Mutamento di destinazione del locale portineria in sala riunioni1. Bussole di inquadramentoLa maggioranza diretta al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni Nell'alveo delle innovazioni propriamente dette, qualificate anche come semplici, per distinguerle dalle innovazioni – in senso improprio – significative, che implicano un mutamento della destinazione d'uso, si annoverano le innovazioni ordinarie previste dall'art. 1120, comma 1, c.c. dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni. In proposito, l'art. 1136, comma 5, c.c. prevede che le deliberazioni di cui all'art. 1120, comma 1, c.c. devono essere approvate dall'assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell'edificio. Le innovazioni, in tal caso, vengono definite come tutte quelle modificazioni che, determinando l'alterazione dell'entità materiale o il mutamento della destinazione originaria, comportano che le parti comuni, in seguito all'attività o alle opere eseguite, presentino una diversa consistenza materiale ovvero vengano ad essere utilizzate per fini diversi da quelli precedenti. La maggioranza diretta alle modificazioni della destinazione d'uso L'art. 1117-ter, comma 1, c.c. stabilisce che, per “soddisfare esigenze di interesse condominiale”, l'assemblea, con un numero di voti che rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell'edificio, può modificare la destinazione d'uso delle parti comuni. La disposizione in commento, pur trattandosi di norma a soddisfare esigenze di interesse condominiale, tuttavia, è più generica rispetto alla norma ex art. 1120, comma 1, c.c.; quest'ultima, infatti, è correlata al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni. Inoltre, la norma ex art. 1117-ter c.c., rispetto al concetto di innovazione previste dall'art. 1120 c.c., richiede maggioranze assembleari molto elevate ed un iter approvativo più stringente. Difatti, la nuova norma – introdotta dalla l. n. 220/2012 – prevede che la “convocazione dell'assemblea deve essere affissa per non meno di trenta giorni consecutivi” nei locali di maggior uso comune o negli spazi a tal fine destinati, inoltre, deve effettuarsi mediante lettera raccomandata o equipollenti mezzi telematici, in modo da pervenire almeno “venti giorni prima della data di convocazione”. A pena di “nullità”, la convocazione dell'assemblea deve indicare le parti comuni oggetto della modificazione e la nuova destinazione d'uso. L'ultimo comma dell'art. 1117-ter c.c., infine, stabilisce che, comunque, tali modificazioni delle destinazioni d'uso non possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o alterare il decoro architettonico, reiterando, in buona sostanza, il disposto dell'ultimo comma dell'art. 1120 c.c. (nuovo testo), il quale, riguardo alle innovazioni ordinarie mantiene sempre il triplice limite della stabilità/sicurezza/decoro, aggiungendo il divieto per quelle modifiche che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino. La disciplina applicabile al cambio di destinazione della portineria I condomini possono decidere di trarre dagli spazi comuni un vantaggio diverso o ulteriore rispetto a quello originario. Nel caso del portierato, ad esempio, si può decidere di concedere l'alloggio del portiere in locazione a terzi per trarne profitto; alienare l'unità abitativa, per liberarsi dai costi di un locale inutilizzato, trasformarlo in un locale per il rimessaggio delle biciclette o in un deposito o in una sala riunioni. Premesso ciò, quanto alla disciplina applicabile, si osserva che le innovazioni (in generale ex art. 1120 c.c.) mirano al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni. Ciò, però, non deve mai rendere le parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino (in tal caso le innovazioni dovrebbero essere considerate vietate). Per il cambio di destinazione d'uso ex art. 1117-ter c.c., invece, la situazione sembra differente in quanto, innanzitutto, lo scopo è quello di soddisfare “esigenze di interesse condominiale” (esempio, mutare il vecchio locale di portineria in sala riunioni). Si tratta, in tal caso, di qualcosa di diverso dall'interesse “specifico” dei condomini a godere al meglio delle cose comuni (esempio, mutare il cortile in parcheggio di auto, riconosciuta espressamente dalla giurisprudenza come innovazione ex art. 1120 c.c.). Dunque, se consideriamo la modifica della destinazione d'uso alla casa del portiere ad altra destinazione diretta a soddisfare “esigenze di interesse condominiale”, certamente, a seguito della novità normativa (seguendo la ratio del Legislatore), troverebbe applicazione la regola dell'art. 1117-ter c.c. (in tal caso occorrono almeno 800 millesimi e se, per esempio, i condomini sono 20 almeno 16 condomini favorevoli). Ad oggi, tuttavia, l'art. 1117-ter c.c. rappresenta una disposizione di difficile perimetrazione/interpretazione delle dinamiche condominiali; inoltre, la giurisprudenza non ha del tutto fornito soluzioni operative, sicché l'interprete dovrà valutare caso per caso la disciplina applicabile. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
L'assemblea può approvare il mutamento di destinazione d'uso del locale portineria in sala riunioni con la maggioranza di cui all'art. 1136, comma 2, c.c.?
Acquisto del locale portineria Chi acquista il locale portineria di un condominio non può vedersi opporre la volontà del costruttore dell'edificio sulla destinazione dello spazio. La scelta del costruttore di concedere al condominio un locale dove esercitarvi il servizio di portineria, infatti, è volontaria e non può trasmettersi ai successivi acquirenti (Cass. II, n. 12237/2016: la Cassazione risolve la controversia tra un condomino, neo-aggiudicatario ad un'asta del locale in precedenza adibito a locale portineria, e il condominio che pretendeva che tale locale continuasse ad essere adibito a tale uso: per i giudici di legittimità, la concessione del locale a luogo di esercizio del servizio di portineria da parte del costruttore è frutto della volontà personale di quest'ultimo e non si trasforma in un vincolo di destinazione suscettibile di trasmettersi a mo' di obbligazione propter rem nei confronti dei successivi acquirenti). Maggioranza qualificata per la trasformazione in garage di locali condominiali già destinati a portineria La trasformazione in garage di locali condominiali già destinati a portineria e a centrale termica, i cui servizi siano stati soppressi con precedenti delibere, costituisce un'innovazione che non è vietata ai sensi dell'art. 1120 c.c. e non incide sul diritto di proprietà dei locali che restano in comunione, ma soltanto sulla loro destinazione e utilizzazione. Essa, quindi, è legittimamente disposta con deliberazione della maggioranza qualificata di cui all'art. 1136, comma 5, c.c. (Cass III, n. 15640/2002). Pertanto, le deliberazioni assembleari di mutamento di destinazione di una parte comune non danno luogo a un'innovazione vietata dall'art. 1120 c.c., ma costituiscono pure sempre innovazioni, da approvarsi con la maggioranza qualificata (Cass. II, n. 26295/2014: fattispecie relativa alla decisione di adibire un'area condominiale a parcheggio). Non è necessaria la maggioranza qualificata in caso di modificazione di destinazione d'uso di un locale comune da portineria a locale rifiuti Deve essere rigettata l'impugnazione dell'assemblea condominiale attinente al mancato raggiungimento del quorum deliberativo specificatamente previsto dal dell'art. 1136, comma 5, c.c. per le deliberazioni concernenti le assemblee in seconda convocazione e inerenti alle innovazioni riguardante la modifica di destinazione d'uso di un locale comune da portineria a locale rifiuti con l'apertura di una porta finestra al posto della finestra (Trib. Milano 21 novembre 2013: nel caso in cui lo spazio comune sia rimasto pacificamente per diversi anni libero e senza una precisa destinazione e nella delibera impugnata sia previsto che tale spazio continui ad avere una destinazione comune, senza violazione del diritto del singolo, deve ritenersi che la modificazione della destinazione della cosa comune non assuma il rilievo della innovazione, ma risponda allo scopo di un uso del bene più intenso e proficuo, ex art. 1102 c.c.). Modificazione della destinazione d'uso di una parte comune nell'interesse di un solo condomino La modificazione della destinazione d'uso di una parte comune nell'interesse di un solo condomino non è preclusa dall'art. 1117-ter c.c., osservandosi in proposito che l'ultimo comma della citata disposizione, a differenza dell'art. 1120 c.c., non vieta le modificazioni della destinazione d'uso che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino, cosicché va ritenuto che tale modificazione sia possibile e vada deliberata all'unanimità (Trib. Trento 1° febbraio 2021). La trasformazione del cortile condominiale in parcheggio non determina alcuna modificazione della destinazione d'uso del bene ex art. 1117-ter c.c. La limitata trasformazione del cortile condominiale in un parcheggio non comporta una modifica della destinazione d'uso – ai sensi dell'art. 1117-ter c.c. – e costituisce piuttosto un'innovazione non confliggente col divieto dell'art. 1120, ultimo comma, c.c. non causando, in particolare, alcuna significativa menomazione del godimento e dell'uso del bene comune, ed anzi da essa derivando una valorizzazione economica di ciascuna unità abitativa e una maggiore utilità per i condomini (Cass. II, n. 21342/2018; Trib. Roma 19 gennaio 2022: nella vicenda di merito, l'attore, tra i vari presunti vizi dell'assemblea, aveva posto l'attenzione sul contrasto con l'art. 1117-ter c.c.; secondo l'istante, la trasformazione appena approvata aveva, inevitabilmente, modificato la destinazione d'uso del cortile e ciò era avvenuto in contrasto con quanto sancito dalla predetta norma. Secondo il giudice, l'attore del procedimento in commento sbaglia ad invocare l'art. 1117-ter c.c. poiché, nel caso de quo, non era stata deliberata alcuna modificazione della destinazione d'uso del cortile comune; quindi, la trasformazione in parcheggio del cortile è un'innovazione). 3. Azioni processualiTutela stragiudiziale Il condomino che ritiene invalidamente adottata la delibera assembleare di destinazione del locale comune precedentemente adibito ad uso abitazione del portiere, chiede all'amministratore di procedere ad una nuova convocazione dell'assemblea al fine di revocare la precedente deliberazione adottata senza il rispetto dei criteri previsti ex lege, poiché in difetto procederà ad impugnarla con possibile aggravio di spese. Funzione e natura del giudizio L'opposizione alla delibera, con cui si statuisce la destinazione ad uso diverso del locale di proprietà comune precedentemente adibito ad abitazione del portiere, avverso la quale il condomino agisce chiedendone l'annullamento, è un ordinario giudizio a cognizione ordinaria, la cui funzione è di invalidare la suddetta delibera, in quanto adottata senza il rispetto della maggioranza prevista ex lege. Aspetti preliminari Mediazione La mediazione è uno strumento fortemente voluto dal legislatore prima in chiave alternativa al processo civile e successivamente al legislatore del PNRR in funzione complementare della giustizia civile, in entrambi i casi al fine di perseguire una finalità dichiaratamente deflattiva del contenzioso e, per tale ragione, è prevista obbligatoriamente quale condizione di procedibilità della domanda attorea ex art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010 nella materia condominiale per le controversie previste dall'art. 71-quater disp. att. c.c., le quali si intendono quelle derivanti dalla violazione od errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II del codice civile e degli artt. da 61 a 72 delle disposizioni di attuazione del codice civile. L'onere di proporre la domanda di mediazione ex art. 71-quater disp. att. c.c. – sul quale recentemente il legislatore è intervenuto disponendo, all'art. 2 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, l'abrogazione dei commi 2, 4, 5 e 6, e stabilendo, al comma 3 della norma sopra citata, che le parole “previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del codice” siano sostituite dalle seguenti: “secondo quanto previsto dall'articolo 5 ter del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28” – prima di intraprendere la strada giudiziale, grava sulla parte istante, dunque in questo specifico caso l'attore, ovvero la parte che impugna la delibera condominiale assumendone l'illegittimità. In questa particolare fattispecie, la mediazione può costituire un utile strumento per ricercare un'idonea soluzione ai rispettivi interessi contrapposti al di fuori del processo, ed in ogni caso prima ancora che quest'ultimo abbia inizio attesa l'obbligatorietà della stessa. Tuttavia, stante la non uniformità della giurisprudenza formatasi sulla questione concernente l'esatto dies a quo da considerare ai fini della sospensione del termine di trenta giorni per proporre l'impugnazione avverso la delibera, frutto della mancanza di una norma ad hoc di raccordo tra la previsione generale sull'obbligatorietà della mediazione in ambito condominiale e quella disciplinante la perentorietà del termine stabilito a pena di decadenza per l'impugnazione della delibera, sovente si verifica che la parte interessata decida di impugnare quest'ultima e successivamente, o contestualmente, di proporre l'istanza di mediazione. Competenza Il Tribunale, ai sensi dell'art. 9 c.p.c., è il giudice competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice e, in generale, per quelle di valore indeterminabile, come nel caso di impugnazione della delibera assembleare per conseguirne la dichiarazione giudiziale di annullabilità in quanto, nella fattispecie, adottata senza il rispetto della maggioranza prevista ex lege per la destinazione del locale di proprietà condominiale ad uso diverso da abitazione del portiere. Legittimazione La legittimazione ad impugnare la delibera assembleare condominiale appartiene al condomino che abbia l'interesse ad agire, nella fattispecie, ravvisato nella adozione della decisione senza il rispetto della maggioranza prevista dal codice civile concernente la destinazione del locale comune ad uso diverso da abitazione del portiere. Profili di merito Onere della prova Il condomino, il quale intenda impugnare la delibera assembleare, ha l'onere di allegare le ragioni sulla cui scorta può addivenirsi alla declaratoria giudiziale di invalidità. Lo stesso opponente deve, quindi, assolvere all'onere di allegare tutte quelle circostanze, anche di mero fatto, che possano essere utili per confermare la propria tesi difensiva, volta a contrastare quanto deliberato senza l'osservanza del quorum occorrente per l'approvazione della destinazione del locale condominiale ad uso diverso da abitazione del portiere. Contenuto dell'atto di citazione L'atto di citazione deve contenere la vocatio in jus del condominio in persona del suo amministratore pro-tempore – che, per effetto di quanto enunciato nell'art. 3 del d.lgs. n. 149/2022, il termine in essa indicato è elevato a centoventi giorni liberi che necessariamente devono decorrere tra il giorno della notificazione dell'atto e quello dell'udienza di comparizione – e deve altresì contenere gli avvertimenti previsti espressamente dall'art. 163, comma 3, n. 3-bis, c.p.c. e dunque, l'indicazione, nei casi in cui la domanda è soggetta a condizione di procedibilità, dell'assolvimento degli oneri previsti per il suo superamento; e che, in base al nuovo testo modificato dall'art. 7 del d.lgs. n. 149/2022, occorre indicare insieme al giorno dell'udienza di comparizione, anche l'invito al convenuto a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c. ed a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., con l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., e che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'art. 86 c.p.c. o da leggi speciali, e che la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare l'istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato. In base al nuovo testo modificato dall'art. 7 del citato d.lgs. n. 149/2022, l'art. 163 c.p.c., al n. 4), deve contenere l'esposizione in modo chiaro e specifico dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni. Nelle conclusioni dell'atto di citazione, la parte opponente dovrà enunciare distintamente le proprie richieste finalizzate all'annullamento della delibera condominiale impugnata. L'atto in parola va, quindi, sottoscritto dal difensore, e corredato della procura ad litem, contenente la sottoscrizione della parte autenticata dallo stesso difensore unitamente all'indicazione della documentazione ad esso allegata e notificato telematicamente – o in cartaceo laddove risulti sprovvisto di un valido indirizzo digitale attivo – all'amministratore pro-tempore del condominio. In particolare, l'attore, previo versamento del contributo unificato, sempre telematicamente, in base all'art. 165 c.p.c. – modificato anch'esso dall'art. 7 del d.lgs. n. 149/2022 – entro dieci giorni dalla notificazione della citazione al convenuto, deve costituirsi in giudizio a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, depositando la nota d'iscrizione a ruolo ed il proprio fascicolo contenente l'originale della citazione, la procura ed i documenti offerti in comunicazione. Se si costituisce personalmente, deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune ove ha sede il Tribunale, o indicare l'indirizzo presso cui ricevere le comunicazioni e notificazioni anche in forma telematica. Richieste istruttorie Il condomino può chiedere l'ammissione dell'interrogatorio formale dell'amministratore in carica sulle posizioni articolate nella narrativa dell'atto di citazione con il quale ha impugnato la delibera, volte essenzialmente a confermare l'assunto secondo cui l'assemblea, decidendo in ordine alla nuova destinazione del locale precedentemente adibito ad uso abitazione del portiere non ha osservato la maggioranza prevista ex lege. Sulle stesse posizioni, l'istante può chiedere anche l'ammissione di una prova testimoniale a mezzo dei condomini, e può altresì produrre idonea documentazione volta a comprovare la fondatezza dell'opposizione proposta avverso la delibera assembleare. 4. ConclusioniLa quaestio juris richiede il preliminare esame di due aspetti fondamentali, concernenti, rispettivamente, il fatto che l'immobile fosse adibito o meno ad abitazione del portiere e, soprattutto, la titolarità condominiale del bene o l'esistenza di un vincolo di destinazione del bene stesso all'uso comune. La decisione della controversia concernente la maggioranza occorrente per l'approvazione della delibera condominiale riferita alla destinazione del locale comune precedentemente adibito a residenza del portiere non può prescindere completamente dalla valutazione di tali aspetti. La questione della proprietà oppure della condominialità del bene di cui alla delibera impugnata a seconda se emerga come un fatto pacifico o al contrario risulti oggetto di contestazione tra le parti, è destinata infatti a riflettersi sul quorum occorrente per la valida deliberazione – maggioranza o unanimità – anche per effetto di quanto enunciato in tema di innovazioni. Infatti, premesso che, nella fattispecie, assume rilevanza il procedimento di deliberazione del mutamento di destinazione d'uso della res, appare altresì evidente che la natura condominiale dell'appartamento in precedenza adibito ad ex alloggio del portiere, influisce sul motivo d'impugnazione della delibera adottata dai condomini al fine di dichiararne la nullità. Non a caso, dirimente è la finalità del mutamento di destinazione, ossia la soddisfazione di esigenze di interesse condominiale. In tale ottica, emerge la necessità di una corretta identificazione e qualificazione dell'immobile di cui si controverte come alloggio del portiere e la connessa valutazione circa la situazione giuridica e la destinazione d'uso dell'immobile medesimo. Ad esempio, quid juris se l'appartamento de qua viene descritto ed individuato semplicemente come contraddistinto con un determinato numero d'interno rispetto agli altri appartenenti allo stesso stabile, senza riferimento alcuno ad una sua particolare destinazione od uso e/o ad una specifica appartenenza condominiale? Al riguardo, una recente pronuncia di legittimità ha affermato il principio che la condominialità dell'appartamento in questione non possa ricavarsi dal suo mero accatastamento quale abitazione del portiere, ragione per cui l'omessa indicazione del bene in oggetto tra quelli specificamente richiamati dal regolamento condominiale non è superabile mediante il mero ricorso alla destinazione d'uso di cui al certificato catastale (Cass. II, n. 21532/2020). Ciò non toglie, però, che l'alloggio del portiere, sebbene accatastato come bene comune censibile, qualora l'effettiva destinazione d'uso emerga come vincolata per effetto di quanto enunciato negli atti d'acquisto delle singole unità immobiliari dell'edificio o nel regolamento condominiale, per eliminare il suddetto vincolo si renderà necessario procedere con una deliberazione ad hoc dell'assemblea seguendo il procedimento previsto ex lege dal codice civile. Queste sono le ragioni per cui, al fine di coltivare un'efficace azione impugnativa della delibera assembleare che si assume essere stata presa invalidamente senza l'osservanza della maggioranza prevista ex lege, il condomino opponente dovrà allegare la natura condominiale del bene e, per l'effetto, la necessità del nuovo mutamento di destinazione d'uso del cespite rispetto a quella precedentemente adottata anteriormente alla cessazione del servizio di portierato. |