Richiesta di pagamento nei confronti del coniuge assegnatario1. Bussole di inquadramentoAssegnazione della casa familiare L'assegnazione della casa familiare è disciplinata dall'art. 337-sexies c.c., secondo cui il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli. Si tratta, pertanto, di un istituto volto alla tutela dei figli, ancorché il destinatario della assegnazione sia un genitore. Dopo un primo contrasto giurisprudenziale poi risolto (Cass. S.U. , n. 11297/1195), è ormai pacifico sia in dottrina sia in giurisprudenza che si possa procedere ad assegnazione solamente se vi sono figli conviventi, siano essi minorenni o maggiorenni non ancora autosufficienti economicamente, e che di conseguenza, in assenza di figli, non possa ottenere l'assegnazione il coniuge economicamente più debole, quale forma di prestazione in natura, ancorché parziale, del mantenimento (Cass. I, n. 21334/2013). La casa oggetto di assegnazione può essere unicamente quella adibita ad abitazione familiare, con esclusione, quindi, delle seconde case (Cass. I, n. 14553/2011) e il diritto di assegnazione prescinde dal titolo di utilizzo dell'immobile sottostante. Può essere assegnata una casa di proprietà di uno dei coniugi o in comproprietà ad entrambi, così come una casa condotta in locazione o in comodato. In caso di proprietà o comproprietà, il diritto del proprietario non assegnatario subisce la limitazione d'uso conseguente all'assegnazione, ma resta pieno al punto che l'immobile, ancorché assegnato, può essere venduto a terzi da parte del proprietario oppure, in caso di comproprietà, essere oggetto di divisione con vendita a terzi, fermo restando ovviamente il diritto di assegnazione che è opponibile ai terzi, senza trascrizione, per nove anni dalla data dell'emissione del relativo provvedimento (Cass. S.U., n. 11096/2002) e, oltre il novennio, se trascritto (Cass. I, n. 20144/2009). La casa familiare si intende assegnata con quanto la arreda, anche se la legge nulla disciplina sul punto. Solitamente i provvedimenti giudiziali insieme all'assegnazione prevedono anche l'arredamento. È però pressoché unanime l'opinione che, anche in mancanza di un'espressa previsione da parte del giudice, la casa debba intendersi assegnata con tanto di arredamento (Cass. I, n. 878/1986). Soggetti obbligati al pagamento del contributo Passivamente tenuto al pagamento dell'onere condominiale è il condomino, ossia il proprietario dell'unità immobiliare cui la relativa quota ha riferimento. La stesura dell'anagrafica condominiale, alla cui redazione l'amministratore è tenuto secondo quanto previsto dall'art. 1130, n. 6), c.c., dovrebbe agevolare tale individuazione. Ciò è conseguenza della natura giuridica di onere reale che deve riferirsi a tale contribuzione e che tale può predicarsi tenuto conto sia del presupposto della debenza che delle finalità da perseguire con la sua devoluzione. Poiché oggetto di relativa obligatio propter rem, il pagamento del contributo partecipativo grava sul condomino, ossia sul titolare della proprietà dell'unità immobiliare compresa nel relativo edificio che non può ad esso sottrarsi sicché perdura tale qualità e se non all'esito della riforma della deliberazione assembleare che ha determinato l'importo a suo carico. Va escluso che la pretesa di pagamento possa essere fatta valere nei confronti di soggetti diversi dall'effettivo proprietario, quand'anche abbiano posto in essere, nel tempo, reiterati comportamenti espressivi di tale qualità ovvero nei confronti del conduttore dell'unità immobiliare locata, non trovando applicazione, in àmbito condominiale il principio dell'apparenza del diritto poiché, non sussistendo relazione di terzietà tra condominio e condomino, non si riscontra, in conseguenza, esigenza di tutela della buona fede del terzo che detto principio tende a tutelare (Cass. II, n. 17039/2007). 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
In caso di morosità, l'amministratore può agire giudizialmente nei confronti del coniuge assegnatario della casa familiare per la riscossione degli oneri condominiali?
Ripartizione delle spese condominiali inerenti alla casa familiare Per quanto riguarda la ripartizione delle spese condominiali inerenti alla casa familiare oggetto di assegnazione in sede di separazione o di divorzio, secondo i giudici (Cass. I, n. 9689/2000), occorre distinguere tra: le spese che sono dovute dal coniuge assegnatario, il quale utilizza in concreto l'immobile (per esempio, servizio di pulizia, riscaldamento); le spese a carico del coniuge proprietario esclusivo dell'immobile (per esempio, spese di manutenzione straordinaria). Quindi, secondo l'orientamento giurisprudenziale in materia, l'essenziale gratuità dell'assegnazione della casa familiare di un corrispettivo per il godimento dell'abitazione di proprietà dell'altro esonera l'assegnatario dal pagamento, ma non si estende alle spese correlate all'uso (tra cui, appunto, i contributi condominiali inerenti alla manutenzione delle cose comuni poste a servizio anche dell'alloggio familiare), spese che, – in mancanza di un provvedimento espresso del giudice della separazione o del divorzio, che ne accolli l'onere al coniuge proprietario – vanno a carico del coniuge assegnatario (Cass. I, n. 3836/2006; Cass. I, n. 18476/2005; Cass. I, n. 7127/1997; Cass. I, n. 5374/1994). Ammessa l'ingiunzione dell'amministratore nei confronti del coniuge comproprietario dell’immobile I comproprietari dell'unità immobiliare sono debitori solidali nei confronti del condominio per il pagamento delle spese di cui all'art. 1123 c.c. per la gestione dei beni e dei servizi comuni. Di conseguenza, l'amministratore può pretendere il versamento dell'intero debito anche da uno soltanto di essi, salva l'azione di regresso di chi ha pagato nei confronti del condebitore per la sua quota. Dunque, l'amministratore può esigere da ciascuno di essi l'intero ammontare del debito, salvo il regresso del solvens nei confronti dei condebitori, contitolari della stessa porzione di piano (App. Catanzaro 9 novembre 2023, n. 1246). Esclusa l'ingiunzione dell'amministratore nei confronti del coniuge assegnatario della casa familiare L'amministratore di condominio ha diritto di riscuotere i contributi per la manutenzione e per l'esercizio delle parti e dei servizi comuni esclusivamente da ciascun condomino, e cioè dall'effettivo proprietario o titolare di diritto reale sulla singola unità immobiliare, sicché è esclusa un'azione diretta nei confronti del coniuge o del convivente assegnatario dell'unità immobiliare adibita a casa familiare, configurandosi il diritto al godimento della casa familiare come diritto personale di godimento sui generis (Cass. VI, n. 16613/2022: nella specie, i giudici di legittimità hanno confermato il ragionamento del Tribunale, sostenendo che le deliberazioni assembleari con cui vengono ripartite le spese condominiali sono azionabili soltanto nei confronti dei proprietari dell'immobile, in quanto unici legittimati a partecipare all'assemblea medesima esercitando il diritto di voto; difatti, il soggetto assegnatario della casa coniugale acquista un semplice diritto di godimento sul bene e, per questa ragione, ciò, impedirebbe l'applicabilità del disposto dell'art. 67, ultimo comma, disp. att. c.c., inidoneo a far gravare sull'assegnatario medesimo l'obbligo di pagamento delle spese condominiali; pertanto, come sottolineato dal giudice del gravame, il principio per cui le spese condominiali concernenti la casa familiare oggetto di provvedimento di assegnazione restano a carico dell'assegnatario spiega i propri effetti solo nei rapporti interni tra i coniugi, senza rivestire rilevanza alcuna nei confronti del condominio). In altra circostanza, il Tribunale di Roma ha precisato che l'assegnatario non proprietario della casa familiare, non può essere destinatario di decreto ingiuntivo per oneri condominiali: il condominio ha azione diretta solo ed esclusivamente verso il proprietario dell'immobile (Trib. Roma 4 gennaio 2021: nella specie, il giudice capitolino ha evidenziato che il condominio non ha titoli da azionare nei confronti dell'opponente, pacificamente non condomina e le spese approvate dall'assemblea sono azionabili esclusivamente nei confronti dei soggetti che abbiano un titolo che legittimi la loro partecipazione all'assemblea e non quindi nei confronti dei soggetti che, non avendo alcun titolo per poter partecipare alle assemblea condominiale, non avrebbero alcuna possibilità di contestare le decisioni assunte dalla stessa assemblea mediante un'impugnativa finalizzata a far venir meno le deliberazioni che supportano il provvedimento monitorio). Nella materia condominiale non sussistono le condizioni per l'operatività del principio dell'apparenza del diritto In caso di azione giudiziale dell'amministratore del condominio per il recupero della quota di spese di competenza di un'unità immobiliare di proprietà esclusiva, è passivamente legittimato il vero proprietario di detta unità e non anche chi possa apparire tale, difettando, nei rapporti fra condominio, che è un ente di gestione, ed i singoli partecipanti ad esso, le condizioni per l'operatività del principio dell'apparenza del diritto, strumentale essenzialmente ad esigenze di tutela dell'affidamento del terzo in buona fede, ed essendo, d'altra parte, il collegamento della legittimazione passiva alla effettiva titolarità della proprietà funzionale al rafforzamento e al soddisfacimento del credito della gestione condominiale (Cass. S.U., n. 5035/2002; Cass. II, n. 27162/2018; Cass. VI, n. 23621/2017). In materia condominiale, infatti, non trova applicazione il principio dell'apparenza del diritto, strumentale ad esigenze dell'affidamento del terzo di buona fede, in quanto non sussiste una relazione di terzietà tra il condominio e il condomino. Ne consegue che, per il recupero della quota di spese di competenza di una unità immobiliare di proprietà esclusiva, è passivamente legittimato il vero proprietario di detta unità e non anche chi possa apparire tale, poiché difettano, nei rapporti fra condominio e singoli partecipanti ad esso, le condizioni per l'operatività del principio dell'apparenza del diritto, strumentale essenzialmente ad esigenze di tutela dell'affidamento del terzo in buona fede. 3. Azioni processualiTutela stragiudiziale L'amministratore di condominio rende edotto il proprietario dell'unità immobiliare usata dal coniuge assegnatario della stessa – per effetto del decreto presidenziale disposto nel giudizio di separazione personale – che esiste una consistente morosità derivante dal mancato pagamento per un intero semestre degli oneri condominiali, situazione non più tollerabile, ragione per cui, decorsi quindici giorni dalla richiesta di pagamento, in difetto di positivo riscontro al ripiano della situazione debitoria, senza ulteriore preavviso, sarà costretto a procedere per il recupero delle anzidette somme, con possibile aggravio di spese. Funzione e natura del giudizio Il procedimento di ingiunzione ha la funzione di accertare l'esistenza di una prestazione al termine di un giudizio senza contraddittorio avente natura di cognizione sommaria. Aspetti preliminari Mediazione Nell'àmbito del procedimento monitorio, l'art. 5, comma 4, del d.lgs. n. 28/2010 prevede che il ricorso per decreto ingiuntivo e l'eventuale giudizio di opposizione sono sottratti all'obbligo del preventivo esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecutorietà del titolo monitorio. Competenza La competenza ad emanare il decreto ingiuntivo appartiene al Giudice di Pace o al Tribunale in composizione monocratica che sarebbe competente in via ordinaria, ai sensi dell'art. 637 c.p.c. per le cause che non rientrano nella competenza del primo. A seguito della riforma Cartabia di cui al d.lgs. n. 149/2022, va considerato che attualmente ai sensi dell'art. 7 c.p.c. il giudice di pace è competente per le cause relative a beni mobili di valore non superiore a diecimila euro quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di altro giudice. Legittimazione La legittimazione attiva a proporre il ricorso per decreto ingiuntivo appartiene all'amministratore quale legale rappresentante pro-tempore del condominio titolare del credito costituito dall'ammontare della quota condominiale dovuta dal condomino moroso per effetto dell'approvata delibera assembleare. Profili di merito Onere della prova L'amministratore pro-tempore del condominio deve allegare prova scritta del credito vantato, costituito dalla quota dovuta dal condomino nei cui confronti si chiede l'emissione del decreto ingiuntivo. Contenuto del ricorso per decreto ingiuntivo La domanda monitoria assume la forma del ricorso, il quale, oltre a contenere le indicazioni di cui all'art. 125 c.p.c., deve altresì indicare il giudice dinanzi al quale l'azione è proposta; il nome, cognome, residenza e codice fiscale della parte ricorrente e del difensore, il quale deve anche indicare il numero di fax e l'indirizzo pec presso il quale intende ricevere le comunicazioni di cancelleria; il nome, cognome, codice fiscale, residenza, o domicilio o dimora della parte resistente; l'esposizione dei fatti integranti la pretesa di credito posta a fondamento del ricorso d'ingiunzione. In particolare, per la riscossione dei contributi dovuti in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, l'amministratore, senza bisogno di una specifica autorizzazione ad hoc, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c., ragione per cui al ricorso vanno allegati i documenti costituenti la prova scritta del credito ai sensi dell'art. 633 c.p.c. trattandosi di una condizione per l'utile proposizione dell'azione monitoria. Il ricorso, unitamente alla procura alla lite su atto separato, va sottoscritto dalla parte ricorrente e dal proprio difensore, quest'ultimo anche per autentica della sottoscrizione del suo cliente e depositato telematicamente – unitamente al pagamento del contributo unificato anch'esso eseguito in forma telematica – negli uffici giudiziari in cui è in vigore il processo civile telematico. Richieste istruttorie L'amministratore pro-tempore del condominio soddisfa l'onere probatorio su esso gravante nella fase monitoria per la richiesta di concessione del decreto ingiuntivo nei confronti del condomino moroso con la produzione del verbale autenticato dell'assemblea in cui sono state approvate le spese dovute pro-quota dai condomini, nonché dei relativi documenti a corredo, ovvero, il conto consuntivo regolarmente approvato. 4. ConclusioniL'assegnazione della casa familiare costituisce la manifestazione di un interesse alla tutela ed alla protezione dei figli minori o non autosufficienti a non essere sradicati dall'habitat domestico, ragione per cui nella ricostruzione giuridica del vincolo di destinazione conseguente all'assegnazione della casa familiare, la relativa posizione è riconducibile a quella di una detenzione qualificata giustificata, di regola, dalle priorità familiari di conservazione delle abitudini domestiche in favore della prole, ossia a quella di un diritto di godimento personale atipico. Ciò premesso, l'ex coniuge assegnatario non può essere ritenuto obbligato nei confronti del condominio non essendo parte di quest'ultimo, potendo vantare unicamente un diritto personale di godimento dell'immobile nei confronti dell'altro coniuge condomino, il quale è dunque l'unico ad essere gravato del relativo pagamento degli oneri. Tale situazione è ovviamente diversa dall'ipotesi in cui anche l'ex coniuge assegnatario della casa coniugale sia invece comproprietario dello stesso immobile. Conseguentemente, esclusa la possibilità di invocare l'apparenza del diritto, l'amministratore del condominio dovrà prestare molta attenzione a rivolgere la relativa istanza monitoria nei confronti dell'effettivo proprietario dell'unità immobiliare in relazione alla quale sussiste la morosità, perché al di là di ogni pregressa abitudine nel procedere alla richiesta dei pagamenti riferiti agli oneri ed al relativo incasso delle somme, in sede giudiziale l'unico aspetto giuridicamente rilevante è rappresentato dall'intestazione della proprietà da cui discende il possesso della qualità di condomino, coerentemente con la natura di obligatio propter rem non anche diritti personali di godimento giuridicamente rilevanti per altre finalità. Questa è la ragione per cui non assume alcuna rilevanza il fatto che l'assegnazione della casa coniugale sia stata trascritta nei registri immobiliari, in quanto ciò non ha effetto costitutivo di un diritto reale ma unicamente quello dell'opponibilità dell'assegnazione ad eventuali terzi acquirenti dell'immobile. Conseguentemente, il provvedimento di assegnazione della casa coniugale può assumere rilevanza unicamente nei rapporti interni tra gli ex coniugi non anche all'esterno nei confronti della compagine condominiale. In tal senso, va letto l'orientamento di legittimità che affermato il principio secondo cui il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa coniugale in sede di separazione o di divorzio riveste natura di diritto personale di godimento e non di diritto reale, non fa che ribadire l'efficacia sul piano interno degli ex coniugi del suddetto provvedimento (Cass. I, n. 18476/2005), sulla cui scorta, l'amministratore non ha il diritto di agire nei confronti dell'ex coniuge per conseguire il pagamento degli oneri condominiali arretrati, salvo il caso in cui anche quest'ultimo rivesta la qualità di condomino. Ciò comporta che, qualora in forza del provvedimento di separazione le spese condominiali gravano sul coniuge a cui il giudice ha assegnato l'abitazione coniugale, l'amministratore del condominio deve sempre comunque chiederle all'intestatario del bene immobile, essendo soltanto quest'ultimo soggetto il legittimato passivo nel procedimento monitorio. |