Il danno patrimoniale da perdita della capacità lavorativa


1. Bussole di inquadramento

Le lesioni della salute possono determinare, oltre ai pregiudizi non patrimoniali di cui si è già parlato, anche pregiudizi patrimoniali. Questi ultimi, i pregiudizi patrimoniali assumono fondamentale rilievo con riguardo alla capacità del soggetto di produrre reddito, pregiudizi che vanno talora a proiettarsi in futuro, assumendo, secondo i casi, vesti diverse di lucro cessante o danno emergente, attuale o futuro.

Varrà rammentare allora che per danno futuro, in generale, si intende il danno non ancora verificatosi al momento della sua liquidazione, a condizione che risulti assodato, secondo un parametro di certezza, il suo verificarsi, sia pure di là da venire. Il giudizio di certezza sul verificarsi del danno, allora, consente di distinguere il danno futuro da quello solo potenziale o possibile, la cui risarcibilità è da escludere (Cass. n. 6109/1993).

Poiché il momento di discrimine tra il danno attuale o presente ed il danno futuro è quello della liquidazione operata dal giudice, è agevole intendere come il danno futuro non vada ad identificarsi con quello da lucro cessante. Quest'ultimo, per un verso, può ben essere un danno attuale: si pensi al caso che, al momento della liquidazione, il «mancato guadagno» cui si riferisce l'art. 1223 c.c. abbia già avuto luogo per effetto della perdita di una vantaggiosa occasione lavorativa. Per altro verso, anche il danno emergente può assumere i connotati del danno futuro: si pensi al caso elementare delle spese mediche che con certezza dovranno sostenersi successivamente alla pronuncia, ad esempio per rimuovere e sostituire una protesi di durata contenuta.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Cosa si intende per perdita della capacità lavorativa specifica? 

È la perdita della capacità riferita all'attività lavorativa che il soggetto concretamente svolge o può svolgere

Non v'è dubbio, però, che abbia natura di danno futuro il danno patrimoniale da lucro cessante destinato a prodursi, successivamente alla sentenza, in dipendenza della diminuita capacità lavorativa specifica del danneggiato.

La relativa nozione richiede di richiamare la distinzione di essa dalla capacità lavorativa generica, e cioè dalla indifferenziata e potenziale attitudine del soggetto a svolgere attività lavorativa, propria di ogni individuo, nozione a suo tempo individuata al fine di rimediare alla iniquità del metodo risarcitorio all'epoca impiegato, che privilegiava i soli soggetti produttori di reddito e penalizzava coloro che non svolgessero attività lavorativa quali il minore, la casalinga, il disoccupato, il pensionato.

Viceversa, la capacità lavorativa specifica, come meglio si vedrà tra breve, è da intendere come riferita alla specifica attività lavorativa che il soggetto concretamente svolge, ovvero, in una prospettiva più ampia, al complesso delle diverse attività lavorative rapportabili alle condizioni del soggetto medesimo, tenuto conto dell'età, sesso, livello di istruzione, e così via. La lesione della salute, dunque, può determinare ricadute negative non soltanto in considerazione dell'attività svolta, ma anche in rapporto ad altre attività lavorative confacenti, in considerazione delle attitudini individuali.

Quanto alla natura della perdita della capacità lavorativa specifica, bisogna stabilire se essa sia un danno emergente o un lucro cessante. Ebbene, si tratta sì di un danno futuro, come è normalmente il danno da lucro cessante, ma ha invece, almeno di regola, natura di danno emergente, sia pur futuro: il danneggiato, cioè, subisce senza dubbio una «perdita», secondo la formula impiegata dall'art. 1223 c.c., non un mancato incremento del proprio patrimonio, dal momento che guadagna meno di quanto avrebbe altrimenti guadagnato.

Ciò nondimeno, può accadere che l'invalidità assuma rilievo anche dal versante del lucro cessante, come nel caso del mancato conseguimento di incrementi reddituali che, in assenza delle lesioni, il danneggiato avrebbe potuto prognosticamente conseguire: ma, in linea di principio, come si è detto, il danno da perdita della capacità lavorativa specifica non è lucro cessante, bensì danno emergente.

Viene dunque costantemente ribadito «che la menomazione dell'integrità fisica non può essere ... utilizzata per riconoscere in modo sostanzialmente automatico un danno patrimoniale ... come conseguenza delle lesioni, essendo il giudice sempre tenuto ad un giudizio prognostico sull'idoneità delle lesioni ad incidere effettivamente sulla futura capacità lavorativa del soggetto leso, nota o presumibile de futuro» (Cass. n. 10905/2001; Cass. n. 239/2001). Il fondamento di tale principio non ha bisogno di essere spiegato: «tra lesione della salute e diminuzione della capacità di guadagno non sussiste alcun rigido automatismo», sicché «in presenza di una lesione della salute, anche di non modesta entità, non può ritenersi ridotta in eguale misura la capacità di produrre reddito, ma il soggetto ha sempre l'onere di allegare e provare, anche mediante presunzioni, che l'invalidità permanente abbia inciso sulla capacità di guadagno» (così Cass. n. 13409/2001).

La perdita della capacità lavorativa generica

Il danno da perdita o riduzione della c.d. capacità lavorativa generica è definito dalla S.C. come «la sopravvenuta inidoneità del soggetto danneggiato allo svolgimento delle attività lavorative che, in base alle condizioni fisiche, alla preparazione professionale e culturale, sarebbe stato in grado di svolgere» (Cass. n. 3519/2001).

Pareva in proposito fermo l'insegnamento secondo cui tale voce di danno si colloca dal versante del danno non patrimoniale, sub specie di danno biologico, concernendo una qualità della vita della persona (basta citare Cass. n. 18161/2014, ma le sentenze che ribadiscono il principio sono numerose). Tale orientamento era condiviso anche dalla giurisprudenza di merito, non potendo darsi particolare risalto ad una isolata decisione con cui un tribunale aveva sostenuto che «la riconduzione della compromissione della generica attitudine a svolgere un lavoro al danno non patrimoniale di tipo biologico appare in contrasto con l'affermata – e inveterata – autonomia del danno biologico da riflessi reddituali»: non avvedendosi, dunque, che la perdita della capacità lavorativa generica, che non incide sull'attività del soggetto, non comporta, per l'appunto, una perdita reddituale.

La soluzione in controtendenza ha tuttavia fatto breccia in Cass. n. 908/2013, che senza evidenziare consapevolezza del contrario e fino ad allora unanime orientamento, ha affermato che, qualora la compromissione riguardi la capacità di lavoro generica, ove il danneggiato fornisca la prova di un pregiudizio concernente la sua idoneità a produrre reddito, il danno deve ritenersi risarcibile sotto il profilo del lucro cessante. Dopodiché, la pronuncia citata ha provato a nobilitare il nuovo indirizzo facendo ricorso alla nozione di chance: chi subisce una lesione biologica significativa perderebbe, secondo la pronuncia in esame, una chance di svolgere non già il proprio lavoro, ma altri lavori compatibili con le proprie attitudini. L'affermazione poggia sulla nozione di chance quale bene giuridico a sé stante (la sentenza che ha inaugurato l'indirizzo è la nota Cass. n. 4400/2004) la cui perdita produrrebbe «un danno certo ed attuale in proiezione futura (nella specie, ad esempio la perdita di un'occasione favorevole di prestare altro e diverso lavoro confacente alle attitudini e condizioni personali ed ambientali del danneggiato idoneo alla produzione di fonte di reddito)».

E – ha aggiunto Cass. n. 12211/2015 – il risarcimento del danno da perdita della capacità lavorativa generica, da liquidarsi quale danno patrimoniale che si aggiunge al danno biologico, «non realizza pertanto ... alcuna duplicazione nemmeno in presenza del riconoscimento e della liquidazione del danno da incapacità lavorativa specifica, il quale attiene invero al risarcimento del diverso pregiudizio che al danneggiato consegua in relazione al differente aspetto dell'impossibilità di attendere alla specifica attività lavorativa in essere al momento del sinistro».

La strada maestra è stata però ripresa da Cass. n. 17931/2019, secondo la quale, in tema di danno alla persona, la presenza di postumi macropermanenti (nella specie, del 25%) non consente di desumere automaticamente, in via presuntiva, la diminuzione della capacità di produrre reddito della vittima, potendo per altro verso integrare un danno da lesione della capacità lavorativa generica il quale, risolvendosi in una menomazione dell'integrità psico-fisica dell'individuo, è risarcibile in seno alla complessiva liquidazione del danno biologico.

I soggetti percettori di reddito

Il pregiudizio inferto alla capacità lavorativa specifica per effetto dei reliquati permanenti di una lesione biologica può essere determinato con relativa facilità, qualora il danneggiato svolga un'attività lavorativa, ed anche nel caso in cui non sia al momento occupato, ma abbia un passato lavorativo al quale fare riferimento, oppure un futuro lavorativo, come, ad esempio, nel caso del laureato non ancora occupato. Può darsi però che la riduzione della integrità psicofisica non sia permanente, ma soltanto temporanea, e cioè destinata a durare per un certo arco temporale, protratto, alternativamente, fino alla ripresa dell'attività lavorativa precedentemente svolta, oppure fino al consolidarsi dei postumi, tali da impedire, totalmente o parzialmente, la ripresa dell'attività lavorativa pregressa.

Con riguardo alla quantificazione del pregiudizio, mentre per la valutazione della riduzione della integrità psicofisica permanente sono disponibili apposite tabelle di fonte sia legislativa che giurisprudenziale, non accade altrettanto la valutazione della perdita permanente di capacità lavorativa specifica. Dalla riduzione della capacità lavorativa, che è concetto di natura medico-legale, discende la eventuale riduzione della capacità di guadagno, che è invece concetto di natura giuridica: eventuale perché possono darsi lesioni fisiche pur molto gravi che non hanno ricadute sulla capacità di guadagno. La riduzione della capacità lavorativa può inoltre assumere rilievo non soltanto come impedimento, totale o parziale, allo svolgimento di una determinata attività, ma anche come aggravio dell'impegno lavorativo: si tratta del danno c.d. da cenestesi lavorativa, che si risolve cioè in un maggiore sforzo per compiere le stesse attività lavorative si svolgevano in precedenza. In proposito la S.C. ha affermato che «la maggior pena o fatica nello svolgimento dell'attività lavorativa è un ipotesi di danno alla salute e non di lucro cessante» (Cass. n. 12319/1998).

Naturalmente, quanto all'onere della prova, valgono le regole generali. Il danno patrimoniale inteso come conseguenza della riduzione della capacità di guadagno, e, a sua volta, della capacità lavorativa specifica è cioè risarcibile autonomamente dal danno biologico soltanto se vi sia la prova che il soggetto leso svolgeva, o presumibilmente in futuro avrebbe svolto, un'attività lavorativa produttiva di reddito, e che tale reddito (o parte di esso) non sia stato in concreto conseguito (Cass. n. 1512/2001).

Il criterio di liquidazione

Il danno patrimoniale futuro da perdita della capacità lavorativa specifica, in applicazione del principio dell'integralità del risarcimento sancito dall'artt. 1223 c.c., deve essere liquidato moltiplicando il reddito perduto per un adeguato coefficiente di capitalizzazione, utilizzando quali termini di raffronto, da un lato, la retribuzione media dell'intera vita lavorativa della categoria di pertinenza, desunta da parametri di rilievo normativi o altrimenti stimata in via equitativa, e, dall'altro, coefficienti di capitalizzazione di maggiore affidamento, in quanto aggiornati e scientificamente corretti, quali, ad esempio, quelli approvati con provvedimenti normativi per la capitalizzazione delle rendite previdenziali o assistenziali oppure quelli elaborati specificamente nella materia del danno aquiliano (riaffermando il principio, Cass. n. 16913/2019, ha cassato la decisione impugnata, che aveva determinato la quota di reddito perduto da un avvocato, esercente da cinque anni la professione, sulla base dell'imponibile fiscale dichiarato dal danneggiato nell'anno del sinistro, considerandola parametro costante nel tempo, senza considerare il prevedibile progressivo incremento reddituale che, notoriamente, caratterizza tale attività, moltiplicandola, poi, per il coefficiente di capitalizzazione tratto dalla tabella allegata al r.d. n. 1403 del 1922, sebbene ancorata a dati non più attuali).

Le micropermanenti

Occorre ancora accennare al tema dei riflessi sulla capacità lavorativa specifica delle c.d. micropermanenti. Secondo la S.C. il grado di invalidità personale determinato dai postumi permanenti di una lesione all'integrità psicofisica (in particolar modo nel caso di c.d. micropermanenti) non si riflette automaticamente sulla riduzione percentuale della capacità lavorativa specifica e quindi di guadagno, spettando al giudice del merito valutarne in concreto l'incidenza (Cass. n. 19357/2007). Tale pronuncia è stata resa nella fattispecie che segue. A seguito di un incidente stradale un avvocato subisce lesioni con conseguente inabilità temporanea assoluta di giorni 30, inabilità temporanea parziale al 50% di giorni 50 ed invalidità permanente dell'1%. Agisce per il risarcimento dei danni nei confronti del proprietario del veicolo danneggiante e del suo assicuratore ottenendo, in primo grado, la complessiva somma di circa 28 milioni di lire per danno biologico, danno emergente (danni all'autovettura e spese mediche) e lucro cessante. Quest'ultima è la posta di maggior rilievo, ammontante a poco meno di 23 milioni di lire di mancato guadagno ritratto dall'esercizio dell'attività professionale. In sede di gravame la pronuncia è riformata in sfavore del danneggiato: egli ottiene qualcosa in più per danno morale soggettivo, non liquidato in primo grado, ma si vede negata integralmente la somma in precedenza riconosciuta a titolo di lucro cessante. La Corte di cassazione conferma la pronuncia, facendo applicazione di taluni principi che qui di seguito rammentiamo.

La S.C. muove dalla ineccepibile osservazione che tra il danno biologico (la pronuncia si riferisce, è bene intendersi, al grado percentuale di invalidità determinato da postumi permanenti) ed il mancato guadagno da parte del danneggiato non vi è un rapporto di implicazione necessaria: è ben possibile, in altre parole, che il danneggiato abbia subito un pregiudizio, grande o piccolo, alla propria integrità psicofisica ma abbia invece continuato a guadagnare quanto guadagnava in precedenza. In tal senso già in passato era stato affermato che il danno biologico da invalidità permanente non determina automaticamente una riduzione della capacità lavorativa specifica del soggetto, con pregiudizio del suo guadagno (Cass. n. 19981/2005, concernente ancora una volta il caso di un avvocato).

Ed in special modo, poi, con riguardo ai riflessi delle c.d. micropermanenti sul lucro cessante, la giurisprudenza della S.C. è comprensibilmente severa, richiedendo al danneggiato di provare con adeguato rigore che, a causa dei postumi, egli ricaverà in futuro dal proprio lavoro minori guadagni (Cass. n. 239/2001; Cass. n. 3434/2002; Cass. n. 5840/2004; Cass. n. 7097/2005). Incombe insomma sul danneggiato l'onere della prova, sia pure per presunzioni, che il pregiudizio all'integrità psicofisica ha avuto concreta incidenza sulle sue possibilità di guadagno futuro. Da ciò discende che la liquidazione del danno da lucro cessante correlato al futuro mancato guadagno non può neppure essere effettuata in modo automatico sulla base del criterio olim previsto dall'art. 4 della legge n. 39 del 1977, il quale non importa alcun automatismo risarcitorio, ma detta semplicemente un criterio di quantificazione di un danno già dimostrato nell'an (Cass. n. 7097/2005).

La perdita di chance

Si deve ancora evidenziare che, secondo una pronuncia, in tema di danni alla persona, l'invalidità di gravità tale da non consentire, per la sua entità (nella specie del 25%), la possibilità di attendere (anche) a lavori altri e diversi da quello specificamente prestato al momento del sinistro confacenti alle attitudini e alle condizioni personali ed ambientali del danneggiato integra non già lesione di un'attitudine o di un modo di essere del medesimo, rientrante nell'aspetto (o voce) del danno non patrimoniale costituito dal danno biologico, bensì un danno patrimoniale attuale in proiezione futura da perdita di chance (il cui accertamento spetta al giudice di merito e va dal medesimo stimato con valutazione necessariamente equitativa ex art. 1226 c.c.), derivante dalla riduzione della capacità lavorativa generica. Trattasi di danno patrimoniale che, se e in quanto dal giudice di merito riconosciuto sussistente, va considerato ulteriore rispetto al danno patrimoniale da incapacità lavorativa specifica, concernente il diverso aspetto dell'impossibilità per il danneggiato di (continuare ad) attendere all'attività lavorativa prestata al momento del sinistro (nella specie, di venditore ambulante dipendente), dovendo (anche) da questo essere pertanto tenuto distinto, con autonoma valutazione ai fini della relativa quantificazione (Cass. n. 12211/2015). Un uomo subisce lesioni fisiche che gli arrecano un significativo pregiudizio biologico e si riflettono altresì sullo svolgimento dell'attività lavorativa (venditore ambulante) che egli in concreto esercita. Cionondimeno, il tribunale gli liquida non solo il danno non patrimoniale (biologico-morale) e quello patrimoniale da compromissione della capacità lavorativa specifica, ma anche, in aggiunta, il danno da perdita della capacità lavorativa generica: e ciò sulla base di una c.t.u. medico legale che ha stimato nel 25% la lesione biologica. In appello la decisione è riformata, sull'assunto, conforme ad un indirizzo giurisprudenziale fino ad epoca recentissima consolidato, che il danno da perdita della capacità lavorativa generica, attenendo ad un modo di essere della persona e non alla sua capacità reddituale, costituisca componente del danno biologico. La S.C. ribalta nuovamente il verdetto, cassa con rinvio, ed afferma il principio appena ricordato. Si tratta dunque di chiedersi se il danno da perdita della capacità lavorativa generica è un aspetto del danno biologico: sì o no.

3. Azioni processuali

Ulteriori azioni processuali

Per la fattispecie in esame è, in alternativa, esperibile il Ricorso ex art. 281-undecies c.p.c. (Procedimento semplificato di cognizione).

Aspetti preliminari: mediazione e accertamento tecnico preventivo

Mediazione

Le cause di risarcimento del danno da responsabilità medico-sanitaria rientrano tra quelle elencate dall'art. 5 d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale).

Accertamento tecnico preventivo diretto alla conciliazione della lite

Con la legge Gelli-Bianco è stato inoltre previsto un diverso congegno volto alla definizione conciliativa della lite ed alternativo alla mediazione, ossia l'accertamento tecnico preventivo diretto alla composizione della lite, previsto dall'art. 696-bis c.p.c. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale).

L'alternativa tra mediazione e consulenza tecnica preventiva

Sia la consulenza tecnica preventiva che la mediazione perseguono lo stesso scopo, ossia la definizione conciliativa della lite, con conseguente effetto deflattivo sul contenzioso civile. Tra i due strumenti sussistono similitudini e diversità, che possono rendere preferibile l'uno o l'altro. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale).

Competenza per territorio

La legge Gelli Bianco ha inquadrato la responsabilità della struttura sanitaria nell'ambito della responsabilità contrattuale, il che va considerato ai fini dell'individuazione del giudice presso cui si radica la competenza territoriale per le cause in materia di responsabilità medica. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale).

Competenza per valore

La competenza per valore del giudice di pace si determina in base ai criteri indicati dall'art. 7, comma 1, c.p.c. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale).

Rito applicabile

La domanda di risarcimento del danno per responsabilità medica può essere proposta con atto di citazione, nelle forme del procedimento ordinario di cognizione, ovvero con ricorso nelle forme del procedimento semplificato di cognizione. La scelta è libera, però, solo se si avvia la mediazione e questa non conduce alla soluzione della lite. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale).

Legittimazione attiva e passiva

Il paziente che si assume danneggiato, ovvero i suoi congiunti in caso di morte (ovvero gli ulteriori legittimati, unitamente al paziente), può agire in via risarcitoria nei confronti della struttura sanitaria, nei confronti dell'«esercente la professione sanitaria, nei confronti dell'impresa di assicurazione della struttura ovvero dell'esercente. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale).

Contenuto dell'atto introduttivo

Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale).

4. Conclusioni

Nessun automatismo sussiste tra il verificarsi del danno alla salute ed il sopravvenire di un danno patrimoniale da perdita della capacità reddituale del soggetto, occorrendo verificare di volta in volta quali concrete ricadute la lesione biologica abbia determinato sull'attitudine del soggetto a produrre reddito, anche considerando la normale irrilevanza di lesioni di entità particolarmente modesta.

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