di merito, sulla scia di decisioni adottate in relazione ad altre vaccinazioni (Trib. Milano 17 ottobre 2018; Trib. Roma 17 ottobre 2017; Trib. Milano 9 gennaio 2018; Trib. Milano 2 settembre 2021), ha ritenuto che, laddove vi sia un concreto pericolo per la salute del minore in relazione alla gravità e diffusione del virus e vi siano dati scientifici univoci che quel determinato trattamento sanitario risulti efficace, il giudice possa sospendere momentaneamente la capacità del genitore contrario al vaccino, così autorizzandone la somministrazione, affidandosi al genitore favorevole. In caso di contrasto tra genitori separati sull'opportunità di sottoporre il figlio minore a dosi di richiamo di vaccini già somministrati, è ammissibile l'affievolimento della responsabilità genitoriale di uno dei due (nella specie, la madre), lasciando integra quella dell'altro (il padre), limitatamente alla questione vaccini, ritenendosi più corretta la scelta paterna conforme all'opinione scientifica largamente dominante (App. Napoli 30 agosto 2017; con riguardo al vaccino anti Covid-19 v. Trib. Monza 22 luglio 2021; Trib. Milano 8 dicembre 2018; Trib. Milano 26 febbraio 2021; Trib. Trento 20 luglio 2020). Desta interesse, in questa materia, Trib. Milano 13 settembre 2021, pronunciata in un caso in cui il padre di una bambina undicenne aveva proposto ricorso ex art. 709-ter e 710 c.p.c. nei confronti dell'ex coniuge che si era rifiutata di sottoporre la figlia non solo al vaccino anti Covid-19 e all'esecuzione dei tamponi molecolari e al test antigenico, ma anche a tutte le vaccinazioni obbligatorie, ai richiami vaccinali ancora non effettuati, sicché il padre aveva chiesto di essere autorizzato a procedere anche senza il consenso della madre; il giudice ha autorizzato il padre a «provvedere in autonomia senza il consenso della madre» a sottoporre la figlia a tutte le vaccinazioni obbligatorie e raccomandate, a farle i tamponi molecolari per la diagnosi da Covid-19 tutte le volte che sarà necessario, a farle indossare la mascherina in tutte le situazioni in cui l'utilizzo è imposto da legge e, al raggiungimento dei 12 anni della bambina, a valutare in autonomia l'opportunità o meno di procedere con la somministrazione del vaccino anti Covid.

Domanda
Come si individua il giudice competente a dirimere il contrasto? 

Quanto all'individuazione del giudice competente a dirimere il contrasto la giurisprudenza di merito ha manifestato opinioni diverse.

Secondo un indirizzo, qualora i genitori non siano separati e si verifichino conflitti sull'opportunità di somministrazione del vaccino la competenza spetta al tribunale per i minorenni (Trib. min. Trieste 5 novembre 2021; Trib. min. Trento 20 luglio 2020; App. Napoli 30 agosto 2017). In altre occasioni è stata affermata la competenza del tribunale ordinario anche quando tra i genitori non è in corso un procedimento di separazione (Trib. Parma 11 ottobre 2021). Secondo altra preferibile opinione la competenza è del giudice tutelare ai sensi dell'art. 3 comma 5, l. 219/2017 (in tal senso v. p. es. il provvedimento organizzativo del Tribunale di Genova adottato il 23 settembre 2021).

Domanda
E se invece è il medico a decidere di sospendere le cure? 

Le previsioni della l. 22 dicembre 2017, n. 219

La l. 22 dicembre 2017, n. 219, non contiene una espressa disciplina riferita al caso in cui, prestato dai genitori esercenti la responsabilità il consenso ad un determinato trattamento sanitario, ed intrapreso il medesimo, il medico decida ad un dato momento di interromperlo, ritenendolo inutile o addirittura dannoso e tale da configurare accanimento terapeutico, mentre i genitori insistano per la sua prosecuzione: caso che, naturalmente, può presentarsi non soltanto in ipotesi di minore, ma anche di maggiore di età incapace, oggetto del paragrafo successivo.

Una soluzione al quesito potrebbe essere rinvenuta nel leggere l'ultimo comma dell'art. 3 della legge, poc'anzi trascritto, nell'ottica di applicazione del criterio interpretativo lex minus dixit quam voluit: si potrebbe cioè affermare che il legislatore si sia espressamente pronunciato sulla sola ipotesi statisticamente di maggior rilievo, vale quella del diniego del consenso, ma abbia in realtà inteso riferirsi anche all'ipotesi appena considerata, sicché anche il caso considerato, in cui il medico decida di sospendere il trattamento ed i genitori ne chiedano la prosecuzione, debba essere sciolto dal giudice tutelare. D'altronde, l'ipotesi menzionata sembra assimilabile a quella del conflitto insorto, in presenza di disposizioni anticipate di trattamento (DAT), tra fiduciario e medico, con riguardo alla loro disapplicazione, ai sensi dell'art. 4, comma 5, ult. parte, della stessa legge, che rimette appunto la decisione è rimessa al giudice tutelare.

L'altra soluzione sta nel ritenere che il legislatore abbia deliberatamente taciuto sull'ipotesi considerata, intendendo così affermare che la decisione sull'interruzione del trattamento compete in esclusiva al medico curante: tesi che, per la verità, appare in evidente frizione con l'atteggiamento tanto del legislatore quanto della giurisprudenza in ordine ai poteri del medico di decidere sul trattamento sanitario da applicare.

3. Azioni processuali

Ulteriori azioni processuali

Per la fattispecie in esame è, in alternativa, esperibile il Ricorso ex art. 281-undecies c.p.c. (Procedimento semplificato di cognizione).

Aspetti preliminari

Mediazione

Le cause di risarcimento del danno da responsabilità medico-sanitaria rientrano tra quelle elencate dall'art. 5 d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale).

Accertamento tecnico preventivo diretto alla conciliazione della lite

Con la legge Gelli-Bianco è stato inoltre previsto un diverso congegno volto alla definizione conciliativa della lite ed alternativo alla mediazione, ossia l'accertamento tecnico preventivo diretto alla composizione della lite, previsto dall'art. 696-bis c.p.c. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale).

L'alternativa tra mediazione e consulenza tecnica preventiva

Sia la consulenza tecnica preventiva che la mediazione perseguono lo stesso scopo, ossia la definizione conciliativa della lite, con conseguente effetto deflattivo sul contenzioso civile. Tra i due strumenti sussistono similitudini e diversità, che possono rendere preferibile l'uno o l'altro. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale).

Competenza per territorio

La legge Gelli Bianco ha inquadrato la responsabilità della struttura sanitaria nell'ambito della responsabilità contrattuale, il che va considerato ai fini dell'individuazione del giudice presso cui si radica la competenza territoriale per le cause in materia di responsabilità medica. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale).

Competenza per valore

La competenza per valore del giudice di pace si determina in base ai criteri indicati dall'art. 7, comma 1, c.p.c. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale).

Rito applicabile

La domanda di risarcimento del danno per responsabilità medica può essere proposta con atto di citazione, nelle forme del procedimento ordinario di cognizione, ovvero con ricorso nelle forme del procedimento semplificato di cognizione. La scelta è libera, però, solo se si avvia la mediazione e questa non conduce alla soluzione della lite. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale).

Legittimazione attiva e passiva

Il paziente che si assume danneggiato, ovvero i suoi congiunti in caso di morte (ovvero gli ulteriori legittimati, unitamente al paziente), può agire in via risarcitoria nei confronti della struttura sanitaria, nei confronti dell'«esercente la professione sanitaria, nei confronti dell'impresa di assicurazione della struttura ovvero dell'esercente. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale).

Contenuto dell'atto introduttivo

Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale).

4. Conclusioni

Il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore tenendo conto della volontà della persona minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità, e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità.

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