Distacco del singolo dall'impianto di riscaldamento centralizzato

Alberto Celeste
Vito Amendolagine
Maurizio Tarantino

1. Bussole di inquadramento

Progettazione, messa in opera ed esercizio di edifici e di impianti

L'art. 26 della l. n. 10/1991 prevede che gli edifici pubblici e privati, qualunque ne sia la destinazione d'uso, e gli impianti non di processo ad essi associati devono essere progettati e messi in opera in modo tale da contenere al massimo, in relazione al progresso della tecnica, i consumi di energia termica ed elettrica. Il comma 5 della citata disposizione – modificato dall'art. 28 della l. n. 220/2012 con decorrenza dal 18 giugno 2013 – prevede che, per le innovazioni relative all'adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore e per il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato, l'assemblea di condominio delibera con le maggioranze previste dall'art. 1120, comma 2, c.c. Infine, il comma 6 dell'art. 26 della l. n. 10/1991 prevede che gli impianti di riscaldamento al servizio di edifici di nuova costruzione, la cui concessione edilizia, sia rilasciata dopo la data di entrata in vigore della presente legge, devono essere progettati e realizzati in modo tale da consentire l'adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore per ogni singola unità immobiliare.

Impianto centralizzato di riscaldamento: termoregolazione e contabilizzazione del calore

Il riscaldamento centralizzato in condominio prevede che l'edificio abbia una caldaia unica per tutti i condomini.

In argomento è importante precisare che la termoregolazione degli impianti termici è un sistema per la regolazione automatica della temperatura ambiente (il compito della termoregolazione è quello di fare in modo che gli impianti termici eroghino il calore strettamente necessario al raggiungimento delle condizioni di comfort termico desiderate e definite dagli utenti); la contabilizzazione, invece, riguarda la misura dell'energia termica volontariamente prelevata da ogni singola unità immobiliare, cioè il consumo di ogni famiglia per un determinato servizio. La contabilizzazione è divenuta obbligatoria in tutti i condomini dotati di impianto centralizzato. Infatti, il d.lgs. n. 102/2014, di recepimento della direttiva europea 2012/27/UE stabilisce l'obbligo di termoregolazione e contabilizzazione del calore con ripartitori o altri sistemi su tutto il territorio nazionale. Invero, con il d.lgs. n. 102/2014 (poi integrato dal d.lgs. n. 141/2016), l'Italia ha recepito la direttiva imponendo, per ridurre gli sprechi, l'adozione di contatori individuali per misurare il consumo di calore e di acqua calda per ciascuna unità immobiliare facente parte di un condominio o di un edificio polifunzionale servito da un impianto termico centralizzato o da teleriscaldamento. Lo scopo era, non solo, quello di migliorare l'efficienza energetica, ma anche di rimuovere ostacoli e inefficienze nel mercato dell'energia, per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di risparmio energetico. In data 11 ottobre 2018 è stata pubblicata a catalogo UNI ed è entrata pertanto in vigore la nuova norma tecnica UNI 10200:2018 (relativa alla ripartizione delle spese di riscaldamento, raffrescamento ed ACS), sostituendo così la precedente versione del 2015, non più in vigore. Il d.lgs. n. 102/2014 – che ha introdotto l'obbligo della contabilizzazione del calore in condominio – è stato modificato dal d.lgs. n. 73/2020 recante “Attuazione della direttiva (UE) 2018/2002 che modifica la direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica”. Tale provvedimento (pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 175/2020 ed entrato in vigore il 29 luglio 2020) introduce un radicale cambiamento nella ripartizione delle spese energetiche degli edifici condominiali, serviti da impianto centralizzato o da teleriscaldamento o da tele-raffrescamento, eliminando ogni riferimento alla norma UNI 10200 e promuovendo la fatturazione dell'energia termica basata sul consumo effettivo, nonché la chiarezza delle informazioni da fornire ai condomini, considerata come strumento strategico per stimolare i consumatori a svolgere un ruolo attivo nella diminuzione del consumo energetico. Dunque, il nuovo d.lgs. n. 73/2020, all'art. 9, eliminando ogni riferimento alla UNI 10200, propone invece un criterio basato: sull'attribuzione ai consumi volontari almeno il 50% delle spese connesse al consumo di calore per riscaldamento, raffrescamento e produzione di acqua calda per il consumo domestico; la restante quota parte (corrispondente quindi al massimo al 50% delle spese energetiche) sarà ripartita secondo un parametro che potrà essere (a titolo esemplificativo) i millesimi, i metri quadrati o i metri cubi utili o le potenze installate. In base al nuovo comma 5-bis (d.lgs. n. 102/2014) introdotto dal d.lgs. n. 73/2020, ferme restando le condizioni di fattibilità tecnica ed efficienza in termini di costi, i contatori di fornitura, i sotto-contatori o i sistemi di contabilizzazione del calore individuali di cui al comma 5 che siano installati dopo il 25 ottobre 2020, sono leggibili da remoto. Conseguentemente, entro il 1° gennaio 2027, tutti i predetti sistemi devono essere dotati di dispositivi tali da permettere la lettura da remoto.

Distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato

L'art. 1118, comma 3, c.c. prevede che il condomino può rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. Comunque, in tal caso, il rinunciante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma. Quindi, soddisfatte le condizioni contemplate nella citata disposizione il singolo è tenuto al pagamento delle sole spese di manutenzione straordinaria (e non più ordinaria) dell'impianto di riscaldamento centrale, nonché per la sua conservazione (oltre la messa a norma), mentre è esonerato dall'obbligo del pagamento delle spese per il suo uso (ad esempio, per l'acquisto del combustibile). Il Legislatore (l. n. 220/2012) non ha fatto altro che codificare un orientamento giurisprudenziale consolidato, formatosi in materia e in assenza di una disposizione specifica che prevedesse espressamente un diritto al distacco. Deve ritenersi, pertanto, che il Legislatore abbia aderito a quello orientamento giurisprudenziale secondo il quale nello squilibrio non può essere compreso quello termico in quanto se così non fosse, quel distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato, ammesso in linea di principio, sarebbe sempre da escludere in concreto, in quanto nell'ambito di un condominio ogni unità immobiliare confina con almeno un'altra unità immobiliare, per cui il distacco dall'impianto centralizzato, da parte di uno dei condomini, provocherebbe sempre quel tipo di squilibrio termico che, invece, deve essere considerato irrilevante, senza considerare che, anche senza distaccarsi, il proprietario potrebbe sempre chiudere i propri radiatori (Cass. II, n. 11857/2011). Lo squilibrio di funzionamento, inoltre, deve essere “notevole”; cioè, in questo caso, si tratta di una valutazione rimessa al tecnico che dovrà valutare se si è in presenza di notevoli squilibri di funzionamento tali da non legittimare l'esercizio del diritto al distacco, senza considerare che se lo squilibrio può non essere “notevole” con un distacco o due, potrebbe esserlo al terzo o al quarto (dipende dal numero delle unità servite), posto che l'impianto è stato dimensionato e progettato per servire un determinato numero di unità immobiliari. Resta inteso che il rinunciante dovrà corredare la preventiva informazione al condominio della documentazione tecnica attraverso la quale possa dare la prova dell'assenza di “notevoli squilibri” e di “assenza di aggravi” (Cass. VI, n. 22285/2016), con ciò lasciando intendere che l'aggettivo qualificativo “notevoli” debba essere riferito solo agli “squilibri” nel funzionamento dell'impianto, mentre “gli aggravi di spesa” prescindono dalla loro consistenza. Pertanto, il condomino che vorrà procedere al distacco dovrà darne notizia all'amministratore il quale deve riferire all'assemblea, corredando l'informativa con la documentazione tecnica comprovante l'esistenza dei presupposti che rendono possibile la rinuncia all'impianto di riscaldamento centralizzato.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Quali tutele hanno i condomini che intendono distaccarsi dall'impianto centralizzato di riscaldamento in presenza di una delibera assembleare contraria?

Condizioni per il distacco dell'impianto di riscaldamento

Stante quanto previsto dal novellato art. 1118 c.c., ciascun condomino può certamente distaccarsi dall'impianto centralizzato di riscaldamento. Siffatto diritto, tuttavia, non è assoluto ma è condizionato al fatto che non ne derivino notevoli squilibri di funzionamento per l'impianto od aggravi di spesa per gli altri condomini. Ne deriva che è onere del condomino che intenda distaccarsi dimostrare l'insussistenza di tali pregiudizi mediante un'informazione di carattere tecnico che non è necessaria unicamente quando l'assemblea abbia autorizzato il distacco sulla scorta di una sua autonoma valutazione. L'onere della prova in capo al condomino, che intenda esercitare la facoltà del distacco viene meno soltanto nel caso in cui l'assemblea condominiale abbia effettivamente autorizzato il distacco dall'impianto comune sulla base di una propria autonoma valutazione della sussistenza dei prescritti presupposti (Trib. Roma 20 aprile 2020). Resta quindi il principio in base al quale il condomino può legittimamente rinunziare all'uso del riscaldamento centralizzato e distaccare le diramazioni del suo appartamento dall'impianto comune, senza necessità di autorizzazione o approvazione da parte degli altri condomini, se dimostra che dalla sua rinuncia e dal distacco non derivano né spese aggiuntive per coloro che continuano a fruire del riscaldamento centralizzato, né uno sfasamento termico dell'intero edificio, dannoso per la normale erogazione del servizio; sicché, la delibera assembleare che, pur in presenza di tali condizioni, respinga la richiesta di autorizzazione al distacco, è nulla per violazione del diritto individuale del condomino sulla cosa comune (Trib. Ascoli Piceno 25 ottobre 2011).

Non è necessaria la delibera autorizzativa ai fini del distacco del condomino dall'impianto centralizzato

Il singolo condomino può legittimamente rinunziare all'uso del riscaldamento centralizzato e distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall'impianto termico comune, senza necessità di autorizzazione od approvazione degli altri condomini e, fermo il suo obbligo di pagamento delle spese per la conservazione dell'impianto, è tenuto a partecipare a quelle di gestione in caso di dispersioni di calore dell'impianto medesimo, per neutralizzare gli aggravi di spesa per gli altri condomini (Trib. Roma 8 marzo 2022). Quindi, è legittima la rinuncia di un condomino all'uso dell'impianto centralizzato di riscaldamento senza necessità di autorizzazione da parte degli altri condomini, purché l'impianto non ne sia pregiudicato (Cass. II, n. 32806/2021). In conclusione, il diritto al distacco non è disponibile da parte dell'assemblea condominiale; di conseguenza, sono nulle le clausole dei regolamenti condominiali che vietano tale distacco (Cass. II, n. 32441/2019).

Il condominio è tenuto alla restituzione delle somme indebitamente percepite a titolo di oneri condominiali relativi al consumo di riscaldamento

In tema di condominio negli edifici, tra le spese indicate dall'art. 1104 c.c., soltanto quelle per la conservazione della cosa comune costituiscono obbligazioni propter rem per le quali il condomino non vi si può sottrarre. Invece quelle sostenute per il godimento delle cose comuni, avendo diversa natura, possono diversamente legittimamente essere unilateralmente rinunciate. Così, in seguito a rinuncia al riscaldamento condominiale, operata dal singolo condomino mediante il distacco del proprio impianto dalle diramazioni dell'impianto centralizzato, può venir meno l'obbligo di contribuzione alle spese per l'uso, purché l'interessato dimostri che, dal suo operato, non derivino né aggravi di spese per coloro che continuano a fruire dell'impianto né squilibri termici pregiudizievoli per la regolare erogazione del servizio (Trib. Roma 12 aprile 2021). Quindi, in caso di verifica positiva di detto distacco, è nulla la delibera assembleare che abbia approvato il consuntivo del riscaldamento, mettendo a carico del condomino distaccato le somme a titolo di consumo di riscaldamento, con la conseguenza che il condominio è tenuto alla restituzione delle somme indebitamente percepite da detto condomino a titolo di oneri condominiali relativi al consumo di riscaldamento, essendo egli tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma (Trib. Roma 30 novembre 2021). Le c.d. spese di esercizio, quindi, non possono essere imputate ai condomini che non utilizzano il bene comune. Queste ultime, difatti, scaturendo dall'utilizzazione, ovvero da un fatto soggettivo e mutevole, distinto dalla misura di proprietà individuale, si differenziano dalle spese relative alla conservazione degli impianti in parola, che, appunto, costituiscono delle obbligazioni propter rem, per cui restano sempre proporzionate alla quota di proprietà individuale. L'esonero, tuttavia, non deve andare a discapito degli altri condomini (Trib. Roma 16 febbraio 2021).

Il condomino distaccato deve contribuire alle spese dei consumi involontari e di conservazione dell'impianto centralizzato

Il condomino distaccato è tenuto a contribuire alle spese di esercizio in relazione ai c.d. consumi involontari, atteso che la “quota di inefficienza dell'impianto” deve gravare ed essere distribuita anche sui condomini il cui consumo sia nullo, perché distaccati: prima del distacco, infatti, tale quota gravava sui condomini in misura minore, sicché la sua maggiorazione, conseguente al distacco, integra un aggravio di cui il condomino distaccato deve farsi carico; in altre parole, se essa non fosse posta anche a carico dei condomini distaccatisi, gli altri condomini vedrebbero, proprio per effetto del distacco, aumentare la spesa ordinaria di funzionamento dell'impianto (Trib. Roma 7 dicembre 2021). Invero, il condomino autorizzato a rinunciare all'uso del riscaldamento centralizzato e a distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall'impianto comune rimane obbligato a pagare le sole spese di conservazione di quest'ultimo – quali, ad esempio, quelle di sostituzione della caldaia – perché l'impianto centralizzato è comunque un accessorio di proprietà comune, al quale egli potrà, in caso di ripensamento, riallacciare la propria unità immobiliare; qualora tuttavia, in seguito ad un intervento di sostituzione della caldaia, il mancato allaccio non sia espressione della volontà unilaterale di rinuncia o distacco, ma una conseguenza dell'impossibilità tecnica di fruire del nuovo impianto, che non consente neppure un futuro collegamento, egli non può essere più considerato titolare di alcun diritto di comproprietà su tale impianto e perciò non deve più partecipare ad alcuna spesa ad esso relativa (Trib. Roma 16 novembre 2021). In tal caso, il rinunciante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma (Trib. Perugia 18 ottobre 2021; Trib. Venezia 26 luglio 2021; Trib. Roma 4 maggio 2021: nel caso di specie, il Tribunale romano ha rigettato la domanda di un condomino che aveva distaccato il suo appartamento dell'impianto centralizzato di riscaldamento, il quale contestava l'addebito pro quota delle spese per l'acquisto e l'installazione di un nuovo e interamente diverso sistema di riscaldamento centralizzato; per il giudice, il fatto del distacco non comporta affatto che i condomini non più allacciati perdano la proprietà dell'impianto e che, pertanto, possano ritenersi esclusi dalle spese correlate alla necessità di dismettere il vecchio impianto e di munirsi di una nuova caldaia secondo le norme vigenti). Il condomino, pertanto, è obbligato a pagare, quanto meno, le spese di manutenzione straordinaria e di conservazione dell'impianto comune, le quali rientrano tra le obbligazioni propter rem non rinunciabili (Trib. Torino 19 marzo 2021).

Illegittimo il divieto del regolamento di rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento

È nulla, per violazione del diritto individuale del condomino sulla cosa comune, la clausola del regolamento condominiale, così come la deliberazione assembleare che vi dia applicazione, che vieti in radice al condomino di rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento e di distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall'impianto termico comune, seppure il suo distacco non cagioni alcun notevole squilibrio di funzionamento né aggravio di spesa per gli altri partecipanti. Difatti, la disposizione regolamentare che contenga un incondizionato divieto di distacco si pone in contrasto con la disciplina legislativa inderogabile emergente dagli artt. 1118, comma 4, c.c., 26, comma 5, della l. n. 10/1991 e 9, comma 5, del d.lgs. n. 102/2014 diretta al perseguimento di interessi sovraordinati, quali l'uso razionale delle risorse energetiche ed il miglioramento delle condizioni di compatibilità ambientale, e sarebbe perciò nulla o non meritevole di tutela (Cass. II, n. 8553/2022: nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata in quanto la Corte del merito in sede di rinvio, anziché limitarsi a dichiararne la nullità ed a pronunciare l'illegittimità delle delibere che avevano posto le spese di conservazione a carico del ricorrente, aveva ritenuto valida la previsione del regolamento che vietava ai condomini di distaccarsi dall'impianto di riscaldamento, in palese contrasto con il principio enunciato dall'ordinanza n. 28051/2018, che si era esplicitamente pronunciata per l'invalidità delle suddette clausole regolamentari). Difatti, il regolamento di condominio, anche se contrattuale, non può derogare alle disposizioni richiamate dall'art. 1138, comma 4, c.c. e non può menomare i diritti che ai condomini derivino dalla legge, dagli atti di acquisto e dalle convenzioni. Ne consegue che la clausola del regolamento condominiale che vieti “in radice” al condomino di rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento e di distaccare le diramazioni dalla sua unità immobiliare dall'impianto termico comune, è nulla, per violazione del diritto individuale del condomino sulla cosa comune, se il distacco non cagioni alcun notevole squilibrio di funzionamento (App. Roma 30 dicembre 2021). Il regolamento costituisce un contratto atipico, meritevole di tutela solo in presenza di un interesse generale dell'ordinamento, mentre una clausola siffatta, oltre a vanificare il principale ed auspicato beneficio che il condomino mira a perseguire distaccandosi dall'impianto comune, si pone in contrasto con l'intento del legislatore di correlare il pagamento delle spese di riscaldamento all'effettivo consumo (App. Genova 22 gennaio 2021). Il regolamento di condominio può soltanto obbligare il condomino rinunciante a concorrere alle spese per l'uso del servizio, poiché il criterio legale di ripartizione delle spese di gestione per la prestazione dei servizi resi nell'interesse comune, di cui all'art. 1123, comma. 1, c.c., è derogabile (Cass. II, n. 32441/2019: fattispecie in cui due diversi proprietari si sono visti negare il diritto al distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato in base al divieto posto dall'articolo del loro regolamento di condominio che non consentiva la rinuncia all'uso degli impianti comuni, nonostante gli stessi avessero dimostrato che il distacco aveva inciso sull'equilibrio termico dell'impianto solo per il 10% ed anche che i relativi importi dovuti dai medesimi fossero stati regolarmente corrisposti).

3. Azioni processuali

Tutela stragiudiziale

Il condomino chiede all'amministratore di indire in tempi brevi una nuova riunione assembleare al fine di revocare quanto deliberato in quella precedente – stante il rifiuto opposto dai condomini a consentire il distacco dall'impianto centralizzato di riscaldamento della propria unità immobiliare abitativa – avvisandolo che, in difetto, senza ulteriore preavviso, procederà ad impugnarla nel rispetto dei termini di legge dinanzi al giudice competente, con possibile aggravio di costi.

Funzione e natura del giudizio

L'impugnazione della delibera, con la quale si oppone il rifiuto al distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato, avverso la quale il condomino agisce chiedendone l'annullamento, è un ordinario giudizio a cognizione ordinaria, la cui funzione è di invalidare la suddetta delibera, in quanto destinata ad incidere ingiustificatamente sulla libertà individuale del singolo condomino, negandogli il diritto ad installare un proprio impianto di riscaldamento autonomo.

Aspetti preliminari

Mediazione

La mediazione è uno strumento fortemente voluto dal legislatore prima in chiave alternativa al processo civile e successivamente al legislatore del PNRR in funzione complementare della giustizia civile, in entrambi i casi al fine di perseguire una finalità dichiaratamente deflattiva del contenzioso e, per tale ragione, è prevista obbligatoriamente quale condizione di procedibilità della domanda attorea ex art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010 nella materia condominiale per le controversie previste dall'art. 71-quater disp. att. c.c., le quali si intendono quelle derivanti dalla violazione od errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II del codice civile e degli artt. da 61 a 72 delle disposizioni di attuazione del codice civile.

L'onere di proporre la domanda di mediazione ex art. 71-quater disp. att. c.c. – sul quale recentemente il legislatore è intervenuto disponendo, all'art. 2 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, l'abrogazione dei commi 2, 4, 5 e 6, e stabilendo, al comma 3 della norma sopra citata, che le parole “previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del codice” siano sostituite dalle seguenti: “secondo quanto previsto dall'articolo 5 ter del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28” – prima di intraprendere la strada giudiziale, grava sulla parte istante, dunque in questo specifico caso l'attore, ovvero la parte che impugna la delibera condominiale assumendone l'illegittimità. In questa particolare fattispecie, la mediazione può costituire un utile strumento per ricercare un'idonea soluzione ai rispettivi interessi contrapposti al di fuori del processo, ed in ogni caso prima ancora che quest'ultimo abbia inizio attesa l'obbligatorietà della stessa. Tuttavia, stante la non uniformità della giurisprudenza formatasi sulla questione concernente l'esatto dies a quo da considerare ai fini della sospensione del termine di trenta giorni per proporre l'impugnazione avverso la delibera, frutto della mancanza di una norma ad hoc di raccordo tra la previsione generale sull'obbligatorietà della mediazione in ambito condominiale e quella disciplinante la perentorietà del termine stabilito a pena di decadenza per l'impugnazione della delibera, sovente si verifica che la parte interessata decida di impugnare quest'ultima e successivamente, o contestualmente, di proporre l'istanza di mediazione.

Competenza

Il Tribunale, ai sensi dell'art. 9 c.p.c., è il giudice competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice e, in generale, per quelle di valore indeterminabile, come nel caso di impugnazione della delibera assembleare per conseguirne la dichiarazione giudiziale di annullabilità in quanto nella fattispecie, lesiva di un diritto soggettivo del condomino opponente, concernente il diniego espresso dai condomini avverso la richiesta di distaccarsi dall'impianto di riscalamento centralizzato.

Legittimazione

La legittimazione ad impugnare la delibera assembleare condominiale appartiene al condomino che abbia l'interesse ad agire, nella fattispecie, ravvisato nella lesione del proprio diritto per effetto della mancata possibilità di distaccarsi dall'impianto di riscaldamento centralizzato.

Profili di merito

Onere della prova

Il condomino, il quale intenda impugnare la delibera assembleare, ha l'onere di allegare le ragioni sulla cui scorta può addivenirsi alla declaratoria giudiziale di invalidità. Lo stesso opponente, deve dunque assolvere all'onere di allegare tutte quelle circostanze, anche di mero fatto, che possano essere utili per confermare la propria tesi difensiva, volta a contrastare quanto deliberato, siccome ingiustificatamente lesivo del proprio diritto soggettivo a distaccarsi all'impianto di riscalamento centralizzato.

Contenuto dell'atto di citazione in opposizione a delibera condominiale

L'atto di citazione deve contenere la vocatio in jus del condominio in persona del suo amministratore pro-tempore – che, per effetto di quanto enunciato nell'art. 3 del d.lgs. n. 149/2022, il termine in essa indicato è elevato a centoventi giorni liberi che necessariamente devono decorrere tra il giorno della notificazione dell'atto e quello dell'udienza di comparizione – e deve altresì contenere gli avvertimenti previsti espressamente dall'art. 163, comma 3, n. 3-bis), c.p.c., e dunque, l'indicazione, nei casi in cui la domanda è soggetta a condizione di procedibilità, dell'assolvimento degli oneri previsti per il suo superamento; e, che in base al nuovo testo modificato dall'art. 7 del d.lgs. n. 149/2022, occorre indicare insieme al giorno dell'udienza di comparizione, anche l'invito al convenuto a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c. ed a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., con l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., e che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'art. 86 c.p.c. o da leggi speciali, e che la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare l'istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

In base al nuovo testo modificato dall'art. 7 del citato d.lgs. n. 149/2022, l'art. 163 c.p.c., al n. 4), deve contenere l'esposizione in modo chiaro e specifico dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni.

Nelle conclusioni dell'atto di citazione, la parte opponente dovrà enunciare distintamente le proprie richieste finalizzate all'annullamento della delibera condominiale impugnata.

L'atto in parola va, quindi, sottoscritto dal difensore, e corredato della procura ad litem, contenente la sottoscrizione della parte autenticata dallo stesso difensore unitamente all'indicazione della documentazione ad esso allegata e notificato telematicamente – o in cartaceo laddove risulti sprovvisto di un valido indirizzo digitale attivo – all'amministratore pro-tempore del condominio.

In particolare, l'attore, previo versamento del contributo unificato, sempre telematicamente, in base all'art. 165 c.p.c. – modificato anch'esso dall'art. 7 del d.lgs. n. 149/2022 – entro dieci giorni dalla notificazione della citazione al convenuto, deve costituirsi in giudizio a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, depositando la nota d'iscrizione a ruolo ed il proprio fascicolo contenente l'originale della citazione, la procura ed i documenti offerti in comunicazione. Se si costituisce personalmente, deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune ove ha sede il tribunale, o indicare l'indirizzo presso cui ricevere le comunicazioni e notificazioni anche in forma telematica.

Richieste istruttorie

Il condomino può chiedere l'ammissione dell'interrogatorio formale dell'amministratore in carica sulle posizioni articolate nella narrativa dell'atto di citazione con il quale ha impugnato la delibera, volte essenzialmente a confermare l'assunto secondo cui l'assemblea, decidendo in ordine al diniego al distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato senza addurre alcuna idonea giustificazione, ha pregiudicato la libertà all'autodeterminazione del condomino opponente. Sulle stesse posizioni, l'istante può chiedere anche l'ammissione di una prova testimoniale a mezzo dei condomini, e può altresì produrre idonea documentazione volta a comprovare la fondatezza dell'opposizione proposta avverso la delibera assembleare, oltre alla richiesta di c.t.u. sulla sostenibilità del distacco senza che ciò possa arrecare pregiudizio ai condomini.

4. Conclusioni

L'art. 1118, comma 4, c.c. non prevede l'obbligo di una preventiva informazione all'amministratore od all'assemblea dei condomini, e di conseguenza, laddove sussistano i requisiti, anche se non provati preventivamente, il condomino può esercitare il proprio diritto di procedere con il distacco dal riscaldamento condominiale centralizzato, a condizione che non vi siano apprezzabili squilibri di funzionamento, od aggravi di spesa per gli altri condomini, in quanto la presenza anche di uno solo dei suddetti elementi, comporta che il distacco non può essere effettuato, perché diversamente il condomino potrà essere chiamato al ripristino dello status quo ante.

Infatti, ove ricorra quest'ultima ipotesi, il condomino interessato al distacco dall'impianto centralizzato, ai sensi dell'art. 1118 c.c. non potrà effettuarlo e ritenere di essere tenuto semplicemente a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma, poiché tale possibilità è prevista solo per quei soggetti che abbiano potuto distaccarsi, per avere provato che dal loro distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini (Cass. VI/II, n. 22285/2016).

Le condizioni per il distacco dall'impianto centralizzato vanno pertanto ravvisate nell'assenza di pregiudizio al funzionamento dell'impianto condominiale e comportano il conseguente esonero ex art. 1123, comma 2, c.c. dall'obbligo di sostenere le spese per l'uso del servizio centralizzato (Cass. II, n. 9387/2020).

L'iniziativa del condomino di distaccarsi unilateralmente dall'impianto di riscaldamento centralizzato non è irreversibile, potendo decidere in ogni momento di riallacciarsi all'impianto, ragione per cui è tenuto a pagare le spese inerenti alla conservazione dell'impianto centrale, essendone comproprietario (App. Bari 18 febbraio 2021).

Il condomino che intende distaccarsi deve, in altri termini, fornire la prova che, dal suo distacco, non derivino notevoli squilibri all'impianto di riscaldamento o aggravi di spesa per gli altri condomini, e la relativa informazione dovrà necessariamente essere corredata dalla documentazione tecnica attraverso la quale egli possa dare prova dell'assenza di notevoli squilibri e di assenza di aggravi per i condomini che continueranno a servirsi dell'impianto condominiale.

L'onere della prova in capo al condomino, che intenda esercitare la facoltà del distacco, viene meno soltanto nel caso in cui l'assemblea condominiale abbia effettivamente autorizzato il distacco dall'impianto comune sulla base di una propria autonoma valutazione della sussistenza dei suddetti presupposti.

Al riguardo, l'assemblea dei condomini è chiamata non a concedere e/o costituire un diritto, ma unicamente a valutare se sussistono i presupposti per l'esercizio della facoltà prevista dall'art. 1118 c.c. da parte del condomino che ha presentato la relativa istanza.

Va detto che, laddove manchi un'informazione di carattere tecnico per la valutazione dell'impatto economico sul distacco dal centralizzato, i condomini trovandosi di fronte al “fatto compiuto” sarebbero nell'impossibilità di assumere le determinazioni del caso, a tale fine, occorrendo pur sempre i necessari accertamenti indispensabili per addivenire ad un distacco consensuale.

Inoltre, il condomino, al quale l'assemblea ha negato il distacco in assenza della prova delle condizioni richieste, ove decida di perseguire ugualmente nel proprio intento di separarsi dall'impianto comune, potrà essere diffidato dall'amministratore a ripristinare la situazione precedente mediante il riallaccio all'impianto centralizzato, e nel caso di ulteriore inerzia, può essere evocato in giudizio dal condominio per accertare l'illegittimità del mancato ripristino.

In tale ottica, occorre dunque valutare con attenzione l'esistenza delle condizioni sopra evidenziate, il cui preventivo riscontro è necessario per decidere se impugnare il deliberato assembleare che abbia espresso parere negativo in ordine alla loro esistenza.

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