Il danno estetico1. Bussole di inquadramentoIn generale il danno estetico, e cioè una modificazione peggiorativa dell'aspetto esteriore della persona, è una componente del danno non patrimoniale, ed in particolare un aspetto che rileva sotto il profilo della quantificazione del danno alla salute. In tal senso vale citare per tutte la pronuncia delle Sezioni Unite secondo cui il danno non patrimoniale da lesione della salute costituisce una categoria ampia ed omnicomprensiva, nella cui liquidazione il giudice deve tenere conto di tutti i pregiudizi concretamente patiti dalla vittima, ma senza duplicare il risarcimento attraverso l'attribuzione di nomi diversi a pregiudizi identici. Ne consegue che è inammissibile, perché costituisce una duplicazione risarcitoria, la congiunta attribuzione alla vittima di lesioni personali, ove derivanti da reato, del risarcimento sia per il danno biologico, sia per il danno morale, inteso quale sofferenza soggettiva, il quale costituisce necessariamente una componente del primo (posto che qualsiasi lesione della salute implica necessariamente una sofferenza fisica o psichica), come pure la liquidazione del danno biologico separatamente da quello c.d. estetico, da quello alla vita di relazione e da quello cosiddetto esistenziale (Cass. S.U., n. 26972/2008). 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Vi può essere danno patrimoniale in caso di danno estetico?
L'orientamento della Suprema Corte Ha in un'occasione affermato la S.C. che un danno estetico, quantunque la lesione sia localizzata nel viso, non può ricevere un autonomo e aggiuntivo trattamento risarcitorio di natura patrimoniale quando l'alterazione estetica sia di modesta entità e, senza procurare alcuna deturpazione o sfiguramento del viso, risulti percepibile solo in particolari dinamiche mimiche del volto e con attento esame da distanza ravvicinata (Cass. n. 10848/2007, concernente un caso in cui la danneggiata aveva lamentato di non aver ottenuto alcuna maggiorazione del risarcimento, sotto il profilo patrimoniale, per il danno estetico subito). La S.C. ha disatteso le doglianze della ricorrente valorizzando l'osservazione svolta dalla Corte di merito secondo cui: «La modesta alterazione estetica è percepibile solo in particolari dinamiche mimiche del volto e solo con attento esame da distanza ravvicinata» e «non vi è nessuna deturpazione o sfiguramento del viso». Non sono mancate le occasioni in cui la S.C. ha affermato con chiarezza che, in tema di risarcimento del danno alla persona, i postumi di carattere estetico, in quanto incidenti in modo negativo sulla vita di relazione, possono ricevere un autonomo trattamento risarcitorio, sotto l'aspetto patrimoniale, allorché, pur determinando una così detta «micropermanente» sul piano strettamente biologico, eventualmente provochino negative ripercussioni non soltanto su un'attività lavorativa già svolta, ma anche su un'attività futura, precludendola o rendendola di più difficile conseguimento, in relazione all'età, al sesso del danneggiato ed ad ogni altra utile circostanza particolare. A tal fine il riconoscimento di un danno patrimoniale non può però mai basarsi su semplici presunzioni, occorrendo invece la prova rigorosa di una concreta riduzione del reddito conseguente alle menomazioni subite (Cass. n. 12423/2006, concernente un pregiudizio complessivamente valutato come danno biologico permanente del 5 per cento; Cass. n. 6895/2001, concernente un caso in cui la S.C. ha confermato la sentenza di un giudice di merito che pareva aver ritenuto astrattamente irrilevante il pregiudizio estetico connesso a lievi cicatrici sul viso; Cass. n. 755/1995). Il responso di Cass. n. 10848/2007 ha allora da essere correttamente inteso nel senso che il lieve difetto fisionomico nella specie residuato non aveva concretamente attitudine ad incidere sulla capacità lavorativa della danneggiata: non già nel senso che un difetto fisionomico lieve, sempre e comunque, non è suscettibile di risarcimento sotto il profilo del danno patrimoniale. Sicché anche di recente si è ribadito che postumi di carattere estetico conseguenti ad un fatto lesivo della persona possono ricevere un autonomo trattamento risarcitorio, sotto l'aspetto strettamente patrimoniale, quando provochino ripercussioni negative su un'attività lavorativa già svolta o su un'attività futura, precludendola o rendendola di più difficile conseguimento, in relazione all'età, al sesso del danneggiato ed ad ogni altra utile circostanza particolare; in tutti gli altri casi, il danno estetico non potrà mai essere considerato una voce di danno a sé, aggiuntiva ed ulteriore rispetto al danno biologico (Cass. n. 14246/2020). In tema di risarcimento del danno alla persona, qualora da un intervento chirurgico di osteosintesi residuino postumi permanenti (nella specie, una zoppia per l'accorciamento dell'arto di cm. 5) più gravi di quelli che, per le modalità della frattura, sarebbero comunque derivati nel caso di esecuzione di intervento a regola d'arte (cm. 2), accertata la maggiore invalidità differenziale nella misura del 5 per cento, non è adeguata la liquidazione del danno effettuata in quella percentuale, ove non si provveda alla personalizzazione del valore del punto di invalidità, che tenga conto delle conseguenze della maggiore zoppia sulla vita della paziente, ed in particolare delle sue difficoltà a deambulare in modo autonomo, dell'impedimento allo svolgimento del lavoro dinamico precedentemente espletato, oltre che dello sport praticato in epoca anteriore al sinistro, nonché del maggiore danno estetico causato dalla avvenuta esecuzione di un secondo intervento sul medesimo punto dell'arto (Cass. n. 15733/2015). Il grado di invalidità permanente espresso da un baréme medico legale esprime la misura in cui il pregiudizio alla salute incide su tutti gli aspetti della vita quotidiana della vittima, restando preclusa la possibilità di un separato ed autonomo risarcimento di specifiche fattispecie di sofferenza patite dalla persona, quali il danno alla vita di relazione e alla vita sessuale, il danno estetico e il danno esistenziale. Soltanto in presenza di circostanze specifiche ed eccezionali, tempestivamente allegate dal danneggiato, le quali rendano il danno concreto più grave, sotto gli aspetti indicati, rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti dai pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età, è consentito al giudice, con motivazione analitica e non stereotipata, incrementare le somme dovute a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione (Cass. n. 23778/2014). Il carattere unitario della liquidazione del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. preclude la possibilità di un separato ed autonomo risarcimento di specifiche fattispecie di sofferenza patite dalla persona (danno alla vita di relazione, danno estetico, danno esistenziale, ecc.), che costituirebbero vere e proprie duplicazioni risarcitorie, fermo restando, però, l'obbligo del giudice di tenere conto di tutte le peculiari modalità di atteggiarsi del danno non patrimoniale nel singolo caso, tramite l'incremento della somma dovuta a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione (Cass. n. 21716/2013). Poiché il danno biologico ha natura non patrimoniale, ed il danno non patrimoniale ha natura unitaria, è corretto l'operato del giudice di merito che liquidi il risarcimento del danno biologico in una somma omnicomprensiva, posto che le varie voci di danno non patrimoniale elaborate dalla dottrina e dalla giurisprudenza (danno estetico, danno esistenziale, danno alla vita di relazione, ecc.) non costituiscono pregiudizi autonomamente risarcibili (Cass. n. 11950/2013). 3. Azioni processualiUlteriori azioni processuali Per la fattispecie in esame è, in alternativa, esperibile il Ricorso ex art. 281-undecies c.p.c. (Procedimento semplificato di cognizione). Aspetti preliminari: mediazione e accertamento tecnico preventivo Mediazione Le cause di risarcimento del danno da responsabilità medico-sanitaria rientrano tra quelle elencate dall'art. 5 d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, che prevede come obbligatoria condizione di procedibilità il preventivo espletamento del procedimento di mediazione, solo dopo il fallimento del quale può essere adito il giudice. L'ampia dizione impiegata dal legislatore non lascia alcun dubbio che il previo accesso al procedimento di mediazione riguarda qualunque causa di risarcimento del danno cagionato nell'esercizio dell'attività medica, indipendentemente dalla circostanza che la domanda venga proposta nei confronti del medico, o di altro personale sanitario, o della struttura sanitaria, ed altresì indipendentemente dalla natura del pregiudizio lamentato, sia che esso concerna l'integrità psicofisica del paziente, sia che abbia ad oggetto il suo diritto di autodeterminazione nelle scelte attinenti alla sfera sanitaria, come accade nell'ipotesi di intervento operato in mancanza del necessario consenso informato: in questa prospettiva, dunque, nulla rileva che la domanda risarcitoria abbia ad oggetto poste di danno patrimoniale oppure non patrimoniale, giacché, anche in quest'ultimo caso, non v'è dubbio che la condizione di procedibilità sia operante, salvo quanto subito si dirà con riguardo all'alternativa offerta dalla legge Gelli-Bianco. Accertamento tecnico preventivo diretto alla conciliazione della lite Con la legge Gelli-Bianco, infatti, è stato previsto un diverso congegno volto alla definizione conciliativa della lite ed alternativo alla mediazione, ossia l'accertamento tecnico preventivo diretto alla composizione della lite, previsto dall'art. 696-bis c.p.c. L'art. 8 l. 8 marzo 2017, n. 24, nel regolare la materia, fa infatti «salva la possibilità di esperire in alternativa il procedimento di mediazione ai sensi dell'art. 5, d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28», cui si è poc'anzi fatto cenno. L'art. 669-bis c.p.c., cui rinvia la legge Gelli-Bianco, disciplina un accertamento tecnico preventivo che prevede l'obbligo, per il consulente tecnico, di effettuare un tentativo di conciliazione sulla base di quanto accertato in sede di indagine tecnica: naturalmente, laddove il paziente intende intraprendere una domanda risarcitoria del danno biologico, di cui il danno estetico è normalmente parte, l'espletamento di una consulenza tecnica d'ufficio è sostanzialmente necessitato, sicché, nell'alternativa tra mediazione e accertamento tecnico preventivo affini conciliativi, quest'ultimo appare senz'altro preferibile. Il ricorso per accertamento tecnico preventivo ai fini della conciliazione della lite deve contenere gli elementi previsti dall'art. 125 c.p.c., che menziona l'ufficio giudiziario, le parti, l'oggetto, le ragioni della domanda e le conclusioni o l'istanza. Non è tuttavia indispensabile indicare l'oggetto della futura domanda di merito, dal momento che il procedimento non riveste natura cautelare anticipatoria, ma appunto conciliativa. Quando la domanda giudiziale sia stata proposta senza farla precedere dalla consulenza tecnica preventiva o dalla mediazione obbligatoria, il giudice, su eccezione del convenuto o a seguito di rilievo d'ufficio non oltre la prima udienza, dispone che si dia ingresso, o se del caso si prosegua, il procedimento di consulenza conciliativa. L'alternativa tra mediazione e consulenza tecnica preventiva Sia la consulenza tecnica preventiva che la mediazione perseguono lo stesso scopo, ossia la definizione conciliativa della lite, con conseguente effetto deflattivo sul contenzioso civile. L'efficacia della conciliazione raggiunta in sede di mediazione è sostanzialmente sovrapponibile a quella dell'accordo raggiunto sulla base della consulenza tecnica preventiva: entrambi gli accordi sono riconducibili sul terreno negoziale alla disciplina dell'art. 1372 c.c., e su quello esecutivo, esecutivo alla previsione dell'art. 474, comma 2, n. 1, e comma 3, c.p.c. Non mancano però rilevanti diversità tra i due istituti relative, non solo in ragione non sovrapponibilità dell'attività svolta dal mediatore e dal consulente tecnico, ma soprattutto in considerazione del rilievo istruttorio che detta attività assume, dal momento che la relazione tecnica redatta dal consulente nominato dal giudice va fisiologicamente a far parte del corredo istruttorio della causa di merito, mentre le risultanze dell'attività svolta nel procedimento di mediazione può al più costituire prova atipica rimessa al prudente apprezzamento del giudice: per tali ragioni, come si diceva, la scelta della consulenza tecnica conciliativa appare preferibile. Competenza per territorio La legge Gelli Bianco ha inquadrato la responsabilità della struttura sanitaria nell'ambito della responsabilità contrattuale, il che va considerato ai fini dell'individuazione del giudice presso cui si radica la competenza territoriale per le cause in materia di responsabilità medica. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Competenza per valore La competenza per valore del giudice di pace si determina in base ai criteri indicati dall'art. 7, comma 1, c.p.c. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Rito applicabile La domanda di risarcimento del danno per responsabilità medica può essere proposta con atto di citazione, nelle forme del procedimento ordinario di cognizione, ovvero con ricorso nelle forme del procedimento semplificato di cognizione. La scelta è libera, però, solo se si avvia la mediazione e questa non conduce alla soluzione della lite. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale), rammentando che, se si condivide quanto poc'anzi osservato con riguardo all'alternativa tra la mediazione e la consulenza tecnica conciliativa, e si ritiene preferibile quest'ultima, la domanda risarcitoria deve in tal caso seguire il procedimento semplificato di cognizione. Legittimazione attiva e passiva Il paziente che si assume danneggiato, ovvero i suoi congiunti in caso di morte (ovvero gli ulteriori legittimati, unitamente al paziente), può agire in via risarcitoria nei confronti della struttura sanitaria, nei confronti dell'«esercente la professione sanitaria, nei confronti dell'impresa di assicurazione della struttura ovvero dell'esercente. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Contenuto dell'atto introduttivo La collocazione della responsabilità della struttura sanitaria dal versante contrattuale sposta il fuoco degli oneri gravanti sull'attore dal campo probatorio a quello assertivo. L'attore deve provare l'esistenza del contratto, il che è agevole, giacché il contratto si perfeziona per fatti concludenti per il fatto stesso dell'ingresso del paziente nella struttura sanitaria, e deve dedurre l'inadempimento. A tale ultimo riguardo, è appena il caso di accennare che la giurisprudenza richiede la deduzione di un «inadempimento qualificato», ossia astrattamente idoneo a cagionare il danno: tuttavia, per quanto concerne i profili attinenti al danno estetico, e dunque, non all'an, ma al quantum debeatur, l'attenzione va prestata più che altro alla distinzione tra le diverse voci di danno ed alla precisa individuazione del contenuto del pregiudizio subito, a seconda che esso attenga agli aspetti patrimoniali o non patrimoniali, nella quale ultima ipotesi può dar luogo a un incremento dell'importo liquidato a titolo di danno biologico attraverso la c.d. «personalizzazione». 4. ConclusioniIl danno estetico non è che un aspetto particolare del danno biologico: ciò in applicazione del ribadito principio secondo cui il danno non patrimoniale da lesione della salute costituisce una categoria ampia ed omnicomprensiva, nella cui liquidazione il giudice deve tenere conto di tutti i pregiudizi concretamente patiti dalla vittima, ma senza duplicare il risarcimento attraverso l'attribuzione di nomi diversi a pregiudizi identici. È perciò da escludere, salvo casi particolari tali da assumere rilievo sul piano della «personalizzazione», che, una volta risarcito il danno biologico, residui ulteriore spazio per il risarcimento del danno estetico, sotto specie di danno non patrimoniale. Non è viceversa escluso, naturalmente, il risarcimento dell'eventuale danno patrimoniale determinato dal pregiudizio estetico. |