Posizionamento disordinato di motoveicoli e biciclette sugli spazi comuni

Alberto Celeste
Vito Amendolagine
Maurizio Tarantino

1. Bussole di inquadramento

Il cortile condominiale

Il cortile rientra espressamente tra i beni che si presumono comuni a tutti i condomini, ex art. 1117 c.c. salvo titolo contrario (sicché, se in occasione della prima vendita la proprietà del cortile risulti riservata ad uno solo dei contraenti, deve escludersi che tale bene possa farsi rientrare nel novero di quelli comuni). Si tratta, anzitutto, dello spazio scoperto esistente all'interno di un condominio – e, quindi, la superficie calpestabile, con la sovrastante colonna d'aria – la cui funzione primaria è quella di assicurare aria e luce alle unità immobiliari che su di esso si affacciano; riguardo all'ampia portata della parola e, soprattutto alle predette funzioni primarie, nel termine cortile possono ritenersi compresi anche i vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate dell'edificio – quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, le intercapedini, i parcheggi. Sul cortile, inoltre, si affacciano, comunemente, vestiboli, anditi, portici e una serie di aperture volte a dare accesso a tutto o ad alcune unità immobiliari di proprietà esclusiva: il cortile diviene così, sovente, punto di intersecazione e, spesso, di conflitto delle singole condotte individuali. Pertanto, trattandosi di un bene comune, un esame dei limiti di liceità e legittimità del comportamento del singolo condomino nell'uso del cortile non può, quindi, mai prescindere dalla sua regolamentazione contrattuale, alla quale, però, vanno rapportati i criteri del suo miglior uso a favore del singolo condomino dettati dall'art. 1102 c.c. (ad esempio, è stata ritenuta legittima l'apertura di nuovi accessi nel muro delimitante i fabbricati che si affacciano sul cortile condominiale per consentirne il più agevole passaggio pedonale, quale facoltà dei condomini sulla cosa comune e non quale esercizio di una servitù).

L'uso delle parti comuni dell'edificio

La norma regolatrice, in tale materia, è costituita dall'art. 1102 c.c. (dettata in tema di comunione, ma applicabile anche al condominio stante il richiamo dell'art. 1139 c.c.), il quale consente al condominio di servirsi della cosa comune, “purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto”. Quindi, secondo il precetto in commento, la libertà del condomino di usare la cosa comune soggiace a due ordini di limitazioni: di ordine oggettivo (o qualitativo), ossia attinenti alla res, volendo evitare che la funzione della cosa comune sia distolta da quella sua propria, nonché di ordine soggettivo (o quantitativo), nel senso che viene posto l'accento sul potere degli altri comproprietari di usare ugualmente la cosa in conformità del diritto di comproprietà del quale anche essi risultano titolari. Dunque, il singolo partecipante può servirsi della stessa, sempre con i due limiti oggettivi e soggettivi di cui sopra, anche modificando la cosa comune, per il miglior godimento della stessa, fino a sostituirla con altra che offra maggiore funzionalità, e ciò ai sensi dell'art. 1102, comma 1, ultima parte, c.c. Ne consegue il divieto per i condomini di utilizzare arbitrariamente le cose comuni a danno degli altri condomini, oppure in modo tale da rendere non più utile quella cosa agli interessi di tutti. Oltre a ciò, il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso (art. 1102, comma 2, c.c.). Essendo i rapporti condominiali informati al principio di solidarietà, richiedente un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione, al riguardo del pari uso che prevede uno sviluppo estensivo delle esigenze abitative, non si può intendere la clausola del “pari uso della cosa comune” come veicolo per giustificare impedimenti all'estrinsecarsi delle potenzialità di godimento del singolo. All'uopo, si evidenzia che la valutazione della violazione del pari uso deve essere nel concreto ravvisabile nel senso che l'uso privato toglierebbe reali possibilità di uso della cosa comune agli altri potenziali condomini-utenti. Di talché, spetta a chi si oppone all'utilizzo del bene comune dimostrare il minore uso da parte degli altri o di chi vi ha interesse (Trib. Cosenza 22 agosto 2020). In definitiva, il singolo partecipante può usare – con i citati limiti – la cosa comune nella sua interezza, indipendentemente dal fatto che sia titolare di una quota maggiore o minore della comproprietà ragguagliata al valore dell'appartamento di sua pertinenza.

Il comportamento abusivo del condomino motociclista

Il criterio dell'uso promiscuo della cosa comune, desumibile dall'art. 1102 c.c., richiede che ciascun partecipante abbia il diritto di utilizzare la cosa comune come possa e non in qualunque modo voglia, atteso il duplice limite derivante dal rispetto della destinazione della cosa e della pari facoltà di godimento degli altri comunisti. Pertanto, in assenza di espresso divieto, il singolo condomino può utilizzare gli spazi comuni per posteggiare la moto; tuttavia, tale facoltà non è illimitata. Difatti, spesso, la condotta del condomino che mantiene ferma per periodi di tempo rilevanti la sua moto nel cortile adibito a parcheggio manifesta l'intenzione di possedere il bene in maniera esclusiva, trattandosi di un'occupazione stabile di una porzione del posteggio comune. Di conseguenza, detta condotta costituisce una sorta di abuso, impedendo agli altri condomini di partecipare all'utilizzo dell'area comune, ostacolandone il libero e pacifico godimento ed alterando l'equilibrio tra le concorrenti ed analoghe facoltà degli altri condomini. In ogni caso, si deve tenere conto che non si pone alcun margine minimo di tempo e di spazio per l'operatività delle limitazioni del predetto uso, con la conseguenza che può costituire abuso anche l'occupazione per pochi minuti di una porzione del cortile comune, ove comunque impedisca agli altri condomini di partecipare al godimento dello spazio oggetto di comproprietà. Del resto, se il parcheggio condominiale lo consente, l'assemblea può deliberare di assegnare dei posti per il parcheggio delle biciclette e dei motoveicoli.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Quali tutele hanno i condomini in caso di posizionamento arbitrario e disordinato di motoveicoli e biciclette negli spazi comuni?

Parcheggio di motoveicoli negli spazi comuni

Non può essere invocato l'art. 1102, c.c. per fondare, nel silenzio del regolamento condominiale, il divieto in capo ai condomini di parcheggiare autoveicoli o moto negli spazi residui comuni in via temporanea, con la conseguenza che tale facoltà va loro riconosciuta, a patto di assicurare l'ingresso agli esercizi commerciali. Difatti, la delibera condominiale con la quale si decide di adibire il cortile comune – di ampiezza insufficiente a garantire il parcheggio delle autovetture condominiali – a parcheggio dei motoveicoli, con individuazione degli spazi, delimitazione ed assegnazione degli stessi ai singoli condomini, non dà luogo ad una innovazione vietata dall'art. 1120 c.c., non comportando tale assegnazione una trasformazione della originaria destinazione del bene comune, o l'inservibilità di talune parti dell'edificio all'uso o al godimento anche di un singolo condomino (Cass. II, n. 5997/2008). Quindi, la destinazione oggettiva dello spazio comune (cortile) non esclude la possibilità del parcheggio di biciclette, moto e carrozzine (peraltro, data per contratto ad altre parti dello stesso cortile) se non per l'esistenza di precise decisioni da parte dell'assemblea dei condomini o di disposizioni regolamentari (App. Milano 24 giugno 1994).

Divieto dei condomini di servirsi del bene a proprio esclusivo vantaggio

La nozione di pari uso della cosa comune, agli effetti dell'art. 1102 c.c., non va intesa nei termini di assoluta identità dell'utilizzazione del bene da parte di ciascun comproprietario, in quanto l'identità nel tempo e nello spazio di tale uso comporterebbe un sostanziale divieto per ogni partecipante di servirsi del bene a proprio esclusivo o particolare vantaggio, pure laddove non risulti alterato il rapporto di equilibrio tra i condomini nel godimento dell'oggetto della comunione (Cass. II, n. 27043/2016). Premesso ciò, la sosta di un'autovettura negli spazi comuni condominiali configura una modalità di uso di detti beni, onde la controversia nella quale si discuta della legittimità o meno di tale forma di utilizzazione, perché contraria ad una espressa esclusione posta dal regolamento condominiale o da una deliberazione assembleare ovvero perché incompatibile con l'esercizio da parte degli altri condomini di loro concorrenti facoltà della stessa natura sul medesimo bene, concerne non il diritto di comproprietà o il diritto di esercitarne in generale le relative facoltà, ma soltanto il limite qualitativo o quantitativo a seconda della contestazione sollevata della particolare facoltà di utilizzare in tal guisa il bene comune (Cass. II, n. 9654/2013). Pertanto, il fatto che il cortile sia comune non vuol dire che ogni condomino possa servirsene senza limiti, essendo tenuto a non alternarne la destinazione e a non impedire agli altri il pari uso. È, quindi, possibile escluderne l'utilizzo come parcheggio di veicoli se per conformazione e dimensioni risulti idoneo solo al passaggio delle persone ed al transito delle auto nelle rimesse da lì aventi accesso (App. Napoli 18 febbraio 2020).

Il parcheggio disordinato dei motoveicoli nel cortile impedisce ai condomini partecipare al godimento dello spazio comune

In tema di condominio di edifici, l'art. 1102 c.c. sull'uso della cosa comune da parte di ciascun partecipante non pone alcun limite minimo di tempo e di spazio per l'operatività delle limitazioni del predetto uso, pertanto può costituire abuso anche l'occupazione per pochi minuti del cortile comune che impedisca agli altri condomini di partecipare al godimento dello spazio oggetto di comproprietà (Cass. II, n. 3400/1978). Con il suesposto principio, altri giudici hanno confermato la decisione di merito che aveva vietato il parcheggio di motoveicoli nello spazio del cortile condominiale, prospiciente l'immobile di proprietà di uno dei condomini, senza dare rilievo alla sporadicità o saltuarietà delle soste, bastando che queste ostacolassero l'accesso a tale immobile (Cass. VI, n. 7618/2019). Quindi, conformemente all'interpretazione secondo cui l'uso della cosa comune da parte di ciascun condomino è soggetto, ai sensi dell'art. 1102 c.c., al duplice divieto di alterarne la destinazione e di impedire agli altri partecipanti di fare parimenti uso della cosa stessa secondo il loro diritto, i giudici hanno ritenuto che la condotta del condomino, consistente nella stabile occupazione – mediante il parcheggio per lunghi periodi di tempo della propria autovettura – di una porzione del cortile comune, configuri un abuso, poiché impedisce agli altri condomini di partecipare all'utilizzo dello spazio comune, ostacolandone il libero e pacifico godimento ed alterando l'equilibrio tra le concorrenti ed analoghe facoltà (Cass. II, 3640/2004). Da ultimo, in argomento, è importante il ragionamento di altro giudice secondo cui, in assenza di regolamento, tra i poteri riconosciuti all'organo assembleare, rientra certamente anche quello di porre, al potere dei singoli condomini sulla cosa comune, il limite rappresentato dal divieto di impedire agli altri di farne parimenti uso secondo il loro diritto a norma dell'art. 1102 c.c. (Cass. II, 22423/2010: nel caso in esame, la Suprema Corte ha confermato la sentenza di merito che, pur ritenendo valida, in assenza del regolamento di condominio, la deliberazione con la quale l'assemblea condominiale aveva introdotto e disposto il divieto di parcheggio di motocicli e ciclomotori nel cortile dell'edificio – divieto giustificato dalla circostanza che tale parcheggio rendeva assai difficoltoso l'uso del cortile da parte dei condomini – aveva, tuttavia, ritenuto infondata l'azione inibitoria e risarcitoria promossa dal condominio stante il difetto di concreti elementi di prova tanto in ordine all'uso dei motocicli e ciclomotori in capo ai condomini convenuti, quanto in ordine al parcheggio di tali mezzi nell'area del cortile condominiale dopo l'adozione della delibera). In conclusione, premesso che l'androne di un edificio deve essere adibito, salvo patto contrario, esclusivamente alla sua destinazione naturale, ovverosia al transito delle persone per accedere agli alloggi, il fatto degli inquilini che, in assenza di una specifica pattuizione in proposito, parcheggiano abitualmente ed abusivamente i motocicli nell'androne suddetto, determina l'insorgere, in capo al proprietario dell'edificio, del diritto di richiedere l'inibizione dell'utilizzazione di quello spazio a garage per il ricovero dei motocicli (Pret. Spoleto 27 ottobre 1988).

3. Azioni processuali

Tutela stragiudiziale

L'amministratore del condominio invita alcuni condomini che parcheggiano le loro biciclette e motocicli nell'androne condominiale a spostarli immediatamente, in quanto occupano illegittimamente un bene comune senza avere ricevuto una preventiva autorizzazione in tale senso, ragione per cui in difetto di un tempestivo sgombero dell'area sarà costretto a promuovere un'azione per la manutenzione del possesso.

Funzione e natura del giudizio

È un rimedio processuale avente ad oggetto specifico la tutela del possesso, proposto dall'amministratore di condominio nei confronti dei condomini proprietari dei motocicli e delle biciclette posizionate nell'androne condominiale per conseguirne l'immediato sgombero, al fine di ripristinare con la tutela del possesso del bene comune la cessazione della molestia, e con essa, la pari facoltà d'uso per tutti i condomini.

Aspetti preliminari

Mediazione

La mediazione obbligatoria di cui all'art. 5, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 28/2010 non si applica nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all'art. 703, comma 3, c.p.c.

Competenza

Il Tribunale, ai sensi dell'art. 9 c.p.c., è il giudice competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice, e, in generale, per quelle di valore indeterminabile.

Legittimazione

L'amministratore del condominio è legittimato a proporre l'azione per la manutenzione del possesso nei confronti dei condomini proprietari di motocicli e biciclette parcheggiate nell'androne condominiale per fare cessare la molestia del possesso costituita in tale ipotesi dall'occupazione abusiva della stessa area senza una preventiva autorizzazione ad hoc dall'assemblea condominiale.

Profili di merito

Onere della prova

L'amministratore deve provare che i condomini sono i proprietari dei motocicli e delle biciclette parcheggiate nell'androne condominiale. Il medesimo ricorrente deve altresì allegare in atti di causa la prova costituente la turbativa del possesso a giustificazione del ricorso all'azione di manutenzione.

Contenuto del ricorso per la manutenzione del possesso

La domanda cautelare proposta per la manutenzione del possesso assume la forma del ricorso, il quale, oltre a contenere le indicazioni di cui all'art. 125 c.p.c., deve altresì indicare il giudice dinanzi al quale l'azione è proposta; il nome, cognome, residenza e codice fiscale della parte ricorrente e del difensore, il quale deve anche indicare il numero di fax e l'indirizzo pec presso il quale intende ricevere le comunicazioni di cancelleria; il nome, cognome, codice fiscale, residenza, o domicilio o dimora della parte resistente; l'esposizione dettagliata dei fatti integranti la turbativa del possesso.

In particolare, nel ricorso, da un lato, vanno allegati i fatti oggetto d'indagine da parte del giudice, in forma chiara e circostanziata come peraltro esige la recente riforma del processo civile e, dall'altro, va specificato in cosa consiste la dedotta turbativa del possesso per il ricorrente, a tale fine, indicando le circostanze sulla cui scorta verosimilmente il giudice adito potrebbe concedere la richiesta tutela possessoria.

Il ricorso, unitamente alla procura alla lite, va sottoscritto dalla parte ricorrente e dal proprio difensore, quest'ultimo anche per autentica della sottoscrizione del suo cliente.

Richieste istruttorie

L'amministratore di condominio unitamente alla produzione di materiale fotografico, può chiedere l'assunzione di informatori in persona dei condomini dello stabile condominiale al fine di provare il fatto costituente la dedotta turbativa del possesso, e di conseguenza, la richiesta di sgombero dell'area dalla presenza di numerosi motocicli e biciclette di proprietà dei condomini evocati in giudizio la quale, costituisce una molestia al possesso dello stesso bene comune. Lo stesso ricorrente deve allegare la natura condominiale dell'area interessata dall'azione di manutenzione del possesso producendo la relativa documentazione.

4. Conclusioni

Il parcheggio non autorizzato nell'androne condominiale di numerosi motocicli anche di rilevanti dimensioni e di biciclette di proprietà di alcuni condomini costituisce un evidente abuso del loro diritto che impedisce ai restanti condomini di usufruire dello stesso spazio comune, integrando gli estremi di una molestia al possesso dello stesso bene comune per la cui tutela, si rende necessario il ricorso all'azione di manutenzione del possesso, in relazione alla quale, per fare cessare la molestia, il giudice può adottare qualsiasi provvedimento risulti idoneo nella fattispecie concreta.

Infatti, la funzione e la destinazione dell'androne non è certamente quella del parcheggio di mezzi di locomozione, rappresentando chiaramente un luogo di transito che collega l'ingresso condominiale alle unità immobiliari, ragione per cui la sosta di motocicli e biciclette può essere consentita soltanto se temporanea e non rappresenti una fonte di danno o limitazione nell'uso dell'androne da parte degli altri condomini.

Questa particolare ipotesi è quella presa in esame nella fattispecie in cui si rende necessaria l'azione possessoria al fine di conseguire l'immediato sgombero dell'androne dalla presenza di motocicli e biciclette in esso parcheggiati da alcuni condomini.

La legittimazione attiva ad esperire l'azione di manutenzione spetta esclusivamente al possessore – nella fattispecie in esame all'amministratore in qualità di mandatario dei condomini – non anche al detentore a differenza dell'azione di reintegrazione del possesso che muove invece da presupposti differenti.

In tale ottica, l'azione di manutenzione è data al possessore che vanti un possesso annuale, continuo e non interrotto, non violento, né clandestino.

La molestia in relazione alla quale si agisce in possessoria sul piano giuridico consiste nel compimento di un'azione priva di fondamento giuridico – l'occupazione non autorizzata dell'androne condominiale costituente un abuso perpetrato dal singolo condomino proprietario del motociclo e/o bicicletta ivi parcheggiati – non potendo altrimenti ravvisarsi la lesione antigiuridica della posizione del possessore volta ad ostacolarne od impedirne l'esercizio legittimo del possesso.

In questo caso, l'attività materiale è un'ingerenza di fatto lesiva del possesso che può accompagnarsi anche a minacce finalizzate ad ostacolare o comunque impedire l'esercizio del possesso del bene comune.

È, altresì, importante tenere presente che tale azione è soggetta al termine annuale di decadenza decorrente dal giorno in cui ha avuto inizio l'attività integrante la turbativa del possesso.

In buona sostanza, l'occupazione – mediante il parcheggio di motoveicoli o biciclette – di una porzione dell'androne comune configura un abuso o, nella specie, una turbativa del possesso rispetto alla normale destinazione della res, poiché preclude ad altri condomini dello stabile di partecipare all'utilizzo dello spazio comune, ostacolandone il libero e pacifico godimento ed alterando l'equilibrio tra le concorrenti ed analoghe facoltà.

In conseguenza di ciò, ove l'androne di un edificio non venga adibito esclusivamente alla sua destinazione naturale, ovvero al transito delle persone per accedere agli alloggi, a causa del comportamento di uno o più condomini che, senza autorizzazione, vi parcheggino abitualmente ed abusivamente motoveicoli e/o biciclette, l'amministratore e/o gli altri condomini possono ricorrere in Tribunale esperendo l'azione di manutenzione del possesso, affinché il giudice ordini la cessazione della turbativa costituita dall'utilizzazione di quello spazio ad un improvvisato garage per il parcheggio di mezzi di trasporto di proprietà di singoli condomini.

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