Contestazione dell'imputazione di spese personali1. Bussole di inquadramentoLe spese condominiali Le spese di condominio sono tutti quegli oneri che devono essere pagati dai condomini affinché le parti comuni di un edificio possano essere conservate e godute da tutti i comproprietari. Le spese condominiali che gravano sui condomini possono essere divise in spese ordinarie e spese straordinarie. Quelle ordinarie riguardano la normale gestione dell'edifico e comprendono, tra l'altro: pulizie, illuminazione, manutenzione del giardino, riparazioni generiche, polizza assicurativa, compenso dell'amministratore, costi di gestione (raccomandate di invito alle assemblee, spese di cancelleria, ecc.). Le spese straordinarie sono, invece, quelle di carattere occasionale che coinvolgono l'intero condominio, come il rifacimento della facciata o del tetto, o quelle per le innovazioni. Il codice civile stabilisce dei criteri c.d. legali di ripartizione delle spese condominiali: il riparto proporzionale (art. 1123, comma 1, c.c.), quello in base all'uso differenziato (art. 1123, comma 2, c.c.) e quello in base all'uso separato (art. 1123, comma 3, c.c.). Negli artt. 1124,1125 e 1126 c.c. sono fissati i criteri legali per la ripartizione delle spese di alcune tipologie specifiche di beni condominiali. Al di fuori di questi metodi di divisione delle spese, sono ammissibili “criteri in deroga” o convenzionali. Il criterio della ripartizione proporzionale al valore della proprietà L'art. 1123, comma 1, c.c. prevede che le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione. La ratio di tale criterio va ricercata nel fatto che ciascuna unità immobiliare ha un valore diverso che giustifica la ripartizione in proporzione alla quota (millesimi). In pratica, l'art. 1123 c.c. sancisce il generale criterio proporzionale rispetto al valore della proprietà (salvo diversa convenzione) con riferimento alle spese occorrenti per: la conservazione dell'immobile, il godimento delle parti comuni dell'edificio, la prestazione dei servizi nell'interesse comune, le innovazioni deliberate dalla maggioranza (a differenza delle spese d'uso, che traggono origine dal godimento soggettivo e personale, e che si suddividono in proporzione alla concreta misura di esso, indipendentemente dalla misura proporzionale dell'appartenenza e quindi possono essere anche autonome rispetto alla quota proprietaria). Il criterio della ripartizione in base all'uso differenziato Il comma 2 dell'art. 1123 c.c., invece, prevede che se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne. Dunque, mentre l'art. 1123, comma 1, c.c. si applica quando i beni comuni sono strutturalmente predisposti in modo da servire le singole unità abitative in modo uniforme, il comma 2 disciplina l'ipotesi in cui si riscontri una differenza funzionale tale da determinare una utilità per alcune unità in misura differente rispetto ad altre. L'uso cui fa riferimento la norma è quello potenziale: la norma presuppone che si tratti di servizi i quali siano di per sé strutturati in modo da fornire utilità diverse ai singoli condomini. In tal caso, questo criterio prevale su quello di cui all'art. 1123, comma 1, c.c. Come sostenuto dai giudici di legittimità, il principio di proporzionalità tra spese ed uso di cui al comma 2 dell'art. 1123 c.c. esclude che le spese relative alla cosa che in alcun modo, per ragioni strutturali o attinenti alla sua destinazione, può servire ad uno o più condomini possano essere poste anche a carico di quest'ultimi (Cass. II, n. 7077/1995: nella specie, si trattava delle spese di installazione delle porte tagliafuoco dell'atrio comune nel quale si aprivano le porte di alcune autorimesse in proprietà esclusiva di singoli condomini). Il criterio della ripartizione in base all'uso separato Infine, l'art. 1123, comma 3, c.c. prevede che, qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità. Invero, con la disposizione in commento, il Legislatore ha previsto che quando la destinazione oggettiva del bene/impianto non sia funzionalizzata a fornire utilità a tutte le unità immobiliari, ma solo ad alcune di esse, sussiste ex lege il c.d. condominio parziale: fenomeno per cui il condominio pur manifestandosi nella sua completezza di effetti previsti dal codice, non va riferito a tutte le porzioni di piano facenti parte del fabbricato, ma solo ad una loro parte. Pertanto, ad esempio, se un condomino possiede un'unità immobiliare ubicata nella scala “A”, a lui spetterà l'onere di contribuire ai costi spese per l'ascensore, per la luce, ecc. e, quindi, solo con riferimento alla scala che abita. Nulla, invece, sarà dovuto rispetto alle medesime spese che riguardano la scala “B”. Ciò vale, naturalmente, anche per coloro che abitano le altre scale. Deroga ai criteri di legge L'assemblea, in virtù della propria autonomia negoziale, può derogare ai predetti criteri di ripartizione delle spese – ad esempio prevedendo che contribuiscano tutti i condomini, in base ai millesimi, alla manutenzione del lastrico solare in deroga a quanto previsto dall'art. 1126 c.c. (Cass. VI, n. 4183/2017) – con delibera assunta all'unanimità dei partecipanti alla comunione (Cass. II, n. 470/2019) o con regolamento condominiale contrattuale predisposto dall'originario unico proprietario o dal costruttore e richiamato nei singoli atti di acquisto (Trib. Roma 13 maggio 2019) che operi sia la modifica dei criteri legali di cui all'art. 1123 c.c. sia la modifica di un precedente regolamento contrattuale (Cass. II, n. 19651/2017); oppure con regolamento di origine assembleare approvato da tutti i condomini (Cass. VI, n. 29220/2018). 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
La delibera adottata è efficace anche nei confronti dei condomini che non utilizzano i beni comuni per i quali è stato deciso il rifacimento?
L'esistenza del condominio parziale Tale tipologia di condominio non esige un fatto o un atto costitutivo in sé, ma sorge ope legis in presenza della condizione materiale o funzionale giuridicamente rilevante e coesiste nell'edificio con la più vasta e strutturata organizzazione del condominio. L'esistenza di un condominio parziale spiega i suoi effetti anche a livello di ripartizione delle spese inerenti i beni di sua esclusiva appartenenza. In tale caso, la ripartizione delle spese deve effettuarsi solo tra il gruppo ristretto di condomini che traggono effettiva utilità dal bene (Trib. Teramo 8 giugno 2020). L'istituto del c.d. condominio parziale risponde all'esigenza di assegnare le decisioni inerenti all'amministrazione di alcune cose comuni, che possono fornire utilità solo ad una parte dei condomini, solo a questi ultimi, i quali, ai sensi dell'art. 1123, comma 3, c.c., devono sostenerne i costi, in ossequio al principio di giustizia per cui i poteri gestionali spettano a chi paga (Trib. Roma 17 giugno 2020). Ripartizione delle spese in relazione all'uso dei beni comuni Il criterio della ripartizione delle spese in relazione all'uso trova ulteriore regolamentazione nell'ipotesi di condominio parziale, configurabile ex lege tutte le volte in cui un bene risulti, per le sue obbiettive caratteristiche strutturali e funzionali, destinato oggettivamente al servizio e/o al godimento, in modo esclusivo, di una parte soltanto dell'edificio in condominio. In tal caso, i condomini non concorrono alle spese se dalle cose indicate dall'art. 1117 c.c. – scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte del fabbricato – essi non traggano utilità, salva diversa attribuzione per titolo (Cass. II, n. 20112/2022; Cass. II, n. 4709/2022; Trib. Roma 8 giugno 2022). Dunque, a carico dei condomini privi di contitolarità riguardo a quel dato bene, neppure ovviamente si pone un problema di contribuire alle spese (Cass. II, n. 12641/2016). Di conseguenza, l'obbligo di contribuire alle spese condominiali deve essere quindi fondato sull'utilità che a ogni singola proprietà esclusiva può derivare dalla cosa comune, sicché se la cosa oggetto dell'intervento non può servire a uno o più condomini non vi è obbligo di contribuire alle spese (Cass. II, n. 4709/2022). Con specifico riguardo alla ripartizione delle spese nel caso di condominio parziale, le tabelle millesimali approvate possono essere utilizzate, ove non ce ne siano di specifiche, anche in caso di ripartizione di spese fra i soli condomini che abbiano tratto utilità dalle spese ai sensi dell'art. 1123, comma 3, c.c. In tal caso, infatti, il rapporto di valore tra le singole unità immobiliari ed il complesso dei locali che abbiano tratto utilità dalle opere deve essere stabilito utilizzando i detti coefficienti millesimali, previa esecuzione delle operazioni aritmetiche occorrenti per stabilire il nuovo rapporto di proporzione (Trib. Roma 11 ottobre 2021). Partecipazione all'assemblea del condominio parziale A fronte del c.d. condominio parziale, dunque, si verificano conseguenze inerenti alla gestione e l'imputazione delle spese, in particolare non sussiste il diritto di partecipare all'assemblea relativamente alle cose, ai servizi, agli impianti, da parte di coloro che non ne hanno la titolarità, ragioni per cui la composizione del collegio e delle maggioranze si modificano in relazione alla titolarità delle parti comuni che della delibera sono oggetto (Trib. Messina 1° febbraio 2021; Trib. Roma 21 luglio 2018). Per meglio dire, non solo le spese vanno divise esclusivamente tra chi trae utilità dalle cose oggetto del condominio parziale, ma anche le decisioni ad esse relative devono essere assunte solamente da questi comproprietari ed è rispetto a questi che vanno calcolati i rispettivi quorum costitutivo e deliberativo (Trib. Firenze 6 novembre 2015). Legittimazione passiva del condominio Qualora, ai fini delle delibere assembleari, occorre tener conto dei soli condomini proprietari del bene comune, con esclusione dei condomini non tenuti alla ripartizione delle spese, sussiste comunque la legittimazione passiva processuale del condominio per l'impugnazione delle delibere adottate in relazione a beni di proprietà in comune solo di taluni condomini, attesa la natura “condominiale” dei beni oggetto della delibera, seppur in comunione di solo taluni condomini (Trib. Latina 2 marzo 2018). Invero, non sussiste il difetto di legittimazione passiva dell'amministratore, posto che non viene meno la rappresentanza processuale dell'amministratore in carica, quale unico soggetto che può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio, salva, eventualmente, la restrizione degli effetti della sentenza, nell'àmbito dei rapporti interni, ai soli condomini interessati (Cass. I, n. 651/2000). Ripartizione spese dell’adeguamento antincendio La ratio della ripartizione delle spese in relazione all'uso va ricercata anche nell'esigenza di evitare un indebito arricchimento rispettivamente a favore e a discapito dei singoli condomini quando un servizio comune è destinato ad esser fruito in misura diversa dai singoli condomini. Vanno quindi ripartite tra tutti i condomini, in proporzione al valore della quota di ciascuno, le spese attinente a parti dell'edificio comuni o ritenute tali in base a norma regolamentare ed adempiano, attraverso le opere poste in essere, ad una funzione di prevenzione di eventi - nel caso di specie l'incendio - che potrebbero interessare l'intero edificio condominiale; invece, quando l'utilità riguardi la singola proprietà esclusiva e l'intervento non possa in alcun modo servire ad uno o più condomini, non sussiste il loro obbligo a contribuire alle spese relative (Trib. Avellino 13 febbraio 2024, n. 312). 3. Azioni processualiTutela stragiudiziale Il condomino della scala A chiede all'amministratore di convocare nuovamente l'assemblea per rivedere la decisione che pone a carico della stessa le spese straordinarie riguardanti beni comuni destinati a servire la scala B, poiché, in difetto di positivo riscontro alla suddetta richiesta, sarà costretto ad impugnare il deliberato assembleare con possibile aggravio di costi. Funzione e natura del giudizio L'impugnazione di una delibera condominiale è un giudizio a cognizione ordinaria, la cui funzione è di conseguire l'invalidità del deliberato assembleare in quanto lesivo di un diritto soggettivo del condomino opponente. Aspetti preliminari Mediazione La mediazione è uno strumento fortemente voluto dal legislatore prima in chiave alternativa al processo civile e successivamente al legislatore del PNRR in funzione complementare della giustizia civile, in entrambi i casi al fine di perseguire una finalità dichiaratamente deflattiva del contenzioso e, per tale ragione, è prevista obbligatoriamente quale condizione di procedibilità della domanda attorea ex art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010 nella materia condominiale per le controversie previste dall'art. 71-quater disp. att. c.c., le quali si intendono quelle derivanti dalla violazione od errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II del codice civile e degli artt. da 61 a 72 delle disposizioni di attuazione del codice civile. L'onere di proporre la domanda di mediazione ex art. 71-quater disp. att. c.c. – sul quale recentemente il legislatore è intervenuto disponendo, all'art. 2 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, l'abrogazione dei commi 2, 4, 5 e 6, e stabilendo, al comma 3 della norma sopra citata, che le parole “previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del codice” siano sostituite dalle seguenti: “secondo quanto previsto dall'articolo 5-ter del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28” – prima di intraprendere la strada giudiziale, grava sulla parte istante, dunque in questo specifico caso l'attore, ovvero la parte che impugna la delibera condominiale assumendone l'illegittimità. In questa particolare fattispecie, la mediazione può costituire un utile strumento per ricercare un'idonea soluzione ai rispettivi interessi contrapposti al di fuori del processo, ed in ogni caso prima ancora che quest'ultimo abbia inizio attesa l'obbligatorietà della stessa. Tuttavia, stante la non uniformità della giurisprudenza formatasi sulla questione concernente l'esatto dies a quo da considerare ai fini della sospensione del termine di trenta giorni per proporre l'impugnazione avverso la delibera, frutto della mancanza di una norma ad hoc di raccordo tra la previsione generale sull'obbligatorietà della mediazione in ambito condominiale e quella disciplinante la perentorietà del termine stabilito a pena di decadenza per l'impugnazione della delibera, sovente si verifica che la parte interessata decida di impugnare quest'ultima e successivamente, o contestualmente, di proporre l'istanza di mediazione. Competenza Il Tribunale, ai sensi dell'art. 9 c.p.c., è il giudice competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice e, in generale, per quelle di valore indeterminabile, come nel caso dell'impugnazione di una delibera condominiale. Legittimazione La legittimazione a proporre l'opposizione avverso una delibera condominiale spetta al condomino che dimostri di possedere l'interesse ad agire per conseguire la dichiarazione giudiziale di invalidità della stessa delibera. Profili di merito Onere della prova Il condomino, il quale intenda proporre l'opposizione alla deliberazione dell'assemblea condominiale, ha l'onere di allegare le ragioni in fatto ed in diritto volte a comprovare l'esistenza delle condizioni che legittimerebbero la dichiarazione di invalidità della suddetta delibera condominiale. Contenuto dell'atto di citazione L'atto di citazione deve contenere la vocatio in jus del condominio in persona del suo amministratore pro-tempore – che, per effetto di quanto enunciato nell'art. 3 del d.lgs. n. 149/2022, il termine in essa indicato è elevato a centoventi giorni liberi che necessariamente devono decorrere tra il giorno della notificazione dell'atto e quello dell'udienza di comparizione – e deve altresì contenere gli avvertimenti previsti espressamente dall'art. 163, comma 3, n. 3-bis, c.p.c. e dunque, l'indicazione, nei casi in cui la domanda è soggetta a condizione di procedibilità, dell'assolvimento degli oneri previsti per il suo superamento; e, che in base al nuovo testo modificato dall'art. 7 del d.lgs. n. 149/2022, occorre indicare insieme al giorno dell'udienza di comparizione, anche l'invito al convenuto a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c. ed a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., con l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., e che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'art. 86 c.p.c. o da leggi speciali, e che la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare l'istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato. In base al nuovo testo modificato dall'art. 7 del citato d.lgs. n. 149/2022, l'art. 163 c.p.c., al n. 4), deve contenere l'esposizione in modo chiaro e specifico dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni. Nelle conclusioni dell'atto di citazione, l'attore dovrà enunciare distintamente le proprie richieste finalizzate a conseguire il risarcimento del danno. L'atto in parola va, quindi, sottoscritto dal difensore, e corredato della procura ad litem, contenente la sottoscrizione della parte autenticata dallo stesso difensore unitamente all'indicazione della documentazione ad esso allegata e notificato telematicamente – o in cartaceo laddove risulti sprovvisto di un valido indirizzo digitale attivo – all'amministratore pro-tempore del condominio. In particolare, l'attore, previo versamento del contributo unificato, sempre telematicamente, in base all'art. 165 c.p.c. – modificato anch'esso dall'art. 7 del d.lgs. n. 149/2022 – entro dieci giorni dalla notificazione della citazione al convenuto, deve costituirsi in giudizio a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, depositando la nota d'iscrizione a ruolo ed il proprio fascicolo contenente l'originale della citazione, la procura ed i documenti offerti in comunicazione. Se si costituisce personalmente, nei casi consentiti dalla legge, ad esempio ex art. 86 c.p.c. deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune ove ha sede il tribunale, o indicare l'indirizzo presso cui ricevere le comunicazioni e notificazioni anche in forma telematica. Richieste istruttorie Il condomino può chiedere l'ammissione dell'interrogatorio formale dell'amministratore in carica del condominio sulle posizioni articolate nella narrativa dell'atto di citazione, volte essenzialmente a confermare le ragioni dell'opposizione alla delibera assembleare di cui assume l'invalidità. Sulle stesse posizioni, l'attore può chiedere anche l'ammissione di una prova testimoniale a mezzo dei condomini e di terzi a conoscenza dei fatti di causa, e può altresì produrre idonea documentazione il cui fine è quello di comprovare la fondatezza dell'impugnazione della delibera proposta nei confronti del condominio. 4. ConclusioniLe diverse fattispecie riguardanti la delibera assembleare adottata in violazione dei criteri enunciati nell'art. 1123, comma 3, c.c. sono l'occasione per soffermarsi su due importanti questioni, la prima delle quali attiene alla stessa proponibilità esclusivamente in sede di opposizione alla citata delibera – nei prescritti modi e termini di cui all'art. 1137 c.c. – delle doglianze poste a base dell'anzidetta violazione. Al riguardo, si è affermato che, l'impugnazione proposta dal condomino che lamenta l'invalidità del deliberato assembleare, in quanto adottato in violazione dei criteri di riparto delle spese ai sensi dell'art. 1123, comma 3, c.c., a seguito della posizione assunta dalle Sezioni Unite, non deve più necessariamente essere proposta ai sensi dell'art. 1137 c.c., in quanto la deduzione della nullità od annullabilità di tale deliberazione, non può ritenersi preclusa nell'eventuale – e successivo – giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il cui oggetto può estendersi anche all'esame delle questioni relative all'invalidità della deliberazione di approvazione della spesa intimata. A deporre in tale senso sovviene il nuovo corso inaugurato dalle Sezioni unite (Cass. S.U., n. 9839/2021), in quanto, re melius perpensa, il plenum della Corte di legittimità ha ritenuto, da un lato, che mancano ragioni sufficienti per negare al giudice dell'opposizione al decreto ingiuntivo il potere di sindacare la validità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione, e, dall'altro, che anzi, diverse fondate ragioni inducono a riconoscere al giudice dell'opposizione il potere di sindacare non solo l'eventuale nullità di tale deliberazione, ma anche la sua annullabilità, ove dedotta nelle forme e nei tempi prescritti ex lege. Infatti, il giudice dell'opposizione per confermare il decreto ingiuntivo deve necessariamente verificare la validità del titolo giustificativo del credito posto a base della domanda monitoria, nella fattispecie, costituito dalla deliberazione assembleare. La più recente posizione assunta dalle Sezioni unite (Cass. S.U., n. 9839/2021), nel riconoscere al giudice dell'opposizione al decreto ingiuntivo la possibilità di sindacare la validità della deliberazione assembleare consente di definire nel medesimo giudizio tutte le questioni relative alla delibera su cui si fonda l'ingiunzione, e, nel contempo, di evitare la proliferazione delle controversie, per tale ragione, trattandosi di un'interpretazione che, oltre ad essere in linea col principio costituzionale della ragionevole durata del processo, consente anche di evitare il rischio di contrasti di giudicati. Ciò premesso, emerge l'attualità della seconda quaestio, atteso che quid juris per quanto concerne il tipo di invalidità che inficia la deliberazione dell'assemblea condominiale nel ripartire le spese tra i condomini in violazione dei criteri dettati nell'art. 1123 c.c. o dei criteri convenzionalmente stabiliti? A ben vedere, si tratta, in particolare, di stabilire se una deliberazione siffatta debba ritenersi affetta da nullità, come tale rilevabile d'ufficio e deducibile in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse, ovvero da mera annullabilità, deducibile unicamente nei modi e nei tempi previsti dall'art. 1137, comma 2, c.c. Al riguardo, premesso il criterio distintivo tra deliberazioni nulle ed annullabili tracciato dalle Sezioni Unite nel 2005 (Cass. S.U., n. 4806/2005) rivelatosi non del tutto adeguato, soprattutto con riferimento alle deliberazioni assembleari aventi ad oggetto la ripartizione, tra i condomini, delle spese afferenti alla gestione delle cose e dei servizi comuni in violazione dei criteri stabiliti proprio dall'art. 1123 c.c. o dal regolamento condominiale contrattuale, anche con riferimento a tale quaestio, re melius perpensa, i giudici di legittimità hanno affermato il principio che le delibere in materia di ripartizione delle spese condominiali sono nulle per impossibilità giuridica dell'oggetto ove l'assemblea, esulando dalle proprie attribuzioni, modifichi i criteri di ripartizione delle spese, stabiliti dalla legge od in via convenzionale da tutti i condomini, da valere – oltre che per il caso oggetto della delibera – anche per il futuro, mentre sono invece annullabili nel caso in cui i suddetti criteri vengano soltanto violati o disattesi nel singolo caso deliberato (Cass. S.U., n. 9839/2021). La disciplina legale della ripartizione delle spese per la conservazione ed il godimento delle parti comuni dell'edificio è, in linea di principio, derogabile, con la conseguenza che deve ritenersi legittima la convenzione modificatrice di tale disciplina contenuta nel regolamento condominiale di natura contrattuale, ovvero nella deliberazione dell'assemblea, quando approvata da tutti i condomini. Il sistema di riparto delle spese condominiali qualora risulti governato dalle tabelle contrattuali predisposte dal costruttore-venditore – recepite ed accettate da ciascun acquirente attraverso singoli contratti di compravendita – comporta che legittimamente la delibera successivamente adottata dall'assemblea condominiale con la quale il condominio approva il consuntivo della gestione, deroga alla disciplina di cui all'art. 1123 c.c., imponendo un riparto delle spese sostenute anche in capo ai condomini delle unità immobiliari non direttamente interessate, in quanto conforme al regolamento condominiale di formazione contrattuale (Cass. II, n. 3588/2024). |