I trattamenti a sostegno vitale1. Bussole di inquadramentoAl tema del consenso informato, trattato sotto diversi aspetti in questo capitolo, si collega indissolubilmente, soprattutto dopo che la materia è stata regolata dalla l. 22 dicembre 2017, n. 219, recante: «Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento», quello dei trattamenti di sostegno vitale, tema anch'esso denso di rilievo sotto l'aspetto della responsabilità del medico. Si è visto che l'ordinamento impone un generale divieto di somministrazione di cure sanitarie contrastanti con la volontà del paziente, il quale è titolare di un diritto all'autodeterminazione terapeutica, con cibi nella limitata ipotesi contemplata in via generale dall'art. 32, comma 2, Cost. Come si è visto, il diritto all'autodeterminazione non incontra un limite neppure qualora la scelta del paziente abbia come conseguenza la sua morte: e cioè il rifiuto della terapia da parte del paziente deve essere rispettato dal medico, quand'anche conduca alla morte (Cass. n. 21748/2007), senza che ciò abbia a che vedere con l'eutanasia, giacché la morte non è cagionata da un intervento attuato dal medico ab externo, ma dalla stessa malattia che segue il suo corso. In breve, il consenso informato costituisce legittimazione e fondamento del trattamento sanitario: senza il consenso informato l'intervento del medico è illecito, sebbene effettuato nel solo interesse del paziente. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Il paziente può rifiutare i trattamenti di sostegno vitale?
Le vicende di cronaca e l'orientamento della giurisprudenza La l. 22 dicembre 2017, n. 219, oltre a disciplinare il consenso informato, all'art. 4, stabilisce, nella stessa prospettiva, che: «Ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione di un'eventuale futura incapacità di autodeterminarsi e dopo avere acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte, può, attraverso le DAT, esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari». Sorge in proposito un problema che involge aspetti complessi, esulanti dal ristretto ambito giuridico, al quale in questa sede può soltanto accennato: fino a che punto la sfera di autodeterminazione del soggetto possa spingersi nel rifiuto delle cure. Occorre a tal riguardo richiamare il caso, che ha avuto ampia risonanza nell'opinione pubblica, di Piergiorgio Welby, affetto da anni da una malattia che lo immobilizzava e gli impediva pressoché ogni movimento, la cui sopravvivenza era assicurata da un respiratore automatico: questi, nel possesso delle proprie facoltà mentali, aveva ritirato il consenso all'utilizzo del ventilatore polmonare, ma il medico curante aveva ritenuto che la condotta richiesta gli fosse proibita. All'esito di una vicenda processuale che sarebbe superfluo rammentare, ottenuto il distacco del respiratore da un altro medico, quest'ultimo è stato sottoposto ad un procedimento penale per omicidio del consenziente, conclusosi con pronuncia di assoluzione. Altro caso eclatante è quello di Eluana Englaro, in stato di coma vegetativo da diciassette anni, riguardo alla quale la Suprema Corte ha ritenuto potesse essere autorizzata l'interruzione del trattamento al quale era sottoposta per mantenerla in vita a condizione che: a) lo stato vegetativo così accertato il modo in incontrovertibile; b) fosse accertato, sulla base di elementi tratti dal vissuto del paziente, dalla sua personalità e dai convincimenti etici, religiosi, culturali e filosofici che ne orientavano i comportamenti e le decisioni, che questi, se cosciente, non avrebbe prestato il suo consenso alla continuazione del trattamento (Cass. n. 21748/2007). Un passo ulteriore sì avuto a seguito della vicenda, che pure ha assunto rilievo mediatico, concernente Dj Fabo, accompagnato da un politico italiano in Svizzera per accedere al suicidio assistito. Sottoposto il politico a processo penale per aiuto al suicidio, è stata chiamata a pronunciarsi la Corte costituzionale che, dopo una pronuncia interlocutoria, ha dichiarato l'incostituzionalità parziale dell'art. 580 c.p. (Corte cost. n. 242/2019): il giudice delle leggi ha cioè escluso la punibilità, ai sensi dell'art. 580 c.p., di colui che agevola il proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. La Corte ha subordinato la non punibilità, al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua (art. 1 e 2 l. n. 219/2017) e alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del SSN, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente. La Corte sottolinea che l'individuazione di queste specifiche condizioni e modalità procedimentali, desunte da norme già presenti nell'ordinamento, si è resa necessaria per evitare rischi di abuso nei confronti di persone, specialmente vulnerabili, come già osservato nell'ordinanza n. 207 del 2018. In proposito è ancora importante ancora rammentare che la l. n. 219/2017 stabilisce che la nutrizione e l'idratazione artificiale sono considerati trattamenti sanitari. 3. Azioni processualiUlteriori azioni processuali Per la fattispecie in esame è, in alternativa, esperibile il Ricorso ex art. 281-undecies c.p.c. (Procedimento semplificato di cognizione). Aspetti preliminari Mediazione Le cause di risarcimento del danno da responsabilità medico-sanitaria rientrano tra quelle elencate dall'art. 5 d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Accertamento tecnico preventivo diretto alla conciliazione della lite Con la legge Gelli-Bianco è stato inoltre previsto un diverso congegno volto alla definizione conciliativa della lite ed alternativo alla mediazione, ossia l'accertamento tecnico preventivo diretto alla composizione della lite, previsto dall'art. 696-bis c.p.c. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). L'alternativa tra mediazione e consulenza tecnica preventiva Sia la consulenza tecnica preventiva che la mediazione perseguono lo stesso scopo, ossia la definizione conciliativa della lite, con conseguente effetto deflattivo sul contenzioso civile. Tra i due strumenti sussistono similitudini e diversità, che possono rendere preferibile l'uno o l'altro. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Competenza per territorio La legge Gelli Bianco ha inquadrato la responsabilità della struttura sanitaria nell'ambito della responsabilità contrattuale, il che va considerato ai fini dell'individuazione del giudice presso cui si radica la competenza territoriale per le cause in materia di responsabilità medica. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Competenza per valore La competenza per valore del giudice di pace si determina in base ai criteri indicati dall'art. 7, comma 1, c.p.c. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Rito applicabile La domanda di risarcimento del danno per responsabilità medica può essere proposta con atto di citazione, nelle forme del procedimento ordinario di cognizione, ovvero con ricorso nelle forme del procedimento semplificato di cognizione. La scelta è libera, però, solo se si avvia la mediazione e questa non conduce alla soluzione della lite. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Legittimazione attiva e passiva Il paziente che si assume danneggiato, ovvero i suoi congiunti in caso di morte (ovvero gli ulteriori legittimati, unitamente al paziente), può agire in via risarcitoria nei confronti della struttura sanitaria, nei confronti dell'«esercente la professione sanitaria, nei confronti dell'impresa di assicurazione della struttura ovvero dell'esercente. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Contenuto dell'atto introduttivo Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). 4. ConclusioniLa materia è regolata dalla disposizione secondo cui ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione di un'eventuale futura incapacità di autodeterminarsi e dopo avere acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte, può, attraverso le disposizioni anticipate di trattamento, esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari. |