Realizzazione di autorimessa destinata a servizio delle unità immobiliari

Alberto Celeste
Vito Amendolagine
Maurizio Tarantino

1. Bussole di inquadramento

Le innovazioni in condominio

La materia delle innovazioni, nell'àmbito del condominio, è regolata dagli artt. 1120 e 1121 c.c. Il tema assume particolare importanza poiché la regolamentazione delle innovazioni esalta il ruolo delle decisioni adottate nel condominio a maggioranza. Sotto il profilo oggettivo, vi rientrano solo quelle modifiche che, eccedendo i limiti della conservazione e dell'ordinaria amministrazione della cosa comune, importino l'alterazione totale o parziale della res, di modo che le parti comuni, in seguito alle opere o alle attività eseguite, presentino una diversa entità materiale ovvero vengano ad essere utilizzate per fini differenti dai precedenti. Per la legittimità dell'innovazione è irrilevante che l'autorità amministrativa abbia autorizzato l'opera, in quanto il rapporto tra la Pubblica Autorità e il condomino esecutore dell'opera non può incidere negativamente sulle posizioni soggettive degli altri condomini (Cass. II, n. 20985/2014). All'uopo, si distingue una fase deliberativa “interna”, attinente ai rapporti tra i condomini, da una fase esecutiva “esterna”, relativa ai successivi provvedimenti di competenza della Pubblica Amministrazione, fase quest'ultima che non può influire sulla legittimità della delibera autorizzativa (Cass. II, n. 862/2015). Nell'alveo delle innovazioni propriamente dette, qualificate anche come semplici, per distinguerle dalle innovazioni – in senso improprio – significative, che implicano un mutamento della destinazione d'uso, si annoverano le innovazioni ordinarie (previste dall'art. 1120, comma 1, c.c., dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni); le innovazioni agevolate (contemplate dall'art. 1120, comma 2, c.c., intese come opere e interventi volti a: migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti, eliminare le barriere architettoniche, contenere il consumo energetico degli edifici; realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell'edificio e della produzione di energia mediante l'utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi, l'installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva/satellitare e i relativi collegamenti fino alla diramazione per le singole utenze, ad esclusione degli impianti che non comportano modifiche in grado di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri condomini di farne uso secondo il loro diritto); le innovazioni gravose o voluttuarie (previste dall'art. 1121 c.c., intese come opere che importano una spesa molto consistente o hanno carattere voluttuario rispetto alle particolari condizioni e all'importanza dell'edificio e, di conseguenza, in caso di utilizzazione separata, i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa); infine, le innovazioni pregiudizievoli vietate (previste dall'art. 1120, comma 4, c.c., intese come opere che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterano il decoro architettonico o che rendono talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino). Il concetto di innovazione deve essere distinto dal significato che l'art. 1117-ter c.c. attribuisce alle modificazioni delle destinazioni d'uso, per la cui realizzazione sono prescritte condizioni assai restrittive.

La disciplina dei parcheggi

La disciplina dei parcheggi-posti auto condominiali è una delle più intricate e, non a caso, il Legislatore è intervenuto più volte a regolamentare la materia. I parcheggi si possono suddividere in tre categorie, a seconda delle norme che li regolano: parcheggi c.d. legge "ponte" n. 765/1967 (trattasi di parcheggi edificati contestualmente al fabbricato dove si trovano le unità immobiliari); parcheggi legge Tognoli n. 122/1989 (trattasi di parcheggi costruiti successivamente alle unità immobiliari delle quali diventano pertinenza); parcheggi liberi (in quanto non rientranti nelle prime due categorie). Con il c.d. decreto semplificazioni (d.l. n. 5/2012) si ha una divaricazione: la proprietà dei parcheggi “Tognoli-privati” può essere trasferita, anche in deroga a quanto previsto nel titolo edilizio che ha legittimato la costruzione e nei successivi atti convenzionali a condizione che vi sia una contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altre unità immobiliare sita nello stesso comune; il regime dei parcheggi “Tognoli-pubblici” rimane invece invariato: essi non sono trasferibili se non insieme all'unità immobiliare a cui sono destinati quali pertinenze. Se, dunque, il parcheggio dovesse esser venduto senza l'appartamento o se l'appartamento dovesse esser trasferito con esclusione del parcheggio, il contratto di compravendita sarebbe nullo. Su questo aspetto, il d.l. n. 5/2012 è stato successivamente modificato dal d.l. n. 69/2013. A seguito della modifica, l'art. 9, comma 5, della l. n. 122/1989 prevede (attualmente) che, fermo restando quanto previsto dall'art. 41-sexies della l. n. 1150/1942 (legge urbanistica), e successive modificazioni, e l'immodificabilità dell'esclusiva destinazione a parcheggio, la proprietà dei parcheggi realizzati a norma dell'art. 9, comma 1, della l. n. 122/1989 può essere trasferita, anche in deroga a quanto previsto nel titolo edilizio che ha legittimato la costruzione e nei successivi atti convenzionali, solo con contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altre unità immobiliare sita nello stesso comune. La disposizione di cui al primo periodo si applica anche in caso di trasferimento del solo vincolo di pertinenzialità dei parcheggi realizzati ai sensi del citato comma 1. Invece, i parcheggi realizzati ai sensi del comma 4 (art. 9 l. n. 122/1989) non possono essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale e i relativi atti di cessione sono nulli.

Parcheggi da destinare a pertinenza di immobili urbani

L'art. 9 della l. n. 122/1989 (c.d. legge Tognoli) prevede che i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi o nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici. Secondo il Legislatore, tuttavia, restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale ed i poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e ai Ministeri dell'ambiente e per i beni culturali ed ambientali da esercitare motivatamente nel termine di novanta giorni. I parcheggi stessi, ove i piani urbani del traffico non siano stati redatti, potranno comunque essere realizzati nel rispetto delle indicazioni di cui al periodo precedente. L'esecuzione delle opere e degli interventi indicati è soggetta a segnalazione certificata di inizio attività. Inoltre, quanto agli aspetti condominiali, il Legislatore al comma 3 della disposizione in commento ha previsto che le deliberazioni che hanno per oggetto le opere e gli interventi (citati in precedenza) devono essere approvati, salvo che si tratti di proprietà non condominiale, dalla assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con la maggioranza prevista dall'art. 1136, comma 2, c.c. Resta fermo – secondo la normativa – quanto disposto “dagli artt. 1120, comma 2, c.c. e 1121, comma 3, c.c.”. Alla luce di quanto esposto, la c.d. legge Tognoli disciplina i parcheggi da realizzare in fabbricati già esistenti, nel sottosuolo dell'edificio o di pertinenze esterne, oppure al piano terreno o – ancora – su aree comunali o nel sottosuolo di esse, previa stipulazione di convenzione; l'attuale formulazione della legge consente la libera circolazione sia del bene che del vincolo, purché la funzione di parcheggio rimanga esplicata nei confronti di un bene immobile sito nello stesso Comune.

Autorimessa

Secondo la definizione indicata dal d.m. 1° febbraio 1986, l'autorimessa è un'area coperta destinata esclusivamente al ricovero, alla sosta e alla manovra degli autoveicoli con i servizi annessi; quindi, non sono considerate autorimesse le tettoie aperte almeno su due lati. In pratica lo spazio sosta, lo spazio di manovra e tutto ciò che è utile a consentire il ricovero degli autoveicoli. Il citato decreto, inoltre, definisce le autorimesse e simili come isolate (situate in edifici esclusivamente destinati a tale uso ed eventualmente adiacenti ad edifici destinati ad altri usi, strutturalmente e funzionalmente separati da questi); miste (tutte le altre). Quanto all'ubicazione, i piani delle autorimesse e simili si classificano in interrati con il piano di parcamento a quota inferiore a quello di riferimento; fuori terra con il piano di parcamento a quota non inferiore a quello di riferimento. Sono parimenti considerate fuori terra, ai fini delle presenti norme, le autorimesse aventi piano di parcamento a quota inferiore a quello di riferimento, purché l'intradosso del solaio o il piano che determina l'altezza del locale sia a quota superiore a quella del piano di riferimento di almeno 0,6 m e purché le aperture di aerazione abbiano altezza non inferiore a 0,5 mt. Poi, il decreto considera le autorimesse come aperte, cioè munite di aperture perimetrali su spazio a cielo libero che realizzano una percentuale di aerazione permanente non inferiore al 60% in ogni piano per una lunghezza almeno pari a metà del perimetro; chiuse con pareti perimetrali attraverso le quali sono praticate le sole aperture di aerazione, illuminazione ed accesso. In base alle caratteristiche di esercizio e/o di uso, le autorimesse e simili si distinguono in sorvegliate, quelle che sono provviste di sistemi automatici di controllo ai fini antincendio ovvero provvisti di sistema di vigilanza continua almeno durante l'orario di apertura; non sorvegliate: tutte le altre. Infine, in base all'organizzazione degli spazi interni le autorimesse e simili si suddividono in: box o a spazio aperto. Le autorimesse, soprattutto quelle con una determinata capienza, sono sottoposte alla normativa di prevenzione incendi e quindi all'obbligo di attivarsi per ottenere il certificato di prevenzione incendi.

La realizzazione dei parcheggi condominiali

La formulazione dell'art. 1117, n. 2), c.c., conseguente alla riforma del 2013, annovera le aree destinate a parcheggio fra le parti comuni. È plausibile che, in tale definizione, possano entrare tutte quelle zone adibite a parcheggio comune, dovendosi invece ritenere riconducibili alle proprietà solitarie quelle che rientrano nel regime vincolistico pertinenziale che – per disposizione pubblica – vedono un necessario nesso fra area destinata a parcheggio e unità immobiliare; in tali ipotesi si è riconosciuta legittimazione a far valere tale vincolo di destinazione ai singoli condomini e non all'amministratore del condominio (Cass. II, n. 7516/2014; Cass. II, n. 5144/2012). Oggi la possibilità di procedere ad innovazioni con maggioranza agevolata in tema di parcheggi è espressamente prevista dall'art. 1120, comma 2, n. 2), c.c. nel testo introdotto dalla riforma del 2013, la quale espressamente prevede fra le innovazioni c.d. agevolate “la possibilità di realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell'edificio”, per le quali le relative delibere possono essere assunte ai sensi dell'art. 1136, comma 2, c.c. In tal caso, come precisato dal comma 3 dell'art. 1120 c.c., l'amministratore è tenuto a convocare l'assemblea entro trenta giorni dalla richiesta anche di un solo condomino interessato all'adozione delle deliberazioni. La richiesta deve contenere l'indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti, in mancanza, l'amministratore deve invitare senza indugio il condomino proponente a fornire le necessarie integrazioni. Come per tutte le innovazioni, anche per i parcheggi occorre osservare le indizioni contenute nell'art. 1120, comma 4, c.c. nel senso che sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
L'assemblea può approvare la realizzazione di un'autorimessa nel piano interrato condominiale in spregio delle norme a tutela della staticità e della sicurezza del fabbricato?

Il concetto di innovazione in condominio

Per innovazioni delle cose comuni, devono intendersi non tutte le modificazioni, bensì solo quelle modifiche che, determinando l'alterazione dell'entità materiale o il mutamento della destinazione originaria, comportano che le parti comuni, in seguito all'attività o alle opere eseguite, presentino una diversa consistenza materiale ovvero vengano a essere utilizzate per fini diversi da quelli precedenti (App. Roma 10 aprile 2020: nel caso di specie, la Corte d'Appello ha rilevato che la recinzione dell'area di parcheggio di proprietà condominiale, approvata dall'assemblea con le relative delibere impugnate da alcuni dei condomini, non può considerarsi quale innovazione, trattandosi di un mero mutamento della sistemazione od utilizzazione della res comune, rientrante negli atti di ordinaria amministrazione, per i quali era sufficiente la maggioranza prevista dall'articolo 1136, comma 2, c.c.; tale opera, infatti, non comporta la trasformazione dell'entità materiale del bene comune, ossia il parcheggio condominiale, né determina la modifica della sua destinazione).

Le aree di parcheggio

Con la locuzione “aree di parcheggio” pertinenti a fabbricati urbani, devono intendersi – in aderenza al criterio guida contenuto nella circolare esplicativa della l. n. 1150/1942 del Ministero dei lavori pubblici n. 3210/1967 – gli spazi tanto necessari alla sosta quanto alla manovra ed all'accesso dei veicoli (ossia i corridori carrabili per accedere ai posti auto, ma non le rampe carrabili, se sono esterne al fabbricato). Tali spazi possono consistere in un'area scoperta (cd. posto auto) o in un'area coperta, chiusa su tre lati (box) o su tutti i lati (garage) e devono essere considerati nel loro complesso ai fini della verifica del rispetto degli standard urbanistici purché sia garantito un numero minimo di parcheggi (Cass. II, n. 31799/2022).

Le condizioni per l'applicazione della legge Tognoli

La condizione essenziale per l'applicazione della normativa ex art. 9, comma 1, della l. 122/1989 è che, nel caso di parcheggi realizzati in aree libere esterne, si tratti di parcheggi pertinenziali, nel senso che devono essere al servizio di singole unità immobiliari. In tal caso, si deve trattare di parcheggi fruibili solo da chi si trova in un determinato rapporto con tali unità immobiliari. Quest'ultimo presuppone una relazione di pertinenzialità materiale tale, cioè, da evocare un rapporto d'immediata contiguità fisica tra il fabbricato principale e l'area asservita (che sia sottostante, interna o esterna) escludendo dunque che l'area parcheggio possa liberamente individuarsi sul territorio comunale (T.A.R. Emilia Romagna – Parma 7 luglio 2022). Dunque, la realizzazione di un garage a servizio di un edificio preesistente è sottoposta al regime autorizzativo di maggior favore di cui all'art. 9 della l. n. 122/1989, soltanto nel caso in cui ricorrano tutti i presupposti previsti da detta normativa, in difetto dei quali è necessario il rilascio del permesso di costruire (Cass. pen. III, n. 10927/2019: fattispecie in cui è stato ritenuto che la costruzione di un garage, avvenuta tramite l'innalzamento del livello naturale del terreno per mezzo di opere di contenimento appositamente predisposte, necessitasse del rilascio del permesso di costruire). In definitiva, la legge Tognoli, se pure è volta a favorire la realizzazione di autorimesse, è contestualmente intesa a fare salvo l'aspetto esteriore e visibile del territorio, nel senso di consentire la realizzazione di parcheggi nel sottosuolo o al piano terreno di un fabbricato preesistente, proprio perché, ubicate nei modi previsti dalla legge, tali strutture non comportano alterazioni visibili del territorio; lo stesso argomento è ovviamente valido per le autorimesse pertinenziali, ma solo se sotterranee e quindi inidonee ad alterare lo stato esterno dei luoghi (Cass. II, n. 20850/2013).

Differenza tra i c.d. “parcheggi ponte” e i c.d. “parcheggi Tognoli”

I giudici del Consiglio di Stato hanno evidenziato come, mentre per i “parcheggi ponte” rilevi un obbligo di natura pubblicistica a carico del costruttore, consistente nel riservare spazi a ciò destinati, per quanto riguarda i “parcheggi Tognoli” il Legislatore, volendo incentivare la costruzione di ulteriori posti auto connessi ad abitazioni già esistenti, abbia consentito la costruzione di siffatti spazi (nel sottosuolo o in locali esistenti al piano terra del fabbricato, nonché nel sottosuolo di aree pertinenziali ad esso esterne) con un regime fiscale e urbanistico fortemente agevolativo, cercando però al contempo di evitare possibili speculazioni rispetto a tale possibilità; tale ultimo obiettivo è stato perseguito ponendo un divieto di cessione separata del parcheggio dall'unità immobiliare cui pertiene (art. 9 l. n. 122/1989). Il divieto, però, atterrebbe – secondo l'opinione maggioritaria, avallata dalla suddetta pronuncia - al solo contratto di vendita e non anche ai contratti che trasferiscano diritti reali minori o che attribuiscano diritti personali di godimento. Il limite alla circolazione dei parcheggi risulta, inoltre, ulteriormente attenuato a seguito del d.l. n. 5/2012, il quale ha modificato il contenuto del predetto art. 9, comma 5, consentendo la possibilità di trasferire i parcheggi separatamente dall'unità principale a condizione che gli stessi venissero destinati ad area pertinenziale di altra abitazione sita nel medesimo Comune (Cons. Stato 27 giugno 2023, n. 6277: nella specie, è stato così ritenuto non contraddittorio né illogico il diniego opposto da un Comune ad una richiesta di permesso di costruire avanzata da una società che intendeva realizzare alcuni box auto interrati connessi ad abitazioni già esistenti).

La maggioranza richiesta per la realizzazione di parcheggi in condominio

Le deliberazioni assembleari condominiali relative alla realizzazione di parcheggi pertinenziali sono approvate con la maggioranza prevista dall'art. 1136, comma 2, c.c. Raggiunta la detta maggioranza, i condomini contrari sono tenuti a rispettare la delibera assembleare con conseguente necessaria sottrazione dell'uso della zona dell'area comune sotterranea divenuta parcheggio pertinenziale delle singole unità immobiliari dei condomini facenti parte della maggioranza favorevole alla realizzazione di parcheggi nel sottosuolo comune. Tale sottrazione è consentita solo se è assicurato anche ai condomini dissenzienti il pari uso del sottosuolo avvalendosi della possibilità di realizzare nella zona di detto bene comune rimasta libera un parcheggio pertinenziale della propria unità immobiliare di proprietà esclusiva: tutti i condomini, nessuno escluso, devono infatti avere la possibilità di godimento del sottosuolo secondo la sua destinazione ad alloggiare autorimesse. Solo se tale possibilità è garantita, la delibera adottata a maggioranza può essere ritenuta valida in quanto non in contrasto con quanto disposto dall'art. 1120 c.c. e dall'ultimo comma dell'art. 1121 c.c. Così interpretato l'art. 9 della l. n. 122/1989, viene rispettato il diritto del singolo condomino di godere dell'area comune sotterranea e risulta composto in modo equilibrato e armonizzato il contrasto degli interessi dei condomini favorevoli e contrari alla realizzazione di parcheggi sotterranei (Cass. II, n. 20254/2009: detta sottrazione è consentita solo se è assicurata anche ai condomini dissenzienti la possibilità di realizzare, in futuro, nella zona comune rimasta libera, un analogo parcheggio pertinenziale della propria unità immobiliare di proprietà esclusiva, in modo da garantire a tutti il godimento del sottosuolo secondo la sua normale destinazione).

Invalida la delibera che autorizza box auto solo a favore di alcuni condomini

È invalida la delibera assembleare la quale abbia approvato, con la maggioranza prevista dall'art. 1136, comma 2, c.c., richiamato dall'art. 9 della l. n. 122/1989, la costruzione di box auto al di sotto di area condominiale riservati ad alcuni e non a tutti i condomini, risolvendosi il contenuto della delibera in un impedimento agli altri partecipanti al condominio di fare legittimo uso della cosa comune ai sensi dell'art. 1102 c.c. (Trib. Milano 26 gennaio 1998). Invero, i diritti spettanti a ciascun condomino (in base agli atti di acquisto, ovvero al regolamento condominiale in essi richiamato) sulle parti comuni dell'edificio non possono essere oggetto di delibere assembleari approvate a maggioranza che ne ledano il contenuto, essendo necessaria, a tal fine, una manifestazione unanime di volontà da parte di tutti i condomini, senza che, su tale principio, possa legittimamente incidere il disposto dell'art. 9, commi 1 e 3, della l. n. 122/1989 che stabilisce le maggioranze richieste per la validità delle deliberazioni assembleari aventi ad oggetto le opere e gli interventi per la realizzazione dei parcheggi, ma non prevede alcuna deroga al principio generale che esclude il potere della maggioranza dei condomini di menomare diritti validamente acquisiti da ciascuno di essi (Cass. II, n. 5369/1997).

Le autorimesse vietate

Costituisce innovazione vietata ai sensi dell'art. 1120 c.c. (e, pertanto, deve essere approvata dalla unanimità dei condomini), la costruzione di autorimesse nel sottosuolo del cortile comune, in quanto comporta il mutamento di destinazione del sottosuolo da sostegno delle aree transitabili e delle aree verdi a spazio utilizzato per il ricovero di automezzi (con conseguente modifica di destinazione anche della area scoperta soprastante a copertura di locali sotterranei) e determina una situazione di permanente esclusione di ogni altro condomino dall'uso e dal godimento di ciascuna autorimessa sotterranea, assegnata ai singoli condomini, ancorché rimasta di proprietà comune (Cass. II, n. 6817/1988). Inoltre, realizzare un'autorimessa in un locale in proprietà esclusiva cui però si accede dal cortile condominiale viola il diritto degli altri condomini al pari godimento della cosa comune. L'area antistante, infatti, anche se resta libera, viene comunque posta al servizio del box limitandone l'uso da parte dei comproprietari del cortile (Cass. II, n. 24720/2019). Del resto, il concetto di costruzione, ai fini della disciplina sulle distanze legali, si estende a qualsiasi opera stabilmente infissa al suolo che, per solidità, struttura e sporgenza del terreno sia idonea a creare quelle intercapedini dannose che la legge o le norme regolamentari locali, stabilendo la distanza minima tra le costruzioni, intendono evitare (Cass. II, n. 15282/2005: fattispecie relativa a tetto la copertura di posti-auto).

Il ruolo dell'amministratore e l'importanza della sicurezza delle autorimesse

Ai sensi degli artt. 1130, comma 1, n. 4), e 1131 c.c., l'amministratore del condominio è legittimato, senza necessità di una specifica deliberazione assembleare, ad agire in giudizio, nei confronti dei singoli condomini e dei terzi, per compiere atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni di un edificio, ivi compresa la richiesta delle necessarie misure cautelari (Cass. II, n. 24391/2008: nella specie, si era respinto il ricorso per cassazione contro la sentenza di merito che aveva ritenuto valida la procura alle liti conferita dall'amministratore di condominio ad un avvocato, senza previa autorizzazione dell'assemblea, affinché proponesse un ricorso ai sensi dell'art. 700 c.p.c. per impedire ai condomini l'uso della rampa garage e dell'autorimessa, dopo che i vigili del fuoco ne avevano accertato l'inidoneità all'uso per motivi di sicurezza). In materia, inoltre, secondo i giudici amministrativi, è legittima l'ordinanza contingibile e urgente del Sindaco che ha imposto ai condomini di un condominio di non utilizzare e di lasciare libera da cose l'autorimessa, se le autorizzazioni contro gli incendi erano scadute da tempo (T.A.R. Liguria – Genova 19 marzo 2016: la sentenza ha motivato che l'urgenza era giustificata dal fatto che vi era una situazione di rischio per la sicurezza, perché questa autorimessa era utilizzata per la sosta delle autovetture).

3. Azioni processuali

Tutela stragiudiziale

Il condomino chiede all'amministratore di convocare una nuova seduta assembleare per revocare la precedente deliberazione adottata per la realizzazione di parcheggi di posti auto, in quanto trattasi di innovazione che può recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza dell'edificio, rendendo altresì alcune parti comuni dell'interrato condominiale inservibili all'uso od al godimento di alcuni condomini, esclusi dall'attribuzione dei parcheggi da realizzarsi nell'autorimessa comune. Il medesimo condomino, leso nel proprio diritto soggettivo come sopra evidenziato, anticipa all'amministratore che, in difetto di tempestivo riscontro alla richiesta di convocazione con urgenza dell'assemblea per ridiscutere quanto precedentemente deliberato, provvederà ad impugnare dinanzi al competente giudice la delibera adottata in violazione dei presupposti di legge con possibile aggravio di costi.

Funzione e natura del giudizio

L'impugnazione della delibera, con la quale si approva la realizzazione di autorimessa nell'interrato condominiale, avverso la quale il condomino interessato agisce chiedendone l'annullamento, è un ordinario giudizio a cognizione ordinaria, la cui funzione è di invalidare la suddetta delibera per effetto della sua nullità, in quanto adottata senza l'osservanza dei presupposti previsti ex lege.

Aspetti preliminari

Mediazione

La mediazione è uno strumento fortemente voluto dal legislatore prima in chiave alternativa al processo civile e successivamente al legislatore del PNRR in funzione complementare della giustizia civile, in entrambi i casi al fine di perseguire una finalità dichiaratamente deflattiva del contenzioso e, per tale ragione, è prevista obbligatoriamente quale condizione di procedibilità della domanda attorea ex art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010 nella materia condominiale per le controversie previste dall'art. 71-quater disp. att. c.c., le quali si intendono quelle derivanti dalla violazione od errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II del codice civile e degli artt. da 61 a 72 delle disposizioni di attuazione del codice civile.

L'onere di proporre la domanda di mediazione ex art. 71-quater disp. att. c.c. – sul quale recentemente il legislatore è intervenuto disponendo, all'art. 2 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, l'abrogazione dei commi 2, 4, 5 e 6, e stabilendo, al comma 3 della norma sopra citata, che le parole “previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del codice” siano sostituite dalle seguenti: “secondo quanto previsto dall'articolo 5 ter del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28” – prima di intraprendere la strada giudiziale, grava sulla parte istante, dunque in questo specifico caso l'attore, ovvero la parte che impugna la delibera condominiale assumendone l'illegittimità. In questa particolare fattispecie, la mediazione può costituire un utile strumento per ricercare un'idonea soluzione ai rispettivi interessi contrapposti al di fuori del processo, ed in ogni caso prima ancora che quest'ultimo abbia inizio attesa l'obbligatorietà della stessa. Tuttavia, stante la non uniformità della giurisprudenza formatasi sulla questione concernente l'esatto dies a quo da considerare ai fini della sospensione del termine di trenta giorni per proporre l'impugnazione avverso la delibera, frutto della mancanza di una norma ad hoc di raccordo tra la previsione generale sull'obbligatorietà della mediazione in ambito condominiale e quella disciplinante la perentorietà del termine stabilito a pena di decadenza per l'impugnazione della delibera, sovente si verifica che la parte interessata decida di impugnare quest'ultima e successivamente, o contestualmente, di proporre l'istanza di mediazione.

Competenza

Il Tribunale, ai sensi dell'art. 9 c.p.c., è il giudice competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice e, in generale, per quelle di valore indeterminabile, come nel caso di impugnazione della delibera assembleare per conseguirne la dichiarazione giudiziale di annullabilità in quanto nella fattispecie, adottata per la realizzazione di un'innovazione vietata ex lege.

Legittimazione

La legittimazione ad impugnare la delibera assembleare condominiale appartiene al condomino che abbia l'interesse ad agire, nella fattispecie, ravvisato nell'invalidità della delibera adottata avente ad oggetto la realizzazione di un'innovazione vietata ex lege.

Profili di merito

Onere della prova

Il condomino, il quale intenda impugnare la delibera assembleare adducendo l'invalidità della stessa, ha l'onere di allegare le ragioni sulla cui scorta può addivenirsi alla relativa declaratoria giudiziale.

Lo stesso opponente deve, quindi, assolvere all'onere di allegare tutte quelle circostanze, anche di mero fatto, che possano essere giudicate utili per confermare la propria tesi difensiva, volte ad invalidare quanto deliberato senza il rispetto delle disposizioni normative cogenti in tema di innovazioni come quelle concernenti la realizzazione di autorimesse nell'interrato comune in violazione dei parametri legali.

Contenuto dell'atto di citazione in opposizione a delibera condominiale

L'atto di citazione deve contenere la vocatio in jus del condominio in persona del suo amministratore pro-tempore – che, per effetto di quanto enunciato nell'art. 3 del d.lgs. n. 149/2022, il termine in essa indicato è elevato a centoventi giorni liberi che necessariamente devono decorrere tra il giorno della notificazione dell'atto e quello dell'udienza di comparizione – e deve altresì contenere gli avvertimenti previsti espressamente dall'art. 163, comma 3, n. 3-bis, c.p.c. e dunque, l'indicazione, nei casi in cui la domanda è soggetta a condizione di procedibilità, dell'assolvimento degli oneri previsti per il suo superamento; e, che in base al nuovo testo modificato dall'art. 7 del d.lgs. n. 149/2022, occorre indicare insieme al giorno dell'udienza di comparizione, anche l'invito al convenuto a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c. ed a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., con l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., e che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'art. 86 c.p.c. o da leggi speciali, e che la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare l'istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

In base al nuovo testo modificato dall'art. 7 del citato d.lgs. n. 149/2022, l'art. 163 c.p.c., al n. 4), deve contenere l'esposizione in modo chiaro e specifico dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni.

Nelle conclusioni dell'atto di citazione, la parte opponente dovrà enunciare distintamente le proprie richieste finalizzate all'annullamento della delibera condominiale impugnata.

L'atto in parola va, quindi, sottoscritto dal difensore, e corredato della procura ad litem, contenente la sottoscrizione della parte autenticata dallo stesso difensore unitamente all'indicazione della documentazione ad esso allegata e notificato telematicamente – o in cartaceo laddove risulti sprovvisto di un valido indirizzo digitale attivo – all'amministratore pro-tempore del condominio.

In particolare, l'attore, previo versamento del contributo unificato, sempre telematicamente, in base all'art. 165 c.p.c. – modificato anch'esso dall'art. 7 del d.lgs. n. 149/2022 – entro dieci giorni dalla notificazione della citazione al convenuto, deve costituirsi in giudizio a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, depositando la nota d'iscrizione a ruolo ed il proprio fascicolo contenente l'originale della citazione, la procura ed i documenti offerti in comunicazione. Se si costituisce personalmente, nei casi consentiti dalla legge, ad esempio ex art. 86 c.p.c. deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune ove ha sede il Tribunale, o indicare l'indirizzo presso cui ricevere le comunicazioni e notificazioni anche in forma telematica.

Richieste istruttorie

Il condomino può chiedere l'ammissione dell'interrogatorio formale dell'amministratore in carica sulle posizioni articolate nella narrativa dell'atto di citazione con il quale ha impugnato la delibera, volte essenzialmente a confermare l'assunto secondo cui l'assemblea, decidendo in ordine alla destinazione dell'area interrata condominiale ad autorimessa non ha tenuto conto che detta innovazione può considerarsi lecita soltanto in presenza dei requisiti previsti ex lege nell'interesse di tutti i condomini, circostanza non ricorrente nella fattispecie. Sulle stesse posizioni, l'istante può chiedere anche l'ammissione di una prova testimoniale a mezzo dei condomini e di terzi a conoscenza dei fatti di causa, e può altresì produrre idonea documentazione – anche di natura tecnica, come perizie di parte, anche in forma giurata – il cui fine è quello di comprovare la fondatezza dell'opposizione proposta avverso la delibera assembleare.

In base alla Riforma Cartabia, la quale ha introdotto l'art. 183-ter c.p.c. rubricato ordinanza di accoglimento della domanda, nelle controversie di competenza del Tribunale aventi ad oggetto diritti disponibili il giudice, su istanza di parte, nel corso del giudizio di primo grado può pronunciare ordinanza di accoglimento della domanda quando i fatti costitutivi sono provati e le difese della controparte appaiono manifestamente infondate. Ovviamente, in caso di pluralità di domande l'ordinanza può essere pronunciata solo se tali presupposti ricorrono per tutte. Pertanto, grava sulla parte istante allegare tutte le prove in suo possesso al fine di accelerare l'iter processuale finalizzato alla definizione del processo. Ciò anche in considerazione di quanto stabilito dal precedente art. 183-bis c.p.c., rubricato passaggio dal rito ordinario al rito semplificato di cognizione, il quale prevede che all'udienza di trattazione il giudice, valutata la complessità della lite e dell'istruzione probatoria e, sentite le parti, se rileva che in relazione a tutte le domande proposte ricorrono i presupposti di cui al comma 1 dell'art. 281-decies c.p.c., dispone con ordinanza non impugnabile la prosecuzione del processo nelle forme del rito semplificato, applicandosi il comma 5 dell'art. 281-duodecies c.p.c.

4. Conclusioni

L'innovazione è illecita quando costituisce un uso illegittimo della parte comune – nel presente scenario costituita dall'area interrata condominiale da adibire a autorimessa – come nel caso in cui venga arrecato il pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza dell'edificio.

In tale ottica, è evidente, infatti, che la trasformazione in parcheggio di un'area posta nell'interrato condominiale comporta inevitabilmente un'attività volta ad incidere sulla consistenza materiale del bene o sulla sua utilità, mutandone l'entità o la stessa destinazione originaria, ragione per cui quest'ultime non possono andare a ledere né il diritto soggettivo del singolo condomino né quelli ravvisabili in capo a tutti i condomini per la preservazione della cosa comune.

Ciò spiega perché la legge autorizza le innovazioni soltanto quando sono dirette al miglioramento, all'uso più comodo oppure al maggiore rendimento delle cose comuni, come ad esempio nei casi di eliminazione delle barriere architettoniche.

Nella fattispecie, se la struttura dell'edificio condominiale è tale che – per ragioni intrinseche, come ad esempio la vetustà, o estrinseche – sia pericoloso eseguire rilevanti opere edili che possano pregiudicarne la staticità, tale problematica potrebbe essere avvalorata dalle risultanze del certificato di idoneità statica redatto ai sensi dei d.m. 15 maggio 1985 e 20 settembre 1985, che attesta le condizioni di sicurezza delle strutture portanti di un fabbricato, secondo le norme in vigore al momento della costruzione.

Tale documento contiene le informazioni utili relative alla descrizione dell'immobile ed alle acquisizioni preliminari, la caratterizzazione dei materiali adoperati per la costruzione, le prove di carico e le verifiche statiche per valutare la resistenza e la risposta elastica mediante l'esame degli abbassamenti, la Individuazione dello schema statico, verifica della congruità dei carichi con la destinazione d'uso e la dichiarazione di idoneità statica con la quale il tecnico incaricato dichiara la struttura idonea dal punto di vista statico. Qualora, invece, il tecnico ritenesse di dover intervenire su alcuni elementi, sospende il rilascio del certificato in attesa della posa in opera dei consolidamenti.

Sul piano probatorio, tutte queste valutazioni dovrebbero essere svolte preliminarmente dal condomino che intenda opporsi alla delibera adducendo l'esistenza di problematiche statiche dell'edificio, a tale fine, illustrando la geometria del fabbricato, l'epoca di costruzione a cui risale e tutti gli interventi, da cui è stato interessato nel corso degli anni, come modifiche, sopraelevazioni ed ampliamenti, compiendo altresì in loco, una serie di indagini, per conoscere le condizioni del terreno di fondazione, avvalendosi eventualmente della consulenza tecnica di un geologo, e di altra figura professionale esaminando i materiali delle strutture e valutarne le resistenze, verificando se sono presenti fessurazioni, lesioni, assestamenti strutturali, trattandosi di elementi che possono essere indice di un eventuale dissesto presente nelle strutture portanti dell'edificio sovrastante all'area interessata dai lavori di costruzione dei box e valutando la fattibilità di interventi di rinforzo o di adeguamento anche antisismico, fermo restando che in ogni caso, la delibera non potrebbe pregiudicare il diritto soggettivo del medesimo a godere del bene comune – piano interrato – per effetto della realizzazione dei box auto riservati ad un numero inferiore di condomini rispetto alla totalità degli aventi diritto.

Con specifico riferimento a quest'ultima ipotesi, il pregiudizio risulta ancora più evidente ove ricorra il caso in cui il solaio di copertura delle singole autorimesse interrate sia costituito dal cortile condominiale, da camminamenti o da aiuole comuni, trovando applicazione l'art. 1125 c.c., in base al quale le spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto.

Infatti, è evidente che, nel caso in cui il solaio di copertura dell'autorimessa svolga anche la funzione di consentire l'accesso all'edificio condominiale, in tale fattispecie non ci si troverebbe davanti ad una utilizzazione particolare da parte di un condomino rispetto agli altri, ma ad una utilizzazione conforme alla destinazione tipica – anche se non esclusiva – di tale manufatto da parte di tutti i condomini, con la conseguenza che la spesa di impermeabilizzazione del cortile condominiale, che funga da copertura dei box interrati andrà sostenuta per metà dai proprietari delle autorimesse e per l'altra metà da tutti i condomini che utilizzano l'area comune, e con la precisazione che restano a carico dell'intero condominio proprietario superiore le spese per la pavimentazione del cortile/aiuola/parcheggio e a carico dei singoli condomini proprietari delle autorimesse allocate al piano interrato sottostante l'intonaco, la tinteggiatura e la decorazione dei muri interni.

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