Il consenso informato nella fecondazione assistita1. Bussole di inquadramentoTutto o quasi tutto ormai si sa, dall'angolo visuale dei grandi principi, e con riguardo ai profili della responsabilità e del risarcimento, del consenso informato in medicina. Questa formula – non troppo perspicua, quale traduzione del corrispondente statunitense informed consent, giacché non è certo plausibile un consenso disinformato – richiama alla mente di chiunque, tra i giuristi, i principi degli artt. 13 e 32 Cost., il Trattato di Lisbona, la Convenzione di Oviedo ed il codice di deontologia medica, in forza dei quali il trattamento sanitario eseguito in mancanza di consenso informato è perciò stesso fonte di responsabilità sanitaria, quantunque nessun errore medico in senso proprio sia stato in effetti commesso; e ciò perché la mancanza del consenso informato costituisce violazione del diritto inviolabile all'autodeterminazione del paziente (v. in proposito già Cass. S.U., n. 26972/2008, in tema di danno non patrimoniale). Vi sono casi in cui l'acquisizione del consenso informato presenta peculiarità. Qui si esaminano gli aspetti concernenti il consenso informato nella fecondazione assistita. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Quali peculiarità presenta l'acquisizione del consenso informato nella fecondazione assistita?
Le previsioni in materia nell'ordinamento italiano Richiamata sulla materia la l. 19 febbraio 2004, n. 40, in tema di procreazione medicalmente assistita, nonché le linee guida del ministero della salute 21 luglio 2004, occorre far riferimento alla specifica disciplina dettata dal decreto 28 dicembre 2016, n. 265, «Regolamento recante norme in materia di manifestazione della volontà di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, in attuazione dell'articolo 6, comma 3, della legge 19 febbraio 2004, n. 40». Esso individua finalità e contenuti del consenso informato: Gli elementi minimi di conoscenza necessari alla formazione del consenso informato in caso di richiesta di accesso alla procreazione medicalmente assistita, concernono: a) la possibilità di ricorrere agli strumenti offerti dalla l. 4 maggio 1983, n. 184, in tema di affidamento ed adozione, come alternativa alla procreazione medicalmente assistita; b) la disciplina giuridica della procreazione medicalmente assistita, con specifico riferimento ai seguenti profili: i requisiti oggettivi e soggettivi di accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita; le conseguenze giuridiche per l'uomo, per la donna e per il nascituro; le sanzioni di cui all'art. 12, commi 2, 4, 5 e 6, l. 19 febbraio 2004, n. 40; c) i problemi bioetici conseguenti all'applicazione delle tecniche; d) le diverse tecniche impiegabili, incluse le tecniche di PMA di tipo eterologo e la possibilità per uno dei componenti della coppia di donare gameti, nonché le procedure e le fasi operative di ciascuna tecnica, con particolare riguardo alla loro invasività nei confronti della donna e dell'uomo; e) l'impegno dovuto dai richiedenti con riguardo anche ai tempi di realizzazione, all'eventuale terapia farmacologica da seguire, agli accertamenti strumentali e di laboratorio da esperire, alle visite ambulatoriali ed ai ricoveri, anche in day hospital, da effettuare; f) gli effetti indesiderati o collaterali relativi ai trattamenti; g) le probabilità di successo delle diverse tecniche espresse come possibilità di nascita di un bambino vivo; h) i rischi per la madre e per il nascituro, accertati o possibili, quali evidenziabili dalla letteratura scientifica; i) i rischi associati alle tecniche di PMA di tipo eterologo e i provvedimenti presi per attenuarli, con particolare riferimento agli esami clinici cui è stato sottoposto il donatore, inclusa la visita di genetica medica, e ai relativi test impiegati, rappresentando che tali esami non possono garantire, in modo assoluto, l'assenza di patologie per il nascituro; l) l'impegno di comunicare al centro, in caso di accesso a tecniche PMA di tipo eterologo, eventuali patologie insorte, anche a distanza di tempo, nella donna, nel nascituro o nel nato, e di cui è ragionevole ipotizzare la presenza antecedentemente alla donazione; m) la possibilità che il nato da PMA di tipo eterologo, una volta adulto, possa essere oggetto di anamnesi medica inappropriata, se non a conoscenza delle modalità del proprio concepimento; n) la volontarietà e gratuità della donazione di gameti, ai sensi dell'art. 12 d.lgs. 6 novembre 2007, n. 191, nonché la non rivelabilità dell'identità del o dei riceventi al donatore o alla sua famiglia e viceversa, ai sensi dell'art. 14, comma 3, del medesimo decreto legislativo; o) i possibili effetti psicologici per i singoli richiedenti, per la coppia e per il nato, conseguenti all'applicazione delle tecniche di PMA, con particolare riguardo alle specificità delle tecniche di PMA di tipo eterologo; p) la possibilità di crioconservazione dei gameti maschili e femminili per successivi trattamenti di fecondazione assistita, ed eventualmente anche al fine della donazione per fecondazione di tipo eterologo; q) la possibilità di revoca del consenso da parte dei richiedenti fi no al momento della fecondazione dell'ovulo; r) la possibilità, da parte del medico responsabile della struttura, di non procedere alla procreazione medicalmente assistita esclusivamente per motivi di ordine medico-sanitario, motivata in forma scritta; s) i limiti all'applicazione delle tecniche sugli embrioni, di cui all'art. 14, l. 19 febbraio 2004, n. 40; t) la possibilità di crioconservazione degli embrioni in conformità a quanto disposto dall'art. 14 l. n. 40 del 2004 e dalla sentenza della Corte costituzionalen. 151 del 2009; a tal fine deve essere precisato che le tecniche di produzione degli embrioni non devono creare un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario alla procreazione, e che il trasferimento degli embrioni così creati deve essere effettuato non appena possibile, senza pregiudizio della salute della donna. Deve altresì essere illustrato e discusso il rischio di produrre embrioni soprannumerari, con la conseguenza di destinare quelli in eccedenza alla crioconservazione; ogni decisione deve essere motivata in forma scritta e deve esserne conservata copia nella cartella clinica; u) i costi economici totali derivanti dalla procedura adottata; v) l'informativa sul trattamento dei dati personali raccolti. Le strutture autorizzate sono tenute, per il tramite dei propri medici, a fornire ai richiedenti, in maniera chiara ed esaustiva, nel corso di uno o più colloqui, gli elementi informativi indicati preliminarmente alla sottoscrizione del consenso informato ed al conseguente avvio del trattamento di procreazione medicalmente assistita. Tale consenso è acquisito, unitamente al consenso relativo al connesso trattamento dei dati personali. Le strutture private autorizzate sono altresì tenute a fornire con chiarezza ai richiedenti i costi economici totali derivanti dalle diverse procedure, preliminarmente alla sottoscrizione del consenso informato ed al conseguente avvio del trattamento di procreazione medicalmente assistita. Quanto alle modalità di espressione del consenso informato, il citato decreto stabilisce che la volontà di accedere al trattamento di procreazione medicalmente assistita è espressa con apposita dichiarazione, sottoscritta e datata, in duplice esemplare, dai richiedenti, congiuntamente al medico responsabile della struttura autorizzata ai sensi dell'articolo 10 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, e dell'Accordo Stato-regioni del 15 marzo 2012. Una delle copie è consegnata ai richiedenti e una trattenuta agli atti della struttura, che provvede alla sua custodia nel tempo. 3. Azioni processualiUlteriori azioni processuali Per la fattispecie in esame è, in alternativa, esperibile il Ricorso ex art. 281-undecies c.p.c. (Procedimento semplificato di cognizione). Aspetti preliminari Mediazione Le cause di risarcimento del danno da responsabilità medico-sanitaria rientrano tra quelle elencate dall'art. 5 d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Accertamento tecnico preventivo diretto alla conciliazione della lite Con la legge Gelli-Bianco è stato inoltre previsto un diverso congegno volto alla definizione conciliativa della lite ed alternativo alla mediazione, ossia l'accertamento tecnico preventivo diretto alla composizione della lite, previsto dall'art. 696-bis c.p.c. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). L'alternativa tra mediazione e consulenza tecnica preventiva Sia la consulenza tecnica preventiva che la mediazione perseguono lo stesso scopo, ossia la definizione conciliativa della lite, con conseguente effetto deflattivo sul contenzioso civile. Tra i due strumenti sussistono similitudini e diversità, che possono rendere preferibile l'uno o l'altro. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Competenza per territorio La legge Gelli Bianco ha inquadrato la responsabilità della struttura sanitaria nell'ambito della responsabilità contrattuale, il che va considerato ai fini dell'individuazione del giudice presso cui si radica la competenza territoriale per le cause in materia di responsabilità medica. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Competenza per valore La competenza per valore del giudice di pace si determina in base ai criteri indicati dall'art. 7, comma 1, c.p.c. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Rito applicabile La domanda di risarcimento del danno per responsabilità medica può essere proposta con atto di citazione, nelle forme del procedimento ordinario di cognizione, ovvero con ricorso nelle forme del procedimento semplificato di cognizione. La scelta è libera, però, solo se si avvia la mediazione e questa non conduce alla soluzione della lite. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Legittimazione attiva e passiva Il paziente che si assume danneggiato, ovvero i suoi congiunti in caso di morte (ovvero gli ulteriori legittimati, unitamente al paziente), può agire in via risarcitoria nei confronti della struttura sanitaria, nei confronti dell'«esercente la professione sanitaria, nei confronti dell'impresa di assicurazione della struttura ovvero dell'esercente. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Contenuto dell'atto introduttivo Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). 4. ConclusioniAnche in questo caso occorre che siano fornite spiegazioni dettagliate come sempre rapportate al livello culturale del paziente, adottando un linguaggio che tenga conto del grado di conoscenze specifiche di cui dispone. Per ottenere un valido consenso informato, in caso di fecondazione assistita, il medico deve, pertanto, informare il paziente in merito ad una complessa serie di aspetti che si sono in precedenza evidenziati. |