La specificazione delle voci di danno


1. Bussole di inquadramento

Va qui esaminata la questione concernente la formulazione della domanda al fine di chiarire se, nell'agire per responsabilità medica, e considerando che il danno è sovente sia patrimoniale che non patrimoniale, sia sufficiente chiedere «il risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali», ovvero se occorra specificare quali voci di danno, patrimoniale e non patrimoniale si intende effettivamente chiedere.

In proposito una sentenza resa all'esito di un giudizio in cui l'attore, vittima di un sinistro stradale, aveva chiesto inizialmente il risarcimento del danno non patrimoniale, senza ulteriori specificazioni, e successivamente, in sede di precisazione delle conclusioni, il risarcimento del danno esistenziale, la S.C. ha osservato che: «Ai fini della risarcibilità del danno non patrimoniale, è sufficiente che nella domanda sia stato fatto espresso riferimento a tale tipo di pregiudizio, senza limitazioni connesse solo ad alcune e non ad altre conseguenze da esso derivate, non avendo rilievo che l'attore abbia poi richiesto, solo in sede di conclusioni, il cosiddetto “danno esistenziale”, il quale, pur costituendo sintagma ampiamente invalso nella prassi giudiziaria, non configura un'autonoma categoria di danno» (Cass. n. 3718/2012).

Occorre tuttavia rammentare che, con riguardo al danno biologico, si è osservato che la domanda di risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, proposta dal danneggiato nei confronti del soggetto responsabile, comprende necessariamente anche la richiesta volta al risarcimento del danno biologico anche in mancanza di ogni precisazione in tal senso, in quanto la domanda, per la sua onnicomprensività, esprime la volontà di riferirsi ad ogni possibile voce di danno (tra le tante, Cass. n. 2869/2003; Cass. n. 22987/2004; Cass. n. 4184/2006).

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
È possibile la formulazione della domanda risarcitoria riferita a «tutti i danni»? 

L'orientamento della giurisprudenza di legittimità

Una parte della giurisprudenza della S.C. ammette la possibilità di richiedere il risarcimento di tutti i danni conseguenti ad una determinata condotta lesiva, sicché la successiva specificazione dei singoli danni di cui è chiesta la liquidazione, nella fase di trattazione, viene considerata quale mera esemplificazione, che non può essere interpretata quale espressione della volontà di delimitare il petitum (Cass. n. 21680/2009, secondo cui «la domanda di risarcimento di tutti i danni, materiali e morali, proposta dal danneggiato nei confronti del soggetto responsabile, comprende necessariamente la richiesta volta al risarcimento del danno biologico, anche quando questa non contenga alcuna precisazione in tal senso, in quanto tale danno non richiede una specifica ed autonoma richiesta»; nello stesso senso Cass. n. 26505/2009; Cass. n. 4718/2008; Cass. n. 24745/2007).

Questo orientamento giurisprudenziale sarebbe però a torto giudicato largheggiante, poiché esso comporta l'affermazione di un principio speculare. E cioè, se è vero che nella richiesta del risarcimento di tutti i danni è espressa la volontà di riferirsi ad ogni possibile voce di danno, per converso, è altrettanto vero che, se è richiesto il danno patrimoniale, non è chiesto il danno biologico, ed in generale il non patrimoniale, sicché la sua domanda in corso di causa oppure in appello è nuova e, come tale, inammissibile. Parimenti, utilizzando questo ragionamento nel campo del danno patrimoniale, si è detto che, se l'attore chiede il danno patrimoniale da lucro cessante, non può poi chiedere in corso di causa il ristoro del danno che è da ricondurre all'area del danno emergente (Cass. n. 22987/2004).

Sembra da ritenere superato ― tenuto conto della qualificazione del danno non patrimoniale quale categoria ampia ed onnicomprensiva ― l'indirizzo secondo cui, data la suddivisione del danno non patrimoniale nelle tre sotto-voci del biologico, esistenziale e morale, se l'attore, ad esempio, chiede in citazione il biologico ed il morale, non potrà più chiedere l'esistenziale. Il tutto con conseguenze gravi, dal momento che il principio esposto va coordinato con l'altro principio dell'unitarietà del diritto al risarcimento del danno, il quale comporta la non frazionabilità del giudizio di liquidazione (tra le altre Cass. n. 15823/2005; Cass. n. 22987/2004), con l'ulteriore conseguenza che, se non chiesto, il risarcimento del danno esistenziale, o di altra voce del danno non patrimoniale, non potrà mai più essere domandato in un successivo giudizio e, al contrario, dovrà intendersi definitivamente rinunciato.

Un'applicazione di tale regola emerge dalla pronuncia che segue, secondo cui: «Quella del danno esistenziale non è una sottocategoria del danno biologico, ma se ne distingue ontologicamente poiché discende dalla lesione di diritti fondamentali di rango costituzionale diversi dalla salute: è perciò nuova la domanda di risarcimento del danno esistenziale proposta per la prima volta in appello, quando nel giudizio di primo grado è stato chiesto il risarcimento del danno biologico» (Cass. n. 3284/2008). La miglior regola di condotta, dunque, è senz'altro quella di formulare le conclusioni in modo specifico e dettagliato.

Altra parte della giurisprudenza afferma che l'attore di un giudizio di risarcimento del danno deve individuare in modo preciso i pregiudizi di cui chiede di essere risarcito, senza limitarsi a formule generiche, come quella di richiesta del risarcimento dei «danni subiti e subendi» (Cass. n. 13328/2015; Cass. n. 17408/2012).

In Cass. n. 691/2012, precisa ad esempio che le allegazioni che devono accompagnare la proposizione di una domanda risarcitoria non possono essere limitate alla prospettazione della condotta colpevole della controparte, a cui si ricollegano i danni prodotti nella sfera giuridica dell'attore, dovendo essere inclusa anche la descrizione delle lesioni patrimoniali e/o personali). Nello stesso senso, secondo Cass. n. 12614/2015, è colpita da nullità per genericità la domanda risarcitoria contenente la descrizione della condotta lesiva, senza specificazione della posta di danno oggetto della domanda.

In particolare, la domanda di risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale da responsabilità medica

Nella citata Cass. n. 13328/2015, concernente un giudizio risarcitorio per responsabilità professionale medica, è stato escluso il riconoscimento del danno patrimoniale rapportato al costo del trapianto di cornee, subito dall'attore, così come al costo del futuro intervento per la sostituzione delle cornee trapiantate, in quanto tale richiesta non poteva ritenersi ricompresa nella domanda risarcitoria dei «danni subiti e subendi», contenuta nell'atto di citazione.

Tale affermazione poggia sull'osservazione secondo cui «una domanda di risarcimento del danno concepita in questi termini deve ritenersi tamquam non esset», dal momento che l'art. 163, comma 2, n. 3 e 4, c.p.c., onera l'attore di, nell'atto di citazione, alla determinazione della cosa oggetto della domanda e all'indicazione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda.

In particolare, in materia di risarcimento del danno da fatto illecito o da inadempimento contrattuale, la cosa oggetto della domanda è il pregiudizio di cui l'attore intenda invocare il risarcimento, mentre gli elementi di fatto costitutivi della pretesa richiedono la descrizione della perdita che l'attore lamenti di avere subito. L'adempimento dell'onere di allegare i fatti costitutivi della pretesa è preordinato: i) a consentire al convenuto l'esercizio del diritto di difesa; ii) a consentire al giudice di individuare il thema decidendum.

Ne discende che l'attore non è tenuto ad individuare con l'indicazione di un preciso nomen iuris il danno di cui chiede il risarcimento, né di quantificarlo in misura precisa: simili indicazioni, difatti, non sono indispensabili né per delimitare il thema decidendum, né per mettere il convenuto in condizioni di difendersi. L'attore ha invece l'onere di indicare analiticamente i fatti materiali che assume aver integrato il danno, e dunque in cosa si sia materializzato il pregiudizio tanto patrimoniale, quanto non patrimoniale, con l'indicazione dei criteri di calcolo del quantum. Ne consegue che la domanda di risarcimento dei «danni subiti e subendi», non accompagnata dalla concreta descrizione del pregiudizio di cui si chiede il ristoro, va qualificata generica ed inutile: generica, perché non mette né il giudice, né il convenuto, in condizione di sapere di quale concreto pregiudizio si chieda il ristoro; inutile, perché tale genericità non fa sorgere in capo al giudice il potere-dovere di provvedere.

A sostegno della conclusione raggiunta, viene richiamata la relazione di simmetria sussistente tra l'onere di contestazione a carico del convenuto e quello di allegazione gravante sull'attore (Cass. S.U., n. 11353/2004), onere di allegazione che richiede il rispetto di un adeguato coefficiente di specificità (Cass. n. 17408/2012; Cass. n. 10527/2011).

Dunque, la domanda introduttiva di un giudizio relativo ad un diritto cd. Eterodeterminato, quale il diritto al risarcimento del danno da responsabilità medica, richiede – ai fini dell'individuazione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti ragione della domanda ai sensi dell'art. 163, comma 3, n. 4, c.p.c. – l'espressa indicazione di quelli, tra i fatti storici oggetto della pregressa narrazione, sui quali è fondata la causa petendi, non essendo sufficiente la mera attività narrativa senza alcuna esplicitazione in merito all'essere quei fatti «ragione della domanda» (Cass. n. 10577/2018). Si osserva nella pronuncia, resa in un caso in cui l'attore aveva agito per la condanna al risarcimento dei danni sofferti in conseguenza di asserite negligenze nell'esecuzione di una visita cui si era sottoposto presso un servizio di pronto soccorso: «In primo luogo è privo di fondamento l'assunto che quanto dedotto al punto 2 della citazione costituisse un fatto individuatore della condotta dannosa del personale sanitario, di cui l'azienda sanitaria era chiamata a rispondere: è sufficiente osservare che quanto allegato al punto 2 della citazione costituiva soltanto attività enunciativa di fatti storici antecedenti a quelli posti a base della domanda e come tali di per sé individuatori soltanto dell'antefatto di quanto accaduto l'11 gennaio 1993, allorché il L. si recava presso il pronto soccorso. Nessuna attività argomentativa sia espressa che implicita di una responsabilità dell'azienda sanitaria basata su quell'antefatto era presente nell'atto di citazione. L'individuazione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, cui allude l'art. 163 n. 4 c.p.c., e che rilevava appunto per l'identificazione dei termini soggettivi ed oggettivi di essa (trattandosi di domanda concernente diritto c.d. eterodeterminato, cioè ad una prestazione di cosa generica), si coglieva, in realtà, soltanto nel punto 5) della citazione. E ciò perché in detto punto e soltanto in detto punto si argomentava giuridicamente un profilo di responsabilità con esclusivo riguardo all'accaduto dell'11 gennaio 1993 e, quindi, ai fatti storici quel giorno accaduti. In quel punto, infatti, dopo la narrazione delle vicende successive all'11 gennaio 1993 e concernenti una visita ed un ricovero presso altra struttura ospedaliera ... si argomentava evocando il risultato di una perizia di parte in questi termini: “...si poteva intervenire con un ricovero e non solo consigliare terapia medica per 8-10 giorni, senza alcun consulto neurologico e tanto più neurochirurgico, in quanto vi erano elementi (come la tomografia assiale compiuterizzata effettuata pochi giorni prima) tali da poter pensare che, anatomicamente, la lesione colesteomatosa avesse invaso anche la regione del 7° nervo facciale. L'aver impedito ulteriori indagini specialistiche, ha determinato la cronicizzazione della paresi facciale ...” ... Ebbene, in quanto allegato al punto 5 era dato scorgere l'unica attività assertiva tendente ... ad individuare i fatti storici costitutivi delle ragioni della domanda. Tale attività era espressa e poggiava sull'invocazione di una perizia di parte e, dunque, su un supporto tecnico. In mancanza di attività argomentative fondate su circostanze pregresse e particolarmente sul rapporto curativo pregresso, cioè sugli interventi dei sanitari dell'azienda del 30 ottobre 1992 e del successivo 20 novembre, i fatti costitutivi del danno lamentato risultavano ― nello scarno tenore della citazione e nell'assenza di ulteriori argomentazioni, anche solo indirettamente enunciate e riconducibili a quegli interventi ― individuati esclusivamente nella condotta del personale dell'azienda dell' 11 gennaio 1993 presso il pronto soccorso ... Decisiva, comunque, era l'esistenza di un'attività assertiva volta ad individuare il cattivo svolgimento dell'attività sanitaria esclusivamente in occasione dell'accesso dell'11 gennaio 1993 ... La pretesa del ricorrente che i fatti costitutivi della domanda fossero identificabili e, quindi, fossero stati dedotti, anche nell'operato dei sanitari del 30 ottobre e del 20 novembre 1992 e nelle relative diagnosi, risulta, in effetti, priva di fondamento, perché: a) in primo luogo suppone che la mera attività narrativa senza alcuna esplicitazione dell'essere quei fatti “ragione” della domanda avesse potuto assumere valore di identificazione sulla base di essi della stessa; b) in secondo luogo e comunque, se anche si volesse ritenere un'astratta idoneità di tutti i fatti storici enunciati in una citazione introduttiva di una domanda relativa a diritto c.d. eterodeterminato a svolgere l'attività identificativa delle “ragioni della domanda”, cui allude il n. 4 dell'art. 163, e, dunque, ad individuare la domanda e l'onere decisorio del giudice, nella specie tale possibilità era preclusa e contraddetta dall'esistenza nel punto 5) della citazione della descritta attività, che risultava espressamente individuatrice di quelli tra i fatti storici oggetto della pregressa narrazione riguardo ai quali si lamentava l'efficacia causativa del danno e con riferimento ai quali si ravvisava la responsabilità. Solo quei fatti, dunque, costituivano “ragione della domanda”».

Modificabilità della domanda

In tema di risarcimento dei danni, il principio generale della immodificabilità della domanda originariamente proposta è derogabile soltanto in tre ipotesi: nel caso di riduzione della domanda (riduzione della somma originariamente richiesta), nel caso di danni incrementali (quando il danno originariamente dedotto in giudizio si sia ulteriormente incrementato nel corso dello stesso, ferma l'identità del fatto generatore) e nel caso di fatti sopravvenuti, quando l'attore deduca che, dopo il maturare delle preclusioni, si siano verificati ulteriori danni, anche di natura diversa da quelli descritti con l'atto introduttivo. (Cass. n. 25631/2018, che ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto che l'esistenza e l'ammontare del danno andassero valutati con esclusivo riferimento alla data di introduzione del giudizio, non rilevando eventuali pregiudizi sopravvenuti).

3. Azioni processuali

Ulteriori azioni processuali

Per le fattispecie in esame è, in alternativa, esperibile il Ricorso ex art. 281-undecies c.p.c. (Procedimento semplificato di cognizione).

Rinvii

Nel presente capitolo si è esaminata la disciplina della specificazione della domanda, con particolare riguardo alla indicazione delle diverse voci di danno, sicché non vi sono ulteriori considerazioni da svolgere sulle azioni processuali, riservate alla trattazione dei profili sostanziale.

4. Conclusioni

Il momento della formulazione della domanda introduttiva della pretesa risarcitoria è particolarmente delicato, dal momento che una condotta approssimativa in questa fase può compromettere l'esito del giudizio. Le pronunce giurisprudenziali nella materia non sono sempre del tutto univoche, anche perché spesso riflettono la peculiarità della fattispecie. L'avvocato, in tale situazione, ha interesse ad optare per le soluzioni giurisprudenziali che più lo garantiscono, e cioè a specificare per quanto è possibile quali siano le voci di danno di cui chiede il ristoro.

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