Codice di Procedura Civile art. 473 bis 27 - Intervento dei servizi sociali o sanitari nei procedimenti a tutela dei minori 1Intervento dei servizi sociali o sanitari nei procedimenti a tutela dei minori1 [I]. Quando dispone l'intervento dei servizi sociali o sanitari, il giudice indica in modo specifico l'attività ad essi demandata e fissa i termini entro cui i servizi sociali o sanitari devono depositare una relazione periodica sull'attività svolta, nonché quelli entro cui le parti possono depositare memorie. [II]. Nelle relazioni sono tenuti distinti i fatti accertati, le dichiarazioni rese dalle parti e dai terzi e le eventuali valutazioni formulate dagli operatori che, ove aventi oggetto profili di personalità delle parti, devono essere fondate su dati oggettivi e su metodologie e protocolli riconosciuti dalla comunità scientifica, da indicare nella relazione. [III]. Le parti possono prendere visione ed estrarre copia delle relazioni e di ogni accertamento compiuto dai responsabili del servizio sociale o sanitario incaricati, trasmessi all'autorità giudiziaria, salvo che la legge non disponga diversamente. [1] Articolo inserito dall'art. 3, comma 33, del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n.197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.". InquadramentoLe disposizioni in commento disciplinano in dettaglio alcuni aspetti che si sono rivelati particolarmente controversi nell'istruttoria dei giudizi sull'affidamento dei figli ovvero sulla decadenza/limitazione della responsabilità genitoriale nella prassi applicativa, quali i limiti della cognizione e le modalità di redazione della consulenza tecnica psicologica, nonché gli aspetti sui quali possono fornire indicazioni i servizi sociali (quanto all'opportunità di tali previsioni v. già, in sede di commento alla legge delega, Carratta, 2022, 349 ss.). Per altro verso, seguendo la buona prassi di alcuni uffici giudiziari, l'art. 473-bis.26 c.p.c. “codifica” la possibilità per il giudice nelle controversie assoggettate al rito unitario di nominare un esperto su richiesta delle parti per risolvere specifiche problematiche idonee a minare la continuità e l'equilibrio dei rapporti tra i minori ed entrambi i genitori. I “confini” della CTU psicologica e dell’intervento dei servizi socialiE' dedicato, con l'art. 473-bis.25 c.p.c., uno specifico articolo del codice di procedura civile alla consulenza tecnica d'ufficio nel rito unitario, in virtù del criterio di delega di cui all'art. 1, comma 23 lett. dd), della legge n. 206 del 2021. Di grande rilievo appaiono le disposizioni, contenute nei commi dal secondo al quarto della norma, che riguardano la consulenza psicologica e che costituiscono una vera e propria presa di posizione del legislatore in senso contrario ad approfondimenti peritali che si sono talvolta svolti nella prassi applicativa su oggetti molto ampi, senza le dovute garanzie e che hanno talora condotto a decisioni cruciali per la vita dei minori basate sulla ricorrenza di patologie prive di riconoscimento scientifico, come nel caso della c.d. PAS (cfr. Giordano (- Farina – Metafora), La riforma del processo civile, cit., …). La stessa Corte di cassazione aveva già affermato, come noto, in senso contrario a tali prassi, che i provvedimenti relativi alla responsabilità genitoriale non possono dipendere da teorie prive di fondamento scientifico, come è appunto la PAS-sindrome di alienazione parentale, ma sono tenuti ad accertare la veridicità dei comportamenti pregiudizievoli per i minori e non possono limitarsi al mero richiamo della consulenza tecnica, perché deve escludersi la possibilità, in ambito giudiziario, di adottare soluzioni prive del necessario conforto scientifico e potenzialmente produttive di danni ancor più gravi di quelli che intendono scongiurare (cfr. Cass. n. 13217/2021; Cass. n. 9691/2022). Il legislatore limita espressamente, allora, l'ambito della consulenza psicologica, precisando che le indagini e le valutazioni su caratteristiche e profili di personalità delle parti sono consentite nei limiti in cui hanno ad oggetto aspetti tali da incidere direttamente sulle capacità genitoriali, e sono fondate su metodologie e protocolli riconosciuti dalla comunità scientifica. Di qui si precisa che nella relazione il consulente: a) tiene distinti i fatti osservati direttamente, le dichiarazioni rese dalle parti e dai terzi e le valutazioni da lui formulate; b) indica le metodologie e i protocolli seguiti; c) indica eventuali specifiche proposte di intervento a sostegno del nucleo familiare e del minore. E' stata così esclusa ogni indagine generalizzata, anche mediante la somministrazione di test, sulla personalità dei soggetti, ammissibile solo quando l'indagine vada ad incidere direttamente sulla capacità genitoriale ed escluso, mediante il richiamo a metodologie e protocolli riconosciuti dalla comunità scientifica, il rilievo della PAS (cfr. Figone, 78). In senso assolutamente analogo, l'art. 473-bis.27 c.p.c. delinea l'ambito di intervento e il contenuto delle relazioni demandate ai servizi sociali e sanitari, anche in questo caso per evitare “sconfinamenti” abusivi. Al fine di meglio garantire i diritti delle parti coinvolte, accogliendo le sollecitazioni dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza rispetto alla prassi di “relazioni secretate” (Figone, 92) si stabilisce inoltre che, salva diversa previsione normativa, le parti possono prendere visione ed estrarre copia delle relazioni e di ogni accertamento compiuto dai responsabili del servizio sociale o sanitario incaricati, trasmessi all'autorità giudiziaria. La nomina di un esperto per interventi a supporto delle relazioni familiariL'art. 473-bis.26 c.p.c., “positivizzando” una buona prassi già invalsa in alcuni uffici giudiziari di merito, attribuisce al giudice la facoltà, su richiesta congiunta delle parti, di nominare uno o più ausiliari per intervenire sul nucleo familiare compiendo specifiche attività necessarie alla risoluzione del conflitto familiare o a fini di ausilio o sostegno alla relazione genitori figli. Questo può avvenire, in particolare, come evidenzia la Relazione Illustrativa, nelle non infrequenti situazioni, nelle quali, “pur in assenza di condotte gravemente pregiudizievoli del genitore, siano diradati o interrotti i rapporti genitori-figlio ovvero il figlio sia in tenera età ed emergano resistenze da parte del genitore convivente a consentire a libere frequentazioni da parte dell'altro, giudicato inidoneo all'accudimento, ovvero anche alle ipotesi, non infrequenti, in cui minori adolescenti abbiano difficoltà di relazione con l'esterno anche a causa della vicenda separativa che ha coinvolto il nucleo familiare”. In sostanza, l'ausiliario svolgerà soprattutto una specifica funzione di sostegno per il recupero di un rapporto equilibrato tra la prole ed entrambi i genitori, in un'ottica collaborativa (di qui la differenza con il CTU cui sono demandati compiti valutativi: Costabile in Masoni 439). Il consenso di entrambe le parti necessario per la nomina dell'esperto deve permanere lungo tutto il corso dell'attività dell'esperto (cfr. Figone, 101). Tale consenso va prestato sia perché i costi dell'esperto sono a carico delle parti (ferma la possibilità, ricorrendone i requisiti, di beneficiare del patrocinio a spese dello Stato) sia in quanto gli interventi demandati allo stesso sono peculiari e richiedono la collaborazione delle stesse (Costabile in Masoni, 438). Il giudice fisserà all'ausiliario gli obiettivi da raggiungere, con l'onere di depositare relazioni, anche periodiche, rispetto alle quali le parti potranno a loro volta depositare note scritte. Nell'ipotesi di questioni sui limiti e sui poteri dell'incarico conferito sia l'ausiliario sia le parti potranno rivolgersi al giudice, che adotterà i provvedimenti opportuni. Si è osservato che viene così ibridata la figura di una sorta di coordinatore genitoriale che per definizione svolge i propri compiti al di fuori del giudizio attraendola nell'ambito di un procedimento di natura giurisdizionale (Figone, 100-101). BibliografiaCarratta, Un nuovo processo di cognizione per la giustizia familiare e minorile, in Fam. e dir., 2022, n. 4, 349; Costabile, Le impugnazioni ed i giudizi di revisione, in Commentario sistematico al nuovo processo civile a cura di Masoni, Milano 2023, 467 ss.; Danovi, Il nuovo rito delle relazioni familiari, in Fam. e dir., 2022, n. 8-9, 837; Donzelli, La riforma del processo per le persone per i minorenni e per le famiglie, in Giustiziacivile.com, 10 giugno 2022; Farina – Giordano – Metafora, La riforma del processo civile, Milano 2022; Figone, La fase istruttoria e la fase decisoria, in La riforma del diritto di famiglia: il nuovo processo, a cura di Giordano – Simeone, Milano 2023, 101-102 ss.; Graziosi, Sui provvedimenti provvisori e urgenti nell’interesse dei genitori e dei figli minori, in Fam. e dir., 2022, 368; Lupoi, Il giudizio di primo grado, in La riforma del processo civile a cura di Tiscini, Pisa 2023, 818; Matteini Chiari, I procedimenti in materia di famiglia e minori, in IUS-Processsocivile.it, 21 luglio 2021; Silvestri, L’architettura della riforma della giustizia familiare, in judicium.it; Tommaseo, La riforma del processo civile a un passo dal traguardo, in Fam. e dir., 2022, n. 10, 955; Vullo, Nuove norme per i giudizi di separazione e divorzio, in Fam. e dir., 2022, n. 4, 357. |