Ritardo diagnostico e patologie ad esito infausto1. Bussole di inquadramentoIl quesito che si esamina qui è il seguente: può predicarsi una responsabilità medica qualora il medico abbia tardato a diagnosticare una certa malattia, quando si tratti di malattia destinata ad evolversi verso un esito infausto, sicché, quand'anche tempestivamente diagnosticata, non vi sarebbe stato nulla da fare? In proposito è stato ribadito che il colpevole ritardo diagnostico di patologie terminali dà luogo alla «lesione di un bene reale, certo – sul piano sostanziale – ed effettivo, apprezzabile con immediatezza», quale il diritto di autodeterminazione nelle proprie scelte esistenziali, lesione da tenere distinta dal pregiudizio alla integrità fisica e dalla perdita di chances di guarigione, con conseguente obbligazione risarcitoria – in presenza del relativo quadro di allegazione e prova – da effettuarsi in base a criteri equitativa (Cass. n. 10424/2019; Cass. n. 7260/2018). La menzionata lesione si identifica nella condizione di sofferenza dovuta a patologie ad esito sicuramente infausto, ossia in una «situazione soggettiva suscettibile di darsi ben prima (al di qua) di qualunque (arbitraria) scelta personale che si voglia già compiuta, o di là da compiere; e ancora, al di là di qualunque considerazione soggettiva sul valore, la rilevanza o la dignità, degli eventuali possibili contenuti di tale scelta» (Cass. n. 7260/2018). 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Come viene valutato il danno da ritardo diagnostico di malattia con esito infausto?
L'orientamento della giurisprudenza di legittimità Nel caso esaminato, prosegue la S.C., il risarcimento non è volto a compensare «la perdita di un risultato favorevole, per quanto incerto», bensì la perdita della facoltà di scelta delle priorità cui affidare la parte finale della propria esistenza, dal momento che «anche la sofferenza e il dolore, là dove coscientemente e consapevolmente non curati o alleviati, acquistano un senso ben differente, sul piano della qualità della vita, se accettati come fatto determinato da una propria personale opzione di valore nella prospettiva di una fine che si annuncia (più o meno) imminente, piuttosto che vissuti, passivamente, come segni misteriosi di un'inspiegabile, insondabile e angosciante, ineluttabilità delle cose» (Cass. n. 7260/2018). Quanto al ritardo diagnostico che abbia impedito di accedere a più accurati ed attendibili accertamenti, il danno da lesione del diritto alla autodeterminazione è risarcibile «qualora il paziente alleghi che, dalla omessa, inadeguata o insufficiente informazione, gli siano comunque derivate conseguenze dannose, di natura non patrimoniale, in termini di sofferenza soggettiva e contrazione della libertà di disporre di se stesso, psichicamente e fisicamente – salva possibilità di provata contestazione della controparte» (Cass. n. 28985/2019). È chiaro che, secondo questa impostazione, la perdita, cui si riferisce l'art. 1223 c.c., finisce per sovrapporsi con la lesione: lesione e quello della perdita tendono, allora, a sovrapporsi. È stato così di recente affermato che, in caso di colpevole ritardo nella diagnosi di patologie ad esito infausto, l'area dei danni risarcibili non si esaurisce nel pregiudizio recato alla integrità fisica del paziente, né nella perdita di chance di guarigione, ma include la perdita di un ventaglio di opzioni con le quali scegliere come affrontare l'ultimo tratto del proprio percorso di vita, che determina la lesione di un bene reale, certo – sul piano sostanziale – ed effettivo, apprezzabile con immediatezza, qual è il diritto di determinarsi liberamente nella scelta dei propri percorsi esistenziali; in tale prospettiva, il diritto di autodeterminarsi riceve positivo riconoscimento e protezione non solo mediante il ricorso a trattamenti lenitivi degli effetti di patologie non più reversibili, ovvero, all'opposto, mediante la predeterminazione di un percorso che porti a contenerne la durata, ma anche attraverso la mera accettazione della propria condizione (Cass. n. 27682/2021). Per la verità, non appare agevole armonizzare il principio così formulato con quello affermato dalle Sezioni Unite, che, confermando il pregresso orientamento, hanno negato la risarcibilità del c.d. danno tanatologico, considerando che in tal modo si finirebbe per cancellare la distinzione tra danno-evento e danno-conseguenza e di attribuire al risarcimento una funzione punitiva ad esso estranea, tanto più che la coscienza sociale, «se può avere rilievo sul piano assiologico e delle modifiche normative, più o meno auspicabili, secondo le diverse opzioni culturali, non è criterio che possa legittimamente guidare l'attività dell'interprete del diritto positivo» (Cass. S.U., n. 15350/2015). Diritto alla salute e diritto di autodeterminazione La soluzione che precede si inquadra in un'ampia tendenza, di cui si è pure altrove dato conto, che valorizza il principio di autodeterminazione in relazione all'acquisizione del consenso informato. Ed in effetti consenso informato ed omissione diagnostica hanno evidenti punti di contatto, attenendo ad obblighi informativi rivolti, in un caso, ad ottenere il consenso del paziente ad un determinato trattamento terapeutico, nell'altro, a fargli acquistare consapevolezza del proprio stato di salute in vista degli sviluppi esistenziali di cui si è detto. Nell'ottica della esigenza di rafforzamento della tutela risarcitoria di diritti fondamentali quali la dignità, la salute, l'autodeterminazione, il rapporto obbligatorio avente ad oggetto la combinazione di informazione e diagnosi potrebbe fungere, per così dire, da ombrello per la tutela del grappolo di diritti collegati alla conoscenza del proprio stato di salute, imponendo, cioè, l'obbligo risarcitorio per il negligente ritardo diagnostico a prescindere da un danno alla salute o dalla perdita di chance, istituendo il ritardo in sé quale fonte del risarcimento, in combinazione con il criterio della gravità della lesione. 3. Azioni processualiUlteriori azioni processuali Per la fattispecie in esame è, in alternativa, esperibile il Ricorso ex art. 281-undecies c.p.c. (Procedimento semplificato di cognizione). Aspetti preliminari: mediazione e accertamento tecnico preventivo Mediazione Le cause di risarcimento del danno da responsabilità medico-sanitaria rientrano tra quelle elencate dall'art. 5 d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Accertamento tecnico preventivo diretto alla conciliazione della lite Con la legge Gelli-Bianco è stato inoltre previsto un diverso congegno volto alla definizione conciliativa della lite ed alternativo alla mediazione, ossia l'accertamento tecnico preventivo diretto alla composizione della lite, previsto dall'art. 696-bis c.p.c. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). L'alternativa tra mediazione e consulenza tecnica preventiva Sia la consulenza tecnica preventiva che la mediazione perseguono lo stesso scopo, ossia la definizione conciliativa della lite, con conseguente effetto deflattivo sul contenzioso civile. Tra i due strumenti sussistono similitudini e diversità, che possono rendere preferibile l'uno o l'altro. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Competenza per territorio La legge Gelli Bianco ha inquadrato la responsabilità della struttura sanitaria nell'ambito della responsabilità contrattuale, il che va considerato ai fini dell'individuazione del giudice presso cui si radica la competenza territoriale per le cause in materia di responsabilità medica. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Competenza per valore La competenza per valore del giudice di pace si determina in base ai criteri indicati dall'art. 7, comma 1, c.p.c. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Rito applicabile La domanda di risarcimento del danno per responsabilità medica può essere proposta con atto di citazione, nelle forme del procedimento ordinario di cognizione, ovvero con ricorso nelle forme del procedimento semplificato di cognizione. La scelta è libera, però, solo se si avvia la mediazione e questa non conduce alla soluzione della lite. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Legittimazione attiva e passiva Il paziente che si assume danneggiato, ovvero i suoi congiunti in caso di morte (ovvero gli ulteriori legittimati, unitamente al paziente), può agire in via risarcitoria nei confronti della struttura sanitaria, nei confronti dell'«esercente la professione sanitaria, nei confronti dell'impresa di assicurazione della struttura ovvero dell'esercente. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Contenuto dell'atto introduttivo Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). 4. ConclusioniLa peculiarità del tema del risarcimento del danno da ritardata diagnosi di malattia con esito infausto sta in ciò, che il ritardo diagnostico non incide sulle prospettive terapeutiche, ma, in buona sostanza, solo sulla consapevolezza della malattia in capo al paziente. Nondimeno la S.C. ha in più occasioni ripetuto che detto ritardo si ripercuote sull'autodeterminazione del soggetto in ordine alle proprie scelte esistenziali. |